La citazione è nulla per indeterminatezza della imputazione? No è abnorme l’ordinanza che l’ha dichiarata tale

E’ abnorme l’ordinanza con la quale il giudice di primo grado abbia dichiarato la nullità del decreto di citazione a giudizio per indeterminatezza del capo di imputazione con conseguente trasmissione degli atti pubblico ministero, laddove detta indeterminazione sia assolutamente insussistente.

Il provvedimento del Tribunale determina infatti stasi processuale in quanto il pubblico ministero non può in alcun modo modificare la imputazione. Trattasi di ipotesi di abnormità funzionale, in quanto determina stasi del processo e cioè impossibilità di proseguirlo. Questo il principio contenuto nella sentenza n. 36013/15 della Prima Sezione penale, depositata il 7 settembre. Gli atti abnormi. Come ormai ampiamente noto, la categoria processuale degli atti abnormi è frutto di una elaborazione giurisprudenziale e dottrinaria volta a trovare un idoneo rimedio in tutti i casi in cui si assista a comportamenti procedimentali dell'organo giudicante da cui derivino atti non altrimenti impugnabili espressivi, in concreto di uno sviamento della funzione giurisdizionale, non più rispondente al modello previsto dalla legge . L’atto abnorme è dunque quell’atto che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulta estraneo all’ordinamento processuale o si esplica al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste. Secondo una classificazione ormai consolidata, sì da potersi definire tradizionale, l’abnormità dell’atto si può distinguere in due categorie la prima, quella definita strutturale , si riscontra nell’ipotesi di esercizio, da parte del giudice, di un potere non attribuitogli dall'ordinamento , oppure previsto, ma, per contro, esercitato in una situazione radicalmente diversa da quella configurata dalla legge una seconda nota come, abnormità funzionale , che si configura nel caso di stasi del processo e di impossibilità di proseguirlo . L'abnormità già nota ai tempi del Codice Rocco è dunque figura di risalente creazione giurisprudenziale che tuttavia da tempo sin dagli anni 30 è stato oggetto di tentativi di inquadramento dottrinale. Come noto, la sussistenza di questo vizio atipico giustifica l’immediato ricorso per Cassazione, contro il provvedimento ritenuto abnorme. La giurisprudenza, dunque, constatando l’impossibilità di impugnare quei provvedimenti talmente anomali da risultare eccentrici rispetto al sistema processuale delineato dal legislatore, ha creato la categoria degli atti abnormi, abnormità che deve essere fatta valere con ricorso per cassazione nel termine previsto per il medesimo dal momento in cui si abbia conoscenza dell’atto abnorme. La rinuncia del legislatore ad un intervento normativo. Il vigente codice di procedura penale, come risaputo, non detta la disciplina dell’atto abnorme ovvero delle sue modalità di impugnazione. Non si tratta tuttavia di una mera svista o dimenticanza del legislatore, ma di una vera e propria opzione esercitata scientemente, in quanto nella Relazione al progetto preliminare se ne leggono le ragioni, da ravvisarsi nella difficoltà di una possibile tipizzazione e la necessità di lasciare alla sempre alla giurisprudenza di rilevarne l’esistenza e di fissarne le caratteristiche ai fini della impugnabilità . Come anticipato, infatti, il fenomeno degli atti abnormi era oggetto di una elaborazione giurisprudenziale e del conseguente dibattito dottrinario da oltre cinquant’anni, sicché il legislatore del vigente codice di rito, nel rinunciare esplicitamente ad un intervento normativo, ha riconosciuto la validità della capacità creativa della giurisprudenza formatasi sotto il codice previgente, dall’altro lato come evidenzia G. Spangher ha riconosciuto come la fluidità della materia sfugge a schemi classificatori . Non deve dunque stupire che, come nel caso oggetto della pronuncia in esame, la giurisprudenza si sia arrogata il potere di ricercare ed individuare ipotesi di atti abnormi, trattandosi di un potere di fatto riconosciutole ed attribuitole in subiecta materia proprio dal legislatore. Il caso di specie. Svolte tali doverose, seppur sommarie ed incomplete premesse, può ora analizzarsi il caso oggetto dell’intervento della Cassazione in cui a dolersi della abnormità della impugnata ordinanza è il pubblico ministero che, infatti, propone ricorso per cassazione avverso la declaratoria di nullità del decreto di citazione a giudizio, ritenuto nullo dal giudice di prime cure per indeterminatezza del capo di imputazione. Sostiene il pubblico ministero che il Tribunale, avendo macroscopicamente errato nel ritenere indeterminato il capo di imputazione, che invero doveva ritenersi preciso in relazione a date, luoghi, fatti e operato dei singoli imputati, nel dichiararne la nullità e disporre la trasmissione degli atti allo stesso pubblico ministero aveva determinato una stati processuale, essendo il pubblico ministero impossibilitato ad una precisazione ulteriore del capo di imputazione rispetto a quanto già operato e, dunque, a dare ulteriore corso ed impulso al processo penale. La decisione degli Ermellini. La Cassazione, operata una breve ricostruzione e classificazione della figura dell’atto abnorme, non ha difficoltà alcuna a recepire integralmente il percorso logico ed argomentativo della pubblica accusa parte ricorrente. Una volta riconosciuta la determinatezza del capo di imputazione in tutti i suoi aspetti essenziali, riconosce la Corte come, effettivamente, l’impugnata ordinanza del Tribunale di Bologna abbia determinato una stasi processuale non superabile in quanto il pubblico ministero non può in alcun modo ulteriormente precisare la imputazione. Il provvedimento impugnato dunque, secondo gli Ermellini, costituisce ipotesi tipica secondo la nota elaborazione giurisprudenziale di abnormità funzionale, in quanto determina stasi del processo e cioè impossibilità di proseguirlo. La conseguenza altra non può essere che l’annullamento con rinvio ad altra sezione del Tribunale per la prosecuzione del giudizio. La pronuncia si muove peraltro in linea con un recente, ma affermato, indirizzo giurisprudenziale secondo cui è abnorme, per la sua attitudine a determinare una indebita regressione del procedimento, l'ordinanza del giudice del dibattimento che, nell'ipotesi di genericità o indeterminatezza dell'imputazione, restituisca gli atti al pubblico ministero senza averlo preventivamente sollecitato ad integrare o precisare la contestazione Cass. pen., Sez. III, n. 38940/2013 . Nel caso di specie tuttavia, si noti, l’abnormità non deriva da una indebita regressione quanto dalla ritenuta indebita stasi conseguente alla impossibilità del pubblico ministero di formulare in termini più precisi l’imputazione.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 1 luglio – 7 settembre 2015, n. 36013 Presidente Esposito – Relatore Di Marzio Ritenuto in fatto Con la ordinanza impugnata il tribunale di Bologna ha dichiarato la nullità del decreto di citazione a giudizio nel procedimento penale n. 13243/12 RGNR nei confronti di B.G. e altri trenta indagati ravvisando, e in ciò accogliendo l'istanza al riguardo formulata dagli indagati, l'indeterminatezza dell'imputazione disponendo trasmissione degli atti al pubblico ministero. Quest'ultimo presenta ricorso contestando in fatto la indeterminatezza del capo di imputazione e argomentando in diritto l'abnormità del provvedimento, determinando il decreto in oggetto la stasi del procedimento. Il sostituto procuratore generale, condividendo l'argomentazione del ricorrente, ha concluso per l'annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato. I difensori di B.G. e altri hanno depositato memorie di replica a tali conclusioni. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. Il ricorso è fondato. Questa corte, con la decisione a sezioni unite del 26 marzo 2009 n. 25957, ha chiarito, in via generale, che l'abnormità può essere riscontrata a allorchè il giudice abbia esercitato un potere non attribuitogli dall'ordinamento processuale carenza di potere in astratto b allorchè il provvedimento giudiziale costituisca estrinsecazione di un potere che, pur essendo previsto dall'ordinamento, è stato esercitato in una situazione processuale radicalmente diversa da quella prefigurata dalla legge e cioè completamente al di fuori dei casi consentiti, al di là di ogni ragionevole limite carenza di potere in concreto . Sono queste le ipotesi di cd. abnormità strutturale. Accanto ad essa si colloca l'abnormità funzionale, riscontrabile nel caso di stasi dei processo e di impossibilità di proseguirlo. Non induce invece, di per sè, abnormità la regressione del procedimento. Deve infatti distinguersi, al riguardo, tra regresso tipico, conseguente al legittimo esercizio dei poteri spettanti al giudice, in presenza dei presupposti previsti dalla legge regresso illegittimo, conseguente all'esercizio,da parte del giudice, di un potere riconosciutogli dall'ordinamento ma non correttamente attivato, in assenza dei presupposti di legge, come, ad esempio, nel caso in cui sia stata erroneamente dichiarata la nullità del decreto di citazione diretta per omessa notificazione dell'avviso ex art. 415 - bis c.p.p., viceversa ritualmente notificato regresso abnorme, conseguente ad un atto adottato dal giudice in carenza di potere si pensi alla restituzione degli atti, ex art. 552 c.p.p., comma 3, allorchè il giudice avrebbe invece dovuto provvedere a rinnovare direttamente la citazione a giudizio o la relativa notificazione, a norma dell'art. 143 disp. att. c.p.p Non può dunque ritenersi l'abnormità di un provvedimento qualora esso costituisca estrinsecazione di un potere riconosciuto al giudice dall'ordinamento e non determini la stasi del procedimento. Su questa base, Cass. sez. VI, 17.6.2014, n. 38793, ha precisato che è abnorme l'ordinanza con cui il tribunale nel corso dei dibattimento dichiara la nullità dei capo di imputazione e dispone la restituzione degli atti al g.i.p., quando il provvedimento è adottato in conseguenza di una erronea interpretazione della contestazione poiché lo stesso, determinando la stasi del processo e l'impossibilità della sua prosecuzione, dà luogo ad una ipotesi di abnormità funzionale. Così si è verificato nel caso concreto. Il pubblico ministero, interpellato in merito alla eccezione poi accolta nel provvedimento impugnato, ha infatti chiarito che .- come emerge anche dal tenore delle imputazioni - le contestazioni erano tutte riferite alla accertata prassi seguita dall'istituto di credito indicato nelle imputazioni e concernevano tutte le operazioni scudate attribuite agli imputati ed effettuate tra il gennaio 2009 e l'aprile 2010 con violazione degli artt. 18, 19, 20 e 28 d.lgs. n. 231 del 2007 . Il decreto di citazione appare dunque sufficientemente determinato per luogo, date e fatti anche attraverso il richiamo alle qualità degli imputati e al loro specifico luogo di lavoro alle dipendenze della azienda di credito indicata nell'imputazione, e dunque alle singole operazioni riferibili a ciascun imputato . Orbene, se questa è la prospettiva delineata dall'imputazione, il provvedimento del Tribunale determina stasi processuale. II pubblico ministero infatti non potrebbe modificare in alcun modo l'imputazione. La stasi processuale, determinata dal provvedimento impugnato,comporta abnormità di quest'ultimo. L'ordinanza gravata va dunque annullata senza rinvio,con trasmissione degli atti al Tribunale di Pescara per ulteriore corso. Ne discende l'annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato e la trasmissione degli atti al tribunale di Bologna per quanto di competenza. P.Q.M. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti al tribunale di Bologna per quanto di competenza.