Sfogo dell’imputato: «Da quanto tempo fa il giudice?». Domanda ironica? No, è oltraggio

Confermata la condanna nei confronti di due uomini due mesi di reclusione ciascuno. Fatali le espressioni rivolte al magistrato in udienza, espressioni con cui, in sostanza, il giudice è stato indicato come professionalmente non competente.

Da quanto tempo fa il giudice? Si legga gli atti sta sbagliando . Sfogo verbale delle persone sotto accusa. Ma i termini usati si rivelano eccessivi. Consequenziale la condanna per il reato di oltraggio a magistrato”. Cassazione, sentenza n. 36648, sesta sez. Penale, depositata oggi . Udienza ‘calda’. Linea di pensiero comune per i giudici del Tribunale e della Corte d’Appello due mesi di reclusione a testa per i due uomini finiti sotto accusa per avere offeso, durante un processo nei loro confronti, un magistrato. Fatali le parole utilizzate in aula Da quanto tempo fa il giudice? Si legga gli atti sta sbagliando . Senza dimenticare, peraltro, che il magistrato era stato seguito dai due uomini fuori dal ‘Palazzo di Giustizia’ e minacciato, neanche tanto velatamente Secondo il legale dei due uomini, però, tale visione è troppo rigida. Soprattutto perché le espressioni utilizzate non erano rivolte a ledere il prestigio del magistrato, ma erano una chiara espressione di risentimento, rivolto a disapprovarne l’operato . E in questa ottica, sempre per il legale, anche la minaccia di rivolgersi alla Procura della Repubblica non nascondeva alcun intendo intimidatorio , poiché i due uomini intendevano far presente che si desse contezza, a verbale, di alcune loro dichiarazioni, rilasciate all’udienza di volontaria giurisdizione . E, per finire, il legale ritiene discutibile anche l’ipotesi della minaccia nei confronti del magistrato, spiegando che il giudice è stato seguito solo per pochi metri e sottolineando che solo uno dei due uomini ha inveito nei suoi confronti, condotta, questa, frutto dell’ evidente stato d’ansia provocato dal provvedimento giudiziale contestato . Professionalità. Tutta la linea difensiva proposta dal legale dei due uomini si rivela, però, assai fragile. Per i giudici della Cassazione, difatti, con la frase incriminata il magistrato è stato indicato, in pubblico, come una persona sprovveduta e professionalmente incompetente, compromettendo la funzione stessa che il magistrato stava svolgendo in quel momento . Ciò significa che i due uomini hanno volutamente preso di mira la persona del magistrato nel pieno esercizio delle sue funzioni . Di conseguenza, è assolutamente lapalissiano l’ oltraggio realizzato nei confronti del giudice. E, viene aggiunto, non vi sono dubbi neanche sui reati di ingiuria e minaccia i due uomini, difatti, hanno atteso il magistrato fuori dal ‘Palazzo di Giustizia’ e poi lo hanno seguito, rivolgendoli frasi dall’univoco significato ingiurioso e minatorio, del tipo Hai sbagliato adesso devi morire tu e tuo padre sappiamo dove hai la stanza . Logica, di conseguenza, la conferma della condanna a due mesi di reclusione ciascuno per i due uomini.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 7 maggio – 10 settembre 2015, n. 36648 Presidente Conti – Relatore Fidelbo Ritenuto in fatto 1. Con la decisione in epigrafe indicata la Corte d'appello di Lecce ha confermato la sentenza del 26 ottobre 2010 con cui il Tribunale della stessa città aveva condannato F. e N.F. alla pena di due mesi di reclusione ciascuno per oltraggio a magistrato in udienza nonché per i reati di ingiuria e minaccia in danno di S.C., all'epoca dei fatti giudice tutelare presso il Tribunale di Bari. 2. L'avvocato F. P.S., nell'interesse dei due imputati, ha proposto ricorso per cassazione. Con il primo motivo deduce l'erronea applicazione degli artt. 343 c.p. e 192 c.p.p. e il vizio di motivazione, sostenendo che la Corte territoriale non avrebbe preso in considerazione le ragioni addotte dalla difesa dei ricorrenti. In particolare, sostiene che le espressioni usate da F. F. da quando tempo fa il giudice, si legga gli atti, sta sbagliando non erano rivolte a ledere il prestigio del magistrato, ma erano una chiara espressione di risentimento rivolto a disapprovarne l'operato inoltre, la minaccia di rivolgersi alla procura della Repubblica non palesava alcun intento intimidatorio, in quanto gli imputati intendevano far presente che si desse contezza a verbale di alcune loro dichiarazioni rilasciate all'udienza di volontaria giurisdizione, circostanza quest'ultima confermata dal teste A. infine, contesta la sussistenza del reato di minaccia, dal momento che i due imputati hanno seguito il C. per pochi metri e solo F. F. aveva inveito nei suoi confronti, condotta dovuta all'evidente stato d'ansia in cui l'imputato si trovava a causa dei provvedimento giudiziale contestato. Con il secondo motivo censura la sentenza per aver negato il beneficio della sospensione condizionale della pena a N.F Considerato in diritto 3. I motivi dedotti con il primo motivo sono manifestamente infondati. Questa Corte ha sempre ritenuto che ai fini della configurabilità del delitto di oltraggio ad un magistrato in udienza, rientrano nell'ambito del legittimo esercizio del diritto di critica solo le espressioni o gli apprezzamenti che investono la legittimità o l'opportunità del provvedimento in sé considerato, non invece quelli rivolti alla persona del magistrato Sez. 6, n. 20085 del 26/4/2011, Prencipe Sez. 6, n. 21112 del 23/3/2004, Perniciolo . Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha fatto una corretta applicazione della norma incriminatrice, come interpretata dalla giurisprudenza di legittimità, evidenziando che nel corso dell'udienza gli imputati, in concorso tra loro, hanno avuto di mira la persona del magistrato nel pieno esercizio delle sue funzioni, dal momento che pronunciando la frase da quando tempo fa il giudice, si legga gli atti, sta sbagliando lo hanno indicato, in pubblico, come una persona sprovveduta e professionalmente incompetente, compromettendo la funzione stessa che il magistrato in quel momento stava svolgendo. Analogo discorso per quanto riguarda i reati di ingiuria e minaccia in questo caso la Corte territoriale ha ritenuto la responsabilità degli imputati prendendo in considerazione la condotta posta in essere dagli stessi, consistita nell'attendere il magistrato fuori dal palazzo di giustizia e nel seguirlo gridandogli contro frasi dall'univoco significato ingiurioso e minatorio dei tipo hai sbagliato . adesso devi morire tu e tuo padre, sappiamo dove hai la stanza . 4. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo. La Corte territoriale ha motivato in ordine alle ragioni per le quali ha ritenuto di non concedere la sospensione della pena nei confronti di N.F., giustificando tale scelta i precedenti penali dell'imputato e la gravità della condotta oggetto di contestazione. Si tratta di una scelta discrezionale basata su una motivazione che appare del tutto logica e in quanto tale non sindacabile in sede di legittimità. 5. La manifesta infondatezza dei motivi proposti determina l'inammissibilità dei ricorsi, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e a versare una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che si ritiene equo determinare in euro 1.000,00 ciascuno. P.q.m. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quella della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.