Restituzione nel termine per l’impugnazione: quali sono i presupposti per la concessione del beneficio?

La nozione di effettiva conoscenza” del provvedimento presuppone la sicura consapevolezza dell’esistenza dell’atto e la precisa cognizione dei suoi estremi, collegata alla comunicazione di un atto formale che consenta di individuare senza equivoci il momento in cui detta conoscenza si è verificata, donde deve ritenersi che la restituzione nel termine può essere negata solo a chi abbia avuto effettiva conoscenza del processo a proprio carico ed abbia deciso di non intervenire.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 33926, depositata il 3 agosto 2015. Il caso. La Corte di appello di Torino, in funzione di Giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza di restituzione nel termine avanzata ex art. 175, comma 2, c.p.p. da P.A. al precipuo fine di impugnare la sentenza con cui il Tribunale di Torino lo aveva condannato in contumacia alla pena di un anno e otto mesi di reclusione. In particolare, l’istante deduceva di non avere avuto contezza né dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari né della rinuncia al mandato da parte del proprio difensore di fiducia, né tantomeno di tutti gli atti successivi, essendo stato rappresentato in processo da un difensore d’ufficio. La Corte di appello, tuttavia, rigettava l’istanza di restituzione nel termine, osservando come dalla disamina degli atti processuali si evinceva, contrariamente a quando dedotto, che esso P.A. non solo avesse avuto piena conoscenza del procedimento a suo carico, ma anche che la mancata comparizione al processo e l’omessa impugnazione della sentenza contumaciale fossero soluzioni frutto di una sua libera e volontaria scelta. Avverso tale ordinanza reiettiva l’istante proponeva ricorso per cassazione, deducendo vizio motivazionale in relazione agli artt. 175, comma 2, e 670 c.p.p., lamentando come la Corte territoriale avesse apoditticamente affermato la rinuncia volontaria alla comparizione al processo ed alla impugnazione sulla scorta di un mero dato formale – l’elezione di domicilio, mai venuta meno, presso il difensore di fiducia – che la giurisprudenza più recente non riteneva più idoneo a garantire l’effettività della conoscenza del procedimento. La riforma ex l. n. 67/2014. La l. n. 67/2014 ha profondamente riformato l’art. 175, comma 2, c.p.p., essendo stato cancellato dal testo della previsione in argomento ogni riferimento alla restituzione del condannato in contumacia nel termine per impugnare la sentenza contumaciale tuttavia, nel caso di specie, deve continuare a trovare applicazione il testo originario di tale disposizione codicistica, in quanto viene in rilievo la situazione di un soggetto dichiarato contumace sotto la vigenza della disciplina anteriore alla novella del 2014. In altri termini, laddove la nuova normativa venisse applicata all’odierno ricorrente, questi verrebbe ad essere privato del rimedio della restituzione nel termine per impugnare, senza però avere beneficiato delle maggiori garanzie assicurate dalla riforma e che sole hanno giustificato, nel quadro complessivo della riforma stessa, il superamento dell’originaria configurazione dell’istituto della restituzione in termini. In quali casi deve essere concessa la restituzione nel termine per impugnare? La giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di chiarire come la nozione di effettiva conoscenza” del provvedimento presuppone la sicura consapevolezza dell’esistenza dell’atto e la precisa cognizione dei suoi estremi, collegata alla comunicazione di un atto formale che consenta di individuare senza equivoci il momento in cui detta conoscenza si è verificata donde, poiché il rimedio di cui all’art. 175, comma 2, c.p.p. è riservato all’imputato contumace, deve ritenersi che la restituzione nel termine può essere negata solo a chi abbia avuto effettiva conoscenza del processo a proprio carico ed abbia deciso di non intervenire. Ancora, la Suprema Corte ha chiarito che costituisce un’attendibile prova di conoscenza effettiva del provvedimento – in mancanza di indicazioni contrarie – la notifica dell’estratto contumaciale della sentenza al difensore di fiducia, ma occorre considerare che il principio presuppone la permanenza del legame professionale e non è pertanto invocabile laddove il rapporto sia venuto meno. Inoltre, la notifica dell’estratto contumaciale della sentenza al difensore di fiducia presso cui l’imputato ha eletto domicilio deve ritenersi regolare anche quando il legale abbia nel frattempo rinunziato al mandato, ma non per questo è sufficiente a fondare una valida presunzione di conoscenza del provvedimento da parte dell’imputato stesso, atteso che tale presunzione presuppone la permanenza del legame professionale. Infine, i Supremi Giudici hanno ulteriormente chiarito come la notifica eseguita al difensore domiciliatario non è presuntivamente equiparabile a quella effettuata all’imputato personalmente, soprattutto quando si è verificata una successione nell’incarico di diversi difensori d’ufficio.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 13 luglio – 3 agosto 2015, n. 33926 Presidente Di Tomassi – Relatore Casa Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 11.6.2014, la Corte di Appello di Torino, in funzione di giudice dell'esecuzione, rigettava l'istanza di restituzione dei termine proposta ex art. 175, comma 2, c.p.p. da P.A. per impugnare la sentenza dei 6.6.2012 con la quale il Tribunale di Torino lo aveva condannato in contumacia alla pena di un anno e otto mesi di reclusione. L'interessato aveva dedotto di non aver avuto conoscenza dell'avviso di chiusura delle indagini e della rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia avv. G.C. e di tutti gli atti successivi, essendo stato rappresentato nel processo da un difensore d'ufficio. Aveva, pertanto, avuto conoscenza della sentenza solo all'atto della notifica dell'ordine di esecuzione per la carcerazione e dei decreto di sospensione dello stesso. La Corte di Appello osservava - che dalle stesse allegazioni del P. si evinceva come quest'ultimo avesse avuto conoscenza del procedimento, avendo nominato un difensore di fiducia nonché eleggendo domicilio presso il suo studio - che si evinceva, inoltre, come il P., dopo aver eletto domicilio presso il difensore, si fosse reso sostanzialmente irreperibile, cambiando indirizzo - che neppure in seguito il condannato si era attivato al fine di ottenere informazioni dal domiciliatario - che risultava come tutti gli atti del processo fossero stati ritualmente notificati presso il domicilio eletto. Ciò posto, ad avviso del Giudice dell'esecuzione, doveva ritenersi che la mancata comparizione al processo, e quindi l'omessa impugnazione avverso la sentenza contumaciale, fossero il frutto di una scelta volontaria. 2. Ha proposto ricorso per cassazione P.A., per il tramite dei difensore di fiducia, deducendo vizio di motivazione in relazione agli artt. 175, comma 2, e 670 c.p.p., nel senso che la Corte piemontese aveva apoditticamente affermato la rinuncia volontaria a comparire dei ricorrente sulla base di un mero dato formale l'elezione di domicilio mai venuta meno che la giurisprudenza di legittimità più recente non riteneva più idoneo a garantire l'effettività della conoscenza dei procedimento e dei provvedimento, specie in casi come quello di specie, in cui pareva dimostrata la negligenza dei domiciliatario e del difensore d'ufficio che lo aveva sostituito. 3. II Procuratore Generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. II ricorso è fondato. 1.1. La disposizione legislativa di cui il ricorrente lamenta la violazione, vale a dire l'art. 175, comma 2, c.p.p., ha subito, di recente, profonde modifiche, nell'ambito di una più generale ed ampia riforma del processo in absentia, realizzata per effetto della L. 28 aprile 2014, n. 67. In particolare, è stato cancellato dal testo della previsione in parola ogni riferimento alla restituzione dei condannato in contumacia nel termine per impugnare la sentenza contumaciale. Nel caso di specie, deve, tuttavia, continuare a trovare applicazione il testo originario dell'art. 175, comma 2, introdotto dal D.L. 21 febbraio 2005, n. 27, convertito con modificazioni in L. 22 aprile 2005, n. 60, venendo in rilievo la situazione di un soggetto dichiarato contumace sotto la vigenza della disciplina anteriore alla novella del 2014. Questa Corte ha già avuto modo di affermare tale principio di diritto Sez. 2, n. 12630 dei 4/3/2015, Rv. 262929 Sez. 2, n. 23882 del 27/5/2014, Rv. 259634 , che il Collegio condivide, al fine di assicurare pienamente la tutela di un diritto fondamentale dell'imputato, quale quello di partecipare personalmente al procedimento penale a suo carico v. l'art. 111 Cost. e art. 6 C.E.D.U. . Laddove la nuova disciplina venisse applicata all'odierno ricorrente, questi verrebbe ad essere privato dei rimedio della restituzione nel termine per impugnare, senza però aver previamente beneficiato delle maggiori garanzie assicurate dalla riforma e che sole hanno giustificato, nel quadro complessivo della riforma stessa, il superamento dell'originaria configurazione dell'istituto della restituzione in termini. 1.2. Ciò premesso, va rilevato che il ricorso sottopone all'attenzione della Corte una modalità di esercizio del patrocinio da parte dell'originario difensore di fiducia presso il cui studio il ricorrente aveva originariamente eletto domicilio, domicilio mantenuto anche dopo la rinuncia al mandato dei predetto difensore, che, valutata unitamente alla inerzia del difensore d'ufficio successivamente nominato, non consentirebbe, nella prospettazione dei ricorrente, di ravvisare la presunzione di conoscenza legale idonea a concretizzare una sua conoscenza effettiva dei provvedimento conclusivo del processo la sentenza di condanna emessa il 6.6.2012 dal Tribunale di Torino . 1.3. Va ricordato, ai riguardo, che la nozione di effettiva conoscenza del provvedimento presuppone la sicura consapevolezza dell'esistenza dell'atto e la precisa cognizione dei suoi estremi, collegata alla comunicazione di un atto formale che consenta di individuare senza equivoci il momento in cui detta conoscenza si è verificata Sez. 4, n. 29977 del 19/6/2006, Rv. 235238 Sez. 2, n. 5443 del 22/1/2010, Rv. 246436 . Inoltre, poiché il rimedio di cui all'art. 175 c.p.p. è riservato all'imputato contumace, deve ritenersi che la restituzione nel termine può essere negata solo a chi abbia avuto effettiva conoscenza del processo a proprio carico e abbia deciso di non intervenire. 1.4. Sul tema in discussione, è intervenuta la giurisprudenza di questa Corte con alcune significative decisioni, in cui si è condivisibilmente affermato - che costituisce un'attendibile prova di conoscenza effettiva del provvedimento - in mancanza di indicazioni contrarie - la notifica dell'estratto contumaciale della sentenza al difensore di fiducia Sez. 6, n. 785 del 12/12/2006, Iannicelti, Rv. 236000 Sez. 1, n. 16002 del 6/4/2006, Latovic, Rv. 233615 , ma occorre considerare che il principio presuppone la permanenza dei legame professionale e non è pertanto invocabile laddove il rapporto sia venuto meno - che la notifica dell'estratto contumaciale della sentenza al difensore di fiducia presso cui l'imputato ha eletto domicilio deve ritenersi regolare anche quando il legale abbia nel frattempo rinunziato al mandato, ma non per questo è sufficiente a fondare una valida presunzione di conoscenza dei provvedimento da parte dello stesso imputato, atteso che tale presunzione presuppone la permanenza del legame professionale Sez. 5, n. 16330 del 20/3/2013, Katler, Rv. 254842 - che la notifica eseguita al difensore domiciliatario non è presuntivamente equiparabile a quella effettuata all'imputato personalmente, soprattutto quando si è verificata una successione nell'incarico di diversi difensori d'ufficio Sez. 5, n. 37612 del 11/7/2006, Proietti, Rv. 235334 - che doveva essere accordata la restituzione nel termine per l'impugnazione della sentenza contumaciale al condannato il cui difensore di fiducia, domiciliatario, aveva rinunciato unilateralmente al mandato Sez. 1, n. 26634 del 10/6/2011, Levi, Rv. 250875 . 2. Sulla base degli enunciati principi, si ritiene inadeguata la motivazione addotta dalla Corte d'appello di Torino per respingere l'istanza del ricorrente, se si considera, alla stregua delle emergenze sottoposte alla sua cognizione - che non risulta che sia stato il P. a revocare il suo difensore di fiducia, essendo stato quest'ultimo a rinunciare al mandato - che non risulta in alcun modo provato che l'interessato, per quanto sopra riportato, abbia mai ricevuto la formale comunicazione della dismissione del mandato da parte dei difensore di fiducia - che detta rinuncia non esimeva, in ogni caso, l'avvocato anzidetto dal continuare a fungere, con la dovuta diligenza, da domiciliatario del P., informandolo delle notifiche degli atti processuali eseguite presso il suo studio, informazioni che non risultano essere state fornite nel caso di specie - che il P. aveva subito diversi periodi di carcerazione - che, a seguito della rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia, l'imputato era stato assistito da un difensore d'ufficio. 4. La Corte torinese ha disatteso, con argomentare essenzialmente apodittico, le deduzioni difensive e omesso di valutarne la congruità rispetto ai canoni di valutazione imposti dall'art. 175, comma 2, c.p.p., nella versione antecedente la riforma. Dal che consegue l'annullamento dell'impugnata ordinanza, con rinvio degli atti per nuovo esame alla predetta Corte, che dovrà attenersi ai principi di diritto sopra enunciati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte d'Appello di Torino.