Anche il minimo indebolimento di un organo, tale da intaccarne la funzionalità, integra il delitto di lesioni dolose in forma aggravata

La Corte di Cassazione coglie l'occasione – pur nell'ambito di un giudizio concluso, sul piano penale, con esito meramente processuale – per chiarire la nozione normativa di indebolimento di un organo .

L’analisi è contenuta nella sentenza n. 34390/15, depositata il 6 agosto. In dettaglio, dopo aver avallato la valutazione delle prove condotta dalle Corti territoriali, la Cassazione approva l'esegesi resa, nei gradi di merito, in ordine ai requisiti di applicabilità dell'aggravante ex art. 583, comma 2, n. 2 , c.p L'analisi logica della giustificazione fornita in materia di emergenze istruttorie ha ad oggetto tanto la motivazione della pronuncia del Tribunale quanto quella della Corte d'appello, in ragione dell'espresso rinvio alla prima operato dalla seconda e dell'ammissibilità del metodo seguito per operare il richiamo . Il caso. Il giudizio a quo riguarda un episodio di violenza domestica il soggetto attivo s'era reso protagonista, a più riprese, di abusi fisici sulla compagna e picchiandola, in uno degli alterchi – avvenuto all'interno dell'abitazione in cui convivevano – aveva provocato una parziale compromissione della funzione uditiva della donna. Il Tribunale di Torre Annunziata lo condannava alla pena di giustizia ed al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile sentenza integralmente confermata, poi, dalla Corte d'Appello di Napoli. Ricorreva per cassazione l'imputato, lamentando, con due distinte doglianze, asserite carenze motivazionali della sentenza di seconde cure in primis , la giustificazione sarebbe manifestamente illogica, fondando l'affermazione di responsabilità sulle isolate dichiarazioni della persona offesa, che, per la loro contraddittorietà ed inverosimiglianza, non supererebbero il necessario filtro di attendibilità in secondo luogo, la vittima, malgrado abbia dovuto sottoporsi ad intervento chirurgico, sarebbe guarita in poco tempo, accusando come unica conseguenza il c.d. acufene, che non può reputarsi, a tutti gli effetti, malattia. Il Collegio – su parere conforme del Procuratore generale – annulla senza rinvio la decisione d'appello, perché il reato è estinto per prescrizione. La sez. V fornisce – anche in ragione dell'assorbente profilo procedurale – una motivazione sintetica, che non manca di trattare gli aspetti salienti del ricorso, concentrandosi poi a buon diritto sul punto ritenuto di maggiore interesse. L'Estensore, in quest'ottica, premette all'approfondimento della questione principale alcuni cenni relativi alla testimonianza della persona offesa – posta alla base della doppia conforme – che trovano spazio all'inizio dell'iter motivo. Le dichiarazioni della persona offesa. Ed infatti, viene subito esposta una rapida disamina della deposizione della parte civile, giudicata spontanea, pacata, congruente e perfettamente compatibile con le lesioni certificate. Si tratta di un passaggio decisamente opportuno, in ragione dell'indirizzo interpretativo – più che prevalente – per il quale il controllo di credibilità estrinseca cui devono essere sottoposte tali dichiarazioni deve essere più rigoroso di quello, comunque necessario, da operare con ogni altro testimone, dato che si tratta di soggetto che introduce nel processo, a differenza di tutti gli altri, una pretesa economica sul punto cfr., ex multis , Cass., Sez. VI Pen., 3.6.2004, Patella ed altri, CED 22975 . Nel caso concreto, peraltro, risultava dirimente il fatto che, per un verso, le affermazioni della vittima non erano state smentite neppure dall'imputato e, per l'altro, le lesioni erano state diagnosticate poche ore dopo l'abbandono della casa condivisa con il compagno violento. La nozione di indebolimento dell'organo. S'arriva così al nodo più significativo della motivazione la valutazione di applicabilità della circostanza aggravante specifica prevista per il delitto in argomento. Più in dettaglio, si tratta di comprendere – ed è apprezzabile, nonostante l'intervenuta prescrizione, il chiarimento della Corte – se i postumi riportati dalla persona offesa, a dire del ricorrente di facile e rapida risoluzione, integrino o meno l'indebolimento permanente di un senso o di un organo . Orbene, nel caso in discussione i ripetuti maltrattamenti avevano cagionato il c.d. acufene, ossia un disturbo caratterizzato dalla percezione di suoni non legati a stimoli esterni [] avvertiti in modo continuo o intermittente e con diversa intensità, per effetto di processi patologici di varia natura interessanti l'orecchio interno, il nervo acustico o strutture anatomiche vicine , che l'impugnante aveva considerato semplice sintomo. In realtà, però, quando l'affezione in parola abbia origine traumatica – legata all'intervento dell'uomo – può certamente rientrare nel concetto di malattia giuridicamente rilevante, in quanto si pone, all'evidenza, in rapporto di causa ed effetto con una vera e propria alterazione organica patologica. Se ciò non bastasse, poi, tale condizione non può essere apprezzata, secondo la Suprema Corte, su un piano puramente anatomico, richiedendo una valutazione che appuri la sussistenza di una diminuzione, anche minima purché apprezzabile, della sua capacità funzionale, e che, in presenza di una debilitazione funzionale, è del tutto irrilevante il maggiore o minore grado dell'indebolimento si cita, sul punto, la recente Cass., n. 4177/2014 . L'entità della debilitazione ed il grado dell'indebolimento, invece, potranno essere prese in considerazione al solo fine di stimare il trattamento sanzionatorio e quantificare il danno subito dalla vittima. Conclusioni. La sentenza appena esaminata, nonostante la presenza di una circostanza – la prescrizione del reato contestato – tale da superare ogni questione sostanziale, trae spunto dall'impugnazione proposta per ribadire un principio già espresso, in tempi recenti, dalla Corte di legittimità. Sotto questo profilo, astraendosi dal caso concreto, fornisce un utile spunto per circoscrivere la valenza di notazioni difensive volte a ridurre o elidere l'entità di lesioni, funzionalmente apprezzabili, patite dalla persona offesa. La posizione adottata, pienamente condivisibile, pare coerente con l'impianto normativo e rispetta i confini, troppo spesso ignorati, tra elementi che consentono di integrare il fatto tipico – eventualmente in forma aggravata – e circostanze utili a dosare la pena e determinare le eventuali statuizioni civili.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 18 maggio – 6 agosto 2015, n. 34390 Presidente Savani – Relatore Settembre Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Torre Annunziata, con sentenza confermata dalla Corte di appello di Napoli in data 14/11/2013, ha ritenuto C.A. responsabile di lesioni personali gravi in danno di A.V. , ripetutamente picchiata fino a compromettergli la funzione uditiva all'interno dell'abitazione in cui convivevano, e lo ha condannato a pena di giustizia, oltre al risarcimento dei danni in favore della persona offesa, costituitasi parte civile. 2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione, nell'interesse dell'imputato, l'avv. Giuseppe Ferrara, con due motivi. Col primo lamenta una contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo all'affermazione della responsabilità, fondata sulle sole dichiarazioni della persona offesa, contraddittorie e inverosimili e non sottoposte a rigoroso vaglio di attendibilità. Col secondo lamenta un vizio di motivazione con riguardo alla durata della malattia e all'esistenza di postumi permanenti, a cui è connessa l'aggravante dell'art. 583 cod. pen., pure secondo il ricorrente malamente interpretato. Deduce, sotto il primo aspetto, che la persona offesa è guarita, sia pure dopo un intervento chirurgico, in brevissimo tempo sotto il secondo aspetto, che l'acufene non è una malattia, ma un sintomo, che non è segno di indebolimento dell'organo uditivo. Considerato in diritto I motivi di ricorso attinenti al fondamento della responsabilità sono infondati, ma la sentenza va annullata per prescrizione del reato, intervenuta prima della sentenza d'appello. 1. Le censure concernenti la prova della responsabilità sono immediatamente contraddette dalla semplice lettura delle sentenze di primo e secondo grado quest'ultima rimanda espressamente alla prima, più minuziosa e articolata , che si diffondono in una specifica e approfondita valutazione delle dichiarazioni della persona offesa, di cui sono state rilevate le caratteristiche di spontaneità, pacatezza e congruenza e la loro perfetta compatibilità con le lesioni certificate, nonché il fatto che non risultano nemmeno smentite dall'imputato, il quale si è preoccupato di smentire la gravità delle lesioni, piuttosto che la loro sussistenza. D'altra parte, la riconducibilità all'imputato delle plurime lesioni riscontrate sul corpo della ragazza è stata logicamente affermata non solo in base alle dichiarazioni della donna, ma anche in base alle dichiarazioni della madre di quest'ultima che la trovò alla fine della storia in condizioni pessime e alla constatazione dotata di inequivocabile forza dimostrativa che esse furono certificate poche ore dopo l'abbandono della casa che condivideva con C. segno inconfutabile che furono prodotte in quella casa e dall'imputato, in mancanza di elementi di qualsiasi natura idonei a legittimare il dubbio che possano aver avuto una diversa origine. 2. Quanto alla qualificazione delle lesioni se semplici o gravi , va rilevato che l'acufene, o tinnitus, è un disturbo caratterizzato dalla percezione di suoni non legati a stimoli esterni. Chi ne è affetto è disturbato da rumori di diverso tipo ronzii, fischi, scrosci avvertiti in modo continuo o intermittente e con diversa intensità, per effetto di processi patologici di varia natura interessanti l'orecchio interno, il nervo acustico o strutture anatomiche vicine. Essi possono indurre talora a seconda della intensità vere e proprie disabilità o alterazioni psichiche. Non v'è dubbio che, allorché l'affezione sia conseguente a traumi prodotti dall'azione dell'uomo, essa possa rientrare nel concetto di malattia rilevante ai sensi degli artt. 582 e 583 cod. pen., comportando nei casi più gravi un indebolimento dell'udito, compromesso dalla percezione di rumori endogeni, conseguenti alla provocata alterazione anatomica. Nella specie, la sentenza impugnata a parte l'erroneo riferimento alla valutazione ex-ante della lesione -non ha mancato di rilevare col rimando a quella di primo grado che ciò si è in concreto verificato, dal momento che i colpi inferti sul viso della donna hanno provocato a quest'ultima una perforazione della membrana timpanica nei quadranti posteriori con otoematoma ed ecchimosi dei padiglioni auricolari , nonché una microfrattura dell'apofisi posteriore della matoide di destra lesione cha ha richiesto, per essere ridotta, un intervento di chirurgia ricostruttiva che non ha consentito di eliminare del tutto i disturbi dell'udito, essendo conseguito un indebolimento anatomico per perdita irreversibile della elasticità della membrana e un sibilo permanente e fastidioso , che è destinato ad aggravarsi col tempo. La sentenza impugnata che ha tenuto conto dei dettami della scienza medica ed ha fatto puntuale applicazione dei principi giuridici che regolano la materia, secondo cui si ha indebolimento di un organo allorché si verifica una diminuzione, anche minima purché apprezzabile, della sua capacità funzionale, e che, in presenza di una debilitazione funzionale, è del tutto irrilevante il maggiore o minore grado dell'indebolimento, trattandosi di circostanza che può e deve essere apprezzata ai fini della determinazione della pena e della quantificazione del danno ex multis, Cass., 7/10/2014, n. 4177 è, pertanto, del tutto esente dal vizio di legittimità lamentato ed immune da quello motivazionale. 3. Tanto premesso, va però rilevato che il reato, commesso il 5/3/2004, si è prescritto, anche tenuto conto di sessantuno giorni di sospensione intervenuti in appello, il 6 febbraio 2013 vale a dire, prima della sentenza d'appello che è del 14/11/2013 . La sentenza impugnata va pertanto annullata agli effetti penali, rimanendo salve stante l'infondatezza del ricorso le statuizioni civili. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili.