Lolita: l’età della vittima conta, ma il differenziale tra i due no, se il rapporto era paritario

Per configurare l’attenuante della minore gravità di cui all’ultimo comma dell’art. 609 quater c.p. occorre considerare globalmente il contesto dei fatti tuttavia, di per sé, la differenza di età tra vittima e agente non rileva, specie se vi è prova di un rapporto paritario tra i due.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 31927, depositata il 22 luglio 2015. Il caso. L’imputato era un uomo che, all’epoca dei fatti, aveva compiuto i 50 anni e aveva intrattenuto una relazione sentimentale e sessuale con una ragazzina di 12 anni. Veniva dapprima accusato di violenza sessuale aggravata perché, con più atti in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, in più occasioni, abusando delle condizioni di inferiorità fisica e psichica della persona offesa, la induceva a compiere con lui e a subire atti sessuali consistiti nel baciarla infilandole la lingua in bocca, nel premere il suo corpo contro quello della bambina, nell’accarezzarle in mezzo alle gambe, nel toccarla sul seno sotto la maglietta, nell’infilarle un dito nella vagina e nel farle prendere il suo pene nudo tra le mani . Il gup, all’esito del giudizio abbreviato, riqualificava l’imputazione in atti sessuali con minorenne e, concesse le circostanze attenuanti generiche, lo condannava anche al pagamento di una provvisionale in favore delle parti civili, nonché alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni 5. La sentenza veniva poi riformata dalla Corte d’appello che riconosceva l’attenuante della minore gravità e rideterminava la pena, senza revocare la pena interdittiva, pur avendo diminuito la pena sotto il limite dei 3 anni e, precisamente, nella misura di anni 2, mesi 2, giorni 20 di reclusione. Qual è la riduzione prevista dall’attenuante della minore gravità? Il ricorrente lamenta che, pur avendo concesso l’attenuante in parola, la Corte territoriale non applicava la massima estensione, cioè i due terzi, ma riteneva di limitarla alla misura ridotta di un terzo. Le ragioni sono espresse nella motivazione che, contraddittoriamente, dopo aver precisato che, nel concedere l’attenuante, occorreva considerare la situazione di consenso che caratterizzava la vicenda, il coinvolgimento sessuale ed emotivo di innamoramento della dodicenne, la quantità e l’entità degli atti sessuali consumati, l’assenza di situazione di induzione o di abuso, l’assenza di compressione della libertà sessuale della ragazza e il carattere paritario del rapporto che si era instaurato tra i due, concludeva che la concessione dell’attenuante doveva essere inferiore ai massimi previsti dalla norma, in considerazione del differenziale di età esistente. La differenza di età se non incide sull’an dell’attenuante non incide neppure sul quantum. La Suprema Corte accoglie la tesi del ricorrente e annulla la sentenza impugnata. Precisa che la differenza di età se non rileva ai fini del riconoscimento dell’attenuante, non incide neppure sulla diminuzione della pena. Per consolidata giurisprudenza, la configurabilità della circostanza della minore gravità deve riguardare una valutazione globale del fatto, nella quale rilevano i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali della sessa, le sue caratteristiche psicologiche in relazione all’età, così da potere ritenere che la libertà sessuale della persona offesa sia stata compressa in maniera non grave, e che il danno arrecato alla stessa – anche in termini psichici – sia stato significativamente contenuto. È stato, inoltre, escluso che la sola tipologia” dell’atto sessuale possa essere sufficiente per ravvisare o negare la ricorrenza della circostanza. Quel che occorre fare in sede di applicazione della norma, è verificare le caratteristiche oggettive e soggettive del fatto che possono incidere in termini di minore lesività rispetto al bene giuridico tutelato, mentre non è corretto utilizzare per tale valutazione i medesimi elementi costitutivi della fattispecie criminosa, vale a dire età della vittima e atto sessuale. Il giudice del rinvio dovrà quindi motivare il quantum di diminuzione di pena secondo questi parametri. La riparazione volontaria del danno merita un’attenuante di pena. Tra le circostanze attenuanti è prevista quella del c.d. ravvedimento volontario, da compiersi prima del giudizio, ovvero all’apertura del giudizio di primo grado. Nel caso esaminato dalla Suprema corte, l’imputato, prima dell’inizio del processo, aveva messo a disposizione della persona offesa la somma omnicomprensiva di € 50.000 che era stata accettata da entrambi i genitori della minore all’atto del deposito avvenuto con offerta reale”. Per il ricorrente, questa condotta doveva determinare, da un lato, la dichiarazione di cessazione della materia del contendere quanto alle pretese della parte civile e, dall’altro, la concessione dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 6, c.p Se c’è offerta reale, l’attenuante va concessa. La circostanza della riparazione del danno è stata ritenuta compatibile con i reati sessuali, con la precisazione che se tali reati riguardano un minore, la congruità dell’offerta risarcitoria funzionale al riconoscimento dell’attenuante deve tener conto della dimensione concreta degli effetti del reato, anche con l’ausilio di perizie mediche o psicologiche. L’attenuante del risarcimento del danno deve essere concessa laddove si sia in presenza di un’offerta seria e congrua non necessariamente formale e anche laddove la persona offesa non l’abbia accettata . Nel caso in esame, l’imputato aveva messo a disposizione la somma di denaro mediante offerta reale”, modalità tradizionalmente ritenuta l’unica atta a consentire al giudice di valutarne la serietà e la congruità. Anche questo profilo dovrà essere tenuto in considerazione dal giudice del rinvio che dovrà motivare adeguatamente in merito alla concessione dell’attenuante alla luce dei principi ricordati. Con l’accettazione dell’offerta non è venuta meno la pretesa risarcitoria. L’assunto secondo cui con l’offerta reale sarebbe venuta meno la materia del contendere e il giudice avrebbe dovuto, perciò, dichiarare estinta la pretesa della parte civile, non è condiviso dalla Corte di Cassazione. I giudici precisato che l’accettazione dell’offerta reale si è perfezionata con l’autorizzazione del Giudice Tutelare richiesto di pronunciarsi affinché la somma fosse accettata in acconto sull’eventuale maggior danno liquidato. Se è riconosciuta la minore gravità perché confermare le statuizioni civilistiche? La motivazione della Corte territoriale è illogica, secondo i giudici di legittimità, perché pur avendo riconosciuto il fatto di minore gravità riformando in parte qua la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare, ne aveva confermato le statuizioni civilistiche. Tuttavia, la motivazione sul danno è viziata. Infine, anche la sussistenza del danno e la sua quantificazione meritano idonea motivazione. La Corte di Cassazione ha precisato che il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza”, quindi deve essere allegato a provato da chi lo invoca, anche attraverso presunzioni semplici. Per la giurisprudenza, in altri termini, la tesi che riconosce il danno in re ipsa snatura la funzione del risarcimento per configurare una pena privata collegata al comportamento lesivo. Anche riguardo questo punto il giudice del rinvio dovrà operare le sue valutazioni. In ultimo, dovrà essere revocata la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, siccome non prevista al di sotto della pena dei 3 anni di reclusione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 28 maggio – 22 luglio 2015, numero 31927 Presidente Franco – Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Torino, pronunciando nei confronti dell'odierno ricorrente G.U. , con sentenza del 13.5.2014, in parziale riforma della sentenza impugnata, riconosciuta all'imputato la circostanza attenuante di cui all'art. 609 quater u.c. cod. penumero rideterminava la pena in anni 2, mesi 2 e giorni 20 di reclusione, oltre statuizioni sulle spese. In primo grado il GUP del Tribunale di Verbania in data 12.7.2008, all'esito di giudizio abbreviato, lo aveva dichiarato colpevole del reato di cui all'art. 609 quater, 1 comma numero 1 cod. penumero , così diversamente qualificata l'originaria imputazione, e, concessegli le circostanze attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, con pene accessorie e condanna al risarcimento a favore della persona offesa P.G. e a favore dei genitori della vittima P.G. e Z.D. , con una provvisionale immediatamente esecutiva pari ad Euro 21.675,60. L'originaria imputazione vedeva contestato al G. il reato p. e p. dagli artt. 81 capoverso, 609 bis, comma 1 e 2 nr. 1 cod. penumero e 609 ter nr. 1 cod. penumero perché, con più atti in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, in più occasioni, abusando delle condizioni di inferiorità fisica e psichica di P.G. di anni dodici nata il omissis , la induceva a compiere con lui ed a subire atti sessuali consistiti nel baciarla infilandole la lingua in bocca, nel premere il suo corpo contro quello della bambina, nell'accarezzarla in mezzo alle gambe, nel toccarla sul seno sotto la maglietta, nell'infilarle un dito nella vagina e nel farle prendere il suo pene nudo tra le mani. Commesso in omissis dal omissis . 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo dei propri difensore di fiducia, G.U. , deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. penumero a. Violazione dell'art. 606 lett. b ed e cod. proc. penumero violazione di legge in riferimento al combinato disposto di cui agli artt. 609 quater IV comma e 133 c.p., nonché contraddittorietà della motivazione in relazione alla misura della diminuente speciale di pena applicata. Il ricorrente si duole che la Corte d'Appello di Torino, pur riconoscendo l'ipotesi di minore gravità prevista dall'art. 609 quater IV comma c.p. abbia, però, ritenuto di applicarla non nella sua massima estensione, ma nella misura ridotta di soli 1/3 rispetto ai 2/3 consentiti dalla norma sulla base della seguente ed unica osservazione Ciò che, alla luce della situazione di consenso che caratterizza la vicenda, del coinvolgimento sessuale ed emotivo di innamoramento della p. o. in cui si collocano gli eventi, della quantità e l'entità degli atti sessuali consumati tra i due, dell'assenza di una qualche situazione di induzione, oltre che di abuso, della situazione di normalità con cui Giulia percepiva la vicenda, dell'assenza di una qualche compressione della libertà sessuale in capo a costei ed al carattere paritario del rapporto che si era instaurato tra le parti, induce, come si è esordito, a ritenere esistente l'attenuante in esame, con valutazione inferiore ai massimi, in costanza del differenziale di età esistente . cfr. sent. pag. 11 . Ad avviso del difensore ricorrente, la Corte territoriale sarebbe qui incorsa in un errore di interpretazione ed applicazione delle norme di riferimento di cui all'art. 609 quater IV comma e 133 c.p. laddove ha inteso limitare, peraltro in misura rilevante, l'efficacia della diminuente di pena di cui aveva riconosciuto nel precedente passaggio della motivazione e nella loro interezza tutti i presupposti di legge, sulla base di un unico dato ritenuto anche prevalente nell'improprio giudizio di bilanciamento con i fattori positivi prima citati, quale quello del differenziale di età tra la persona offesa e l'autore del reato e persona offesa , non ricompreso fra quelli previsti dal legislatore e sui quali dovrebbe fondarsi unicamente la valutazione. La motivazione apparirebbe, poi, contraddittoria laddove la stessa Corte torinese, nel valutare la sussistenza degli elementi che dovrebbero essere considerati ai fini del riconoscimento della minore gravità del fatto nella prima parte della sentenza, ha riconosciuto ed affermato come il rapporto fra i due si sia svolto in una situazione paritaria senza costrizione od induzione alcuna da parte dell'imputato, e, di come non sia stata minimamente compromessa la libertà sessuale della minore, ed, altresì, come gli atti sessuali commessi dall'imputato non siano stati di particolare gravità od invasività sempre sent. pag. 11 e, successivamente, quando, poi, tutti questi elementi positivi citati nella prima parte della motivazione avrebbero dovuto concorrere ad un pieno riconoscimento dell'applicazione dell'attenuante invocata, quantomeno nella sua massima estensione o prossima a tale limite, ne ha inteso mitigare in misura rilevante l'efficacia, sulla base dell'unica considerazione del differenziale di età fra la vittima e l'offesa ed esperienze di vita fra le parti , introducendo così nel proprio ragionamento un elemento di giudizio non solo peggiorativo e non previsto dal legislatore, ma assegnando a tale dato neutro anche un disvalore tale da sopravanzare gli elementi citati in precedenza concedendo una riduzione di pena nella misura della metà di quella astrattamente applicabile. b. Violazione dell'art. 606 lett. b ed e cod. proc. penumero nullità della sentenza per violazione degli artt. 1209 e segg. c.c., 62 numero 6 c.p. e 133 c.p., nonché per carenza e contraddittorietà della motivazione in punto statuizioni civili ex artt. 185 c.p. e 539 cod. proc. penumero . Il ricorrente lamenta che nei motivi di appello, oltre all'attenuante della minore gravità prevista nella fattispecie di cui all'art. 609 quater, IV comma c.p. aveva anche invocato la concessione dell'ulteriore attenuante di cui all'ad. 62 numero 6 c.p. in quanto l'imputato aveva messo a disposizione della persona offesa e prima dell'inizio del processo seguendo la procedura civilistica dell'offerta reale ex art. 1209 e segg. c.c. la somma onnicomprensiva di Euro 50.000 che era stata ritualmente accettata da entrambi i genitori della minore all'atto dei deposito ex art. 1210 c.c. vengono allegati gli atti da cui risulta l'offerta e la relativa accettazione . Il ricorrente si duole che, secondo la disciplina dell'art. 1210 c.c., una volta che i genitori hanno in quella sede formalmente accettato l'offerta reale senza alcuna riserva, il debitore deve potersi ritenere liberato dalla sua obbligazione. Secondo tale tesi la Corte d'Appello avrebbe, quindi, dovuto dichiarare cessata la materia del contendere con la parte civile P. ritenendo integralmente risarciti i danni conseguenti il reato ex art. 185 c.p. con pari concessione dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p. e rigetto delle domande ulteriori avanzate dalle parti civili costituite. Peraltro la somma offerta ed accettata non si sarebbe neanche potuta definire aprioristicamente insufficiente , seppur ai soli fini del riconoscimento dell'attenuante in esame in quanto la quantificazione del danno oltre ad essere prossima alla cifra offerta quantomeno per la posizione della minore è stata dal primo giudice e dalla Corte condotta sulla base di un giudizio altamente teorico e discrezionale in quanto privo dell'indicazione a supporto di alcun elemento specifico o concreto che potesse, anche solo in via equitativa, giustificare le ingenti somme di denaro liquidate. Secondo il difensore ricorrente, così riassunti i termini giuridici della questione, la Corte del merito, come anche il primo Giudice, avrebbe dapprima errato nell'applicazione ed interpretazione degli artt. 1209 e 1210 c.c. ritenendo possibile come l'istituto civilistico dell'offerta reale potesse modificarsi secondo i desideri della controparte limitandone impropriamente l'efficacia nei presente giudizio, anche solo ai fini civilistici, consentendo la liquidazione di un danno maggiore rispetto a quanto corrisposto ed accettato dalla persona offesa à titolo definitivo e senza alcuna riserva espressa all'atto del ritiro delle somme depositate, così illegittimamente riqualificando la somma versata a titolo definitivo e liberatorio quale mero acconto sul maggior danno ipotizzato e lamentato. La Corte territoriale, però, nella impugnata sentenza sfuggirebbe alla specifica questione giuridica esposta nell'atto di appello circa gli effetti da ricondursi all'ac-cettazione dell'offerta reale, rispetto alle doglianze ulteriori proposte dalla parte civile, non comprendendosi quali siano gli atti, di cui a pag. 13 della sentenza, indicativi che la somma era stata accettata a titolo di acconto, se non delle dichiarazioni d'intento inviate ex post e via fax dagli interessati dopo l'accettazione dell'offerta che non hanno alcun valore legale e che non consentono in ogni caso la possibilità di modificare in via unilaterale i termini dell'offerta reale ex art. 1209 c.c. già andata a buon fine da somma messa a disposizione a tacitazione definitiva sino a somma da trattenersi a titolo di acconto sul maggior danno ipotizzato. Si tratta, infatti, di eventualità non contemplata nell'istituto del codice civile tanto più ex post1 ed una volta accettata la somma dai genitori, anche quali esercenti la patria potestà, ogni obbligazione fra le parti avrebbe dovuto essere dichiarata estinta con conseguente rigetto e/o inammissibilità della costituzione civile ed ulteriori richieste di riconoscimento di danno avanzate dalla parte civile nel presente procedimento. Anche la procedura di autorizzazione promossa dai genitori davanti al Giudice tutelare soffrirebbe del medesimo errore in quanto, oltre ad essere stata formalizzata tempo dopo l'accettazione dell'offerta reale la domanda è del 14/03/08, mentre l'accettazione è del 4/02/08 , sarebbe risultata viziata nel suo epilogo dai termini della domanda proposta. Infatti i genitori hanno rappresentato al Giudice adito la possibilità di poter trattenere la somma offerta e già incassata a solo titolo di acconto o non a tacitazione definitiva, come era stata nella realtà messa a disposizione. Il Giudice, rispetto a tale evenienza, non avrebbe potuto evidentemente fare altro che autorizzarli nel senso da loro prospettato nella richiesta non potendosi ravvisare alcuna condizione di sfavore per la minore ad accettare un versamento a titolo di anticipo, sull'eventuale e maggior danno eventualmente lamentato. La domanda, però, da presentare al Giudice tutelare avrebbe dovuto essere ben diversa e doveva seguire i rigorosi limiti dell'art. 1209 c.c. in quanto correttamente i genitori avrebbero dovuto esporre le due sole possibilità previste da tale istituto e questo ancor prima di accettare o ricevere la somma o di definire il contenzioso si doveva, infatti, illustrare al Giudice adito la possibilità di accettare o diversamente di rifiutare l'offerta reale non essendo prevista una terza possibilità, quale quella erroneamente prospettata nella richiesta di autorizzazione di poter trattenere la somma a titolo d'acconto, così snaturando la funzione e gli effetti della precedente accettazione dell'offerta reale ad esclusiva convenienza ed interesse dei richiedenti e senza nulla tener conto circa l'esatto titolo giuridico dell'offerta ricevuta. La Corte del merito, quindi, avrebbe dovuto non solo riconoscere l'attenuante di cui all'art. 62 numero 6 c.p. a seguito della conclusione in misura positiva della procedura ex art. 1209 e segg. c.c., ma correttamente e come richiesto dalla difesa dell'imputato, rigettare anche le restanti pretese avanzate dalla parte civile per l'ipotizzato maggior danno subito. Inoltre la Corte di secondo grado, ad avviso del ricorrente, sarebbe incorsa in un secondo vizio di motivazione allorquando, prescindendo dalla valenza o meno in quella sede degli effetti giuridici da ricondursi all'accettazione dell'offerta reale ex art. 1209 c.c. sulle ulteriori richieste della parte civile ha ritenuto, comunque, la somma di Euro 50.000 offerta dell'imputato ed accettata dalla persona offesa fosse di per sé insufficiente ai fini del riconoscimento dell'applicazione dell'ulteriore attenuante di cui all'art. 62 numero 6 c.p Da questa affermazione di principio enunciata in motivazione avrebbe dovuto seguire, come anticipato dal giudice estensore, una dettagliata disamina sul punto specifico sollevato dalla difesa nei motivi d'appello al fine di poter giustificare la precedente asserzione di natura generica ancorando la vantazione dell'ingente danno liquidato a dati e parametri obiettivi e circostanziati e, quindi, integrando la carente motivazione sul punto del primo Giudice ed oggetto di severa critica nei motivi di impugnazione. Invero la Corte territoriale, seppur sollecitata, sarebbe incorsa secondo il ricorrente nello stesso errore del primo giudice riproponendo le medesime affermazioni generiche contenute nella sentenza impugnata prive, però, della concretezza necessaria soprattutto in considerazione delle non modeste somme liquidate in sentenza all'esito del primo grado ed addirittura a titolo di provvisionale sul maggior danno patito Euro 40.000 a titolo di danno morale per la minore, Euro 11.675,60 per spese ed Euro 10.000 per ciascuno dei genitori . La Corte non avrebbe, quindi, risposto alle doglianze della difesa e si sarebbe affidata ad una motivazione meramente apparente non offrendo al lettore quel necessario ed ulteriore dettaglio promesso in motivazione che avrebbe dovuto differenziare il giudizio valutativo, seppur operato anche in termini equitativi, dal mero arbitrio limitandosi ad osservare in sentenza quanto segue posto che tale liquidazione effettuata alla data della sentenza appare congrua rispetto ai danni materiali provati in atti ed ai danni morali che effettivamente e con la liquidazione equitativa appaiono corrispondenti alle sofferenze morali inerenti 11 reato per cui si procede . cfr. sent. pag. 13 . Sempre la motivazione risulterebbe, sul tema del risarcimento del danno, altresì, contraddittoria con i passaggi della medesima sentenza laddove la Corte ha riconosciuto, diversamente dal giudice di prime cure, proprio l'ipotesi speciale di minore gravità prevista dalla norma violata rispetto alla quale la Corte territoriale avrebbe dovuto necessariamente trame le debite conclusioni sia in termini di pena, ma anche in termini di danno potenzialmente risarcibile ex art. 185 c.p. e conseguente liquidazione all'esito del giudizio ex ad. 539 cod. proc. penumero . Infatti, tale rilevante mutazione in termini di giudizio circa il riconoscimento nel secondo grado anche della minore gravità del fatto quale valutazione che si fonda in principalità proprio sull'osservazione delle conseguenze accertate od accettabili in termini psichici ex post sulla minore avrebbe dovuto essere debitamente considerata anche in relazione al connesso tema del riconoscimento del danno conseguente il reato ex art. 185 c.p. e alla sua quantificazione in termini economici, tanto più quando il giudizio sia stato operato in via equitativa e, quindi, ancor più fondato su basi aleatorie. Il ricorrente si chiede su quali elementi, dati o criteri sia stato riconosciuto dalla Corte territoriale un danno morale di ben Euro 40.000 in capo alla minore e di Euro 10.000 per ciascuno dei genitori quando nessun dato specifico di natura clinica sia emerso dalle audizioni della minore nel corso dell'indagine peritale, tanto più rispetto ai due genitori che intervenivano in via principale nel giudizio quali rappresentanti della minore e che non hanno dimostrato un danno proprio, al pari dei nonni, ai quali correttamente la Corte territoriale ha, come il primo giudice, negato il riconoscimento di qualsivoglia danno di natura morale. Si sottolinea in ricorso che è stato riconosciuto in sede di giudizio come la minore non abbia evidenziato alcun danno specifico così come peraltro emergeva anche dagli atti di indagine e dagli accertamenti condotti dal perito che vengono richiamati, con particolare riferimento 1. Alla relazione di P.G. del 30/11/06 laddove viene specificato che a domanda specifica la Z. ha riferito che la figlia P.G. sta bene ed è tranquilla e non ha avuto ripercussioni dalla vicenda il rendimento scolastico è ottimo pratica attività sportiva pallamano ed ha l'hobby della pesca 2. All'esame del perito nel passaggio in cui il consulente incaricato dal giudice non è stato in grado di riferire, a specifica domanda della difesa, di alcun elemento sintomatico di sofferenza della minore non ho notato niente di certo, non ho detto che succederà verb. ud. pag. 35 . La Corte del merito non avrebbe perciò potuto procedere - ci si duole - tanto più con il riconoscimento del fatto di minore gravità, a confermare le statuizioni civili del giudice di primo grado che avrebbero dovuto essere conseguentemente rimodulate e ridotte, anche solo a seguito del riconoscimento dell'ipotesi lieve, con ciò integrando anche l'errore di legge indicato nelle premesse. Inoltre, trattandosi di un giudizio equitativo non fondato su dati concreti o valutazioni obiettive si sarebbe dovuto necessariamente procedere, se si voleva negare il riconoscimento dell'ulteriore attenuante invocata a fronte di un'offerta di ben Euro 50.000, a disporre ulteriori accertamenti in contraddittorio rispetto alle considerevoli richieste economiche avanzate dalla parte civile, così come anche richiesto e sollecitato nei motivi di appello dalla difesa del ricorrente. Viene richiamato il precedente di questa Corte di legittimità che, in un caso ben più grave dove era stata offerta dall'imputato la somma di Euro 40.000, aveva severamente censurato la motivazione del giudice di secondo grado, laddove aveva ritenuto aprioristicamente di negare il riconoscimento dell'attenuante dell'art. 62 c.p. sulla base di sole affermazioni di principio e non su dati od elementi concreti, così osservando in motivazione della sentenza Si tratta di una motivazione meramente apodittica e presuntiva, perché, si ammette che è mancato qual-siasi accertamento scientifico medico o psicologo su danni concreti subiti dalla minore e di motivazione altresì contraddittoria, perché si afferma contemporaneamente che la liquidazione del danno non può basarsi su criteri equitativi, sicché dovrebbe fondarsi su basi concrete, che però non vengono individuate né scientificamente accertate. La sentenza impugnata, invero, non fornisce alcuna prova di avere ancorato il proprio asserto su emergenze specifiche. Manca comunque qualsiasi puntuale e reale valutazione del danno alfine di poterne definire la capacità risarcitoria integrale della offerta reale o della manifestata volontà risarcitoria. Esattamente il ricorrente lamenta che la motivazione si risolve in una affermazione di principio frutto di mera supposizione, quasi da ritenersi non ammissibile e non riconoscibile l'attenuante invocata per reati di questa specie. così questa sez. 3 numero 45179 del 15.10,2013 . Viene ricordato che, in altra pronuncia questa Corte Suprema ha riconosciuto la possibilità di applicare l'attenuante del risarcimento del danno anche laddove l'offerta si possa considerare incapiente rispetto alle richieste del danneggiato, ma avente, però, il requisito della serietà osservando proprio come lo scopo dell'attenuante in esame sia in principalità quello di calibrare la pena, non tanto in riferimento al soddisfacimento o meno della tutela del relativo diritto di credito vantato dalla parte offesa, ma bensì quale sintomo tangibile del ravvedimento del reo AI fini del riconoscimento dell'attenuante del risarcimento del danno art. 62 numero 6 c.p. è sufficiente un'offerta di risarcimento, anche non formale, che abbia i requisiti della congruità e della serietà, in presenza dei quali l'attenuante deve essere concessa ancorché la persona offesa non abbia accettato l'offerta sez. 5, 9.12.1996, numero 84 . Ancor di più questo principio dovrebbe secondo il ricorrente poter trovare applicazione nel caso qui sottoposto a giudizio dove si tratta di un danno difficilmente apprezzabile e valutabile nella sua interezza a fronte dei quale, pur in assenza di alcun dato clinico o sintomatico di sofferenza della minore, la somma offerta è risultata addirittura capiente Euro 50.000 rispetto al danno che si assume essere sproporzionato liquidato dal giudice alla persona offesa direttamente danneggiata circa Euro 51.000 e, pertanto, ragionando in termini obbiettivi la somma offerta a titolo di ristoro non poteva considerarsi priva dei requisiti di congruità e serietà ai fini dell'applicazione dell'attenuante richiesta dalla difesa, soprattutto quando la Corte di secondo grado ha poi omesso di indicare i dati e criteri ai quali si sarebbe affidata per confermare le statuizioni civili del primo grado e negare l'ulteriore diminuente di pena richiesta dalla difesa. Chiede, pertanto l'annullamento dell'impugnata sentenza con le consequenziali provvidenze di legge in punto pena per il mancato riconoscimento dell'attenuante invocata di cui all'art. 62 numero 6 c.p. ed in punto statuizioni civili per la validità dell'offerta reale nei termini di cui all'art. 1209 c.c. ai fini del risarcimento con conseguente annullamento delle ulteriori statuizioni civili in tema di danno liquidato alle parti private costituite, unitamente al rinvio al Giudice civile competente per il seguito. c. Violazione dell'art. 606 lett. b cod. proc. penumero errata applicazione dell'art. 29 C.P Il ricorrente lamenta che il primo giudice aveva, altresì, condannato l'imputato alla sanzione penale accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque in seguito alla pronuncia di condanna per una pena detentiva superiore ad anni tre di reclusione. La Corte di Appello, pur avendo operato una diminuzione di pena sino alla misura di anni due, mesi 2 e giorni 20 di reclusione, non ha proceduto all'esito del giudizio di secondo grado a disporre la revoca di tale pena accessoria. Onde si chiede che questa Corte di Cassazione voglia annullare sul punto la ricorsa sentenza con le consequenziali provvidenze di legge. Considerato in diritto 1. I motivi dedotti sono fondati, nei limiti che si andranno a specificare e con le precisazioni che si andranno ad operare, conseguendone l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente all'entità della diminuzione della pena ex art. 609 quater, comma 4, cod. penumero , nonché all'attenuante ex art. 62 numero 6 cod. penumero , alla pena accessoria ed alle statuizioni civili con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Torino per un nuovo esame. 2. Va innanzitutto precisato che non vi è questione circa l'affermazione di responsabilità dell'imputato, passata dunque in cosa giudicata. Passando ad analizzare in ordine sistematico le doglianze proposte, va innanzitutto evidenziato come sussista il denunciato vizio motivazionale in ordine alla quantificazione della riduzione operata dal giudice del merito in relazione alla riconosciuta ipotesi di minore gravità di cui all'art, 609quater co. 4, cod. penumero . La Corte territoriale, infatti, motiva sul punto in relazione alla differenza di età, elemento che, evidentemente, non può rilevare ai fini del riconoscimento dell'attenuante e quindi non può nemmeno incidere sulla diminuzione della pena. Va ricordato in proposito che per costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità la circostanza attenuante fondata sulla minore gravità del caso è riferibile tanto alle condotte di violenza sessuale art. 609 bis cod. penumero , comma 3 , eventualmente aggravate per l'età inferiore ai dieci anni della vittima art. 609 ter cod. penumero , comma 2 , quanto all'ipotesi, di cui al caso che ci occupa, di atti sessuali con minorenne di analoga età art. 609 quater cod. penumero , comma 4, in relazione all'art. 609tercod. penumero , comma 2 . La giurisprudenza di questa Suprema Corte in materia, è ormai decisamente consolidata nel senso di ritenere che, ai fini della configurabilità della circostanza per i casi di minore gravità, debba farsi riferimento in tali casi ad una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di questa, le sue caratteristiche psicologiche in relazione all'età, così da potere ritenere che la libertà sessuale della persona offesa sia stata compressa in maniera non grave, e che il danno arrecato alla stessa anche in termini psichici sia stato significativamente contenuto così sez. 3, numero 23913 del 14.5.2014, C, rv. 259196 conf. sez. 3, numero 38112 del 3.10.2006, Magni e altro, rv. 235031 sez. 3, numero 1057 del 19.12.2006, dep. il 17.1.2007, Sala e altro, rv. 236024 sez. 3, numero 45604 del 13.11.2007, Mannina, rv, 238282 . In tal senso è stato escluso che la sola tipologia dell'atto possa essere sufficiente per ravvisare o negare che ricorra la circostanza in questione cfr. sul punto questa sez. 3, numero 39445 del 1.7.2014, S,, rv. 260501 . Questa Corte ha anche precisato, in materia di atti sessuali con minorenne, che l'attenuante speciale prevista dall'art. 609 - quater, quarto comma, cod. penumero , non può essere esclusa sulla scorta della valutazione dei medesimi elementi costitutivi della fattispecie criminosa età della vittima e atto sessuale , essendo, invece, necessario considerare tutte le caratteristiche oggettive e soggettive del fatto che possono incidere in termini di minore lesività rispetto al bene giuridico tutelato così questa sez. 3, numero 45179 del 15.10.2013, rv. 257626, fattispecie in cui la Corte territoriale aveva negato la circostanza attenuante sul presupposto che l'atto sessuale con la minore era stato consumato ma aveva omesso di valutare altre circostanze, quali il consenso della persona offesa al rapporto sessuale, l'esistenza di una relazione sentimentale con l'imputato, l'assenza di costrizione fisica conf. sez. 4, numero 18662 del 12.4.2013, A., rv. 255930 . A tale valutazione, dunque, dovrà attenersi il giudice del rinvio per motivare il quantum di diminuzione di pena relativo alla riconosciuta ipotesi attenuata. 3. Fondato è anche il motivo di ricorso relativamente alla motivazione che il provvedimento impugnato offre circa il diniego dell'attenuante del riconoscimento del danno a fronte dell'offerta reale di 50.000 Euro quale risarcimento del danno. Va ricordato che questa Corte di legittimità ha ormai chiarito da tempo che la circostanza attenuante di cui all'art. 62 numero 6 cod. penumero è compatibile con i reati sessuali, dovendo peraltro il risarcimento del danno intervenire, prima del giudizio, in misura integrale non essendo sufficiente, a tal fine, una qualsivoglia forma di accordo in via transattiva cfr. sul punto questa sez. 3, numero 16146 del 14.3.2008, Pannese, rv. 239869 conf. sez. 3, numero 28753 del 19.3.2013, M., rv. 256671 . Va aggiunto che, in tema di atti sessuali con minorenne, la valutazione della congruità dell'offerta risarcitoria ai fini del riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 numero 6 cod. penumero non può essere condotta sulla scorta di un semplice criterio equitativo ma deve tener conto della dimensione concreta degli effetti del reato, se del caso da determinarsi anche con l'ausilio di perizie mediche o psicologiche, cfr. questa sez. 3, numero 45179 del 15.10.2013, Lamberto, rv. 257627, in cui la Corte ha censurato la motivazione della sentenza di merito che aveva considerato incongrua l'offerta risarcitoria sul presupposto, non documentato, della compromissione del regolare sviluppo psico-fisico della minore . Ebbene, è stato anche precisato che ai fini del riconoscimento dell'attenuante del risarcimento del danno art. 62 numero 6 cod. penumero è sufficiente un'offerta di risarcimento, anche non formale, che abbia i requisiti della congruità e della serietà, in presenza dei quali l'attenuante deve essere concessa ancorché la persona offesa non abbia accettato l'offerta cfr. sez. 5, numero 84 del 9.12.1996 dep. il 9.1.1997, Tansino, rv. 206561 nonché la citata sentenza 45179/2013 di questa sez. 3 che ha affrontato un caso analogo a quello per cui si procede . Tra l'altro, nel caso che ci occupa, l'imputato, comunque, ha messo a disposizione la somma di danaro mediante offerta reale, modalità che più volte questa Corte ha individuato essere l'unica atta a consentire al giudice di valutare la serietà e la congruità della stessa sez. 1, numero 18440 del 28.4.2006, Friscia, rv. 233817 conf. sez. 2, numero 36037 del 6.7.2011, Ruvolo, rv. 251073 . Insufficiente, pertanto, appare la motivazione che la Corte territoriale offre sul punto. La concedibilità della circostanza attenuante in questione dovrà pertanto essere rivalutata da parte del giudice del rinvio. 4. Quanto alle statuizioni civili, infondato è il motivo con cui si assume che, intervenuta l'accettazione dei 50.000 Euro di cui all'offerta reale, sarebbe venuta meno ogni pretesa di risarcimento. Appare evidente, infatti, che l'accettazione dell'offerta reale, a fronte del risarcimento del danno alla minore, si sia perfezionata solo con l'autorizzazione del giudice tutelare. E quest'ultima è intervenuta - ed è stata richiesta - affinché la somma offerta fosse accettata in acconto sull'eventuale maggior danno che sarebbe stato liquidato. Piuttosto, fondato appare il motivo di ricorso con cui si censura una motivazione evidentemente illogica laddove il giudice del gravame del merito da un lato, a differenza di quello di primo grado, ha ritenuto il fatto di minore gravità, facendo ricorso all'ipotesi attenuata prevista dalla norma, e poi ha confermato in toto le statuizioni del Tribunale di Verbania sul piano civilistico. Peraltro nel provvedimento impugnato manca ogni motivazione circa l'esistenza del danno morale e il suo ammontare. In proposito va ricordato che l'ammontare civilistico del danno non può essere quantificato in relazione alle caratteristiche della condotta e non all'effettivo pregiudizio subito dal danneggiato e che valgono in proposito le regole civilistiche, per cui anche il danno morale conseguente al reato, per poter essere riconosciuto e liquidato dal giudice penale, deve essere provato puntualmente sia nella sua effettiva sussistenza sia nel suo ammontare cfr. sez. 3, numero 6185 del 5.11.2014 dep. l'11.2.2015, Piovan e altro, non mass. . Come condivisibilmente si ricorda nella sentenza 6185/2015, la costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità, in sede civile v. in particolare, Sez. Unumero civ., 11.11.2008, numero 26972 ha affermato che il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza sent. numero 8827 e numero 8828/2003 numero 16004/2003 , che deve essere allegato e provato. Va disattesa, infatti, la tesi che identifica il danno con l'evento dannoso, parlando di danno evento. La tesi, enunciata dalla Corte costituzionale con la sentenza numero 184/1986, è stata infatti superata dalla successiva sentenza numero 372/1994, seguita da questa Corte con le sentenze gemelle del 2003. E de/pari da respingere è la variante costituita dall'affermazione che nel caso di lesione di valori della persona il danno sarebbe in re ipsa, perché la tesi snatura la funzione del risarcimento, che verrebbe concesso non in conseguenza dell'effettivo accertamento di un danno, ma quale pena privata per un comportamento lesivo”. Insomma, anche quando il fatto illecito integra gli estremi del reato la sussistenza del danno non patrimoniale non può mai essere ritenuta in re ipsa , ma va sempre debitamente allegata e provata da chi lo invoca, anche attraverso presunzioni semplici” sez. 3 civ., 12.4.2011, numero 8421, Rv. 617669 , richiedendosi in ogni caso che sussista da parte del richiedente la allegazione degli elementi di fatto dai quali desumere l'esistenza e l'entità del pregiudizio” Sez. Unumero civ., 16.2.2009, numero 3677, Rv. 608130 . Sul punto, peraltro, il giudice del rinvio dovrà tenere conto di quanto precisato da questa sez. 3 con la sentenza numero 52752 del 20.5.2014, Vidi, rv. 262359, cui si rimanda. 5. In ultimo va rilevato che appare fondato il motivo riguardante la pena accessoria che, in ragione dell'entità della rideterminata pena, andava revocata. Va ricordato, infatti, che, secondo quanto precisato da questa Corte Suprema ai fini della applicazione della pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici, la sussistenza del presupposto costituito dal quantum di reclusione irrogata a titolo di pena principale deve essere valutata tenendo conto anche delle eventuali diminuzioni processuali così sez. 1, numero 18149 del 4.4.2014, Di Benedetto ed altro, rv. 259749, che ha ritenuto illegittima la conferma, in appello, della pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici, in relazione ad una pena base per il più grave dei delitti in continuazione rideterminata, al netto della riduzione del terzo per il rito abbreviato, nella misura di anni due e mesi otto di reclusione . A ciò potrà pertanto provvedere il giudice del rinvio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente all'entità della diminuzione della pena ex art. 609quater, comma 4, cod. penumero , nonché all'attenuante ex art. 62 numero 6 cod. penumero , alla pena accessoria ed alle statuizioni civili con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Torino. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.