La madre lavora ? La detenzione domiciliare per il padre non è automatica

In tema di detenzione domiciliare, l'attività lavorativa della madre di prole infradecenne non determina, di per sé, quella assoluta impossibilità di accudire la prole che giustifica la concessione della detenzione domiciliare in favore del padre. L'esistenza di un impedimento assoluto ad assistere la prole deve essere accertata in relazione alle peculiari connotazioni delle singole situazioni, in particolare attraverso la verifica dell'esistenza di strutture di sostegno e di assistenza sociale, ovvero della disponibilità all'assistenza di altri familiari che possano, all'occorrenza, sostituire la madre.

Lo ha ribadito la prima sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36733, depositata il 10 settembre 2015. La disciplina dell’ordinamento penitenziario. La misura alternativa della detenzione domiciliare speciale consiste nell'esecuzione della pena nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora, in luogo pubblico di cura, assistenza e accoglienza e, solo in caso di donne incinta o madri di prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente, di case famiglia protette. Tale misura è stata introdotta dalla L. n. 40/2001, di modifica dell’Ordinamento Penitenziario O.P. . Con tale beneficio si è voluto consentire alle condannate, madri di bambini di età inferiore ad anni dieci, di espiare la pena nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e all’assistenza dei figli. La detenzione domiciliare speciale può essere concessa, quando non ricorrono le condizioni di cui all’art. 47 ter pena inferiore ai 4 anni , solo se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e se vi è la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli. La previsione di cui all'art. 47 ter comma 1, lett. b , O.P., stabilisce che la pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonché la pena dell'arresto, possono essere espiate nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza ovvero, nell'ipotesi di cui alla lettera a dello stesso comma, in case famiglia protette, quando trattasi di padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole. La detenzione domiciliare speciale non può essere concessa a coloro che sono stati dichiarati decaduti dalla potestà sui figli, a norma dell’art. 330 c.c Nel caso in cui la decadenza intervenga nel corso dell’esecuzione della misura, questa è immediatamente revocata. I detenuti e gli internati per reati associativi artt. 416 bis e 630 c.p., art. 74 d.P.R. n. 309/90 possono essere ammessi alla detenzione domiciliare speciale solo se collaborano con la giustizia, oppure quando la loro collaborazione risulti impossibile, ad esempio perché tutte le circostanze del reato sono già state accertate art. 4 bis O.P., comma 1, periodo 1 . I detenuti e gli internati per altri reati gravi commessi per finalità di terrorismo, omicidio, rapina aggravata, estorsione aggravata, traffico aggravato di droghe possono essere ammessi alla detenzione domiciliare speciale solo se non vi sono elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva art. 4 bis O.P., comma 1, periodo 3 . Chi è evaso, oppure ha avuto la revoca di una misura alternativa, non può essere ammesso alla detenzione domiciliare speciale per 3 anni art. 58 quater , commi 1 e 2, O.P. . Non vi può essere ammesso per 5 anni nel caso abbia commesso un reato, punibile con una pena massima pari o superiore a 3 anni, durante un’evasione, un permesso premio, il lavoro all’esterno, o durante una misura alternativa art. 58 quater , commi 5 e 7, O.P. . Chi concede la detenzione domiciliare ? Se l’esecuzione della pena è già iniziata, la misura è concessa dal Tribunale di sorveglianza competente dal magistrato di sorveglianza provvisoriamente nel caso di grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione . Se l’esecuzione della pena non è iniziata, nei casi previsti dall’art. 656 c.p.p. comma 5, il pubblico ministero la sospende. L'ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono notificati al condannato che entro trenta giorni può presentare l’ istanza di concessione della misura. L’istanza viene dunque trasmessa dal pubblico ministero al tribunale di sorveglianza che dovrà decidere entro quarantacinque giorni dal ricevimento. Il Tribunale fissa le prescrizioni della misura e può anche prevedere modalità di controllo con mezzi elettronici. Il detenuto domiciliare non è a carico dell’Amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la cura e l’assistenza medica. Il controllo sull’assoluta impossibilità di assistenza alla prole. La sentenza in commento chiarisce che, in ipotesi di richiesta di detenzione domiciliare da parte di padre e coniuge di madre con occupazione, è necessario analizzare la fattispecie concreta, apprezzando il contenuto delle note informative in atti e valutando la sussistenza di peculiari connotazioni della situazione, sul piano personale, lavorativo e familiare, della madre, ove incidano sulla reale possibilità di assistenza del minore, ovvero verificando la disponibilità all’assistenza sostitutiva, se indispensabile, di altri familiari o di strutture esterne di assistenza sociale.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 19 dicembre 2014 – 10 settembre 2015, n. 36733 Presidente Cortese – Relatore Tardio Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 18 febbraio 2014 il Tribunale di sorveglianza di Venezia ha rigettato l'istanza di detenzione domiciliare avanzata, ai sensi dell'articolo 47-ter, comma 1, lett. b , Ord. Pen., da M.R., in atto detenuto presso la Casa circondariale di Treviso, in relazione alla pena di cui al provvedimento di cumulo del 9 settembre 2013 della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Treviso. Il Tribunale argomentava la decisione rilevando che - l'istante aveva dedotto, a fondamento della sua richiesta, che doveva occuparsi dei figlio di tre anni essendo la compagna titolare di esercizio commerciale che la occupava dalle ore 6.00 alle ore 21,00 - la nota informativa dei Carabinieri di Susegana aveva riferito in ordine alla idoneità dell'alloggio, confermato il lavoro della compagna e ritenuto l'istante pericoloso sulla base dei suoi precedenti - dalla relazione di sintesi, che esprimeva parere favorevole, era emerso che la compagna auspicava il rientro dell'istante per poter accudire il figlio, del quale si occupava in atto la madre - la norma invocata era interpretata dalla giurisprudenza costante di legittimità nel senso che l'impegno lavorativo della madre non integrava l'assoluto impedimento richiesto dalla stessa norma. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, con atto personale, l'interessato Mosele, che ne chiede l'annullamento sulla base di due motivi. 2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen., violazione ed erronea applicazione degli artt. 47-ter, comma 1, e 47-quinquies, Ord. Pen. per avere il Tribunale illegittimamente ritenuto insussistenti le condizioni soggettive per la concessione del beneficio, omettendo di valorizzare le relazioni favorevoli dei Carabinieri di Susegana e dei servizi sociali incaricati. Secondo il ricorrente, che premette il richiamo all'ipotesi di detenzione domiciliare prevista dall'articolo 47-ter, comma 1-ter, Ord. Pen. come alternativa al rinvio, obbligatorio o facoltativo, dell'esecuzione della pena ai sensi degli artt. 146 e 147 cd. pen., e all'ipotesi di detenzione domiciliare speciale prevista dall'articolo 47 quinquies Ord. Pen. e alla ratio della sua introduzione con legge n. 40 del 2001, il Tribunale di sorveglianza non ha considerato che la compagna è titolare di esercizio di ristorazione, il cui orario è del tutto incompatibile con la possibilità di assistere il minore, e che la grave malattia dei padre della medesima, poi deceduto, ha richiesto continua assistenza da parte della di lei madre, impossibilitata ad aiutarla nell'assistenza dei minore. Dalla lettura di detta ultima norma emerge chiara la condizione soggettiva richiesta per il padre condannato che richieda la detenzione domiciliare speciale, rappresentata dalla valutazione in concreto, che vi è stata con esito positivo, della insussistenza del pericolo di reiterazione del reato, oltre alla possibilità di ristabilire la convivenza con il figlio, ed emerge altresì l'ampliamento delle attività, strutturali e non più eccezionali, per cui è possibile l'allontanamento dal domicilio. 2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen., mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Secondo il ricorrente, l'ordinanza è solo apparentemente motivata perché ha richiamato, a sostegno della decisione di rigetto, un mero indirizzo giurisprudenziale, alla cui stregua l'impegno lavorativo della madre non può integrare l'assoluto impedimento richiesto dalla norma citata, senza esplicitare liter logico della pronuncia negativa e omettendo completamente di considerare i sicuri indici positivi evincibili in concreto dalle informative a lui favorevoli. 3. II Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta, concludendo per l'annullamento con rinvio dell'ordinanza. Considerato in diritto 1. II ricorso deve essere accolto per la fondatezza del secondo motivo, che enuncia ragioni coerenti con il contenuto della istanza originaria con la quale M.R. aveva chiesto la concessione della detenzione domiciliare ex articolo 47-ter Ord. Pen., deducendo di trovarsi nella condizione personale e familiare, riconducibile alla previsione del suo primo comma, lett. b , mentre il primo motivo attiene, dopo l'ampia deduzione della illegittimità del diniego del beneficio, al non pertinente comma 1-ter dello stesso articolo 47-ter Ord. Pen., che prevede la detenzione domiciliare a termine in relazione a situazioni di infermità fisica, e al non azionato istituto della detenzione domiciliare speciale di cui all'articolo 47 quinquies Ord. Pen. 2. Secondo la previsione normativa dell'articolo 47-ter, comma 1, lett. b , Ord. Pen., la pena della reclusione non superiore a quattro anni anche se costituente parte residua di maggiore pena può essere espiata nella propria abitazione dal padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a darle assistenza. Questa Corte ha più volte affermato che l'attività lavorativa della madre di prole infradecenne non determina, di per sé, quella assoluta impossibilità di accudire alla prole che giustifica la concessione della detenzione domiciliare in favore del padre, precisando, nell'enunciare tale principio, che l'esistenza di un impedimento assoluto ad assistere la prole deve essere accertata in relazione alle peculiari connotazioni delle singole situazioni, e, in particolare, attraverso la verifica dell'esistenza di strutture di sostegno e di assistenza sociale, ovvero della disponibilità all'assistenza di altri familiari che possano, all'occorrenza, sostituire la madre Sez. 1, n. 13021 del 28/01/2009, dep. 25/03/2009, Parrino, Rv. 243550 , e ribadendo che la valutazione del giudice di merito è discrezionale e insindacabile in sede di legittimità se sorretta da adeguata motivazione Sez. 1, n. 44910 del 28/10/2011, dep. 02/12/2011, Monti Condesnitt, Rv. 251480 . A ciò consegue che l'impedimento assoluto della madre ad assistere la prole non può essere stabilito in via di generalizzata astrattezza, e che, pertanto, come non è condivisibile il principio per cui l'attività lavorativa della madre non può mai costituire impedimento grave, deve anche ritenersi inaccettabile la tesi che individua nel lavoro della madre della prole la causa che fa scattare il diritto del padre di ottenere la indicata misura alternativa. 3. Di tali condivisi principi il Tribunale di Sorveglianza ha fatto applicazione solo formale, limitandosi a osservare che l'impegno lavorativo della madre del figlio di tre anni non può integrare l'assoluto impedimento richiesto dalla norma indicata, senza analizzare la fattispecie concreta, apprezzare il contenuto delle note informative in atti e valutare la sussistenza di peculiari connotazioni della situazione personale, lavorativa, familiare della predetta incidenti sulla sua possibilità di assistenza del minore, ovvero verificare la disponibilità all'assistenza sostituiva, ove necessario, di altri familiari o strutture esterne. 4. II provvedimento impugnato va, di conseguenza, annullato con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Venezia, che procederà a nuovo esame tenendo presenti i principi e i rilievi prima formulati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Venezia.