Non è escluso il colloquio prolungato con i familiari per i detenuti in regime differenziato

La Corte di Cassazione ha ricordato che le disposizioni di cui all’art. 37, comma 10, d.P.R. n. 230/2000 relative ai colloqui dei detenuti con i familiari sono applicabili anche ai detenuti sottoposti al regime differenziato di cui all’art. 41 bis ord. pen., che non stabilisce in modo esplicito il limite di durata temporale dell’unico colloquio mensile previsto.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 37620/15, depositata il 16 settembre. Il caso. Il magistrato di sorveglianza rigettava il reclamo proposto da un uomo - detenuto in regime diffferenziato ai sensi dell’art. 41 bis ord. pen. - che aveva richiesto di fruire di un colloquio visivo con i propri familiari prolungato sino a due ore ai sensi dell’art. 37 Colloqui , comma 10, d.P.R. n. 230/2000. Avverso tale decisione, l’uomo proponeva reclamo al tribunale di sorveglianza che, qualificandolo come ricorso per cassazione, lo ha trasmesso al Supremo Collegio per la decisione. Non è precluso ai detenuti in regime differenziato il colloquio prolungato. Gli Ermellini hanno ritenuto fondato il ricorso proposto dall’uomo. Preliminarmente, il Supremo Collegio ha ricordato che l’art. 37, comma 10, d.P.R. n. 230/2000, che indica in un’ora la durata massima del colloquio dei detenuti, prevede in via generale e per tutti i detenuti due ipotesi di ampliamento di tale durata la prima ipotesi è correlata alla sussistenza di circostanze eccezionali da valutarsi caso per caso la seconda, invece, è riferita all’esistenza di due condizioni obiettive, cioè l’extraterritorialità del luogo di detenzione rispetto a quello di residenza dei congiunti e la mancata fruizione del colloquio nella settimana precedente, se le esigenze e l’organizzazione dell’istituto lo consentono. La Corte, poi, ha proseguito ricordando che la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che tali disposizioni sono applicabili anche ai detenuti sottoposti al regime differenziato di cui all’art. 41 bis ord. pen., che non stabilisce in modo esplicito il limite di durata temporale dell’unico colloquio mensile previsto. L’orientamento costante della giurisprudenza di nomofilachia, inoltre, ha evidenziato che la prima previsione, riferita alle circostanze eccezionali, non è in contrasto con la disciplina del regime differenziato, e risulta quindi sempre applicabile, ferma restando la valutazione dell’eccezionalità del caso la seconda ipotesi, invece, deve essere adattata alle caratteristiche ontologiche del medesimo regime, nel senso che, ricorrendo tendenzialmente in modo stabile il presupposto dell’extraterritorialità – data l’allocazione dei detenuti sottoposti al regime di cui all’indicata norma -, la mancanza del colloquio nella settimana precedente – assente per i detenuti sottoposti al regime differenziato – deve ritenersi riferitaalla mancata fruizione del colloquio nel mese precedente. A ciò consegue che, esclusa l’esistenza di un divieto assoluto per i detenuti nei cui confronti sia stata disposta la sospensione delle normali regole di trattamento di fruire di un colloquio mensile protratto con i familiari, compete alla direzione del carcere, ove ricorrano le condizioni previste dall’art. 37, comma 10, d.P.R. n. 230/2000 e le esigenze e l’organizzazione dell’istituto lo consentano, valutare l’accoglibilità della richiesta di proroga della durata del colloquio. Alla luce di tali principi, dei quali l’ordinanza impugnata non ha fatto corretta applicazione, la Corte ha ritenuto meritevole di accoglimento il ricorso in esame.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 15 aprile – 16 settembre 2015, n. 37620 Presidente Cortese – Relatore Tardio Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 13 giugno 2013 il Magistrato di sorveglianza di Milano ha rigettato il reclamo proposto da A. G., che, detenuto presso la Casa di reclusione di Opera in regime differenziato ai sensi dell'art. 41-bis Ord. Pen., aveva chiesto di fruire di un colloquio visivo con i propri familiari prolungato sino a due ore ai sensi dell'art. 37, comma 10, d.P.R. n. 230 del 2000, dolendosi della decisione contraria adottata dalla Direzione dell'Istituto. Il Magistrato rilevava a ragione della decisione che il decreto ministeriale, che aveva sottoposto il detenuto al regime differenziato, prevedeva che lo stesso non poteva fruire di colloqui visivi con i familiari e conviventi con frequenza superiore di uno al mese e di durata superiore a un'ora il disposto normativo invocato, alla cui stregua era possibile per il detenuto o per l'internato fruire di un colloquio prolungato sino a due ore con i congiunti o conviventi residenti in luogo diverso da quello in cui aveva sede l'istituto, se i medesimi nella settimana precedente non avevano fruito di alcun colloquio e se le esigenze e l'organizzazione dell'istituto lo consentivano, si riferiva alla detenzione ordinaria e non a quella differenziata, la cui disciplina era di rango speciale il prolungamento del colloquio visivo non era, peraltro, in linea con le finalità della norma di cui al richiamato art. 41-bis Ord. Pen. e con il procedimento logico sotteso alla riduzione, con legge n. 94 del 2009, dei colloqui da due a uno al mese. 2. Contro detta ordinanza l'interessato ha proposto personalmente reclamo al Tribunale di sorveglianza di Milano, che, qualificandolo come ricorso per cassazione lo ha trasmesso a questa Corte per la decisione, e ha chiesto, in riforma della decisione, il prolungamento del colloquio con i figli, residenti in comune diverso dal luogo della sua detenzione, distante quasi ottocento chilometri, per motivi affettivi. 3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta, richiamando il consolidato orientamento espresso con diverse pronunce di legittimità e chiedendo l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato per nuovo esame. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Si rileva in diritto che l'art. 37, comma 10, d.P.R. n. 230/2000, che indica in un'ora la durata massima del colloquio dei detenuti, prevede in via generale e per tutti i detenuti due ipotesi di ampliamento di tale durata, correlate, la prima, a eccezionali circostanze da valutarsi caso per caso e, la seconda, a due condizioni obiettive, rappresentate dalla extraterritorialità del luogo di detenzione rispetto a quello di residenza dei congiunti e dalla mancata fruizione del colloquio nella settimana precedente, se le esigenze e l'organizzazione dell'istituto lo consentano. Questa Corte ha più volte affermato, disattendendo le argomentazioni contrarie esposte pure nell'ordinanza impugnata, che tali disposizioni sono applicabili anche ai detenuti sottoposti al regime differenziato di cui all'art. 41-bis Ord. Pen., che non stabilisce in modo esplicito il limite di durata temporale dell'unico colloquio mensile previsto, e ha rappresentato che la prima previsione, riferita alle circostanze eccezionali, non è in contrasto con la disciplina del regime differenziato, e risulta quindi sempre applicabile, ferma restando la valutazione della eccezionalità dei caso, mentre la seconda previsione deve essere adattata alle caratteristiche ontologiche dei medesimo regime nel senso che, ricorrendo tendenzialmente in modo stabile il presupposto della extraterritorialità data l'allocazione dei detenuti sottoposti al regime di cui all'indicata norma , la mancanza dei colloquio nella settimana precedente assente per i detenuti sottoposti al regime differenziato deve ritenersi riferita, secondo un criterio interpretativo logico-sistematico, alla mancata fruizione dei colloquio nel mese precedente tra le altre, Sez.1, n. 39537 del 24/06/2013, dep. 24/09/2013, P.M. in proc. Mandalà, non massimata Sez. 1, n. 49725 del 26/11/2013, dep. 10/12/2013, Ministero della Giustizia in proc. Dell'Aquila, Rv. 258764 Sez. 1, n. 49726 dei 26/11/2013, dep. 10/12/2013, Ministero della Giustizia in proc. Catello, Rv. 258421 Sez. 1, n. 19986 del 04/04/2014, dep. 14/05/2014, Attanasio, non massimata . A ciò consegue che, esclusa l'esistenza di un divieto assoluto per i detenuti nei cui confronti sia stata disposta la sospensione delle normali regole di trattamento di fruire di un colloquio mensile protratto con i familiari, compete alla direzione del carcere, ove ricorrano le condizioni previste dall'art. 37, comma 10, d.P.R. n. 230 del 2000 e le esigenze e l'organizzazione dell'istituto lo consentano, valutare l'accoglibilità della richiesta di proroga della durata del colloquio. 3. L'ordinanza impugnata, che non ha fatto corretta applicazione di tali principi, qui condivisi e riaffermati, deve essere pertanto annullata con rinvio per nuovo esame al Magistrato di sorveglianza di Milano. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Magistrato di sorveglianza di Milano.