La rideterminazione della pena deve essere disposta nel contraddittorio delle parti

A seguito della sentenza costituzionale n. 32/14 che ha dichiarato l’incostituzionalità della legge Fini – Giovanardi, viene ristabilita la distinzione tra droghe leggere” e pesanti” con la conseguente ricaduta sul trattamento sanzionatorio. La pena in sede di esecuzione deve essere rideterminata tramite la rinegoziazione” dell’accordo tra le parti, accordo ratificato” dal giudice dell’esecuzione.

Così ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 35892/15, depositata il 2 settembre. Il caso. Un uomo condannato per illecita detenzione di numerose piante di cannabis chiedeva la rideterminazione della pena a seguito della sentenza della Corte Costituzionale numero 32/14 relativa ai delitti di cui all’art. 73 d.P.R. numero 309/90 in relazione alle droghe c.d. leggere”, la quale aveva stabilito la reviviscenza della normativa precedente alla riforma Fini - Giovanardi. Il Tribunale di Palmi, in funzione di giudice dell’esecuzione, accoglieva l’istanza dell’uomo, in applicazione dei criteri di cui agli artt. 132 Potere discrezionale del giudice nell'applicazione della pena limiti e 133 Gravità del reato valutazione agli effetti della pena c.p Avverso tale decisione ricorre in Cassazione l’uomo, chiedendo l’applicazione di un criterio proporzionale che corrisponda alla volontà delle parti espressa nel rito concordato. Sentenza Marconumero La S.C. ritiene che l’ordinanza del Tribunale vada annullata ma per motivi che si discostano da quelli avanzati dal ricorrente. In tema di rideterminazione della pena in ordine alla detenzione di stupefacenti a seguito della pronuncia del giudice delle leggi, gli ermellini ritengono di dover ricostruire la giurisprudenza delle Sezioni Unite di recente intervenute in materia. La prima sentenza che in questa sede rileva è la sentenza Marcon, la quale ha stabilito che la pena applicata su richiesta delle parte per i delitti in questione deve essere rideterminata tramite la rinegoziazione” dell’accordo tra le parti, ratificato” dal giudice dell’esecuzione. È stato così accolto il principio secondo cui è illegale non solo la pena che sia superiore alla sanzione edittale massima reinserita a seguito della sentenza di incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi, ma anche quella comminata in base alla sanzione prevista dalla norma incostituzionale. Sentenza Sebbar. La sentenza Sebbar Cass., sez. Unite, numero 22471/15 a proposito ha affermato che la valutazione discrezionale del giudice nel calcolare la pena in concreto da comminare deve attenersi al minimo e al massimo edittale stabiliti dal legislatore. Di conseguenza, se vengono modificati tali indicatori astratti”, mutano inevitabilmente i parametri entro cui la valutazione deve essere in concreto operata. Inoltre, a seguito della sentenza costituzionale numero 32/14, il trattamento sanzionatorio è stato notevolmente ridefinito, consentendo nuovamente di ricorrere a una forbice edittale da due anni a sei di reclusione sensibilmente meno ampia e dunque meno severa rispetto a quella fissata dalle riforma Fini-Giovanardi da sei a venti anni di reclusione . Il quadro normativo così ridisegnato non è così paragonabile a quello che i giudici di merito hanno preso in considerazione, essendosi verificato un sostanziale ridimensionamento dello stesso disvalore penale del fatto . Pertanto, una volta cambiato il parametro di riferimento, il giudice del merito è tenuto a riesercitare il potere discrezionale attribuitogli dagli articolo 132 e 133 c.p Alla luce delle considerazioni espresse dalle suddette sentenza, si impone nel caso di specie una rideterminazione della pena che avvenga nel contraddittorio delle parti, secondo le regole procedimentali sancite dall’art. 188 disp.att. c.p.p Qualora non sia raggiunto un accordo tra le parti e il giudice dell’esecuzione non ritenga ingiustificato il dissenso del pm, in virtù degli artt. 132 e 133 c.p., spetterà a lui determinare la pena legale. Per questi motivi, la Corte di Cassazione annulla la sentenza con rinvio per nuovo esame al Gip del Tribunale di Palmi.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 15 luglio – 2 settembre 2015, n. 35892 Presidente Cortese – Relatore Toni Novik Rilevato in fatto 1. Con ordinanza del 21 ottobre 2014, il tribunale di Palmi, in funzione di giudice dell'esecuzione accoglieva l'istanza presentata da D.G., diretta ad ottenere la rideterminazione della pena in conseguenza della sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014 che, per i delitti previsti dall'art. 73 D.P.R. n. 309 dei 1990 in relazione alle droghe leggere , aveva determinato la reviviscenza della normativa antecedente la riforma Fini-Giovanardi. Nello specifico, al condannato, con sentenza del 18 agosto 2011 era stata applicata la pena finale concordata di anni tre mesi quattro di reclusione ed euro 13.300 di multa, pena sospesa, per l'illecita detenzione di 216 piante di Cannabis indica. Escluso ogni automatismo nella determinazione della pena, il tribunale di palmi applicando i criteri di cui agli arti. 132 e 133 cod. pen. ed in relazione al quantitativo di droga detenuto riteneva congrua la pena di anni due e mesi otto di reclusione ed euro 4000 di multa, così determinata pena base, anni cinque di reclusione ed euro 7000 di multa, ridotta per le generiche ad anni quattro di reclusione ed euro 6000 di multa, ulteriormente ridotta per il rito. 2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione G., a mezzo del difensore di fiducia, per violazione di legge e vizio di motivazione insistendo per l'applicazione di un criterio proporzionale corrispondente alla volontà delle parti espressa nel rito concordato. 3. II Procuratore generale presso questa Corte in un articolato parere ha chiesto di annullare con rinvio l'ordinanza. Considerato in diritto 1. Il provvedimento impugnato va annullato per ragioni diverse da quelle sostenute dal ricorrente. Sul tema dei ricorso - oggetto di contrastanti orientamenti giurisprudenziali - sono di recente intervenute le Sezioni Unite di questa Corte che con le coeve sentenze 26 febbraio 2015, ricorrenti J., S., M, hanno risolto i dubbi circa la possibilità di applicazione della disciplina più favorevole in sede esecutiva, quale conseguenza della sentenza della Corte Costituzionale richiamata. 2. In particolare, si rileva che la sentenza M., per quanto noto con l'informazione provvisoria n. 6 del 2015, ha affermato il principio di diritto secondo cui, la pena applicata su richiesta delle parti per i delitti previsti dall'art. 73 D.P.R. n. 309 dei 1990 in relazione alle droghe c.d. leggere, con pronuncia divenuta irrevocabile prima della sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014, deve essere necessariamente rideterminata in sede di esecuzione, con la precisazione che la pena deve essere rideterminata attraverso la rinegoziazione dell'accordo tra le parti, ratificato dal giudice dell'esecuzione, che viene interessato attraverso l'incidente di esecuzione attivato dal condannato o dal pubblico ministero. È stato quindi accolto il principio per cui pena illegale non è solo quella superiore alla sanzione edittale massima reintrodotta per effetto della pronuncia di incostituzionalità, ma anche quella applicata in base alla sanzione prevista dalla norma incostituzionale. Osserva in proposito la sentenza 22471/2015, Sebbar, esprimendo un principio applicabile anche in sede esecutiva, Ia valutazione discrezionale dei giudice nella individuazione della pena in concreto da applicare non può prescindere dagli indicatori astratti il minimo e il massimo edittale che il legislatore gli ha fornito. È nell'ambito di quello spazio sanzionatorio che il giudicante deve compiere la sua valutazione. Con la conseguenza che se detto spazio muta si restringe o si dilata , mutano inevitabilmente i parametri entro i quali la valutazione in concreto deve essere effettuata. Per altro, in tema di sostanze stupefacenti, tale spazio sanzionatorio, con il ripristino della distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti , conseguente alla sentenza del Giudice delle leggi n. 32 del 2014, è stato sensibilmente ridisegnato, consentendo, di nuovo, il ricorso ad una forbice edittale tanto per limitarsi alla sola pena detentiva - da due a sei anni di reclusione - di gran lunga meno ampia e meno severa rispetto a quella posta a base delle statuizioni contestate, vale a dire da sei a venti anni di reclusione tanto che, come si è anticipato, il massimo della prima corrisponde al minimo della seconda , così da comporre un quadro di riferimento non paragonabile a quello tenuto presente al momento delle pronunzie dei giudici dei merito e da realizzare, pertanto, un sostanziale ridimensionamento dello stesso disvalore penale del fatto. Ed è sostanzialmente per tale ragione che, ad esempio, nella sentenza n. 26340/2014 Di Maggio , si osserva in particolare che la ripristinata distinzione della risposta repressiva che tiene conto della diversa natura delle sostanze stupefacenti , implicando una così marcata differenza dei trattamento sanzionatorio, comporta la necessità di rideterminare la pena in concreto a suo tempo ritenuta congrua ed applicata. Invero, una volta mutato il parametro di riferimento, il giudice dei merito deve inderogabilmente riesercitare il potere discrezionale conferitogli dagli artt. 132 e 133 cod. pen. . Ora, alla luce dei principi espressi dalle Sezioni unite, è evidente che il caso portato all'attenzione dei giudice dell'esecuzione va diversamente considerato rispetto a quanto ritenuto nel provvedimento impugnato. La rideterminazione della pena deve essere disposta nel contraddittorio delle parti, secondo il modulo procedimentale previsto dall'art. 188 disp. att. del codice di rito. Va solo aggiunto che, ove le parti non raggiungano un accordo ed il giudice dell'esecuzione non ritenga ingiustificato il dissenso del pubblico ministero, spetterà a lui determinare la pena legale, in base ai parametri posti dagli artt. 132 e 133 cod. pen., non diversamente da quanto già previsto per la determinazione della pena nel caso di riconoscimento della continuazione in sede esecutiva ricorrendo, come osservato dal Procuratore generale, l'analogia legis. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Gip del Tribunale di Palmi.