Mia madre truffata dall’avvocato: protesta con striscione esposto dalla finestra di casa. Condannato per diffamazione

Nessuna ‘via d’uscita’ per l’uomo, autore della singolare iniziativa, finalizzata, a suo dire, a denunciare l’errore professionale commesso dal legale. Alla luce della distanza temporale tra i due fatti, è impensabile sostenere la tesi che la scelta di utilizzare quello striscione sia stata una reazione a un torto.

Striscione preparato minuziosamente ed esposto al balcone della propria abitazione operazione realizzata da un uomo per denunciare l’errore professionale commesso, ai danni di sua madre, da un avvocato. Ma la vicenda risale a tanti – troppi – anni prima Ciò rende punibile la condotta dell’uomo, che non può, difatti, sostenere, a scoppio ritardato, l’ipotesi della provocazione Cassazione, sentenza n. 33274, sez. V Penale, depositata oggi . Lenzuolo shock. Richiama l’attenzione e incuriosisce, ovviamente, un lenzuolo steso fuori dalla finestra di un’abitazione – a Roma –, raffigurante l’immagine di una persona, e accompagnato dalla frase Questa donna è stata truffata dall’avvocato ”, con tanto di nome e cognome del professionista. Ma la citazione non è accolta benissimo dal legale Consequenziale la battaglia giudiziaria, che si conclude, sia in primo che in secondo grado, con la condanna per il reato di diffamazione dell’autore dello striscione. Tale decisione, però, viene duramente contestata dall’uomo, il quale sostiene che il suo gesto sia catalogabile come reazione . Andando a ritroso nel tempo, difatti, è rintracciabile la provocazione messa in atto dall’avvocato, il quale aveva assistito civilmente, anni prima, sua madre, e, ricevuto dall’assicurazione un assegno di 90milioni di lire, lo aveva consegnato non alla donna bensì a un suo figlio, che lo aveva, poi, trattenuto per sé . Errore. Nessun dubbio è possibile sull’ errore professionale compiuto dal legale. Però va tenuto presente, sottolineano i giudici della Cassazione, che quell’ errore era stato commesso diversi anni prima . Senza dimenticare, poi, che proprio per rimediare all’azione dell’avvocato, erano state avviate opportune azioni legali , conclusesi positivamente, poiché la banca ha, infine, corrisposto l’importo dell’assegno, pagato, malamente, a favore del fratello . Tutto ciò permette di affermare, senza tema di smentite, che, in questa vicenda, è davvero fragile l’ipotesi della provocazione , soprattutto perché manca, in maniera clamorosa, una reale contiguità temporale tra l’insorgere della reazione , cioè l’esposizione dello striscione, e il fatto ingiusto , ossia l’ errore commesso dal legale. Consequenziale è, quindi, la conferma, nei confronti dell’uomo, della condanna per la diffamazione dell’avvocato.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 13 aprile – 28 luglio 2015, n. 33274 Presidente Bruno – Relatore Settembre Ritenuto in fatto 1. Il Giudice di pace di Roma, con sentenza confermata dal locale Tribunale, ha ritenuto M.L. responsabile di diffamazione in danno dell'avv. L.P. per aver steso, fuori della finestra della propria abitazione, un lenzuolo raffigurante l'immagine della propria madre con la scritta Questa donna è stata truffata dall'avv. Luigi L. . Per l'effetto, lo ha condannato a pena di giustizia, oltre al risarcimento dei danni in favore della persona offesa, costituitasi parte civile. 2. Ha presentato personalmente ricorso per Cassazione l'imputato lamentando la violazione dell'art. 599 cod. pen., per non essere stata riconosciuta l'esimente della provocazione, di cui, a suo giudizio, sussistono i presupposti, in quanto l'avv. L. aveva assistito civilmente, in anni precedenti, sua madre e, ricevuto dall'assicurazione un assegno di novanta milioni, lo aveva consegnato a suo fratello M. E. il quale lo aveva, poi, trattenuto per sé , invece che all'avente diritto. Considerato in diritto Il ricorso è manifestamente infondato. L'esimente della provocazione è prevista a favore di chi commette uno dei fatti previsti dagli artt. 594 e 595 cod. pen. nello stato d'ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso. Sebbene questa Corte abbia precisato che, nei reati contro l'onore, ai fini dell'integrazione dell'esimente della provocazione, l'immediatezza della reazione deve essere intesa in senso relativo, avuto riguardo alla situazione concreta e alle stesse modalità di reazione, in modo da non esigere una contemporaneità che finirebbe per limitare la sfera di applicazione dell'esimente in questione e di frustarne la ratio , occorre comunque, come pure è stato aggiunto, che l'azione reattiva sia condotta a termine persistendo l'accecamento dello stato d'ira provocato dal fatto ingiusto altrui e che tra l'insorgere della reazione e tale fatto sussista una reale contiguità temporale, così da escludere che il fatto ingiusto altrui diventi pretesto di aggressione alla sfera morale dell'offeso, da consumare nei tempi e con le modalità ritenute più favorevoli Cass. n. 30502 del 16/5/2013 . Ragionevolmente è stata esclusa, quindi, nel caso di specie, la contiguità temporale, posto che il fatto ingiusto , concretante un errore professionale, era stato commesso vari anni prima e per esso il ricorrente - come sostenuto in ricorso - aveva avviato le opportune azioni legali ottenendo, infine, soddisfazione la banca ha infine corrisposto l'importo dell'assegno pagato, malamente, a favore del fratello . II ricorso è pertanto inammissibile. Consegue, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, che, in ragione dei motivi dedotti, si reputa equo quantificare in € 1.000. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000 a favore della Cassa delle ammende.