Il procuratore speciale patteggia senza rispettare le indicazioni del suo assistito: nulla la sentenza

La procura speciale con la quale viene conferito al procuratore anche il potere di richiedere l’applicazione della pena si caratterizza per la discrezionalità riconosciuta allo stesso procuratore in tale materia. Il procuratore speciale, tuttavia, deve, comunque, attenersi a quanto voluto e preventivamente indicato da colui che ha rilasciato la procura. Il superamento di tali limiti inficia l’accordo e la successiva ratifica operata dal giudice.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con la pronuncia n. 37262/15, depositata il 15 settembre. Il caso. Il tribunale applicava ad un uomo la pena ritenuta di giustizia per i delitti di atti persecutori, danneggiamento, violazione di domicilio e lesioni personali, disponendo la confisca e la distruzione di quanto in sequestro. Avverso tale pronuncia, propone ricorso per cassazione l’uomo, lamentando il mancato riconoscimento della sospensione condizionale pur avendo la parte espressamente richiesto il beneficio nella procura speciale, subordinando il potere del difensore delegato alla richiesta di cui all’art. 163 c.p. Sospensione condizionale della pena . Nonostante il difensore non avesse subordinato la richiesta di applicazione della pena al riconoscimento della sospensione condizionale della pena, infatti, a parere dell’uomo il giudice avrebbe dovuto verificare il superamento dei poteri conferiti dall’imputato da parete del suo rappresentante e rigettare l’istanza di rito alternativo. Il difensore non deve superare i limiti conferiti nella procura speciale. Il Supremo Collegio ritiene fondato il ricorso. I Giudici di Piazza Cavour hanno preliminarmente richiamato l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui la procura speciale con la quale viene conferito al procuratore anche il potere di richiedere l’applicazione della pena si caratterizza per la discrezionalità riconosciuta allo stesso procuratore in tale materia il procuratore speciale, infatti, deve potere valutare, in relazione alla fattispecie concreta, quale accordo sia possibile nell’interesse dell’imputato, gli sbocchi processuali in caso di mancato accordo e le conseguenze prevedibili sul piano sanzionatorio nell’ipotesi di celebrazione del processo con rito ordinario. Deve, pertanto, considerarsi pienamente legittimo che nella procura speciale non sia indicata la pena da concordare. Il procuratore speciale, tuttavia, prosegue il Supremo Collegio, deve, comunque, attenersi a quanto voluto e preventivamente indicato da colui che ha rilasciato la procura. Egli, infatti, non può in nessun caso superare i limiti del mandato - né in relazione alla pena, ove questa sia stata già rigidamente predeterminata, né in relazione a condizioni cui eventualmente sia stato subordinato il concordato –, dal momento che la richiesta di applicazione pena è atto personalissimo. Consegue, dunque, alla natura stessa attribuita dal legislatore all’istituto che al procuratore speciale non sia consentito in alcun modo discostarsi dal mandato ricevuto e dai limiti in esso contenuti e che l’eventuale travalicamento del mandato sia assolutamente illegittimo. Alla luce di quanto sopra esposto, quindi, deve ritenersi viziato il superamento dei limiti da parte del procuratore speciale inficia l’accordo e la successiva ratifica operata dal giudice. Nel caso di specie, in presenza di una procura speciale da cui risultava chiaramente che il ricorrente subordinava il concordato alla sospensione condizionale della pena e di un accordo tra difensore e procuratore speciale nel quale tale sospensione non era prevista, il giudice, constatata l’esistenza di un accordo in contrasto con la volontà dell’imputato, avrebbe dovuto non ratificare il concordato, con la conseguenza che dalla ratifica deriva la nullità della sentenza impugnata. Per tutte le considerazioni sopra esposte, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 7 – 15 settembre 2015, n. 37262 Presidente Sabeone – Relatore Lignola Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 26 febbraio 2015 il Tribunale di Torre Annunziata applicava a R.R., su richiesta delle parti, la pena di un anno e 10 mesi di reclusione per i delitti di atti persecutori, danneggiamento, violazione di domicilio e lesioni personali tre episodi , disponendo la confisca e distruzione di quanto in sequestro. 2. Propongono ricorso per cassazione i difensori dell'imputato, avv. P.S. ed E.D., affidato a due motivi. 2.1 Con il primo motivo si deduce violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena, pur avendo la parte espressamente richiesto il beneficio nella procura speciale, subordinando il potere del difensore delegato alla richiesta di cui all'articolo 163 cod. pen Pur non avendo il difensore subordinato la richiesta di applicazione della pena al riconoscimento della sospensione condizionale della pena il giudice avrebbe dovuto verificare il superamento dei poteri conferiti dall'imputato da parte dei suo rappresentante e rigettare l'istanza di rito alternativo. 2.2 Con il secondo motivo si deduce inosservanza o erronea applicazione di legge penale di legge in relazione agli articoli 163 cod. pen. e 444 cod. proc. pen., poiché l'imputato ha un unico precedente penale, rappresentato da un decreto penale non opposto con il quale egli è stato condannato alla multa di L. 4.900.000, con il beneficio della non menzione e non quello della sospensione condizionale della pena, che pertanto poteva essere riconosciuta per la prima volta. Di conseguenza il giudice avrebbe dovuto prendere in considerazione la volontà espressa dall'imputato nella procura speciale e ritener la prevalente rispetto a quella dei suo rappresentante, riconoscendo il beneficio. Motivi della decisione 1. II ricorso è fondato e va pertanto accolto, per quanto di ragione. 1.1 R.R. conferiva procura speciale per il patteggiamento della pena art. 444 cod. proc. pen. , subordinando detta richiesta alla sospensione condizionale della pena. Al procuratore speciale era lasciato ampio margine di contrattazione con il P.M. per la determinazione della pena concordata e ciò in perfetta adesione ed osservanza dell'indirizzo giurisprudenziale, secondo cui la procura speciale, con la quale viene conferito al procuratore anche il potere di richiedere l'applicazione della pena si caratterizza per la discrezionalità riconosciuta allo stesso procuratore anche in questa materia, giacché l'indicazione di un limite di pena trasformerebbe quest'ultimo in semplice nuncius Sez. 5, n. 6245 del 19/11/1998 - dep. 16/02/1999, Miniscalco M, Rv. 212897 . Non c'è dubbio, infatti, che il procuratore speciale debba potere, in relazione alla fattispecie concreta ed alle osservazioni o richieste del P.M., valutare quale accordo sia possibile nell'interesse dell'imputato, gli sbocchi processuali in caso di mancato accordo, le conseguenze prevedibili sul piano sanzionatorio nella ipotesi di celebrazione del processo con rito ordinario. La indicazione nella procura, in modo rigido ed immodificabile, di una pena predeterminata sarebbe addirittura inconciliabile con la finalità e la struttura della transazione che riduce ad unità giuridica ed irretrattabile negozio processuale i rapporti ed i contrasti, anche dialettici, delle parti e, in definitiva, la preparatoria trattativa che si instaura tra il procuratore speciale ed il pubblico ministero Sez. 5, n. 4675 del 30/10/1996 - dep. 22/02/1997, Maselli, Rv. 207133 . Perfettamente legittimo ed anzi conforme alla natura pattizia dell'istituto che presuppone una ovvia incertezza sull'an e sul quantum è che nella procura speciale non sia indicata come nel caso di specie la pena da concordare. 1.2 Altra cosa, invece, è che il procuratore speciale debba, comunque, attenersi a quanto voluto e preventivamente indicato da colui che ha rilasciato la procura. Non è certamente consentito al procuratore speciale travalicare i limiti del mandato nè in relazione alla pena ove questa sia stata già rigidamente predeterminata , ne' in relazione a condizioni cui eventualmente sia stato subordinato il concordato. La richiesta di applicazione pena è, invero, atto personalissimo dell'imputato, il quale, direttamente o a mezzo del procuratore speciale, deve esprimere la sua volontà. Il legislatore riveste di particolari formalità tale manifestazione di volontà, proprio perché è necessario che l'imputato sia perfettamente consapevole delle conseguenze di quella scelta. L'art. 446 cod. proc. pen. prevede, infatti, che la richiesta ed il consenso nell'udienza sono formulati oralmente negli altri casi con atto scritto comma 1 che la volontà dell'imputato è espressa personalmente o a mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata nelle forme previste dall'art. 583 cod. proc. pen., comma 3 comma 3 . Ed in caso di dubbi od incertezze sulla effettiva volontà del soggetto titolare della facoltà di ricorrere al rito alternativo dell'applicazione di pena concordata, il medesimo art. 446 cod. proc. pen., comma 3 prevede che il giudice, se ritiene opportuno verificare la volontarietà della richiesta o del consenso, dispone la comparizione dell'imputato . II che conferma che va, comunque, verificata e privilegiata la volontà dell'imputato Sez. 3, n. 6427 del 21/11/2007 - dep. 11/02/2008, Romano, Rv. 239052 Sez. 3, n. 41880 del 09/10/2008, Senese, Rv. 241495 . Deriva quindi dalla stessa struttura e natura dell'istituto che al procuratore speciale non sia consentito in alcun modo discostarsi dal mandato ricevuto e dai limiti in esso contenuti e che l'eventuale travalicamento del mandato sia assolutamente illegittimo. Con riflessi inevitabili sullo stesso concordato, essendo palesemente viziato il consenso di una delle parti il procuratore speciale ha trasfuso nell'accordo elementi diversi da quelli indicati . Il travalicamento dei limiti da parte dei procuratore speciale inficia, perciò, l'accordo e la successiva ratifica operata dal giudice. In presenza di una procura speciale, da cui risultava chiaramente che il R. subordinava il concordato ex art. 444 cod. proc. pen. alla sospensione condizionale della pena e di un accordo tra difensore e procuratore speciale nel quale tale sospensione non era prevista, il giudice, constatato l'uso illegittimo dei mandato e quindi l'esistenza di un accordo in contrasto con la volontà dell'imputato, avrebbe dovuto non ratificare il concordato o al più disporre la comparizione ex art. 446 cod. proc. pen., comma 5 . La ratifica invece di quel concordato illegittimo determina la nullità della sentenza medesima. 2. Non è esatto invece ritenere, come affermato in ricorso, che il giudice avrebbe comunque dovuto ratificare l'accordo, poiché è dei tutto evidente che rientrava nei poteri del giudice rigettare l'accordo, consentendo al procedimento di svolgersi nelle fasi successive. 3. In conclusione sussiste la violazione di legge, per cui la sentenza impugnata va annullata senza rinvio. Gli atti vanno restituiti al Tribunale di Torre Annunziata per l'ulteriore corso. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Torre Annunziata.