Messa alla prova: non bisogna tenere conto delle circostanze aggravanti ad effetto speciale

La contestazione di una circostanza aggravante ad effetto speciale non preclude l’applicabilità dell’istituto della messa alla prova, qualora il reato contestato sia punito con sanzione edittale non superiore nel massimo a quattro anni di reclusione.

Così ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 32787/15, depositata il 27 luglio. Il caso. Il gup presso il Tribunale di Firenze rigettava l’istanza di ammissione di un soggetto – le cui imputazioni riguardavano la produzione e il traffico illecito di stupefacenti - alla messa alla prova a causa della circostanza aggravante ad effetto speciale di cui all’art. 80, lett. a , d.P.R. n. 309/1990 stupefacenti consegnati a minorenni idonea, ad avviso del giudice, a determinare il superamento del limite di pena previsto per l’applicabilità dell’istituto. L’imputato propone ricorso per cassazione avverso il provvedimento, poiché la condizione per accedere al rito alternativo è che il reato per cui si procede sia punito con pena detentiva, sola o congiunta a pena pecuniaria, non superiore nel massimo a quattro anni. Il ricorrente sostiene che, per valutare la sussistenza di tale condizione, non si deve tenere conto delle circostanze aggravanti, seppure ad effetto speciale o comunque in grado di incidere, autonomamente, sulla pena. Ratio e requisiti della messa alla prova. La Corte ribadisce che il fine primario della disciplina introdotta dall’art. 3 l. n. 67/2014 - che modifica l’istituto della messa alla prova - è quello di deflazionare le pendenze penali attraverso l’individuazione di una nuova ipotesi di estinzione del reato da rendere concreta con la definizione, alternativa e anticipata, della vicenda processuale Cass., sez. VI, n. 6483/2015 . Il chiaro intento deflattivo perseguito dal legislatore conferma la lettura letterale dell’art. 168 bis , comma 1, c. p. che disciplina la sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato e prevede l’applicabilità dell’istituto per i reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni. Circostanze aggravanti ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit. Nella norma non vi è nessun riferimento esplicito alla possibile incidenza sul tema di eventuali aggravanti. Ancora più rilevante notare l’ammissibilità dell’istanza in una fase procedimentale, ai sensi dell’art. 464 bis c.p.p, in cui al giudice non è consentito pronunciarsi sulla fondatezza dell’accusa così come formulata, dunque sulla configurabilità o meno del fatto aggravato, se non in termini negativi circa la sussistenza delle condizioni per la pronuncia di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 c.p.p L’istituto introdotto è infatti da intendersi come una probation giudiziale nella fase istruttoria, assimilabile al modello adottato nel procedimento minorile, nel quale la messa alla prova precede la pronuncia di una sentenza di condanna. Inoltre, la Corte sottolinea che, quando il legislatore ha voluto tener conto delle circostanze aggravanti, lo ha espressamente previsto e riporta una serie di esempi tratti dal c.p.p. come l’art. 4, che, in materia di competenza, fa esplicito riferimento all’incidenza da attribuire alle aggravanti che prevedono una pena di specie diversa e quelle ad effetto speciale. Alla luce di queste considerazioni, si esclude che la contestazione di una circostanza aggravante ad effetto speciale precluda l’applicabilità dell’istituto della messa alla prova, qualora il reato contestato sia punito con sanzione edittale non superiore nel massimo a quattro anni di reclusione. Ne consegue l’annullamento della decisione impugnata con rinvio al giudice di merito.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 10 – 27 luglio 2015, numero 32787 Presidente Romis – Relatore Serrao Ritenuto in fatto 1. Il Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Firenze, con provvedimento emesso il 18/03/2015, ha disposto il rinvio a giudizio di J.R.R.S. per le imputazioni di cui agli artt. 81, secondo comma, cod. penumero e 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309 capo a e di cui agli artt. 73, commi 1 e 5, 80 lett. a d.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309 capo b , rigettando l'istanza di ammissione dell'imputato alla messa alla prova in ragione della contestata aggravante ad effetto speciale di cui all'articolo 80 lett. a T.U. Stup., idonea ad avviso del giudice a determinare il superamento del limite di pena previsto per l'applicabilità dell'istituto. 2. J.R.R.S. propone ricorso per cassazione avverso il provvedimento deducendo erronea applicazione degli artt. 168 bis cod. penumero 464 quater segg. cod. proc. penumero . Premesso che la condizione per accedere al rito alternativo introdotto con legge 28 aprile 2014, numero 67 è che il reato per cui si procede sia punito con pena detentiva, sola o congiunta a pena pecuniaria, non superiore nel massimo a quattro anni, il ricorrente sostiene che per valutare se sussista tale condizione non si può tenere conto della sussistenza di circostanze aggravanti, seppure ad effetto speciale o comunque in grado di incidere, autonomamente, sulla pena. 3. Il Procuratore Generale, in persona del Dott. Fulvio Baldi, nella requisitoria scritta ha concluso per il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Come già affermato dalla Corte di legittimità Sez. 6, numero 6483 del 09/12/2014, dep.2015, Gnocco, Rv.262341 , il fine primario della norma introdotta dall'articolo 3 legge numero 67/2014 è quello di deflazionare le pendenze penali attraverso la individuazione di una nuova ipotesi di estinzione del reato da concretare mediante una definizione, alternativa e anticipata, della vicenda processuale. Proprio la ratio deflattiva perseguita dal legislatore costituisce la conferma che il dato normativo debba essere interpretato secondo il suo tenore letterale. L'articolo 168 bis, comma 1, cod.penumero condiziona, infatti, l'applicabilità dell'istituto della messa alla prova richiamando al fine i reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena detentiva non superiore nel massimo ad anni quattro. Manca, sul piano letterale, ogni esplicito riferimento alla possibile incidenza sul tema di eventuali aggravanti. 3. Tale mancata esplicitazione assume ancora maggior pregnanza ove si ponga mente all'ammissibilità dell'istanza in una fase procedimentale articolo 464 bis cod. proc. penumero in cui al giudice non è consentito pronunciarsi sulla fondatezza dell'accusa così come formulata, dunque sulla configurabilità o meno del fatto aggravato, se non in termini negativi circa la sussistenza delle condizioni per la pronuncia di non luogo a procedere ai sensi dell'articolo 425 cod. proc. penumero . Quella introdotta dalla legge numero 67 è, infatti, una probation giudiziale nella fase istruttoria, assimilabile al modello adottato nel procedimento minorile articolo 28 d.P.R. 22 settembre 1988, numero 448 e articolo 27 delle relative norme di attuazione, approvate con d.lgs. 28 luglio 1989, numero 272 , nel quale la messa alla prova precede la pronuncia di una sentenza di condanna. 3.1. A ciò si aggiunga che l'articolo 464 ter cod. proc. penumero ammette la proposizione della richiesta di sospensione con messa alla prova nella fase delle indagini preliminari. Nel caso di richiesta avanzata nel corso delle indagini è previsto il tempestivo coinvolgimento informativo del pubblico ministero, funzionale all'espressione del consenso o del dissenso, così evidenziandosi la struttura dialettica del procedimento in merito alla sussistenza dei presupposti di applicabilità dell'istituto anche rispetto all'ipotesi accusatoria formulata dall'organo inquirente. 3.2. Tanto è ben evidenziato dalla funzione dell'articolo 464 ter cod. proc. penumero nell'ipotesi in cui l'indagato intenda sollecitare il potere decisorio del giudice in eventuale contrasto con il pubblico ministero che non abbia ritenuto sussistenti i presupposti per avvisare” l'indagato della facoltà di chiedere di essere messo alla prova, come previsto dall'articolo 141 bis disp. att. cod. proc. penumero introdotto dall'articolo 5 legge numero 67/2014. 4. Laddove il legislatore ha voluto che si tenesse conto delle circostanze aggravanti lo ha, del resto, espressamente previsto si consideri l'articolo 4 cod. proc. penumero , che in punto di competenza, fa esplicito riferimento alla incidenza da ascrivere alle aggravanti che prevedono una pena di specie diversa ed a quelle ad effetto speciale ancora, l'articolo 157 cod.penumero , che, in materia di prescrizione, a tali aggravanti fa esplicito riferimento ai fini della determinazione del dato edittale nell'ottica volta ad individuare la lunghezza del tempo utile alla estinzione del reato anche l'articolo 278 cod.proc.penumero , avuto riguardo alla determinazione delle pene agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari così anche la recente disciplina della non punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall'articolo 131 bis cod. penumero , introdotto dall'articolo 1 d.lgs. 16 marzo 2015, numero 28. 5. Giova ribadire come l'esigenza di garantire effettività alla funzione deflattiva perseguita con la probation rappresenti un momento di assoluta pregnanza della novella tanto da dover essenzialmente guidare l'interprete nella puntuale individuazione dei fondamenti oggettivi dell'istituto è aspetto che trova ulteriore conferma nel fatto della intervenuta introduzione, rispetto all'originario tenore del disegno di legge presentato in materia, di un altro presupposto applicativo di matrice oggettiva, individuato, ratione materiae, attraverso il riferimento al novero dei reati catalogati all'articolo 550, comma 2, cod. proc. penumero in tema di citazione diretta. Ciò, dunque, prescindendo dal limite edittale dei quattro anni di reclusione che, pure, per la citazione diretta, costituisce il momento edittale di riferimento generale e procedendo ad una modifica resa in ossequio alle sollecitazioni critiche pervenute in esito alla propalazione del testo originario, atteso che il mero limite edittale rendeva poco competitivo l'istituto soprattutto in ragione della concorrenza che in concreto poteva realizzarsi con la sospensione condizionale della pena ” Sez. 6, numero 6483 del 09/12/2014, dep.2015, Gnocco, Rv.262341 . 6. Deve, conseguentemente, escludersi che la contestazione di una circostanza aggravante ad effetto speciale precluda, come affermato nel provvedimento impugnato, l'applicabilità dell'istituto della messa alla prova, qualora il reato contestato sia punito con sanzione edittale non superiore nel massimo a quattro anni di reclusione. 7. Consegue l'annullamento della decisione impugnata con rinvio al giudice del merito perché rivaluti l'istanza presentata ai sensi dell'articolo 168 bis cod. penumero e dell'articolo 464 bis cod.proc.penumero , alla luce del principio di diritto sopra enunciato. P.Q.M. Annulla la impugnata ordinanza e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Firenze.