Metodo mafioso: quando il p.m ha interesse al ricorso in Cassazione?

Nel subprocedimento incidentale cautelare, è concreto ed attuale l’interesse del p.m. a ricorrere per cassazione contro l’ordinanza del Tribunale del riesame nel caso in cui, pur confermando l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere, venga esclusa una circostanza aggravante ad effetto speciale da cui può derivare l’applicazione di termini di durata della misura maggiori.

Così ha ribadito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 32655/15, depositata il 24 luglio. Il caso . Il tribunale del riesame di Salerno confermava l’ordinanza coercitiva emessa dal gip del Tribunale della stessa città che, pur applicando agli attuali resistenti la misura cautelare della custodia in carcere, escludeva la circostanza aggravante di cui all’art. 7 l. n. 203/1991, riguardante il metodo mafioso. Avverso tale provvedimento il p.m. territoriale proponeva ricorso deducendo erronea applicazione dell’art. 7 citato. Interesse del p.m al ricorso in Cassazione diversi orientamenti. La Corte, prima di entrare nel merito del caso in esame, si sofferma sui requisiti per la sussistenza dell’interesse del p.m. al ricorso. La Cassazione riporta un primo orientamento, non condivisibile ed emerso in seno solamente alla Sesta Sezione, per cui dovrebbe ritenersi inammissibile, per difetto di attualità dell’interesse all’impugnazione, il ricorso per cassazione del p.m. contro l’ordinanza del Tribunale del riesame che escluda la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale in quanto l’incidenza della contestazione cautelare della circostanza sui termini di durata massima della custodia cautelare costituisce oggetto di situazioni future in questo senso le sentenze nn. 18091/2011 3326/2015 . I Giudici di legittimità confermano e ribadiscono, invece, un orientamento diverso già espresso nelle sentenze nn. 25949/2008 48764/2011 10309/2014 sussiste l’interesse del p.m. a ricorrere per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame che, pur confermando la misura della custodia cautelare in carcere, abbia escluso l’applicazione di una circostanza aggravante ad effetto speciale, se dal riconoscimento di questa circostanza consegue una più lunga durata dei termini di custodia. Interesse concreto ed attuale. La Cassazione sostiene dunque che l’interesse del p.m. a ricorrere debba essere concreto ed attuale non meramente teorico in riferimento alla custodia cautelare, né propedeutico unicamente alla successiva valutazione del merito in fase di cognizione. Nel caso di specie, non sembra possibile negare concretezza ed attualità dell’interesse al ripristino di un titolo cautelare al quale conseguano termini più lungi di durata della misura in atto, perseguibile unicamente in reazione all’esclusione della circostanza. Alla luce di queste considerazioni la Corte ribadisce il principio di diritto per cui nel subprocedimento incidentale cautelare, è concreto ed attuale l’interesse del p.m. a ricorrere per cassazione contro l’ordinanza del Tribunale del riesame nel caso in cui, pur confermando l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere, venga esclusa una circostanza aggravante ad effetto speciale da cui può derivare l’applicazione di termini di durata della misura maggiori. Metodo mafioso. Entrando nel merito del caso in esame, il p.m lamentava, correttamente secondo la Corte, alcune erronee valutazioni del Tribunale, ai fini dell’esclusione della circostanza. Il Tribunale avrebbe trascurato di considerare che le richieste estorsive erano insistentemente rivolte alle vittime evocando il genitore degli indagati, noto pregiudicato, e il controllo sul territorio che esercita, per ingenerare nei destinatari il necessario metus . La Corte precisa, inoltre, che per l’applicazione della circostanza in esame è sufficiente che sia stata evocata una forma di controllo malavitoso sul territorio, non importando se sia effettivo o meno. Pertanto la Corte annullava con rinvio l’ordinanza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 14 24 luglio 2015, n. 32655 Presidente Esposito Relatore Beltrani Ritenuto in fatto Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale del riesame di Salerno, adito ex art. 309 c.p.p., ha confermato l'ordinanza coercitiva emessa in data 24.4.2015 dal Gip del Tribunale della stessa città che aveva applicato agli odierni resistenti la misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai reati a ciascuno ascritti , escludendo tuttavia la circostanza aggravante di cui all'art. 7 I. n. 203 del 1991 per i reati di cui ai capi A.F.G. Contro tale provvedimento, ha proposto ricorso il PM territoriale deducendo erronea applicazione del citato art. 7. All'odierna udienza camerale, celebrata ai sensi dell'art. 127 c.p.p., si è proceduto al controllo della regolarità degli avvisi di rito all'esito, la parte presente ha concluso come da epigrafe, e questa Corte Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1. Deve premettersi che l'odierno ricorso riguarda in concreto i soli R. e C. S., indagati in ordine ai reati di cui ai capi A.F.G., relativamente ai quali il Tribunale del riesame ha escluso l'aggravante de qua, non anche I. S., sottoposto a custodia cautelare per il reato di cui al capo E , allo stato non aggravato - ad cautelam - ex art. 7 cit. 2. Deve ancora premettersi che sussiste l'interesse del PM al ricorso. 2.1. II collegio, pur nella consapevolezza dell'esistenza di un diverso e contrario orientamento emerso in seno ad una sola Sezione, la Sesta, e per il quale dovrebbe ritenersi inammissibile, per difetto di attualità dell'interesse all'impugnazione, il ricorso per cassazione del pubblico ministero contro l'ordinanza del Tribunale del riesame che abbia escluso la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale, in quanto l'incidenza della contestazione cautelare della circostanza sui termini di durata massima della custodia cautelare costituisce oggetto di situazioni future sentenze n. 18091 dell'8 marzo 2011, CED Cass. n. 250270, e n. 3326 del 23 gennaio 2015, CED Cass. n. 262080 , condivide e ribadisce l'orientamento inizialmente espresso dalla Prima Sezione - sentenza n. 25949 del 27 maggio 2008, CED Cass. n. 240464 -, e successivamente ribadito dalla stessa Sesta Sezione - sentenze n. 48764 del 6 dicembre 2011, CED Cass. n. 251569, e n. 10309 del 22 gennaio 2014, CED Cass. n. 259506 , per il quale sussiste l'interesse dei P.M. a ricorrere per cassazione avverso ordinanza del Tribunale di riesame per far valere la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale, ritenuta dal giudice per le indagini preliminari ed esclusa, pur nella conferma della misura della custodia cautelare in carcere, dal predetto Tribunale, in quanto dal riconoscimento della citata circostanza consegua nel caso di specie, concorrendo una delle circostanze aggravanti di cui all'art. 629, comma 2, c.p. capo G. una più lunga durata dei termini di custodia. 2.2. Invero, pur ammettendo che l'interesse al ricorso del PM debba essere concreto ed attuale, e non meramente teorico in riferimento alla custodia cautelare, né propedeutico unicamente alla successiva valutazione del merito in fase di cognizione per l'autonomia del subprocedimento cautelare rispetto a quello di cognizione , non sembra possibile negare concretezza ed attualità dell'interesse al ripristino di un titolo cautelare al quale conseguano come nella specie termini più lunghi di durata della misura in atto, perseguibile unicamente in reazione all'esclusione della circostanza e quindi attuale , poiché, in difetto, la.questione non potrebbe essere utilmente dedotta al giudice procedente al quale l'indagato richieda la deC.toria di perdita di efficacia della misura per decorrenza dei termini di durata di rito. 2.3. Va, pertanto, ribadito il seguente principio di diritto & lt - le qualità soggettive degli indagati non si tratterebbe di una famiglia di camorra . In tal modo, il Tribunale ha, peraltro, trascurato di considerare che le richieste estorsive in contestazione erano state insistentemente rivolte alle vittime evocando - per ingenerare nei destinatari il necessario metus - il genitore degli indagati, noto pregiudicato - pur se non per delitti di matrice camorristica - ed il controllo sul territorio asseritamente esercitato dalla famiglia non importa se effettivamente o meno la circostanza aggravante in oggetto è configurabile - in riferimento al c.d. metodo mafioso - anche soltanto per essere stata evocata una siffatta forma di controllo malavitoso sul territorio - il fatto che le vittime avrebbero accondisceso alle richieste degli indagati solo perché sfinite f. 7 dalle insistenze loro. Al contrario, da un lato la circostanza de qua sarebbe comunque configurabile per il solo fatto dell'impiego dei metodo che la caratterizza, anche se non ne siano conseguiti efficaci risultati in termini di intimidazione dall'altro, in ipotesi, in difetto di apprezzabili minacce, dovrebbe piuttosto venir meno la configurabilità del reato, al contrario esaurientemente argomentata dal provvedimento impugnato in parte qua, la motivazione posta a fondamento dell'esclusione della circostanza in oggetto si pone, pertanto, in contraddizione con quanto in precedenza dallo stesso Tribunale affermato quanto alla configurabilità delle estorsioni. Si impone, pertanto, l'annullamento con rinvio dell'impugnata ordinanza, per nuovo esame, che terrà conto di quanto sin qui osservato quanto alla configurabilità della circostanza aggravante di cui all'art. 7 I. n. 203 del 1991. P.Q.M. annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale del riesame di Salerno per nuovo esame. Si provveda a norma dell'art. 94 disp. att. c.p.p.