Affidamento in prova al servizio sociale: non serve la totale assenza di pericolosità del condannato

L'affidamento in prova al servizio sociale non presuppone la totale assenza di pericolosità sociale del condannato, che può essere realizzata solo attraverso il completamento del processo di rieducazione, ma richiede solamente l'esistenza di elementi dai quali possa desumersi che tale processo abbia avuto inizio.

È quanto deciso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 36233/15, depositata l’8 settembre. Il caso. Il tribunale di sorveglianza rigettava la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale formulata da un uomo in relazione alla pena detentiva residua, mentre accoglieva la richiesta di detenzione domiciliare. Avverso tale ordinanza, propone ricorso per cassazione l'imputato, lamentando che il tribunale aveva illegittimamente ritenuto la sussistenza della pericolosità sociale del ricorrente. sulla base di elementi la cui insussistenza è comprovata dagli atti acquisiti al procedimento, nonché la nullità del provvedimento impugnato perché radicalmente privo di motivazione. Per l’affidamento in prova al servizio sociale non serve la totale assenza di pericolosità. Il Supremo Collegio ha ritenuto fondato il ricorso, ravvisando l’effettiva sussistenza di lacune motivazionali nel provvedimento impugnato. Il tribunale di sorveglianza, infatti, nel fondare il rigetto della richiesta del ricorrente sulla sua sottoposizione a misura di prevenzione, non solo non ha considerato il dato oggettivo rappresentato dal rigetto della proposta di misura di prevenzione intervenuto in sede di giudizio di rinvio, ma ha anche concentrato la sua attenzione essenzialmente sulla natura del reato per cui l’uomo è stato condannato e sulla ‘biografia’ criminale di quest'ultimo, senza valutare il periodo successivo al reato e l'evoluzione della sua personalità, ciò contrasta, proseguono gli Ermellini, con i principi sanciti dalla giurisprudenza della Corte di legittimità, alla luce dei quali l'affidamento in prova al servizio sociale non presuppone la totale assenza di pericolosità sociale del condannato - realizzabile solo attraverso il completamento del processo di rieducazione -, ma richiede solamente l'esistenza di elementi dai quali possa desumersi l'avvenuto inizio di detto processo, concettualmente identico per qualsiasi condannato, indipendentemente dalla natura del reato commesso. Ciò di cui si deve tenere conto, infatti, è la possibilità che il condannato acquisisca la consapevolezza della necessità di rispettare le leggi penali e di conformare la propria condotta ai doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale sanciti dall'ordinamento. Secondo la giurisprudenza del Supremo Collegio, infatti, ciò che rileva ai fini dell'affidamento in prova al servizio sociale, è il grado di consapevolezza e di rieducazione raggiunto dal condannato, oltre che l'evoluzione della sua personalità successivamente al fatto. In forza delle considerazioni sovraesposte, pertanto, la Corte ha accolto il ricorso, annullando l'ordinanza impugnata limitatamente al rigetto dell'istanza di affidamento al servizio sociale.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 8 aprile – 8 settembre 2015, n. 36233 Presidente Marasca - Relatore Guardiano Fatto e diritto 1. Con ordinanza emessa il 24.6.2014, il tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria, rigettava la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale formulata nell'interesse di P.R., in relazione alla pena detentiva residua di sei mesi di reclusione, di cui alla sentenza di condanna emessa l'8.3.2012 dal tribunale di Locri, sezione distaccata di Siderno, per il reato ex art. 9, l. n. 1423 dei 1956, mentre accoglieva la richiesta di detenzione domiciliare formulata sempre nell'interesse dei suddetto imputato. 2. Avverso tale ordinanza, di cui chiede l'annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, a mezzo dei difensore di fiducia, avv. G.C., del Foro di Locri, l'imputato, con cui lamenta violazione di legge per avere il tribunale di Reggio Calabria illegittimamente ritenuto la sussistenza della pericolosità sociale del P. sulla base di elementi la cui insussistenza è comprovata dagli atti acquisiti al procedimento, nonché la nullità del provvedimento impugnato perché radicalmente privo di motivazione. 3. Con requisitoria del 10.12.2014 il pubblico ministero presso il Supremo Collegio chiede l'accoglimento del ricorso, condividendo le ragioni del ricorrente. 4. II ricorso è fondato e va accolto. 5. II provvedimento impugnato presenta, invero, delle evidenti lacune motivazionali, che ne impongono l'annullamento. Da un lato, infatti, il tribunale di sorveglianza, nel fondare il rigetto della richiesta del P. anche sulla sottoposizione di quest'ultimo a misura di prevenzione, ha omesso di considerare, come evidenziato dal pubblico ministero, il dato oggettivo rappresentato dal rigetto della proposta di misura di prevenzione intervenuto in sede di giudizio di rinvio, conseguente ad annullamento, da parte del Supremo Collegio, dell'originario decreto applicativo della misura di prevenzione. Dall'altro il giudice di merito ha concentrato la sua attenzione, per giustificare il diniego dell'affidamento, essenzialmente sulla natura del reato per cui il P. è stato condannato e sulla biografia criminale di quest'ultimo, quale risulta dai precedenti penali e giudiziari esistenti a suo carico, senza prendere in considerazione il periodo successivo al reato e l'evoluzione della sua personalità, non facendo, pertanto, buon governo dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in subiecta materia. L'affidamento in prova al servizio sociale, infatti, non presuppone una totale assenza di pericolosità sociale del condannato, quale realizzabile solo attraverso il completamento del processo di rieducazione, ma postula soltanto l'esistenza di elementi dai quali possa desumersi l'avvenuto inizio di detto processo, da riguardarsi come concettualmente identico per qualsiasi condannato, indipendentemente dalla natura del reato commesso, dovendosi aver riguardo essenzialmente, in armonia con la visione laica cui si ispira l'ordinamento giuridico, alla prospettiva che il condannato acquisisca la consapevolezza della necessità di rispettare le leggi penali e di conformare, in genere, il proprio agire ai doveri inderogabili di solidarietà politica,economica e sociale sanciti dall'ordinamento medesimo cfr. Cass., sez. I, 5.2.1998, n. 688, rv. 210389 . Ciò che rileva, infatti, al fine dell'affidamento in prova al servizio sociale, è il grado di consapevolezza e di rieducazione raggiunto dal condannato, nonché l'evoluzione della sua personalità successivamente al fatto, al fine di consentire un'ulteriore evoluzione favorevole e un ottimale reinserimento sociale cfr. Cass., sez. I, 8.2.2008, n. 8258, rv. 240586 Cass., sez. I, , 11.6.2013, n. 33287, rv. 257001 . Alla luce di tali principi la motivazione impugnata va censurata anche per un'ulteriore incongruenza, laddove, pur evidenziando l'avvio di un percorso di risocializzazione del P. attestato vuoi dall'espletamento in via stabile di attività lavorativa, vuoi dall'equilibrio familiare raggiunto tramite una serena relazione sentimentale e la nascita di una figlia che, tuttavia, il tribunale, con motivazione intrinsecamente contraddittoria, definisce apparente , il giudice di merito omette di valutare la rilevanza di tali circostanze ai fini dell'affidamento in prova al servizio sociale. 6. Sulla base delle svolte considerazioni l'impugnato provvedimento va, dunque, annullato, limitatamente al rigetto dell'istanza di affidamento in prova al servizio sociale, con rinvio per nuovo esame al tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria, che provvederà ad ovviare alle indicate omissioni ed incongruenze motivazionali, attenendosi ai principi di diritto innanzi indicati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente al rigetto dell'istanza di affidamento al servizio sociale, con rinvio per nuovo esame al tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria.