Arresti domiciliari: niente evasione se l’ordinanza coercitiva viene annullata prima dell’allontanamento

Il delitto di evasione dagli arresti domiciliari non può considerarsi integrato qualora un soggetto si sia sottratto all’esecuzione di un’ordinanza applicativa di una misura cautelare, se il provvedimento coercitivo originario sia stato annullato con un formale provvedimento dell’autorità giudiziaria antecedente all’allontanamento dal luogo di restrizione. Alla stessa conclusione si deve pervenire se ad essere violata non è l’ordinanza genetica annullata, ma il provvedimento di aggravamento della misura cautelare.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza n. 33874/15, depositata il 31 luglio. Il caso. La Corte d’appello di Bologna confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Imola aveva condannato un uomo per il reato di evasione dagli arresti domiciliari. Avverso tale pronuncia ricorre per cassazione l’uomo, lamentando che la Corte di merito aveva ritenuto integrato il reato di evasione nonostante il provvedimento di aggravamento della misura dell’allontanamento dalla casa familiare originariamente applicato fosse intervenuto successivamente all’annullamento dell’ordinanza genetica da parte della Corte di Cassazione secondo l’imputato, infatti, nessun rilievo doveva essere attribuito al fatto che la misura degli arresti domiciliari fosse stata formalmente revocata solo successivamente, Poiché gli effetti dell’annullamento dell’ordinanza genetica si erano già prodotti prima della commissione del contestato reato di evasione. Lamentava inoltre il ricorrente che la Corte territoriale aveva ritenuto integrato il reato in difetto dell’elemento soggettivo, dal momento che, dopo la pronuncia di annullamento, l’imputato aveva legittimamente ritenuto di non essere più legalmente ristretto. Non c’è evasione se il provvedimento coercitivo è stato annullato prima dell’allontanamento. Il Supremo Collegio ha preliminarmente ribadito che il delitto previsto dall’art. 385 c.p. sanziona la condotta di colui il quale, legalmente arrestato o detenuto, evada dal luogo di carcerazione ovvero dal domicilio o da altro luogo designato nel provvedimento coercitivo. Ne deriva che la condotta è punibile in quanto l’arresto o la detenzione siano legittimi, cioè a condizione che siano giustificati da un titolo legale di restrizione. Pertanto, il delitto non può considerarsi integrato - pur se il soggetto si sia sottratto all’esecuzione di un’ordinanza applicativa di una misura cautelare - se il provvedimento coercitivo originario sia stato annullato con un formale provvedimento dell’autorità giudiziaria antecedente all’allontanamento dal luogo di restrizione. Né si può pervenire ad una diversa conclusione, proseguono gli Ermellini, se ad essere violata non è l’ordinanza genetica annullata, ma il provvedimento di aggravamento della misura cautelare. Quest’ultimo, infatti, presuppone la validità dell’ordinanza coercitiva originaria, che deve quindi sussistere ab origine . Nel caso di specie, i Giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto che il ricorrente, al momento dell’allontanamento dal luogo privato di restrizione, non fosse legittimamente detenuto, poiché all’epoca la Corte di Cassazione aveva già pronunciato la sentenza di annullamento – per difetto assoluto di domanda cautelare - dell’ordinanza genetica con dichiarazione di cessazione della misura cautelare in esecuzione. La nullità assoluta dell’ordinanza coercitiva genetica, infatti, non può non travolgere anche il provvedimento derivato di aggravamento della misura cautelare. Da ciò consegue che non può ritenersi integrato il reato di evasione. Per questi motivi, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 12 maggio – 31 luglio 2015, n. 33874 Presidente Milo – Relatore Bassi Ritenuto in fatto 1. Con provvedimento del 27 maggio 2014, la Corte d'appello di Bologna ha confermato la sentenza del 6 luglio 2011, con la quale il Tribunale di Imola ha condannato D.T.G. per il reato di evasione dagli arresti domiciliari, commesso in data 16 gennaio 2009. A sostegno della pronuncia, il giudice di secondo grado ha evidenziato come la condotta di evasione sia pacifica, dal momento che il provvedimento di revoca della misura cautelare interveniva in data 28 gennaio 2009, dunque successivamente all'allontanamento del D.T dal luogo degli arresti domiciliari come, d'altra parte, non vi sia materia per ritenere insussistente l'elemento soggettivo in considerazione dell'annullamento dell'ordinanza genetica applicativa della misura dell'allontanamento dalla casa familiare, poi sostituita con gli arresti domiciliari violati da parte della Corte di cassazione con provvedimento del 3 dicembre 2008, atteso che l'imputato poteva tutt'al più versare in dubbio circa la legalità della detenzione, dubbio che nondimeno non integra la causa di giustificazione prevista dall'art. 47 cod. pen. 2. Ricorre avverso la sentenza l'Avv. Ermanno Corso, difensore di fiducia di D.T G., che ne ha chiesto l'annullamento per i seguenti motivi. 2.1. Violazione di legge penale relazione all'art. 385 cod. pen., per avere la Corte d'appello ritenuto integrato il reato di evasione sebbene il provvedimento di aggravamento della misura del divieto di allontanamento dalla casa familiare originariamente applicato sia intervenuto in un momento successivo all'annullamento dell'ordinanza genetica da parte della Corte di cassazione in data 3 dicembre 2008, a nulla rilevando il fatto che la misura degli arresti domiciliari fosse formalmente revocata solo in data 28 gennaio 2009, giacché gli effetti dell'annullamento dell'ordinanza genetica si erano già prodotti prima della commissione del contestato reato di evasione. 2.2. Violazione di legge penale in relazione all'art. 385 cod. pen., per avere la Corte ritenuto integrato il reato sebbene faccia difetto l'elemento soggettivo, atteso che, dopo la pronuncia di annullamento del 3 dicembre 2008, l'imputato aveva legittimamente ritenuto di non essere più legalmente ristretto. 3. II Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile. Considerato in diritto 1. II ricorso è fondato e deve essere accolto. 2. Mette conto evidenziare che il delitto previsto dall'art. 385 cod. pen. sanziona la condotta di colui il quale, essendo legalmente arrestato o detenuto, evada dal luogo di carcerazione ovvero - giusta previsione dei terzo comma - dal domicilio o da altro luogo designato nel provvedimento coercitivo. Come si trae dalla ratio della incriminazione e dalla stessa lettera del disposto normativo, la condotta è punibile in quanto l'arresto o la detenzione siano legittimi, cioè a condizione che siano giustificati da un titolo legale di restrizione. Dalle considerazioni che precedono discende che l'integrazione del delitto deve essere esclusa qualora il soggetto si sia sottratto all'esecuzione di un'ordinanza applicativa di una misura cautelare, allorquando il provvedimento coercitivo originario sia stato annullato con un formale provvedimento dell'autorità giudiziaria, segnatamente con pronuncia rescindente della Corte di cassazione, antecedentemente all'allontanamento dal luogo di restrizione. 3. Né si può pervenire ad una diversa conclusione in considerazione del fatto che D.T violava, non l'ordinanza genetica annullata da questa Corte cioè quella applicativa della misura non detentiva ex art. 282-bis cod. proc. pen. , bensì il provvedimento di aggravamento della misura ex art. 276 cod. proc. pen. con applicazione degli arresti domiciliari. Va invero posto in evidenza che il provvedimento di aggravamento di una misura cautelare nella specie di sostituzione della misura ex art. 282-bis cod. proc. pen. con quella ex art. 284 stesso codice non può non presupporre la validità della primigenia ordinanza coercitiva il provvedimento ex art. 276 cod. proc. pen. si fonda invero sulla mera recrudescenza del quadro cautelare, mentre sono presupposte e dunque devono sussistere legittimamente ab origine le ulteriori condizioni di validità del titolo coercitivo ex artt. 273, 280, 291 e 292 cod. proc. pen. 4. Fissati tali paletti ermeneutici e passando alla disamina del caso di specie, ritiene il Collegio che, nel momento in cui si allontanava dal luogo privato di restrizione, D.T non fosse legittimamente detenuto, e che, di conseguenza, non possa ritenersi integrato il reato di evasione. Ed invero, al momento in cui l'imputato si allontanava dal domicilio in data 16 gennaio 2009, questa Corte di cassazione aveva già pronunciato la sentenza di annullamento dell'ordinanza genetica del 30 aprile 2008 quella applicativa della misura dell'art. 282-bis , con dichiarazione di cessazione della misura cautelare in esecuzione. Mette conto precisare che quest'ultima ordinanza veniva cassata da questa Corte per difetto assoluto di domanda cautelare essendo stata formulata la richiesta ex art. 291 cod. proc. pen. dal vice Procuratore onorario di udienza non delegato e quindi non legittimato . Secondo si è già sopra chiarito, la nullità assoluta dell'ordinanza coercitiva genetica non può non travolgere anche il provvedimento - derivato - di aggravamento della misura cautelare, id est quello applicativo degli arresti domiciliari violati dal D.T. Se ne inferisce che, al momento in cui si allontanava dal luogo privato di restrizione in data 16 gennaio 2009, D.T non poteva più ritenersi legittimamente detenuto. D'altra parte, contrariamente a qua4 rilevato dal giudice a quo, il provvedimento di revoca della misura cautelare adottato dal Tribunale del riesame di Bologna il 28 gennaio 2009 aveva valenza meramente ricognitiva - ora per allora - di una situazione già creatasi il 3 dicembre 2008, con la pronuncia di annullamento della Corte di cassazione, e non costitutiva della remissione in libertà del Tursi il quale, si ribadisce, non poteva ritenersi più legittimamente detenuto a partire dal provvedimento di annullamento senza rinvio dei titolo cautelare generico ad opera dì questo Supremo giudice. P.Q.M. annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.