Un’ipotesi di erosione del principio dell’intangibilità del giudicato?

Dalle Sezioni Unite un atteso chiarimento sui poteri di revoca del beneficio da parte del giudice dell’esecuzione.

Il giudice dell’esecuzione è abilitato a revocare la sospensione condizionale della pena in presenza di cause ostative, anche preesistenti alla concessione del beneficio, se risulta che non erano note in concreto al giudice della cognizione. Ad affermarlo sono le SS.UU. Penali della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 37345 del 15 settembre 2015. Il caso. Il pubblico ministero chiedeva la revoca del beneficio della sospensione condizionale dell’esecuzione della pena concesso dal G.I.P. con sentenza irrevocabile. Il tribunale in funzione di giudice dell’esecuzione rigettava la richiesta sostenendo che le condanne precedenti erano divenute irrevocabili in data anteriore a quella in cui il G.I.P. aveva concesso il beneficio reiterando quello anteriormente concesso poiché il pubblico ministero non aveva impugnato la sentenza sul punto, la revoca nella fase dell’esecuzione, secondo il Tribunale, era preclusa. Il Procuratore della Repubblica ricorre in Cassazione sottolineando che, al momento del passaggio in giudicato della sentenza con cui era stato concesso il beneficio, l’imputato era gravato da sei condanne irrevocabili, pertanto, l’ultima concessione del beneficio era illegittima e andava revocata. La questione di diritto. Il quesito sottoposto alla Corte riguarda la possibilità di rilevare la revoca in executivis della sospensione condizionale dell’esecuzione della pena concessa dal giudice di merito in violazione di legge, cioè in presenza di cause ostative quali sono i limiti e con quali modalità, oneri probatori e poteri officiosi, siano individuabili ipotesi di conoscenza o conoscibilità degli elementi ostativi da parte del giudice della cognizione o ipotesi di conoscibilità ex post degli stessi elementi ostativi da parte del giudice dell’esecuzione. Una premessa sul piano normativo. Con la novella del 2001 il legislatore ha inteso porre rimedio ad un fenomeno di reiterazione della concessione del beneficio dovuto ad un non tempestivo aggiornamento del casellario giudiziale. Le modifiche legislative hanno riguardato sia la norma sostanziale che quella del codice di rito. Quanto al primo aspetto, è stata prevista un’ulteriore ipotesi di revoca del beneficio quando concesso in presenza di cause ostative. Invero le ipotesi di revoca originariamente previste co. 1 e 2 dell’art. 168 c.p., etichettate come decadenza” si caratterizzano per il fatto che l’effetto della rimozione del beneficio è collegato a fatti sopravvenuti alla sentenza e vi rientrano sia fatti commissivi ad es. la commissione di un nuovo delitto o di una nuova contravvenzione della stessa indole che omissivi quale, ad es., il mancato adempimento degli obblighi imposti , di carattere sia materiale che giuridico. La nuova ipotesi di revoca, invece, prescinde da qualsiasi condotta criminosa o evento sopravvenuto trova genesi nell’inosservanza della legge. Rimarchevole è la differenza tra queste categorie. Le ipotesi originarie appartengono alla stessa fisiologia” dell’istituto dove la sospensione dell’esecuzione della pena è ontologicamente temporanea, cioè sottoposta a condizione risolutiva, condizione che non avverandosi determina l’effetto premiale dell’estinzione del reato che è il fine dell’istituto della sospensione . La nuova” revoca è invece preordinata a rimuovere la patologia” da cui è affetto, nel caso concreto, il beneficio concesso, perché inficiato, in presenza di cause ostative, dalla violazione della legge da parte del giudice. Ampliati i poteri del giudice dell’esecuzione. Ante novella il giudice dell’esecuzione poteva intervenire solo nell’ipotesi della decadenza del beneficio se, nei termini stabiliti, il condannato commette un delitto o una contravvenzione della stessa indole per cui venga inflitta una pena detentiva oppure se non adempie gli obblighi impostigli o quando riporta una nuova condanna per delitto anteriormente commesso a pena che, cumulata con quella sospesa, supera i limiti stabiliti . La giurisprudenza aveva chiarito che la procedura di revoca si riferiva alle sole ipotesi tassativamente indicate dalla legge e che non è possibile togliere un beneficio in sede esecutiva, nemmeno se in presenza di cause ostative e ciò in virtù del principio dell’intangibilità del giudicato. Successivamente alla novella del 2001, il giudice dell’esecuzione è il dominus della nuova ipotesi di revoca e vi provvede quando ne ravvisa le condizioni. Richiesto dal pubblico ministero, il giudice dell’esecuzione è abilitato a rimuovere la statuizione di concessione del beneficio della sospensione condizionale contenuta nella sentenza irrevocabile ciò può avvenire quando vi sia un vizio genetico del provvedimento preesistente alla irrevocabilità. Obiettivo perseguito dall’intervento del giudice dell’esecuzione è quello di riparare l’errore commesso dal giudice della cognizione senza che tale intervento rappresenti una nuova forma di impugnazione. Sotto diversa prospettiva, i contorni della intangibilità” delle situazioni giurisdizionali prodotte da provvedimenti irrevocabili appaiono modificati dalla possibilità di operare sulla sospensione condizionale nonostante il giudicato e senza che ciò costituisca un’impugnazione straordinaria. Un orientamento restrittivo nega che nella fase dell’esecuzione si possa rimediare all’applicazione patologica della sospensione condizionale concessa illegittimamente dal giudice della cognizione, se la violazione non sia fatta valere dal pubblico ministero tramite impugnazione. Secondo questo orientamento il giudice dell’esecuzione ha il potere di revocare il beneficio solo in virtù di una sentenza di condanna che sopravvenga a quella in cui il beneficio fu elargito. Si tratta di un orientamento estremamente riduttivo rispetto al dato normativo e non sembra considerare affatto le modifiche normative intervenute dal momento che limita l’intervento del giudice dell’esecuzione nell’ambito dell’adeguamento retroattivo basato su elementi sopravvenuti al giudicato. Inoltre, secondo la Suprema Corte, l’orientamento equivoca la questione del giudicato”. È stato chiarito che la teoria dei limiti del giudicato è questione la cui definizione deriva dal dato normativo che contrassegna la linea dei punti di arresto in cui la dinamica processuale deve cedere il posto alla certezza e alla stabilità delle pronunce giurisdizionali. Sono, pertanto, gli interventi del giudice dell’esecuzione – anche quelli da ultimo previsti dalla normativa del 2001 – a delimitare il perimetro dell’intangibilità del giudicato. È possibile rimuovere l’ingiusto vantaggio. Secondo altro orientamento è ammessa la revoca della sospensione condizionale dell’esecuzione della pena da parte del giudice dell’esecuzione nelle ipotesi in cui, al momento della concessione del beneficio, le cause ostative, quand’anche preesistenti, non erano conosciute o conoscibili al giudice della cognizione. Tale orientamento rappresenta un punto di equilibrio tra la intangibilità del giudicato e le esigenze di certezza delle pronunce giurisdizionali e la progressiva espansione” dei poteri del giudice della fase dell’esecuzione perché permette il conseguimento dell’obiettivo della rimozione di un ingiusto vantaggio applicato contra legem. Il giudice dell’esecuzione può rimuovere la patologia. La novella del 2001 ha modificato la disciplina della revoca della sospensione condizionale all’interno di un rinnovato quadro che vede ampliati i poteri del giudice dell’esecuzione. Le Sezioni Unite hanno chiarito che al giudice dell’esecuzione che rilevi cause ostative preesistenti alla formazione del giudicato ma non note al giudice della cognizione è consentito revocare il beneficio. Limiti dell’intervento del giudice dell’esecuzione. L’orientamento suesposto non trova condivisione da parte delle Sezioni Unite nella parte in cui consente al giudice dell’esecuzione di rimediare al solo errore determinato dalla non conoscibilità delle cause ostative. Va ricordato che le cause ostative sono i provvedimenti giurisdizionali di condanna che, in quanto pubblici, sono conoscibili da chiunque. La non conoscibilità deve dunque essere intesa in senso empirico quale possibilità per il giudice di avvalersi del servizio di pubblicità dei precedenti penali, come fornito dal casellario giudiziale. L’espressione non conoscibilità” finisce per equivalere alla situazione in cui manchi l’inserimento del precedente ostativo nel sistema del casellario. Il Collegio ritiene che la conoscibilità dei precedenti ostativi non sia di ostacolo alla revoca del beneficio in fase esecutiva. Invero, come noto, la statuizione sul beneficio, sebbene contenuta in un provvedimento irrevocabile, non partecipa della natura intrinseca del giudicato sostanziale perché consiste in un giudizio prognostico con effetto temporaneo e provvisorio. La concessione del beneficio è assistita dalla preclusione debole” che copre il dedotto” e non anche il deducibile”, preclusione che è recessiva rispetto alla deduzione di cause ostative preesistenti che, sebbene conoscibili, siano ignote in concreto. Inoltre, il giudice dell’esecuzione deve verificare se i precedenti penali ostativi risultassero documentalmente al giudice della cognizione all’atto della concessione del beneficio, verifica che deve compiere acquisendo il fascicolo processuale del giudizio che si è concluso con la sentenza di condanna e concessione della sospensione condizionale dell’esecuzione della pena. Salvo che tali cause risultassero agli atti, il giudice dell’esecuzione è abilitato a revocare il beneficio perché, pur preesistenti, le cause ostative non erano, di fatto, note al giudice della cognizione. Annullamento con rinvio. Nel caso che aveva originato il ricorso, il Tribunale aveva rigettato la richiesta del pubblico ministero sulla sola base della presunzione della conoscibilità delle cause ostative al giudice della cognizione perché precedenti al tempo della concessione del beneficio. Tuttavia, il giudice dell’esecuzione aveva omesso di verificare se effettivamente i precedenti ostativi erano conoscibili, nel senso di documentalmente disponibili nel fascicolo processuale.

Corte di Cassazione, sez. Unite Penali, sentenza 23 aprile - 15 settembre 2015, n. 37345 Presidente Santacroce – Relatore Vecchio Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza, deliberata il 18 luglio 2013 e depositata il 19 luglio 2013, il Tribunale di Firenze, in composizione monocratica e in funzione di giudice della esecuzione, ha rigettato la richiesta, formulata il 24 maggio 2012 dal Pubblico Ministero, di revoca del beneficio della sospensione condizionale della esecuzione della pena, concesso a L.C. dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di quella stessa sede con sentenza del 21 settembre rectius gennaio 2009, irrevocabile dal 12 gennaio 2012. Il Giudice della esecuzione ha motivato che le condanne in precedenza riportate dal L. alla pena della reclusione in mesi quattro e della multa in lire centomila, inflittagli il OMISSIS dalla Corte di appello di Firenze col beneficio della sospensione condizionale, e alla pena della reclusione in un anno, irrogatagli il OMISSIS dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze erano divenute irrevocabili in date anteriori al 21 gennaio 2009, sicché doveva ritenersi fossero note al giudice il quale, ciò non ostante, reiterò illegittimamente la elargizione del beneficio, colla conseguenza che, in difetto della proposizione di impugnazione da parte del Pubblico Ministero avverso la sentenza del 21 gennaio 2009 in parte de qua, restava preclusa nella fase della esecuzione la revoca della sospensione condizionale della esecuzione della pena, concessa nel giudizio. 2. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze ha proposto ricorso per cassazione, mediante atto recante la data del 29 luglio 2013, denunziando, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lettera b , cod. proc. pen., inosservanza dell'art. 168, terzo comma, cod. pen Il ricorrente, peraltro esponendo che, al momento del passaggio in giudicato della sentenza del 21 gennaio 2009 di concessione del beneficio e, precisamente, alla data del 12 gennaio 2012, il L. risultava gravato da ben sei condanne nelle more erano divenute irrevocabili altre quattro condanne oltre quelle considerate dal giudice della esecuzione , ha, quindi, argomentato che la ricorrenza della ipotesi contemplata dall'art. 168, terzo comma, cod. pen. comportava la revoca della sospensione condizionale della esecuzione della pena, illegittimamente concessa al condannato. A corredo del ricorso il Procuratore della Repubblica ha allegato il certificato penale del condannato. 3. La Prima Sezione penale, assegnatala del ricorso, con ordinanza in data 12 giugno 2014 l'ha rimesso alle Sezioni Unite a norma dell'art. 618 cod. proc. pen La Sezione rimettente ha rilevato - e illustrato nei termini che seguono - un contrasto giurisprudenziale in ordine alla revoca in executivis della sospensione condizionale della esecuzione della pena. 3.1. Secondo un primo orientamento, peraltro successivo alle modifiche normative introdotte dalla legge 26 marzo 2001, n. 128, il giudice della esecuzione ha il potere di revocare il beneficio in parola solo nel caso - e in virtù - di una sentenza di condanna che sopravvenga a quella che lo elargì. Mentre è escluso che nella fase della esecuzione debba porsi rimedio alla applicazione originariamente patologica” della sospensione condizionale della esecuzione della pena, concessa a cagione della inosservanza delle relative disposizioni, nella quale sia incorso il giudice della cognizione, senza che il Pubblico Ministero abbia fatto valere la violazione della legge attraverso lo strumento della impugnazione. L'indirizzo in questione valorizza la ermeneutica, in senso estremamente restrittivo, del novellato art. 674, comma 1-bis, cod. proc. pen., privilegiando la esigenza della eliminazione di ogni conflitto col giudicato” e sostenendo la funzione non impugnatoria del procedimento di esecuzione”, siccome circoscritto al rilievo degli elementi sopravvenuti Sez. 1, n. 42661 del 8/10/2009, Shera, Rv. 245575 Sez. 3, n. 42167 del 09/07/2013, Di Meo, Rv. 257055 . 3.2. L'orientamento difforme tiene, per vero, fermo il principio di diritto secondo il quale l'errore di giudizio, occorso nella concessione del beneficio - là dove il giudice avrebbe dovuto avvedersi della ricorrenza delle condizioni ostative alla sospensione condizionale della esecuzione della pena - deve essere emendato esclusivamente attraverso il rimedio della impugnazione della sentenza, restando precluso ogni intervento al riguardo nella fase della esecuzione. Si discosta, tuttavia, dal precedente indirizzo, in quanto ammette la revoca della sospensione condizionale della esecuzione della pena nella ipotesi in cui al momento della concessione del beneficio, le cause ostative, sebbene preesistenti, non erano note al giudice della cognizione, né da costui erano conoscibili. L'orientamento in questione valorizza le succitate modifiche normative, siccome attributive al giudice dell'esecuzione della competenza a provvedere alla nuova ipotesi di revoca obbligatoria, costituita dal rilievo di cause originariamente ostative”, e trae spunto da considerazioni espresse dalla Corte costituzionale nella ordinanza n. 363 del 2007, la quale ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 168, terzo comma, cod. pen. e 674, comma 1-bis, cod. proc. pen. Sez. 3, n. 33345 del 06/06/2012, Indelicato, Rv. 253159 Sez. 1, n. 45292 del 24/10/2013, Russo, Rv. 257724 . 3.3. Sulla base del rilevato contrasto, illustrato nei termini che precedono, la Sezione rimettente ha sottoposto la questione della revoca in executivis della sospensione condizionale della esecuzione della pena concessa in violazione dell'art. 164, quarto comma, cod. pen., in presenza di cause ostative, delle condizioni e dei limiti relativi. 4. Nella requisitoria scritta, il Procuratore generale, dopo aver ricapitolato i termini del contrasto giurisprudenziale, ha esordito segnalando la presenza di un terzo indirizzo interpretativo” che ha reputato di ravvisare nella giurisprudenza di legittimità, secondo il quale la revoca della sospensione condizionale della esecuzione della pena a opera del giudice della esecuzione sarebbe sempre possibile [ .] anche in ipotesi di conoscenza o conoscibilità di elementi ostativi alla sospensione da parte del giudice di cognizione”, in quanto il provvedimento di revoca per la sua natura dichiarativa si limiterebbe a recepire effetti già prodotti ope legis , rilevabili in ogni momento” Sez. 1, n. 18360 del 19/03/2014, Catalani, n. m. . Quindi, sulla premessa che, per effetto della novella del 26 marzo 2001, la disciplina della revoca della sospensione condizionale della esecuzione della pena è stata profondamente” modificata - peraltro, nel quadro del notevole incremento dei poteri del giudice della esecuzione - il Requirente ha osservato che il primo dei due orientamenti, censiti dalla Sezione rimettente, si caratterizza per la lettura estremamente riduttiva” del dato normativo, sicché, dimostrando di non tenere in adeguata considerazione la modificazione dell'art. 674 cod. proc. pen., limita l'intervento del giudice della esecuzione nell'ambito dell' adeguamento retroattivo in base a elementi sopravvenuti al giudicato” laddove, alla stregua dei nuovi approdi normativi e giurisprudenziali”, non è condivisibile la obiezione del superamento dei limiti funzionali dell'istituto dell'incidente di esecuzione. Neppure merita adesione - secondo il Procuratore generale - il ritenuto terzo orientamento, in quanto sacrifica in misura rilevante le legittime esigenze di stabilità delle pronunce giurisdizionali” nella materia della esecuzione della pena, caratterizzata da importanti risvolti di valore costituzionale. Mentre il secondo orientamento giurisprudenziale, richiamato nella ordinanza di rimessione, segna un condivisibile punto di equilibrio” tra la intangibilità del giudicato e le correlate esigenze di certezza delle statuizioni giurisdizionali e la progressiva espansione della [potestà giurisdizionale nella] fase esecutiva”, conseguendo l'obiettivo di giustizia della rimozione dell'ingiusto vantaggio del beneficio applicato in violazione di legge, a cagione dell'errore invincibile” del giudice là dove l'elemento ostativo non era noto, né conoscibile nella fase della cognizione. Quanto, poi, alla conoscibilità del precedente giudiziario che non consente la concessione o la reiterazione della sospensione condizionale della esecuzione della pena, il Requirente ha osservato che la iscrizione della condanna nel sistema informativo automatizzato del casellario giudiziale assicura la possibilità della conoscenza e che, ai fini dell'accertamento della data di iscrizione, può essere acquisita opportuna certificazione del competente Ufficio, istituito dall'art. 15 del d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313. Quindi, in relazione al caso in esame, il Procuratore generale ha conclusivamente considerato che affatto correttamente il giudice della esecuzione ha rigettato la richiesta di revoca del beneficio sul presupposto che il giudice della cognizione lo aveva concesso non ostante fosse a conoscenza delle condizioni ostative, costituite dalle precedenti condanne riportate dal L. il OMISSIS e il OMISSIS . 5. Con decreto del 29 gennaio 2015 il Primo Presidente ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite penali e ne ha fissato la trattazione per la odierna udienza in camera di consiglio. Considerato in diritto 1. La questione di diritto sottoposta alle Sezioni Unite è stata compendiata dalla Sezione rimettente nel quesito che segue Se la revoca della sospensione condizionale della pena, illegittimamente concessa dal giudice di merito, possa essere rilevata nella fase esecutiva, e in quali limiti e con quali modalità, oneri probatori e poteri officiosi, siano individuabili ipotesi di conoscenza o di conoscibilità degli elementi ostativi da parte del giudice della cognizione o ipotesi di conoscibilità ex post degli stessi elementi ostativi da parte del giudice dell'esecuzione . 2. Giova premettere che, anteriormente all'entrata in vigore della novella n. 128 del 26 marzo 2001, che ha modificato il regime della revoca della sospensione condizionale della esecuzione della pena, l'intervento del giudice della esecuzione al riguardo, contemplato dall'art. 674, comma 1, cod. proc. pen., era rigorosamente circoscritto nell'ambito delle ipotesi della decadenza del beneficio contemplate dall'art. 168, primo comma, cod. pen E la giurisprudenza di legittimità aveva avuto occasione di chiarire che la procedura di revoca della sospensione condizionale della pena, prevista dall'art. 674 cod. proc. pen., si riferisce unicamente alle [suddette] ipotesi [ .] tassativamente previste [ .], e non anche ai casi di violazione dell'art. 164 dello stesso codice”, spiegando che le cause le quali comportano la revoca obbligatoria del provvedimento sono specificamente indicate dalla legge e che non è possibile, per la preclusione nascente dal principio dell'intangibilità del giudicato, togliere in sede esecutiva il beneficio concesso con sentenza divenuta irrevocabile a colui al quale non lo si sarebbe potuto accordare per averlo già ottenuto due volte, nemmeno nel caso in cui dal certificato penale acquisito nel procedimento di cognizione non risulti ancora la pregressa doppia applicazione del beneficio” Sez. 4, n. 2650 del 22/09/1999, De Ruzza, Rv. 215001 . 3. Ora, per l'appunto, il frequente inconveniente delle ripetute e illegittime reiterazioni del beneficio con l'indebito vantaggio lucrato dai giudicabili, a cagione dell'intempestivo aggiornamento del casellario giudiziale per disfunzioni di servizi e strutture ausiliari, ha provocato la reazione del legislatore, il quale ha inteso porre rimedio colla citata novella del 2001 Corte cost., ord. n. 363 del 2007 . L'intervento normativo si è organicamente sviluppato sia sul piano del diritto penale sostanziale, che sul piano del diritto processuale. 3.1. L'art. 1, comma 1, della legge 26 marzo 2001, n. 128, ha aggiunto all'articolo 168 cod. pen. l'attuale terzo comma che recita La sospensione condizionale della esecuzione della pena è altresì revocata quando è stata concessa in violazione dell'articolo 164, quarto comma, in presenza di cause ostative. La revoca è disposta anche se la sospensione è stata concessa ai sensi del comma 3 dell'articolo 444 del codice di procedura penale”. Siffatta ulteriore ipotesi di revoca del beneficio si differenzia intrinsecamente dalle ipotesi contemplate nei commi precedenti dello stesso articolo di revoca obbligatoria primo comma e discrezionale secondo comma . Sia i casi di revoca obbligatoria, di cui ai numeri 1 e 2 del primo comma, che quello di revoca discrezionale del comma successivo sono stati ricondotti dalla giurisprudenza, con felice espressione, nell'ambito della decadenza del beneficio. Le ipotesi de quibus sono accomunate dal profilo caratterizzante che l'effetto giuridico della rimozione del beneficio si correla a fatti commissivi o omissivi, materiali e/o giuridici , che sopravvengono alla pronuncia della sentenza di concessione della sospensione condizionale della esecuzione della pena, quali la perpetrazione, nei termini stabiliti dall'art. 163 cod. pen., di un delitto o di una contravvenzione della stessa indole, pei quali sia irrogata pena detentiva il mancato adempimento degli obblighi imposti art. 168, primo comma, n. 1, cod. pen. la pronuncia, entro gli stessi termini, di ulteriore condanna per delitto, anteriormente commesso, con irrogazione di sanzione che cumulata a quella precedentemente sospesa, ecceda i limiti stabiliti dall'art. 163 cod. pen. art. 168, primo comma, n. 2, cod. pen. la nuova condanna per delitto che consente la revoca discrezionale in considerazione dell'indole e della gravità del reato art. 168, secondo comma, cod. pen. . Mentre la previsione di revoca, introdotta dalla novella, prescinde da qualsiasi condotta criminosa o evento giuridico sopravvenuti e trova, invece, fondamento nella inosservanza della legge penale che inficia la stessa concessione del beneficio. La differenza rispetto ai casi di revoca-decadenza è rimarchevole. Le ipotesi contemplate nei primi due commi dell'art. 168 cod. pen. si inquadrano a pieno titolo nella fisiologia dell'istituto della sospensione condizionale in quanto la temporanea sospensione della esecuzione della pena è per la sua stessa essenza giuridica sottoposta alle condiciones risolutive stabilite dalla legge, in carenza delle quali trova, al fine, attuazione la prospettiva premiale della estinzione del reato art. 167, primo comma, cod. pen. che costituisce il fondamento dell'istituto stesso. La revoca prevista nel terzo comma dell'articolo 168 cod. pen. è, invece, affatto estranea a tale ambito risulta, infatti, preordinata alla eliminazione della patologia occorsa nella concessione del beneficio, elargito in violazione della legge a colui al quale non doveva essere concesso. La introduzione della norma, in parola, di diritto sostanziale v., circa la irretroattività della disposizione in ordine alle sentenze di concessione della sospensione condizionale passate in giudicato prima l'entrata in vigore della novella, Sez. 1, n. 47706 del 08/10/2004, Rorato, Rv. 230231 Sez. 1, n. 29421 del 24/06/2003, Er Raja Moussa, Rv. 225952 Sez. 2, n. 10607 del 25/02/2003, Passanisi, Rv. 224500 Sez. 4, n. 4345 del 12/11/2002, dep. 2003, Zabeo, Rv. 223548 evoca implicitamente l'intervento del giudice della esecuzione e in tale prospettiva ha la propria ragion d'essere, posto che nel corso del giudizio di cognizione il giudice del gravame ovvero quello di legittimità - pur prescindendo dall'art. 168, terzo comma, cod. pen. - ben potrebbero, rispettivamente, riformare o annullare, in accoglimento della impugnazione del pubblico ministero, il punto della sentenza di condanna concernente la sospensione condizionale della esecuzione della pena concessa in violazione dell'art. 164, quarto comma, cod. pen. in presenza di cause ostative. 3.2. E puntualmente l'art. 1, comma 2, della legge 26 marzo 2001, ha aggiunto all'articolo 674 cod. proc. pen. l'attuale comma 1-bis il quale recita Il giudice della esecuzione provvede altresì alla revoca della sospensione condizionale della pena quando rileva la esistenza delle condizioni di cui al terzo comma dell'articolo 168 del codice penale”. La disposizione espande indiscutibilmente la funzione del giudice della esecuzione, abilitandolo a rimuovere sulla richiesta del pubblico ministero e colla osservanza del rito ordinario degli incidenti di esecuzione la statuizione, contenuta nella sentenza irrevocabile, di concessione del beneficio sulla base del rilievo - non già di fatti o eventi sopravvenuti alla formazione del giudicato, bensì - del vizio genetico del provvedimento, costituito dalla inosservanza dell'art. 164, quarto comma, cod. pen., e preesistente alla irrevocabilità. L'intervento in executivis si caratterizza, pertanto, per la evidente finalità riparatoria, senza, per vero, integrare alcuna nuova ipotesi di impugnazione straordinaria come, peraltro, ipotizzato in dottrina da qualche Autore , per la carenza dei requisiti strutturali relativi. Simmetricamente risulta, per la ineluttabile correlazione, ridisegnato il perimetro della intangibilità delle situazioni giuridiche prodotte dai provvedimenti irrevocabili. 4. Il dato letterale del combinato disposto degli artt. 168, terzo comma, cod. pen. e 674, comma 1-bis, cod. proc. pen. non reca la espressa indicazione di limiti, condizioni o clausole che circoscrivano l'intervento del giudice della esecuzione di revoca della sospensione condizionale della esecuzione della pena concessa in violazione dell'articolo 164, quarto comma, in presenza di cause ostative. Il Procuratore generale ha preso in critica considerazione la possibilità della ermeneutica delle disposizioni nel senso estremo della incondizionata possibilità di revoca del beneficio in executivis anche nel caso che al giudice della cognizione constasse la ricorrenza della causa ostativa ha peraltro attribuito siffatta lettura del dato normativo a un terzo indirizzo” che ha ritenuto di censire nella giurisprudenza di legittimità. 4.1. Se non che la unica pronuncia cui il Requirente ha fatto riferimento non accredita il supposto approdo interpretativo. A tal fine è sufficiente ricondurre i dieta della sentenza altrimenti considerati in modo avulso dal contesto della motivazione nel quadro della ratio decidendi del provvedimento, recante la declaratoria della inammissibilità del ricorso del condannato avverso l'ordinanza del giudice della esecuzione di revoca del beneficio la Corte ha motivato, infatti, che al momento della pronuncia della sentenza [ .] che aveva applicato la sospensione condizionale per la terza volta” non era noto al giudice della cognizione il precedente ostativo e ha osservato per incidens che, qualora, invece, il certificato penale avesse riportato la intervenuta doppia fruizione del beneficio, all'errore della ulteriore reiterazione avrebbe dovuto essere posto rimedio in via esclusiva con l'esperimento degli ordinari strumenti di impugnazione e non mediante incidente di esecuzione” Sez. 1, n. 18360 del 19/03/2014, Catalani, p. 2 . 4.2. Per vero la tesi criticamente considerata dal Procuratore generale trova avallo in altro, non recente precedente di legittimità, di rigetto del ricorso del condannato avverso la ordinanza del giudice della esecuzione di revoca del beneficio concesso a dispetto di pregresse condanne ostative le quali, per la loro remota collocazione temporale”, rendevano inconcepibile” il difetto di aggiornamento del casellario giudiziale Sez. 1, n. 47706 del 08/10/2004, Rorato, n. m. sul punto specifico . La Corte ha disatteso la tesi del ricorrente, secondo il quale la revoca deve essere circoscritta al caso in cui la concessione del beneficio in sede di cognizione dipenda da mancato aggiornamento del casellario [ .] e non da errore riferibile al giudice”, motivando che la limitazione postulata non era prevista dalla legge v. pp. 4 e 5 della sentenza cit . 4.3. Nella giurisprudenza di legittimità più recente è, tuttavia, pacifica la opposta conclusione che all'errore di diritto, risultante ex actis , in cui incorra il giudice nella applicazione della sospensione condizionale della esecuzione della pena deve porsi riparo solo e mediante l'impugnazione, senza possibilità di recupero in executivis . Assai fragile e non risolutivo si rivela l'argomento a silentio della mancata inserzione nel testo della legge di clausole, limitazioni o condizioni, in ordine all'intervento del giudice della esecuzione, riguardo la revoca della sospensione condizionale della pena. Il principio, cardine dell'ordinamento, della preclusione processuale e il correlato divieto del ne bis in idem permeano e informano il procedimento in ogni grado, stato e fase, compresa quella della esecuzione, peraltro caratterizzata da particolare disposizione in tal senso art. 666, comma 2, cod. proc. pen. . E nell'osservanza di tale principio deve modularsi l'ambito della cognizione del giudice della esecuzione ai sensi dell'art. 674, comma 1-bis, cod. proc. pen., colla conseguenza del divieto della rinnovazione dello scrutinio delle questioni esaminate e decise nella fase del giudizio. 5. Neppure è condivisibile la tesi in radicale opposizione rispetto a quella esaminata , fatta propria dal primo orientamento giurisprudenziale scrutinato, secondo il quale la revoca del beneficio è esclusa dalla mera circostanza della preesistenza della causa ostativa rispetto al momento del passaggio in giudicato della sentenza di concessione della sospensione condizionale. La piana esegesi del dato normativo contraddice - alla evidenza - l'assunto dell'indirizzo in questione. L'articolo 168, terzo comma, cod. pen. ha riguardo proprio alle cause ostative preesistenti, posto che, in difetto delle medesime, non sarebbe configurabile la violazione” dell'art. 164, quarto comma, cod. pen. contemplata dalla norma. Esattamente il Procuratore generale ha osservato che l'orientamento in parola misconosce la modifica normativa introdotta dalla novella del 2001. E, per vero, la tesi in parola si risolve nella interpretatio abrogans delle disposizioni del terzo comma dell'articolo 168 cod. pen. e del comma 1-bis dell'articolo 674 cod. proc. pen Mentre, oltretutto, è priva di giuridico pregio l'obiezione della lesione del giudicato. La teoria dei limiti del giudicato è questione di diritto positivo la cui definizione segue e non precede la ricognizione del dato normativo che contrassegna la linea frastagliata dei punti di arresto in cui la dinamica processuale deve comunque [ .] cedere il posto alla esigenza di certezza e di stabilità delle decisioni giurisdizionali quali fonti regolatrici di relazioni giuridiche e sociali” cfr. Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Basile . Sul piano metodologico, pertanto, sono gli interventi del giudice della esecuzione al pari dello spettro delle impugnazioni straordinarie che tracciano il perimetro della intangibilità del giudicato. Sicché non appare corretta l'evocazione della res iudicata per confutare il dato positivo che concorre a definirne l'ambito giuridico. Deve, pertanto, darsi - innanzitutto - soluzione positiva alla preliminare questione se il rilievo di cause ostative, preesistenti alla formazione del giudicato ma non note al giudice della cognizione, abiliti quello della esecuzione alla revoca della sospensione condizionale della esecuzione della pena. 6. Residua la questione ulteriore della definizione dei limiti dell'intervento del giudice della esecuzione. Ferma l'esclusione della revoca del beneficio nel caso che al giudice della cognizione fossero noti i precedenti penali che ostavano alla concessione v. supra il p. 4.3. , il secondo orientamento giurisprudenziale esige che la causa ostativa sia non solo ignota, ma anche non conoscibile al momento della pronuncia della sentenza. 6.1. Tale requisito negativo della non conoscibilità - in difetto di approfondimento sul punto nella giurisprudenza censita - sembra debba essere inteso in senso non letterale o assoluto, bensì affatto relativo. Le cause ostative sono costituite da provvedimenti giurisdizionali sentenze di condanna o decreti penali e, cioè, da atti pubblici i quali sono, in quanto tali, certamente suscettibili di conoscenza da parte di chiunque. La non conoscibilità , pertanto, è da supporsi sia assunta nella accezione empirica ovverosia sul piano della prassi giudiziaria, in rapporto al servizio di pubblicità dei precedenti penali, fornito dal sistema del casellario giudiziale, di cui dispone il giudice. Sicché la non conoscibilità equivale in buona sostanza al mancato inserimento nel sistema del casellario giudiziale del precedente ostativo. Solo in tale negativa eventualità l'errore invincibile sul piano pratico del giudice della cognizione abiliterebbe quello della cognizione a porre riparo, revocando il beneficio mentre la revoca - sempre secondo l'orientamento in esame - sarebbe preclusa qualora la causa ostativa, sebbene ignota al giudice della cognizione non risultando documentata in atti , fosse stata, tuttavia, conoscibile mediante l'acquisizione del certificato penale aggiornato alla data della pronuncia della sentenza. 6.2. Sul punto l'indirizzo in parola non merita di essere condiviso. Il Collegio reputa che la possibilità della conoscenza dei precedenti ostativi, non noti al giudice che concesse la sospensione condizionale della esecuzione della pena, non sia di ostacolo alla revoca del beneficio nella fase della esecuzione. 6.3. In proposito occorre por mente alla distinzione tra il giudicato in senso formale e la res iudicata sostanziale. Sotto il primo profilo assume rilievo il dato processuale della inoppugnabilità, ai sensi dell'articolo 648 cod. proc. pen., della sentenza che ha concesso il beneficio. Il giudicato sostanziale concerne il regolamento impresso alle situazioni giuridiche definite colla decisione di accertamento, di irrogazione delle sanzioni, ovvero di proscioglimento e caratterizzato dalla stabilità assicurata dalla efficacia preclusiva del decisum , nei termini e nei limiti fissati dall'ordinamento giuridico, di copertura del dedotto e del deducibile v., ex plurimis , Sez. U, n. 34535 del 27/06/2001, Petrantoni, Rv. 219615 e, da ultimo, Sez. 3, n. 4929 del 27/11/2014, dep. 2015, Antonelli, Rv. 262476 . Orbene, la statuizione di concessione della sospensione condizionale della esecuzione della pena, sebbene contenuta nella sentenza irrevocabile, non partecipa della natura intrinseca del giudicato sostanziale sul piano della struttura del provvedimento, consiste essenzialmente in un giudizio non di accertamento, bensì prognostico e quanto al profilo funzionale, l'effetto giuridico prodotto è essenzialmente temporaneo, provvisorio e sottoposto alle condiciones stabilite dalla legge e, nei casi consentiti, anche imposte dal giudice. 6.4. I rilievi e le considerazioni che precedono accreditano la conclusione che si rivela affatto incongruente la postulazione della estensione alla concessione della sospensione condizionale della preclusione forte , tipica della res iudicata , scilicet nel senso della esclusione della revoca per cause ostative preesistenti, non conosciute dal giudice della cognizione, ma conoscibili e, dunque, deducibili . La concessione del beneficio resta, pertanto, assistita dalla preclusione debole , in virtù del principio generale dell'ordinamento del divieto del ne bis in idem , la quale copre elusivamente il dedotto e non anche il deducibile v. per tutte Sez. 1, n. 30496 del 03/06/2010, Nicolini, Rv. 248319, che ribadisce la preclusione [ .] non si estende a tutte le questioni deducibili ma esclusivamente a quelle che sono state dedotte ed effettivamente decise” . Orbene, rispetto alla deduzione delle cause ostative preesistenti, sebbene conoscibili, ma in concreto ignote al giudice della cognizione, la preclusione in parola risulta recessiva. 6.5. In proposito giova considerare che il requisito della sequenza cronologica del dato non caratterizza necessariamente la categoria dei nova che vincono la preclusione de qua. L'ambito dei nova non è circoscritto alla classe degli elementi cronologicamente sopravvenuti alla decisione e influenti sulla medesima, ma comprende anche elementi pregressi o coevi che, tuttavia, non abbiano formato oggetto di veruna considerazione da parte del giudice. La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, stabilito che la preclusione debole , la quale opera rebus sic stantibus , può essere superata sulla base non solo di elementi emersi successivamente all'adozione del provvedimento divenuto definitivo” ma anche sulla base di elementi storicamente preesistenti” ma non presi in considerazione” Sez. U, n. 34091 del 28/04/2011, Servadei, Rv. 250350 cui adde Sez. 1, n. 42579 del 17/09/2013, Bevilacqua, Rv. 256701, circa fatti antecedenti” non oggetto di valutazione e Sez. 1, n. 40647 del 12/06/2014, Nicolaci, Rv. 260358, in tema di revoca in executivis dell'indulto applicato in fase di cognizione a dispetto della oggettiva preesistenza di causa ostativa, non nota al giudice concedente e, pertanto, non presa in esame . 6.6. Per integrare il requisito negativo del novum la carenza di considerazione espressa del dato da parte del giudice costituisce condizione necessaria, ma non sufficiente. Occorre, altresì, che il dato non abbia costituito neppure oggetto di valutazione implicita. Per vero, se - e con specifico riguardo alla materia in esame - la causa ostativa alla concessione del beneficio risulti documentata in atti e sia, quindi, oggettivamente compresa nel perimetro dell'oggetto dello scrutinio del giudice della cognizione, il dato esistente ex actis del quale sia stata indebitamente omessa la doverosa valutazione, non è suscettibile di essere ricondotto nell'ambito dei nova . Gli è che la previsione di uno specifico mezzo di impugnazione col rigoroso regime della perentorietà dei termini e delle forme relative consente - in virtù del postulato della intrinseca coerenza e logicità dell'ordinamento - di stabilire con nettezza la linea di confine dei nova nel senso che, laddove si configura la acquiescenza, resta simmetricamente esclusa la possibilità di far valere, per vincere la preclusione, quanto doveva essere dedotto colla impugnazione la cui mancata proposizione ha comportato l'effetto della preclusione stessa Sez. 1, n. 7877 del 21/01/2015, Conti, p. 5 . 7. Al giudice della esecuzione, investito della richiesta del pubblico ministero di revoca, ai sensi degli artt. 674, comma 1-bis, cod. proc. pen. e 168, quarto comma, cod. pen., della sospensione condizionale della esecuzione della pena, compete, pertanto, preliminarmente accertare se i precedenti penali ostativi risultassero documentalmente al giudice della cognizione all'atto della concessione del benefico. A tal fine il giudice della esecuzione, esercitando, anche di ufficio, i poteri istruttori previsti dall'art. 666, comma 5, cod. proc. pen., provvede ad acquisire in originale o in copia, il fascicolo processuale del giudizio deciso colla sentenza di concessione del beneficio. 8. La conclusione raggiunta si colloca, peraltro, in linea di perfetta coerenza con gli approdi ermeneutici conseguiti in relazione al tema affine della revoca dell'indulto applicato, in violazione di legge, nel concorso di cause ostative preesistenti non note al giudice concedente. La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, fissato i seguenti principi di diritto a la preclusione, derivante dal divieto del ne bis in idem, non impedisce la proposizione di fatti in precedenza non dedotti né valutati, pur se preesistenti alla pregressa decisione Sez. 1, n. 32857 del 12/06/2014, Fenotti, Rv. 260542 b l'indulto erroneamente applicato deve essere revocato dal giudice della esecuzione, qualora la causa ostativa al riconoscimento del beneficio, pur se preesistente, non sia stata nota al giudice che lo abbia concesso e non sia stata presa, nemmeno implicitamente, in esame Sez. 1, n. 40647 del 12/06/2014, Nicolaci, Rv. 260358 . 9. Le considerazioni che precedono consentono di enunciare il seguente principio di diritto Il giudice della esecuzione deve revocare la sospensione condizionale della esecuzione della pena concessa in violazione dell'art. 164, quarto comma, cod. pen. in presenza di cause ostative, salvo che tali cause risultassero documentalmente al giudice della cognizione. A tal fine il giudice della esecuzione acquisisce, per la doverosa verifica al riguardo, il fascicolo del giudizio . 10. In conclusione, alla stregua del principio di diritto enunciato, il ricorso merita accoglimento. 10.1. Il Giudice della esecuzione ha rigettato la richiesta di revoca della sospensione condizionale della esecuzione della pena, concessa al Longo dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze con sentenza del 21 gennaio 2009, pacificamente in violazione dell'art. 164, quarto comma, cod. pen. in presenza delle cause ostative costituite dalle condanne riportate in precedenza dal giudicabile, giusta sentenze della Corte di appello di Firenze, OMISSIS , e del medesimo Giudice per le indagini preliminari, OMISSIS , v. certificato penale del condannato allegato al ricorso , sulla base della mera presunzione che i precedenti penali, per la risalenza nel tempo, dovessero essere noti al giudice della cognizione al momento della concessione del beneficio. La ordinanza impugnata risulta, pertanto, inficiata dalla erronea applicazione della legge, nel senso indicato, in quanto il Giudice della esecuzione ha omesso di accertare effettivamente, mediante richiamo del fascicolo del giudizio definito colla sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze del 21 gennaio 2009 , se i precedenti ostativi risultassero documentalmente al giudice che concesse il beneficio. 10.2 Conseguono l'annullamento della ordinanza impugnata e il rinvio per nuovo esame al Tribunale di Firenze, che si uniformerà al principio di diritto in precedenza enunciato. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Firenze.