Le aggravanti rendono più difficile ottenere la probation

Il limite di pena per poter beneficiare dell’istituto della messa alla prova può essere superato anche per effetto di un’aggravante.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 36687/15, depositata il 10 settembre. Il caso. Il Tribunale di Rimini rigettava la richiesta di un imputato di messa alla prova ex art. 168 bis c.p., in quanto i delitti addebitatigli, ossia lesioni aggravate commesse per eseguire il reato di resistenza aggravata, sono esclusi quoad poenam da quello per i quali può disporsi la sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato”. L’imputato ricorre per cassazione contro l’ordinanza del Tribunale. Il perimetro della sanzione penale. Risolta affermativamente l’ammissibilità del ricorso circa l’impugnabilità dell’ordinanza, i giudici di legittimità affrontano il cuore del nuovo istituto, vale a dire i criteri per delimitare il perimetro della sanzione penale che rende ammissibile la richiesta di messa alla prova. Su questo tema, gli ermellini ritengono di non condividere un precedente Cass., numero 6453/15 secondo cui, per individuare i reati che possono rientrare nella disciplina della messa alla prova, in ragione del mero riferimento alla pena edittale, bisogna prendere in considerazione unicamente la pena edittale massima prevista per la fattispecie base, a prescindere dal fatto che nel caso concreto potrebbe assumere la presenza della contestazione di qualsivoglia aggravante, comprese quelle ad effetto speciale . Il rifiuto di tale principio di diritto risiede nella sua asistematicità rispetto agli altri istituti che, pur esprimendosi nel senso di tener conto della pena stabilita dalla legge per il reato per cui si procede, riconducono a unità il sistema con disposizioni dirette a stabilire i criteri di determinazione della pena Artt. 4, 428, 379, 550 c.p.p. In quest’ottica, è necessario applicare, se non ci si vuole porre in contrasto con il criterio quantitativo, l’art. 550 c.p.p. Casi di citazione diretta a giudizio , comma 2, richiamato dal prima menzionato art. 168 bis c.p., che a sua volta richiama l’art. 4, laddove si prevede che si ha riguardo alla pena edittale, ossia alla pena stabilita dalla legge per ogni reato consumato o tentato. Le aggravanti. La S.C. precisa allo stesso tempo che non si tiene conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato, colmando in questo modo una notevole lacuna per l’operatività dell’istituto, ma stabilisce invece che si debba tener conto, sempre per la determinazione della pena, delle aggravanti per le quali la legge prevede una specie di pena diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale” . Secondo il Collegio il sistema ha così una sua completezza e coerenza, rispettando la logica complessiva della legge di rendere applicabile la messa alla prova”, per tutti quei delitti per i quali si procede a citazione diretta a giudizio davanti al giudice unico . Concludendo, l’art. 168 bis c.p. riprende integralmente il perimetro normativo” dell’art. 550, commi 1 e 2 c.p.p. per individuare i delitti per i quali può essere richiesto la sospensione del giudizio. In questo modo, il criterio qualitativo si caratterizza nel senso di stabilire normativamente i delitti per cui non è rilevante che la pena sia stabilita anche da aggravanti con pena diversa da quella ordinaria o da quelle a effetto speciale. Nel caso di specie, il Tribunale di Rimini ha correttamente rigettato l’istanza di sospensione del procedimento, in quanto l’aver commesso le lesioni per conseguire l’altro reato di resistenza configura l’aggravante ad effetto speciale” ex art. 585, comma 1, numero 1, c.p

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 30 giugno – 10 settembre 2015, n. 36687 Presidente Paoloni – Relatore Carcano Ritenuto in fatto 1. Il difensore di fiducia di F.A. propone ricorso contro l'ordinanza con la quale il Tribunale di Rimini che ha rigettato la richiesta di messa alla prova prevista dall'articolo 168 bis c.p., poiché i delitti per il quale si procede, lesioni aggravate commesse al fine di eseguire il delitto di resistenza aggravata, sono esclusi quoad poenam da quelli per i quali può essere disposta la sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato . Ad avviso del tribunale, l'applicabilità dell'istituto de quo è riferibile ai delitti puniti con gli stessi limiti editali stabiliti dall'articolo 550, comma 1, c.p.p., anche nella parte in cui richiama l'articolo 4 c.p.p. per la definizione della pena massima, nonché ai delitti elencati nel secondo comma dell'articolo 550 c.p.p Ne consegue che si tien conto, per la determinazione della pena stabilita dalle legge, delle aggravanti per le quali la legge prevede una specie di pena diversa da quella ordinaria e di quelle ad effetto speciale . Il precetto normativo sarebbe, in tal modo definito, anzitutto in applicazione del criterio ermeneutico letterale, stabilito dall'articolo 12 delle disposizioni preliminari al codice civile, e poi dalla voluntas legislatoris ricostruita sulla base dei lavori parlamentari e, tra questi, ricompresi i pareri del servizio studi del Senato. In tale ultimo atto parlamentare, secondo il tribunale, è detto chiaramente che il nuovo articolo 168 bis c.p., al pari di altri istituti collegati alla determinazione della pena, tra i quali vi è il tempo di prescrizione e poi l'applicazione delle misure cautelari , è sempre operativa la disposizione che impone di tener conto al fine di determinare la pena massima, delle aggravanti per le quali la legge prevede una specie di pena diversa da quella ordinaria e di quelle ad effetto speciale . Il tribunale ha, dunque, rigettato l'istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato , poiché l'aver commesso le lesioni per eseguire l'altro reato di resistenza, configura l'aggravante ad effetto speciale di cui agli artt. 585, comma 1 e 576, comma 1 n. 1, c.p Ciò comporta che la pena della reclusione da tre mesi a tre anni , prevista per le lesioni, in ragione dell'anzidetta aggravante ad effetto speciale, è aumentata da un terzo alla metà e, dunque, una pena massima di quattro anni e sei mesi di reclusione. Pertanto, la pena massima, in tal modo, supera il perimetro sanzionatorio previsto dall'articolo 168 bis c.p. per la ritenuta operatività dell'articolo 278 c.p.p 2. Il difensore deduce 2.1. Errata applicazione della legge sostanziale, e vizio di motivazione, in relazione agli artt. 12 e 14 delle disposizioni sulla legge in generale, 168 bis e 464 bis c.p. e 550 per avere il tribunale rigettato la richiesta dell'imputato, tenendo conto nel calcolo edittale, con motivazione illogica e contraddittoria, la circostanza aggravante ad effetto speciale. Il Tribunale rigetta l'istanza di messa alla prove, integrando l'articolo 168 bis c.p., in violazione della chiara formulazione della norma, per la quale opera un criterio quantitativo, collegato all’entità della pena edittale , e un criterio qualitativo ratione materia, riferito ai reati indicati nel secondo comma dell'articolo 550 c.p.p., non riferibile in entrambi i casi a un aumento di pena per circostanze aggravanti. Vi è un chiaro contrasto con la volontà del legislatore che determina una restrizione dell'ambito di applicazione dell'istituto, la cui norma che lo ha introdotto, parla di pena edittale , senza nulla aggiungere. Quando il legislatore ha voluto fare riferimento, in altri moduli deflattivi, alle circostanze del reato lo ha fatto espressamente, come previsto per la durata dei tempi di prescrizione e per le regole dettate al fine di determinare la competenza. Tale voluntas legis trova riscontro nelle disposizioni previste nella stessa legge n. 67 del 2014, in cui è espressamente stabilito per la depenalizzazione e per la non punibilità del fatto in ragione della particolare tenuità, che si tien conto ai fini della pena anche delle circostanze aggravanti. Il percorso motivazionale del giudice è del tutto contorto, per una serie di inferenze e passaggi sillogistici in contrasto con quanto dianzi esposto. Si riporta in ricorso l'atto parlamentare cui fa riferimento l'ordinanza impugnata, e si argomenta che, sulla premessa secondo cui le circostanze aggravanti devono essere considerate solo se espressamente previsto, interpretare il testo della norma in applicazione dell'articolo 12 preleggi, non si sarebbe potuto che giungere a una soluzione diametralmente opposta rispetto a quella del Tribunale, accogliendo l'istanza di messa alla prova. Il riferimento a una interpretazione sistematica è assolutamente illogico e viola il principio ubi lex voluit dxit, ubi noluit tacuit. L'errore in cui è incorso il Tribunale nel far ricorso all'articolo 12 delle preleggi è dovuto anche al fatto che la norma introdotta con l'articolo 168 bis c.p. e talmente chiara da non richiedere da escludere la necessità di interpretazioni che si rilevano peraltro vietate dall'articolo 14 delle stesse preleggi là esclude l'interpretazione in malam partem. Altra questione posta è che si tien conto di un atto parlamentare, ma non degli altri contenuti nel dossier n. 89, là dove il Senato scrive in termini inequivoci che la formulazione dell'articolo 168 bis c.p.p. esclude che abbiano qualsiasi rilievo, ai fini dell'applicabilità dell'istituto medesimo, tutte le circostanze aggravanti, incluse quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e quelle ad effetto speciale. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. Questione preliminare da risolvere è quella dell'autonoma impugnabilità dell'ordinanza di diniego della sospensione procedimento con messa alla prova , tenuto conto che vi è una pronuncia di questa Corte, condivisa dal Procuratore generale con le conclusioni scritte, secondo cui l'ordinanza con la quale il giudice del dibattimento rigetta l'istanza di sospensione del processo per la messa alla prova dell'imputato è impugnabile, ai sensi dell'articolo 586 c.p.p., solo unitamente alla sentenza Sez. V, 15 dicembre 2014, dep. 6 febbraio 2015, n. 5673 . A fronte di tale principio di diritto, vi sono altre decisioni di questa Corte nel senso che l'ordinanza di rigetto dell'istanza è autonomamente impugnabile dall'imputato con ricorso per cassazione, in quanto il tenore letterale dell'articolo 464-quater, comma settimo, c. p. p., che include nella disciplina dell'autonoma ricorribilità qualsiasi provvedimento decisorio, sia esso ammissivo o reiettivo della richiesta in questione, sottrae questo alla previsione generale di cui all'articolo 586 c.p.p. Sez. 5, febbraio 2015,dep. 4 giugno 2015, n. 24011 Sez. II, maggio 2015, dep. 19 maggio 2015, n. 20602 Sez. III, 24 maggio 2015, dep. 26 giugno 2015, n. 27071 . La Corte ritiene condivisibile tale ultima regola juris che, oramai tendenzialmente maggioritaria, ha il pregio di essere nelle parole della disposizione che la racchiude. 2. Risolta positivamente l'ammissibilità del ricorso, la questione da affrontare è il nucleo centrale del nuovo istituto quali i criteri per definire il perimetro della sanzione penale che rende ammissibile la richiesta di messa alla prova . Anche qui vi è un precedente secondo cui, ai fini dell'individuazione dei reati attratti dalla disciplina della probation di cui agli artt. 168 bis e seguenti c.p., in ragione del mero riferimento alla pena edittale, deve guardarsi unicamente alla pena edittale massima prevista per la fattispecie base, prescindendo dal rilievo che nel caso concreto potrebbe assumere la presenza della contestazione di qualsivoglia aggravante, comprese quelle ad effetto speciale Sez. VI, 9 dicembre 2014,dep. 1 febbraio 2015, n. 6453 . Un principio di diritto che questo Collegio ritiene di non condividere, perché asistematico rispetto agli altri istituti che, pur esprimendosi nel senso di tener conto della pena stabilita dalla legge per il reato per il quale si procede , riconducono a unità il sistema con norme volte a stabilire i criteri di determinazione della pena, quali quelle previste dagli artt. 4, 278, 379 e 550 del codice di procedura penale. Tali criteri non possono che trovare applicazione anche nell'ipotesi prevista dall'articolo 168 bis c.p. altrimenti il criterio quantitativo , oltre che essere asistematico rispetto alle ipotesi dianzi indicate, si porrebbe in palese contrasto con il criterio qualitativo , attuato con l'espresso richiamo al secondo comma dell'articolo 550 c.p.p., là dove il legislatore ha effettuato una precisa scelta di indicare normativamente , i delitti per i quali è ammesso il nuovo istituto della messa alla prova , per delitto puniti anche con pena prevista anche da aggravanti per le quali la legge prevede una specie di pena diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale . Tale scelta si spiega con la voluntas legis di tenere conto ai fini del criterio quantitativo della regola stabilita dal primo comma dell'articolo 550 c.p.p., ivi compreso l'espresso richiamo all'articolo 4 c.p.p., là dove si prevede che si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato , id est alla pena edittale , stabilendo però poi che non si tiene conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato - in tal modo, colmando una lacuna di notevole importanza per l'operatività dell'istituto - e poi, al pari delle altre disposizioni dianzi indicate, si stabilisce che si tiene conto, ai fini della determinazione della pena, delle aggravanti per le quali la legge prevede una specie di pena diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale . Il sistema ha così una sua completezza e coerenza, rispettando la logica complessiva della legge di rendere applicabile la messa alla prova , per tutti quei delitti per i quali si procede a citazione diretta a giudizio dinanzi al giudice in composizione monocratica. In conclusione, l'articolo 168 bis c.p. riproduce integralmente il perimetro normativo previsto dell'articolo 550, commi 1 e 2, c.p.p. per individuare i delitti per i quali possa essere richiesta la sospensione del processo con la messa alla prova , in tal modo caratterizzando il criterio qualitativo , nel senso di stabilire normativamente i delitti per i quali non rileva che la pena sia anche stabilite da aggravanti per le quali la legge prevede una specie di pena diversa da quella ordinaria o da quelle ad effetto speciale . Mentre, resta fermo il criterio quantitativo soggetto ai limiti di pena stabiliti e determinati ex articolo 4 c.p.p. richiamato dall'articolo 550, comma 1 c.p.p. e implicitamente fatto proprio dall'articolo 168 bis c.p. per le ragioni anzidette. 4. Il tribunale ha, dunque, correttamente rigettato l'istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato , poiché l'aver commesso le lesioni per eseguire l'altro reato di resistenza, configura l'aggravante ad effetto speciale di cui agli artt. 585, comma 1 e 576, comma 1 n. 1, c.p Ne discende che la pena della reclusione da tre mesi a tre anni , prevista per le lesioni, in ragione dell'anzidetta aggravante ad effetto speciale, è aumentata da un terzo alla metà e, dunque, la pena massima è di quattro anni e sei mesi di reclusione pena massima, in tal modo, supera il perimetro sanzionatorio previsto dall'articolo 168 bis c.p., determinato ex articolo 4 c.p.p 3. Il ricorso è dunque infondato e va rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.