Sulla distrazione dell’avviamento cade la bancarotta ed anche il sequestro…

Di fronte ad una contestazione provvisoria di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione mediante cessione fittizia di un ramo di azienda, il sequestro dell’intero complesso aziendale non si giustifica se non vi è la prova della avvenuta distrazione di un intero ramo di azienda, poiché manca nel trasferimento dei singoli beni e rapporti l’elemento fondamentale costituto dall’avviamento, che consente di attribuire ad essi una dimensione aziendale, che, ove sussistente, giustificherebbe il sequestro dell’intero complesso aziendale.

Questa la statuizione della V Sezione della Cassazione penale, che, nella medesima pronuncia sentenza n. 31703, depositata il 21 luglio 2015 , ha dettato altro importante principio in tema di sequestro preventivo L’imposizione di un vincolo reale impone al giudice di distinguere se lo stesso viene disposto ai sensi dell’art. 321 comma 1 c.p.p., avendo ad oggetto cosa pertinente al reato la cui libera disponibilità è in grado di aggravare o protrarre le conseguenze del reato, ovvero ai sensi dell’art. 321 comma 2 c.p.p., trattandosi di beni di cui è consentita la confisca . Il caso in esame. Nell’ambito di una contestazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, consumata, secondo l’assunto accusatorio, attraverso un fittizio contratto di cessione di ramo di azienda tra due società, in assenza di un effettivo corrispettivo, viene sottoposto a sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p. l’intero ramo aziendale, nonché un natante in uso ad uno degli indagati. Già il Tribunale del riesame era intervenuto ridimensionando in modo assai evidente il disposto sequestro e ordinando il dissequestro del ramo di azienda, ma conservando, invero, il vincolo cautelare sul natante. L’ordinanza del Tribunale del riesame non aveva dunque pienamente accontentato alcuno ed in conseguenza era stata oggetto di impugnazione in Cassazione, sia da parte della difesa degli indagati che del pm. Il dissequestro del ramo di azienda. Il Tribunale del riesame, all’esito dell’udienza camerale, aveva disposto il dissequestro del ramo di azienda sulla base del rilievo che tale misura avrebbe potuto essere applicata solo laddove fosse stato ritenuto sussistente il fumus commissi delicti della distrazione dell’intero complesso aziendale della società fallita, mentre nel caso di specie emergeva evidente che, in realtà, oggetto della distrazione potevano essere stati singoli beni o singoli rapporti giuridici, in relazione ai quali difettava tuttavia l’elemento dell’avviamento, ossia proprio quel dato decisivo che consente di distinguere una cessione di semplice sommatoria di attività e passività aziendali da una cessione di ramo di azienda unitariamente considerata. Poiché nell’incolpazione posta a fondamento della misura cautelare non veniva contestata la distrazione dei singoli beni, ma del complesso aziendale – insussistente nel caso in esame – la conclusione del Tribunale del riesame era stata per la revoca del disposto sequestro. Il provvedimento viene tuttavia impugnato in parte qua dal pm che, da un lato, contesta l’insussistenza nel caso di specie di un trasferimento di azienda e, dall’altro, evidenzia che, anche laddove fosse confermato il principio che non è suscettibile di distrazione il mero avviamento commerciale, ciò non significa che in assenza della distrazione dell’avviamento non sia possibile sottoporre a sequestro un intero complesso aziendale, ritenuto distratto. Elementi necessari per la configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione. Investiti della questione, gli Ermellini ricordano come l’orientamento dominante in sede di giurisprudenza di legittimità escluda, ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, che possa costituirne oggetto il mero avviamento commerciale di una azienda come valore astratto, potendo essere oggetto di tale condotta solo rapporti giuridicamente rilevanti ed economicamente valutabili. In ogni caso, ricorda la Cassazione, anche il diverso orientamento sembra comunque richiedere, al fine della configurabilità del delitto di bancarotta, che oggetto della condotta distrattiva non sia il solo avviamento, ma anche ed insieme l’azienda ovvero i fattori aziendali in grado di generare l’avviamento medesimo. Prosegue dunque la Cassazione rilevando come, proprio in virtù dello stretto collegamento tra avviamento ed il complesso dei beni e rapporti giuridicamente rilevanti costituenti l’azienda, non può parlarsi di avviamento senza i secondi, i quali, per contro, non danno vita ad una azienda senza il valore dell’avviamento. Nel caso in esame oggetto di trasferimento erano stati solo singoli beni senza distacco dalla società preesistente di un’articolazione autonoma, idonea ad essere collocata sul mercato, in quanto da un lato la società cedente aveva proseguito la sua attività principale e dall’altro lato la cessionaria non avrebbe potuto operare senza la prosecuzione della attività da parte della società madre non può dunque parlarsi, in termini giuridici, di avvenata cessione di ramo di azienda, che, pertanto, neppure può essere stato oggetto di autonoma distrazione. Naturalmente, osserva la Cassazione, ciò non significa che non possano essere stati oggetto di distrazione i singoli beni trasferiti, condotta che, tuttavia, nel caso di specie non è contestata. il peso decisivo dell’avviamento. La conclusione del Tribunale del riesame merita dunque di essere condivisa, secondo la Cassazione, proprio sulla base del rilievo che correttamente, nel caso di specie, il giudice di merito ha ricostruito la fattispecie come cessione di singoli beni aziendali, difettando il trasferimento di quell’elemento costitutivo fondamentale che è rappresentato dall’avviamento aziendale, senza il quale non può configurarsi alcun trasferimento di ramo di azienda. E l’affondo del sequestro del natante. A cadere sotto i colpi della Cassazione è invece l’altra parte della ordinanza del Tribunale del riesame, che aveva confermato il sequestro preventivo di un natante di proprietà di uno degli indagati. Sul punto, infatti, la Corte ritiene fondate le doglianze del ricorrente che aveva argomentato come non si comprendesse, dal tenore del provvedimento impugnato, se il vincolo reale fosse stato imposto sulla imbarcazione in quanto ritenuta cosa pertinente al reato la cui libera disponibilità poteva aggravare o protrarre le conseguenze del reato, ovvero in quanto, ai sensi dell’art. 321, comma 2, c.p.p., si trattava di bene suscettibile di confisca. Sul punto rammenta la Corte che diverse sono le due figure di sequestro previste dal legislatore al comma 1 ed al comma 2 del medesimo art. 321 c.p.p., e dunque differenti sono i presupposti normativi che ne giustificano l’applicazione. Da quanto appena affermato ne consegue che l’apparato motivazionale di un provvedimento di sequestro deve adeguatamente chiarire, nel caso di vincolo imposto ex art. 321, comma 1, c.p.p., sia il nesso di pertinenzialità della res con il reato, che la sua pericolosità, mentre nel caso del comma 2 dovrà essere chiarito perché quel bene rientra nel novero di quelli suscettibili di confisca. Poiché nel caso di esame nessuno di tali esiti motivazionali era stato percorso dal Tribunale del riesame, che si era limitato ad ipotizzare come i fondi distratti avrebbero potuto essere stati utilizzati per acquistare l’imbarcazione, senza tuttavia dettagliare le ragioni di tale convincimento, è evidente l’inadeguatezza della motivazione che conduce, pertanto, la Corte ad annullare il provvedimento in tale sua parte, con rinvio ad altra sezione del Tribunale per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 3 marzo – 21 luglio 2015, n. 31703 Presidente Lapalorcia – Relatore Guardiano Fatto e diritto Con ordinanza emessa il 18.12.2014 il tribunale di Varese, in qualità di tribunale del riesame, adito da M.G. , M.A. ed A.A.M. , ai sensi dell'art. 322, c.p.p., revocava il decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Busto Arsizio, avente ad oggetto il fondo patrimoniale costituito da M.G. e dalla moglie A.A.M. , nonché l'azienda facente capo alla società cooperativa Truck It s.c , amministrata da M.A. , nell'ambito di un procedimento penale sorto a carico dei suddetti M.G. e M.A. , indagati per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, in qualità rispettivamente di amministratore unico e poi di liquidatore della Gianni Pan s.p.a. , e di amministratore legale della società cooperativa innanzi indicata, consumato, secondo l'ipotesi accusatoria, attraverso un fittizio contratto di affitto di ramo di azienda stipulato tra le due società in assenza di un effettivo corrispettivo. Il tribunale del riesame confermava, invece, il suddetto provvedimento impositivo del vincolo reale in relazione ad un natante di proprietà di M.G. . Il giudice dell'impugnazione cautelare ha ritenuto, da un lato che il fondo patrimoniale non può formare oggetto di sequestro preventivo, non trattandosi di bene di per sé suscettibile di sequestro, potendosi sequestrare solo i beni immobili in esso ricompresi, che siano il frutto dell'investimento delle distrazioni in denaro contestate dall'altro, con particolare riferimento all'azienda facente capo alla società cooperativa Truck It, che il sequestro avrebbe potuto essere disposto solo se fosse emersa l'avvenuta distrazione in favore della cooperativa dell'intero complesso aziendale della società fallita, laddove, nel caso in esame emerge, invece, che, in realtà, oggetto della distrazione sono stati singoli beni o singoli rapporti giuridici i veicoli, i dipendenti, il denaro e la diponibilità dei locali utilizzati dalla Gianni Pan , in relazione ai quali manca l'elemento costituito dall'avviamento, che consente di distinguere tra una semplice sommatoria di attività e passività aziendali e un'azienda unitariamente considerata, elemento sul quale influiscono vari fattori, quali la clientela, l'organizzazione aziendale, l'ubicazione, l'abilità gestoria dell'imprenditore. Attraverso una specifica analisi il tribunale del riesame evidenzia, inoltre, perché la cessione dei singoli cespiti non costituisce cessione del ramo d'azienda. 2. Avverso la decisione del tribunale del riesame, di cui chiedono l'annullamento, ovviamente per ragioni diverse, hanno proposto tempestivo ricorso per cassazione, con distinti atti di impugnazione, sia il pubblico ministero presso il tribunale di Busto Arsizio, sia gli indagati, questi ultimi personalmente ed a mezzo del loro difensore di fiducia, avv. Mauro Bonini, del Foro di Milano. 2.1. Nel suo ricorso il pubblico ministero deduce violazione di legge sotto un duplice profilo, da un lato evidenziando come si sia verificato un effettivo trasferimento di un ramo d'azienda dalla cedente alla cessionaria, con riferimento all'attività di trasporto e logistica svolta originariamente dalla Gianni Pan , che ha continuato la sua attività attraverso la Truck It , entità giuridicamente autonoma e distinta dalla società fallita, che, dunque, è subentrata a quest'ultima nello svolgimento dell'attività oggetto del ramo d'azienda trasferito dall'altro rilevando come, pur in presenza di oscillazioni giurisprudenziali sulla possibilità di sottoporre a sequestro preventivo l'avviamento commerciale di un'azienda, non può trovare accoglimento il principio secondo cui, in assenza della distrazione del c.d. avviamento, non sia possibile sottoporre a sequestro un intero complesso aziendale. 2.2. Nel ricorso presentato nell'interesse di M.G. e di M.A. , i ricorrenti lamentano violazione di legge sotto diversi profili, evidenziando che il sequestro preventivo del natante non si giustifica perché il tribunale del riesame, da un lato lo ha considerato, peraltro, in via meramente ipotetica, un profitto indiretto del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, seguendo un ragionamento giustificativo tipico del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per valore equivalente, che non trova, tuttavia, applicazione per i reati fallimentari dall'altro non ha motivato adeguatamente, in relazione all'ipotesi di sequestro preventivo prevista dall'art. 321, co. 1, c.p.p., sull'esistenza del nesso pertinenziale e del periculum in mora, tenuto conto che trattasi di un bene acquistato legittimamente dal M.G. nel 2006, quando la società successivamente fallita era pacificamente in bonis, e lo stesso M. , unitamente alla moglie, era titolare di un reddito che gli consentiva di sostenere le spese di acquisto del natante 2 che il giudice dell'impugnazione cautelare ha omesso di considerare, nel momento in cui ha affermato che il gommone ha costituito profitto indiretto di un'attività distrattiva che si sarebbe verificata quanto meno a partire dal 2000, quando erano iniziate le vendite in nero, da considerare componenti di reddito della società, il criterio della ragionevolezza temporale, che incide sulla sussistenza del periculum in mora , in quanto vanno considerati estranei al reato quei beni il cui acquisto risale ad un tempo di molto antecedente alla commissione dell'illecito 3 che non appare legittima l'intervenuta dichiarazione di inammissibilità dell'appello proposto avverso l'ordinanza di convalida del decreto di sequestro di urgenza adottato dal pubblico ministero emessa dal giudice per le indagini preliminari, non essendo giustificabile sottrarre al potere di controllo del giudice dell'impugnazione reale il provvedimento di convalida, soprattutto sotto il profilo della effettiva sussistenza del presupposto dell'urgenza da parte del pubblico ministero 4 l'inutilizzabilità delle sommarie informazioni testimoniali raccolte dal pubblico ministero, contenute nella memoria depositata da quest'ultimo in sede di riesame il 12.1.2014, dopo che l'atto di riesame era stato depositato in data 14.11.2014, essendone illegittima l'allegazione oltre la data di presentazione dell'atto di impugnazione, che cristallizzerebbe il materiale su cui può decidere il tribunale del riesame. 3. Con memoria depositata il 24.2.2015 M.G. , M.A. e A.A.M. , attraverso il loro difensore, avv. Bonini, chiedono che il ricorso del pubblico ministero sia dichiarato inammissibile o rigettato, illustrandone le ragioni. Nel corso dell'odierna udienza, inoltre, la difesa dei M. , a sostegno della propria richiesta di non accogliere il ricorso del p.m., chiedeva l'acquisizione dell'istanza di insinuazione al passivo presentata nel fallimento della Gianni Pan , dalla Truck It , a quella data sotto sequestro, da parte del custode giudiziario nominato dal p.m., che, tuttavia, non può essere acquisita, non essendo consentita in questa sede di legittimità l'acquisizione di documenti nuovi attinenti al merito. 4. Prima di affrontare le questioni poste con i ricorsi innanzi indicati, va preliminarmente osservato che, ai sensi dell'art. 325, co. 1, c.p.p., con il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti adottati dal tribunale del riesame ai sensi degli artt. 322 bis e 324, c.p.p., l'unico vizio deducibile è rappresentato dalla violazione di legge . In tale nozione, come delineata dalla costante giurisprudenza della Suprema Corte, condivisa dal Collegio, rientrano sia l'inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, sia la mancanza di motivazione, nei casi in cui la motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito, ovvero quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione cfr. Cass., sez. IV, 30/11/2011, n. 4049 Cass., Cass., sez. I, 12/10/2012, n. 45033 Cass., sez. I, 31/01/2012, n. 6821, rv. 252430 . 5. Tanto premesso, va innanzitutto rigettato il ricorso del pubblico ministero, apparendo evidente che il provvedimento del tribunale del riesame non può definirsi adottato in violazione di disposizioni di legge sostanziale o processuale, né sfornito di reale motivazione. Anzi, nell'accogliere il riesame proposto nell'interesse dei M. , con particolare riferimento all'azienda facente capo alla società Truck It , il tribunale del riesame ha fatto puntuale applicazione dei principi affermati in subiecta materia dall'orientamento dominante in sede di legittimità, secondo cui ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta è necessario che oggetto di distrazione siano rapporti giuridicamente rilevanti ed economicamente valutabili, con la conseguenza che, in linea generale, non può costituire oggetto di distrazione l'avviamento commerciale di una azienda in quanto valore astratto ovvero come prospettiva di costituire rapporti giuridici solo teoricamente immaginabili cfr. Cass., sez. V, 19/03/2014, n. 26542 Cass., sez. V, 8.3.2006, n. 9813, rv. 234242 Cass., sez. V, 19.3.2014, n. 26542, rv. 260689 . Del resto anche l'orientamento che sembra giustificare una soluzione di diverso tenore, in realtà evidenzia come non sia suscettibile di distrazione l'avviamento commerciale, se, contestualmente, non sia stata oggetto di disposizione anche l'azienda medesima o quanto meno i fattori aziendali in grado di generare l'avviamento, potendo peraltro quest'ultimo rappresentare da solo l'oggetto materiale della distrazione in caso di assenza di adeguata contropartita cfr. Cass., sez. V, 11.12.2012, n. 3817, rv. 254474 . È proprio lo stretto collegamento esistente tra l'avviamento ed il complesso di rapporti giuridicamente ed economicamente valutabili costituenti l'azienda, in virtù del quale il primo non esiste senza i secondi e questi ultimi non danno vita ad un'azienda, senza quel valore immateriale costituito dall'avviamento, che ha indotto il tribunale del riesame ad affermare, correttamente, che nel trasferimento di veicoli, dei dipendenti, di denaro e della disponibilità di locali da Gianni Pan s.p.a. a Truck It s.c. sembra mancare quell'elemento fondamentale, dato dall'avviamento, che consente di distinguere tra una semplice sommatoria di attività e passività aziendali e un'azienda unitariamente considerata, elemento sul quale influiscono vari fattori, quali la clientela, l'organizzazione aziendale, l'ubicazione, l'abilità gestoria dell'imprenditore , come, peraltro, sottolineato da diverse sentenze pronunciate dal Supremo Collegio, in materia penale cfr. la già citata Cass., sez. V, 19/03/2014, n. 26542, rv. 260689 e civile cfr. Cass., sez. I, 27.2.2004, n. 3973, rv. 570614 Cass., sez. I, 8.3.2013, n. 5845, rv. 625716 . Pertanto il parziale trasferimento in capo alla Truck It di una parte dei componenti dell'azienda della Gianni Pan , riconducibili ai servizi interni accessori della logistica di magazzino e del trasporto, prima gestiti dalla cedente, come giustamente evidenziato dal tribunale del riesame non ha dato vita ad un distacco dalla società in questione di una preesistente articolazione funzionalmente autonoma, idonea ad essere utilmente collocata sul mercato , proprio perché, da un lato la Gianni Pan ha continuato la sua attività principale di vendita di prodotti alimentari, senza che si sia verificato il passaggio della clientela e del management societario in favore della società cessionaria, dall'altro quest'ultima compagine, senza la continuazione dell'attività della prima ed, in particolare, senza la disponibilità del magazzino della cedente, non avrebbe avuto la possibilità di operare. Ciò ovviamente non significa che nella cessione di cui si discute non possano celarsi finalità distrattive, che, tuttavia, riguardano i singoli beni o le singole risorse finanziarie distratte, ma non l'azienda facente capo a Truck It , che, come ben argomentato dal giudice dell'impugnazione cautelare, considerata nel suo complesso, non può dirsi abbia formato oggetto di cessione. In conclusione, a fronte di una contestazione provvisoria avente ad oggetto il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per cessione fittizia di un ramo d'azienda, il tribunale del riesame ha argomentato, con motivazione assolutamente corretta in punto di diritto, che il sequestro dell'intero complesso aziendale facente capo a Truck It non si giustifica, perché non vi è prova della avvenuta distrazione di un intero ramo di azienda della Gianni Pan , mancando nei trasferimenti dei singoli beni e rapporti l'elemento fondamentale costituito dall'avviamento, che consente di attribuire ad essi una dimensione aziendale, giustificando, quindi, ove sussistente, il sequestro dell'intero complesso aziendale, soffermandosi, inoltre, a spiegare, con dovizia di argomenti, perché i singoli trasferimenti non sono idonei a configurare il trasferimento di un ramo d'azienda in capo alla Truck It . Rispetto a tale limpido argomentare, le censure del pubblico ministero, che riguardano solo l'intervenuto annullamento del vincolo reale sull'azienda facente capo a Truck It , non colgono nel segno, perché non tengono adeguatamente conto dei menzionati orientamenti della giurisprudenza di legittimità, ponendosi, anzi ai limiti della inammissibilità, nella parte in cui si soffermano genericamente su profili di merito, senza, peraltro, nemmeno argomentare sulla eventuale provenienza illecita dei singoli beni trasferiti, in relazione ad una richiesta cautelare, che, tuttavia, è bene ricordare, ha per oggetto l'azienda nella sua totalità. 6. Passando ad affrontare i ricorsi dei M. , va innanzitutto rilevato l'inammissibilità dei motivi sub n. 3 e n. 4 , per manifesta infondatezza. Ed invero, da un lato, correttamente il tribunale del riesame ha dichiarato inammissibile l'impugnazione proposta dai M. avverso il decreto di convalida del g.i.p., richiamando il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di misure cautelari reali, non sono impugnabili né il decreto di sequestro preventivo disposto in via d'urgenza dal p.m. né l'ordinanza con la quale il giudice, a norma dell'art. 321 co. 3 bis, c.p.p., ne dispone la convalida, in quanto il decreto del p.m. ha carattere provvisorio, essendo destinato ad una automatica caducazione a seguito della mancata convalida ovvero, in caso di controllo positivo, ad essere sostituito per effetto dell'autonomo decreto di sequestro giudiziale che il giudice emette dopo l'ordinanza di convalida e che costituisce il titolo legittimante il vincolo reale sul bene sequestrato cfr., ex plurimis, Cass., sez. III, 17/01/2014, n. 5770, rv. 258936 Dall'altro il richiamo operato dall'art. 324, co. 7, c.p.p., all'art. 309, co. 9, c.p.p., che consente al tribunale del riesame di decidere anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza, rende del tutto legittima la produzione nel corso dell'udienza camerale, nel contraddittorio tra le parti, delle sommarie informazioni testimoniali raccolte dal p.m 6.1. Fondati, invece, appaiono i motivi articolati nell'interesse del M.G. in relazione al sequestro del natante disposto nei suoi confronti. In questo caso, infatti, la motivazione del tribunale del riesame è priva dei passaggi logici necessari a rendere chiare le ragioni giustificative della decisione adottata, che, invece, rimangono oscure. Non si comprende, invero, se l'imposizione del vincolo reale sul natante sia stato giustificato dal tribunale del riesame, ai sensi dell'art. 321, co. 1, c.p.p., trattandosi di cosa pertinente al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione ipotizzato dalla pubblica accusa, la cui libera disponibilità in capo al ricorrente è in grado di aggravare o di protrarre le conseguenze di tale reato come sembrerebbe evincersi dalla pur stringata motivazione del provvedimento del g.i.p. presso il tribunale di Busto Arsizio del 3.11.2014 , ovvero ai sensi dell'art. 321, co. 2, c.p.p., trattandosi di bene di cui è consentita la confisca in questo senso sembrerebbe deporre il riferimento nella motivazione del giudice dell'impugnazione cautelare al natante come profitto indiretto del reato . Tale incertezza si riverbera sull'apparato motivazionale dell'ordinanza oggetto di ricorso, che appare del tutto carente proprio nella individuazione del necessario collegamento richiesto dalle menzionate disposizioni normative con il reato in contestazione, per giustificare l'apprensione del bene. In tema di sequestro preventivo, infatti, al fine di evitare una indiscriminata compressione del diritto di proprietà e di uso del bene, il presupposto del nesso pertinenziale della cosa al reato deve essere oggetto di congrua motivazione da parte del giudice sia con riguardo al profilo della specifica, intrinseca e stabile strumentalità della cosa sottoposta a sequestro all'attività illecita che si ritiene commessa dall'indagato, sia con riferimento alla possibilità che quell'attività venga reiterata o aggravata cfr. Cass., sez. VI, 18/07/2012, n. 32807, rv. 253219 . D'altro canto, se si tratta di sequestro preventivo ai sensi dell'art. 321, co. 2, c.p.p., su bene soggetto a confisca facoltativa ex art. 240, co. 1, c.p., in quanto profitto indiretto del reato , competeva al giudice motivare sulla confiscabilità del natante, spiegando specificamente le ragioni per cui il bene in questione rientra nella categoria delle cose oggettivamente suscettibili di confisca cfr. Cass., sez. III, 17.9.2014, n. 47684, rv. 261242 , vale a dire perché deve ritenersi profitto del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione. Non si tratta di un'omissione di poco conto, trattandosi di due figure specifiche ed autonome di sequestro preventivo, sia pure contenute nel medesimo articolo, entrambe applicabili in tema di reati fallimentari cfr. Cass., sez. u. 24.5.2004, n. 29951, rv. 228165 , sulla base di presupposti diversi. Orbene il tribunale del riesame è venuto meno al suo onere motivazionale sul punto, limitandosi ad ipotizzare che i fondi di pertinenza sociale che il M.G. , secondo l'assunto accusatorio, avrebbe distratto siano stati investiti nell'acquisto dell'imbarcazione, senza, tuttavia, indicare le ragioni poste a base di tale convincimento, che il ricorrente ha specificamente contestato. 7. Sulla base delle svolte considerazioni l'impugnata ordinanza va, dunque, annullata nei confronti di M.G. , limitatamente al sequestro preventivo dell'imbarcazione, con rinvio al tribunale del riesame di Varese, per un nuovo esame sul punto, al fine di colmare l'evidenziata lacuna motivazionale, dovendosi, nel resto, rigettare il ricorso del suddetto ricorrente. Va, invece, dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi che lo sostengono il ricorso di M.A. , con condanna di quest'ultimo ricorrente, ai sensi dell'art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento, nonché in favore della cassa delle ammende di una somma a titolo di sanzione pecuniaria, che appare equo fissare in Euro 1000,00, tenuto conto della evidenziata inammissibilità del ricorso, rispetto alla quale il ricorrente medesimo non può ritenersi immune da colpa cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000 . P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente al sequestro del natante nei confronti di M.G. , con rinvio al tribunale di Varese per nuovo esame. Rigetta nel resto il ricorso di M.G. . Rigetta il ricorso del P.M Dichiara inammissibile il ricorso di M.A. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.