Quando le esigenze cautelari prevalgono sui diritti dei terzi estranei al reato?

Legittimo il sequestro di un’azienda o di quote di società appartenenti a persona estranea al reato, purché i suddetti beni siano, anche indirettamente, collegati al reato e, ove lasciati in libera disponibilità, idonei a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella pronuncia n. 31914, depositata il 21 luglio 2015. Il caso. Il Tribunale del Riesame di Napoli confermava interamente il decreto con cui il gip dello stesso Tribunale aveva disposto il sequestro preventivo, ex art. 321, commi 1 e 2, c.p.p., dell’intero capitale sociale e delle relative aziende di due s.r.l. di proprietà, tra gli altri, dei fratelli C.M., C.A. e C.P. in particolare, il sequestro era stato ordinato sul presupposto che la struttura delle suddette società fosse, in realtà, gestita dagli altri tre fratelli C., ovvero G., N. ed A., indagati per i reati di estorsione e concorrenza illecita con minaccia o violenza aggravati dall’art. 7 l. n. 203/1991 nei confronti di L.G Avverso tale decisione veniva proposto ricorso per cassazione. La Suprema Corte, preliminarmente rispetto alla disamina delle doglianze in punto di diritto, effettuava un prodromico excursus fattuale sulla vicenda de qua , al fine di meglio chiarire la propria decisione di rigettare i ricorsi e confermare il provvedimento dei giudici della cautela. Osservavano i Supremi Giudici come il separato giudicato cautelare già formatosi a carico dei tre fratelli C. G., N., A. per le predette fattispecie delittuose, aveva permesso di acclarare una situazione di fatto caratterizzata dalla gestione da parte degli stessi delle società – oggetto, poi, di sequestro preventivo – come strumento per acquisire il monopolio nel settore degli impianti di distribuzione del carburante, di intesa con esponenti di clan della camorra. Quanto alla posizione degli attuali ricorrenti, giova chiarire come con riferimento agli stessi, sebbene non indagati, il gip prima ed il TdR dopo, hanno rilevato la sussistenza del requisito del periculum in mora non solo sulla scorta del rapporto di parentela con gli indagati – essendo tutti fratelli – ma anche sul presupposto che il terzo, per essere considerato di buona fede, deve essere totalmente estraneo alle condotte illecite, richiedendosi l’assenza di qualsiasi collegamento diretto o indiretto con la consumazione del fatto di reato, fermo restando che egli non deve avere consapevolmente ricavato alcun vantaggio o utilità dal reato – nel caso de quo non è stata ravvisata tale estraneità e, quindi, la buona fede. Il sequestro impeditivo di cui al comma 1 dell’art. 321 c.p.p Per giurisprudenza pacifica, l’espressione cose pertinenti al reato cui fa riferimento l’art. 321 c.p.p. è più ampia di quella di corpo di reato ex art. 253 c.p.p., e comprende non solo qualunque cosa sulla quale o a mezzo della quale il reato fu commesso e che ne costituisce il prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate anche indirettamente alla fattispecie criminosa. Infatti, chiariscono i Supremi Giudici, nel caso di sequestro impeditivo, previsto dal comma 1 dell’art. 321 c.p.p., presupposto della misura cautelare è il pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reato. Si tratta, quindi, di uno strumento finalizzato ad interrompere quelle situazioni di pericolosità che possono crearsi con il possesso della cosa, per scopi di prevenzione speciale nei confronti della protrazione o della reiterazione delle condotta illecita, ovvero della causazione di ulteriori pregiudizi. Il terzo di buona fede. Il sequestro preventivo può avere ad oggetto anche beni che siano nella disponibilità di terzi non indagati, in quanto, in caso contrario, sarebbe precluso il soddisfacimento delle esigenze di prevenzione che impongono l’adozione della misura tutte le volte che un bene, in libera disponibilità di chicchessia e quindi anche di persona non indagata, sia suscettibile di costituire lo strumento per aggravare o protrarre le conseguenze del reato. La Corte Regolatrice ha, infatti, più volte chiarito come per legittimare il sequestro preventivo occorre un collegamento – c.d. nesso di strumentalità – tra il reato e la cosa sequestrata, e non tra il reato ed una persona, in quanto la misura può colpire anche cose di proprietà di terzi estranei al reato, purché la loro libera disponibilità sia idonea a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti. Sulla base di tali presupposti argomentativi, infatti, la giurisprudenza di legittimità ha già ritenuto legittimo il sequestro di un’azienda o di quote di società appartenenti a persona estranea al reato, purché i suddetti beni siano, anche indirettamente, collegati al reato e, ove lasciati in libera disponibilità, idonei a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 9 – 21 luglio 2015, n. 31914 Presidente Fiandanese – Relatore Rago Fatto 1. Con ordinanza del 14/01/2015, il Tribunale del Riesame di Napoli confermava il decreto con il quale, in data 09/12/2014, il giudice per le indagini preliminari del tribunale della medesima città, aveva ordinato il sequestro preventivo, ex art. 321/1-2 cod. proc. pen., dell'intero capitale sociale e delle relative aziende dell'Aversana Petroli s.r.l. e della IP Service s.r.l. di proprietà, fra gli altri, dei f.lli C.M. proprietario di una quota della IP s.r.l. nonché della Aversana Petroli s.r.l. , C.A. e C.P. proprietari di quote dell'Aversana Petroli s.r.l. . Il sequestro era stato ordinato sul presupposto che la struttura delle suddette società, in realtà, era gestita dagli altri f.lli C.G. , C.N. e C.A. , indagati per i reati di estorsione e concorrenza illecita con minaccia o violenza aggravati dall'art. 7 L. 203/1991 nei confronti di G.L. , titolare di un'autorizzazione legittimamente concessa e poi revocata dal funzionario Tomincasa. 2. Avverso la suddetta ordinanza, C.M. , e C.A. e C.P. , hanno proposto separati ricorsi per cassazione. 3. C.M. , a mezzo del proprio difensore, ha dedotto 3.1. motivazione omessa o apparente in ordine alla sussistenza del periculum in mora la difesa, dopo avere premesso che il ricorrente non era indagato e che il medesimo era titolare solo di una quota della IP service s.r.l., ha sostenuto che l'ordinanza impugnata non dedica un solo rigo alla sottolineatura del nesso di strumentalità che dovrebbe intercorrere tra il sequestro delle quote sociali possedute dal sign. C.M. nell'ambito della IP service s.r.l. e la neutralizzazione dell'evidenziato periculum in mora” requisito che dev'essere caratterizzato dai caratteri della concretezze della attualità. Secondo la tesi difensiva, il Tribunale avrebbe omesso di valutare che il pregiudizio che il sequestro della quota sociale reca al suo proprietario consiste, fondamentalmente, nella privazione del diritto di voto e, di conseguenza, nell'impedimento alla formazione della volontà assembleare. In altre parole, la ratio del sequestro impeditivo di quote o azioni di una società di capitali consiste nell'ostacolare la commissione di ulteriori reati attraverso l'utilizzazione delle strutture societarie di conseguenza, il sequestro preventivo delle quote societarie può riguardare solo fattispecie criminose che implichino il coinvolgimento delle strutture societarie. Ma, nel caso di specie, era impossibile individuare un nesso di strumentalità tra il sequestro delle quote sociali e i reati di estorsione e concorrenza illecita. 3.2. violazione del dlgs N. 231/2001 la difesa ha premesso che, nel procedimento davanti al tribunale, aveva depositato una memoria con la quale aveva sostenuto che l'Aversana Petroli s.r.l. intesa sia come azienda, sia quale capitale sociale , lungi dall'essere asservita alla commissione dei reati commessa da C.N. , G. ed An. , avrebbe dovuto, semmai, essere qualificata quale beneficiarla dei reati medesimi, con la conseguenza che la vicenda avrebbe potuto legittimare un intervento cautelare nel solco dei presupposti e delle condizioni fissate dal Dlgs n. 231/2001. Sennonché, il tribunale, alla suddetta tesi, non aveva ritenuto di obiettare alcunché limitandosi ad opporre l'assunto della sequestrabilità di quote societarie intestate a terzi estranei al reato e non considerando, quindi, che la vigenza del sistema della responsabilità del sistema della responsabilità da reato degli enti impone di attrarre nell'orbita degli strumenti sanzionatori e cautelari, da essa previsti, vicende del tipo di quelle per cui è processo. 4. C.A. e C.P. , nella loro qualità di titolari delle quote della Aversana Petroli s.r.l., con un unico ricorso a mezzo del comune difensore, hanno dedotto 4.1. motivazione omessa o apparente in ordine alla sussistenza del periculum in mora si tratta della medesima doglianza dedotta da C.M. ed illustrata supra al p.3.1 4.2. violazione del dlgs N. 231/2001 si tratta della medesima doglianza dedotta da C.M. ed illustrata supra al p.3.2. Diritto 1. In punto di fatto, vanno premessi i seguenti dati processuali da ritenersi, allo stato degli atti, pacifici anche in considerazione della circostanza che gli stessi ricorrenti, in pratica, nulla hanno obiettato. Il primo dato processuale, è costituito dalla circostanza che si è formato il giudicato cautelare in ordine all'ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari, in data 26/03/2014, a carico di C.N. , C.G. , Co.An. - fratelli degli attuali ricorrenti - per i reati di estorsione e concorrenza illecita con minaccia o violenza aggravati dall'art. 7 legge 203/1991. Il secondo dato processuale è che era emerso in maniera chiara che la struttura delle società Aversena Petroli s.r.l. e IP Service srl era gestita dal fratelli C. An. , G. , N. come strumento per acquisire il monopolio nel settore degli Impianti di distribuzione del carburante, di intesa con esponenti del clan del casalesi e grazie anche ad una rete di rapporti con gli amministratori pubblici locali e con i dipendenti della Q8, come A.G. e S.B. , pure sottoposti a misura cautelare nell'ambito del presente procedimento” pag. 4 ordinanza impugnata di seguito, il tribunale chiarisce, alla stregua di puntuali elementi di fatto indicati nel decreto del giudice per le indagini preliminari, la suddetta affermazione di principio e conclude richiamando e facendo propria l'affermazione del giudice per le indagini preliminari secondo il quale le due società, da tempo ormai e sino ad oggi secondo il narrato del collaboratore V.S. e per quanto emerge dalle specifiche vicende G. , Vo. e P. sono asservite all'obiettivo illecito dei fratelli C. di acquisire, grazie alla loro forza economica, camorristica e politica il monopolio nel settore della distribuzione dei carburanti a spese dei piccoli imprenditori ed ai danni della libera concorrenza principio tutelato della normativa Europea ”. Il terzo dato processuale è costituito dalla posizione degli attuali ricorrenti relativamente ai quali, sebbene non indagati, prima il giudice per le indagini preliminari e, poi, il Tribunale, hanno rilevato, in ordine al requisito del periculum in mora , che nel caso in esame gli altri soci erano legati da rapporti di parentela con gli indagati essendo tutti fratelli - che il terzo, per considerarsi estraneo, deve essere in buona fede e cioè non deve avere in alcun modo partecipato al reato, richiedendosi la mancanza di ogni collegamento diretto o indiretto con la consumazione del fatto reato. Né egli deve avere ricavato consapevolmente vantaggi e utilità dal reato, né avere avuto comportamenti negligenti che abbiano favorito Fuso indebito della cosa. Nella fattispecie, le scelte imprenditoriali e le ragioni sottese a tali scelte erano state condivise, a prescindere da cariche formali e da intestazioni - che i fratelli A. e P. , nella loro qualità di architetti, erano intervenuti per la Aversana Petroli, compiendo attività a sostegno delle predette scelte - che, in relazione a C.M. era significativo rammentare che Sorrentino Bruno della Q8 ricordava di averlo incontrato saltuariamente, ma di ignorare quale attività svolgesse verbale informazioni del 2.2.12 , pur essendo lo stesso uno dei soci di maggioranza in entrambe le società delle cui vicende cominciava ad occuparsi in qualità di legale rappresentante solo dopo il diffondersi della notizia della denuncia del G. , ancora una volta mostrando piena condivisione delle scelte dei fratelli che, dunque, i fratelli avevano rimesso la disponibilità delle due società agli attuali indagati che le avevano piegate alla realizzazione di accordi criminosi che considerata l'acquiescenza degli altri soci, peraltro fratelli degli indagati alle scelte di questi ultimi era evidente che l'attuale sottoposizione a misura cautelare personale non escludeva la pericolosita delle strutture societarie di cui i detenuti avrebbero potuto continuate a disporre tramite i familiari e/o attraverso il conferimento di procure speciali a persone di fiducia” pag. 7-8 ordinanza impugnata in cui il tribunale riporta quanto ritenuto dal giudice per le indagini preliminari, alle cui motivazioni il tribunale ha aderito avendo rilevato una condivisione in fatto, delle attività di gestione tra stretti parenti gruppo familiare composta dai fratelli C. ” cfr pag. 12 ordinanza impugnata . 2. In punto di diritto, va precisato che il sequestro è stato ordinato sia ex art. 321/1 che ex art. 321/2 cod. proc. pen 2.1. il sequestro impeditivo in ordine al sequestro di cui all'art. 321/1 cod. proc. pen. i principi di diritto che sono stati enunciati da questa Corte di legittimità, possono essere così riassunti - l'espressione cose pertinenti al reato, cui fa riferimento l'art. 321 cod. proc. pen., è più ampia di quella di corpo di reato, così come definita dall'art. 253 cod. proc. pen., e comprende non solo qualunque cosa sulla quale o a mezzo della quale il reato fu commesso o che ne costituisce il prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate anche indirettamente alla fattispecie criminosa” Cass. 34986/2013 Rv. 256100 - nel caso di sequestro c.d. impeditivo, previsto dal 1 comma dell'art. 321 c.p.p., presupposto della misura cautelare è il pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati. Si tratta, quindi, di uno strumento finalizzato ad interrompere quelle situazioni di pericolosità che possono crearsi con il possesso della cosa, per scopi di prevenzione speciale nei confronti della protrazione o della reiterazione della condotta illecita, ovvero della causazione di ulteriori pregiudizi” SSUU 29951/2004 in motivazione p.4.1. - Il sequestro preventivo può avere ad oggetto anche beni che siano nella disponibilità di terzi non indagati, in quanto, in caso contrario, sarebbe precluso il soddisfacimento delle esigenze di prevenzione che impongono l'adozione della misura tutte le volte che un bene, in libera disponibilità di chicchessia e quindi anche di persona non indagata, sia suscettibile di costituire lo strumento per aggravare o protrarre le conseguenze del reato” Cass. 4496/1999 riv 214033. È stato, infatti, precisato che, per legittimare il sequestro preventivo, occorre un collegamento c.d. nesso di strumentalità tra il reato e la cosa sequestrata e non tra il reato e una persona, giacché a norma dell'art. 321 c.p.p. a non è indispensabile, per adottare la misura, che sia individuato il responsabile del reato stesso b la misura può colpire anche cose di proprietà di terzi estranei al reato, purché la loro libera disponibilità sia idonea a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti. Al contrario, in sede di misura di sicurezza patrimoniale, prevale la tutela del diritto di proprietà del terzo incolpevole, posto che l'art. 240 c.p., comma 3, esclude la confisca facoltativa e quella obbligatoria delle cose che costituiscano il prezzo del reato quando le cose appartengono a persona estranea al reato per un'applicazione del principio in tema di trasporto abusivo di rifiuti v. da ultimo Cass. Sez. 3A, n. 26529 del 20.5.2008, Torre, mass. 240551 . Con tutta evidenza, la misura di sicurezza, anche quando ha per oggetto una res patrimoniale, come nel caso della confisca, conserva una finalità specialpreventiva che intende colpire la persona che in qualche modo è colpevole del reato Cass. 1806/2008 riv 242262 Cass. 32964/2009 riv 244797. - il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi, purché il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa - che va accertato dal giudice con adeguata motivazione - presenti i requisiti della concretezza e dell'attualità e le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell'offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l'accertamento irrevocabile del reato” SSUU 12878/2003 Rv. 223721 - È stato ritenuto legittimo anche il sequestro di un'azienda Cass. 29797/2001 riv. 219855 o di quote di società Cass. 21810/2004 riv. 228101 Cass. 27340/2008 riv. 240573 Cass. 11287/2010 riv. 246358 Cass. 16583/2010 riv. 246864 appartenente a persona estranea al reato, purché i suddetti beni siano, anche indirettamente, collegati al reato e, ove lasciati in libera disponibilità, idonei a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti. Quindi, riassumendo, si può affermare, sulla base della citata giurisprudenza di questa Corte che a il sequestro impeditivo può essere disposto su qualsiasi bene, a chiunque appartenente, e, quindi, anche a persona estranea al reato b fra il bene sequestrato ed il reato vi dev'essere un nesso di strumentante o pertinenzialità nel senso che, ove il bene sia lasciato in libera disponibilità, sia idoneo a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti c il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa deve presentare i requisiti della concretezza e dell'attualità d il sequestro può, quindi, colpire anche quote societarie o aziende, essendo le quote o azioni anzitutto rappresentative della misura della partecipazione di ciascun socio alle assemblee e quindi alla formazione della volontà della compagine, chiara ne risulta la idoneità del vincolo de quo a impedire, sia pure in modo mediato e indiretto, la consumazione di altri reati attraverso la utilizzazione delle strutture societarie, poiché esso priva i soci dei diritti relativi alle quote, mentre la partecipazione alle assemblee ed il diritto di voto anche in ordine all'eventuale nomina e revoca degli amministratori spettano al custode designato in sede penale. 2.2. sequestro finalizzato alla confisca poche parole il tribunale ha dedicato al sequestro ordinato anche sotto il profilo di cui all'art. 321/2 cod. proc. pen., essendosi limitato semplicemente a rilevare che stante la funzionalizzazione dell'attività imprenditoriale anche alle mire espansionistiche e di affermazione territoriale del clan sul territorio casertano, riveste indubbia valenza la oggettiva idoneità dei due strumenti societari a concretizzare gli accordi conclusi con i casalesi, circostanza che impone di ritenere comunque ammissibile il sequestro ai sensi del secondo comma della predetta disposizione, in relazione alla previsione dell'art. 240 cod. pen. sia pure avuto riguardo all'ipotesi di confisca facoltativa”. 3. Premessi i suddetti principi di diritto, non resta ora che verificare se ad essi il Tribunale si sia attenuto. 3.1. il nesso di strumentalità come si è detto il sequestro ha avuto per oggetto l'intero capitale sociale e le relative aziende di entrambe le società delle quali i ricorrenti sono proprietari pro quota. I ricorrenti contestano che il sequestro possa adempiere allo scopo che si era prefissato e cioè di evitare la futura commissione dei reati di estorsione ed illecita concorrenza , adducendo il seguente testuale argomento Per adempiere a tale onere di giustificazione, [ndr i giudici] avrebbero dovuto mettere in relazione la natura del bene sequestrato ed il tipo di reato contestato nel presente procedimento. In particolare, G.I.P. e Giudice della impugnazione avrebbero dovuto soffermarsi [ .] sul contenuto dei diritti e delle facoltà che, quale effetto naturale del sequestro di quote o azioni di una società di capitali, vengono sottratti al loro proprietario. Solo all'esito di una tale ricognizione si sarebbe potuto impostare, con considerazioni proiettate sui termini reali della regiudicanda, il discorso relativo all'asserita configurabilità del periculum in mora. Ora, il pregiudizio che il sequestro della quota sociale reca al suo proprietario consiste, fondamentalmente, nella privazione del diritto di voto e, di conseguenza, nell'impedimento alla formazione della volontà assembleare [ .] la ratio del sequestro preventivo c.d. impeditivo di quote o azioni di una società di capitali sta nell'ostacoiare la commissione di ulteriori reati attraverso la utilizzazione delle strutture societarie la conseguenza non può che essere che il sequestro preventivo di quote societarie può riguardare solo fattispecie criminose che — sul piano della tipicità legale, ovvero su quello delle relative dinamiche fattuali di concretizzazione storica — implichino o abbiano implicato il coinvolgimento delle strutture societarie. Orbene, una valutazione del periculum in mora modulata secondo tali coordinate non è stata svolta dal Tribunale napoletano [ ] è il caso di rilevare come l'inconferenza del riportato schema motivazionale nasconde l’oggettiva impossibilità di individuare un nesso di strumentalità tra il sequestro delle quote sociali e reati di estorsione e concorrenza illecita”. La censura è infondata per le ragioni di seguito indicate. In punto di diritto, come si è già detto, il sequestro impeditivo di quote o azioni di società come nel caso di specie la giurisprudenza di questa Corte lo ammette, perché, essendo le quote o azioni anzitutto rappresentative della misura della partecipazione di ciascun socio alle assemblee e quindi alla formazione della volontà della compagine, chiara ne risulta la idoneità del vincolo de quo a impedire, sia pure in modo mediato e indiretto, la consumazione di altri reati attraverso la utilizzazione delle strutture societarie. In punto di fatto, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, limpida e tranciante è la motivazione con la quale, prima il giudice per le indagini preliminari e, poi il tribunale, hanno ritenuto la sussistenza del nesso di strumentalità. E così, il Tribunale, nel riepilogare l'episodio dell'estorsione ai danni di Luigi Gallo, scrive che costui fu costretto a a subire, nel gennaio 2010, la richiesta esplicita di C.G. il quale affermava che nessuno accordo sarebbe stato possibile se non avesse ceduto l'esclusiva del GPL e la titolarità del terreno, accontentandosi di essere il gestore di uno dei 300 impianti della s.r.l. Aversana Petroli b a rinunciare al ricorso al Consiglio di Stato, così avvantaggiando in maniera coartata la s.r.l. Aversene Petroli , posto che C.A. e i suoi fratelli C. potevano contare di sostegni presso la Regione Campania ed i comuni di Casal di Principe e di Villa di Briano. Ed ancora, tali A. capo area Napoli per la Q8 e Sorrentino dirigente ufficio direzione rete Roma Q8 partecipavano presso la s.r.l. Aversana Petroli ad incontri con C.G. e N. - cui indicavano le aziende in difficoltà che potevano acquistare - influendo sulle scelte della società per cui lavoravano, discutendo con i C. il progetto da essi promosso, d'intesa con la Q8 , per acquisire l'impianto del G. , che veniva spinto ad accettare le condizioni vessatorie della s.r.l. Aversana Petroli . In particolare, a pag. 4 ss dell'ordinanza impugnata, il Tribunale riporta testualmente il brano del decreto del giudice per le indagini preliminari nel quale veniva affrontato il problema del nesso di strumentalità delle due società sia l'Avesana Petroli s.r.l. sia la IP service s.r.l. con l'indicazione di precisi elementi fattuali dai quali emergeva In maniera chiara che la struttura delle società Aversena Petroli s.r.l e IP Service srl era gestita dal fratelli C. An. , G. , N. come strumento per acquisire il monopolio nel settore degli impianti di distribuzione del carburante, di intesa con esponenti del clan dei amatesi e grazie anche ad una rete di rapporti con gli amministratori pubblici locali e con i dipendenti della Q8, come A.G. e S.B. , pure sottoposti a misura cautelare nell'ambito del presente procedimento”. Non è affatto vero, quindi, che non sia stato provato il nesso di strumentalità fra i beni sequestrati ed i reati di estorsione ed illecita concorrenza, proprio perché i suddetti reati erano commessi tramite le società sequestrate che rappresentavano il punto di coagulo e di finalizzazione dei reati contestati, come ha ribadito il Tribunale secondo il quale le due società, da tempo ormai e sino ad oggi secondo il narrato del collaboratore Venosa Salvatore e per quanto emerge dalle specifiche vicende G. , Vo. e P. sono asservite all'obiettivo illecito dei fratelli C. di acquisire, grazie alla loro forza economica, camorristica e politica il monopolio nel settore della distribuzione dei carburanti a spese dei piccoli imprenditori ed ai danni della libera concorrenza principio tutelato della normativa Europea ”. In altri termini, le due società costituivano lo strumento attraverso il quale la famiglia C. , avvalendosi della sua forza economica, camorristica e politica, tendeva ad acquisire il monopolio nel settore della distribuzione dei carburanti, non esitando a commettere gravi reati estorsioni ai danni di quei piccoli imprenditori che tentavano di rimanere sul mercato. Ampiamente provato, quindi, allo stato degli atti, deve ritenersi il requisito del periculum in mora, e del nesso di strumentante. 3.2. la concretezza e l'attualità i ricorrenti, sostengono che il tribunale non avrebbe motivato sul punto. Non è così. A pag. 8 dell'ordinanza impugnata, il Tribunale, nel sintetizzare il decreto del giudice per le indagini preliminari, rileva che gli attuali ricorrenti avevano rimesso la disponibilità delle due società ai fratelli indagati che le avevano piegate alla realizzazione di accordi criminosi. Il che consentiva di ritenere che la sottoposizione a misura cautelare personale dei fratelli indagati, non escludeva la pericolosità delle strutture societarie di cui i detenuti avrebbero potuto continuare a disporre tramite i familiari e/o attraverso il conferimento di procure speciali a persone di fiducia”. Il suddetto giudizio è stato, di fatto, poi, ribadito dal tribunale pag. 12 ss con l'affermazione secondo la quale, stante la condivisione in fatto, delle attività di gestione tra stretti parenti gruppo familiare composta dai fratelli C. , lo sbarramento formale che la difesa frappone per tenere distinti i vari piani di soggettività giuridica diviene del tutto evanescente sul piano logico-fattuale, stante la concreta e peculiare strutturazione degli assetti societari [ .] Nella fattispecie, la condotta criminosa ascritta agli indagati ha palesato una sostanziale illecita gestione della proprietà, sicché, nonostante la parziale intestazione a persone estranee al reato delle quote, delle stesse non appare discutibile la sequestrabilità in quanto funzionale ad impedire la protrazione dell'attività criminosa ipotizzata — che, nonostante la pur consistente partecipazione sociale dei terzi ricorrenti - è apparsa strettamente collegata all'operatività delle società ed all'affermazione sul territorio del clan dei Casalesi. La sussistenza del periculum in mora [ .] è dunque assolutamente palese [.,.] nella fattispecie, le condotte illecite in contestazione non possono ritenersi occasionalmente legate ai beni oggetto del vincolo posto che, da un lato, le stesse hanno conosciuto un dispiegarsi temporale di consistente durata e, — mutuando le considerazioni sviluppate dalla S.C. nella sentenza n. 45132/2014 emessa nei confronti di C.N. ed altri nell'ambito del procedimento incidentale personale circa la perdurante sussistenza delle esigenze cautelari di cui all'art. 274 c.p.p., lett. e - la concretezza ed attualità della probabilità di un danno futuro possono evincersi . dalla estrema gravità dei delitti commessi, dalle loro modalità di consumazione, rese ancor più incisive dalla forza d'intimidazione e condizionamento promanante dal sodalizio di stampo camorristico denominato clan dei casalesi con cui C.N. e i suoi fratelli mantenevano contatti, dalla illecita strumentalizzazione della carica pubblica rivestita per fini di condizionamento di soggetti privati e di amministrazioni pubbliche locali in vista del conseguimento di utilità personale, dall'intensità del dolo sotteso ai comportamenti illeciti, dall'articolazione del raffinato disegno criminoso, volto, da un lato, ad acquisire una posizione dominante o, comunque, quote di mercato aggiuntive nel settore della costruzione e gestione degli impianti di stoccaggio e distribuzione di carburanti in provincia di Caserta c. dall'altro, a qui riaffermare la complessiva supremazia della famiglia C. , già proprietaria di cento trentuno impianti tra depositi e distributori di idrocarburi, oltre che del sodalizio camorristico clan dei casalesi nonché dal .perdurante e complesso rapporto biunivoco intrattenuto da C.N. con il territorio casertano, ove l'indagato continua a manifestare il suo interessamento e coinvolgimento nel settore degli idrocarburi e a mantenere rapporti con ambienti riconducibili alla criminalità organizzata cfr. informative di polizia giudiziaria e dichiarazioni di D.C.M. e P.G. . non senza osservare come .in territorio casertano operano tuttora soggetti, anche rivestiti di responsabilità istituzionali, che si dichiarano a sua disposizione in virtù di pregressi debiti di riconoscenza per gli appoggi ricevuti cfr risultanze delle attività di perquisizione e sequestro nei luoghi in disponibilità dell'indagato .”. Come si può, quindi, notare, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il tribunale ha avuto ben presente il requisito della concretezza ed attualità tant'è che, sul punto, ha motivato in modo amplissimo, sicché, anche in considerazione dei limiti di cui all'art. 325 cod. proc. pen., nessuna censura può essere dedotta. 4. violazione del dlgs n. 231/2001 la doglianza dedotta dai ricorrenti ed illustrata supra in parte narrativa al p.3.2. è manifestamente infondata. Sul punto, infatti, è appena il caso di rilevare che è il Pubblico Ministero che ha il monopolio dell'azione penale, sicché al giudice, di fronte all'azione penale così come esercitata dal Pubblico Ministero nel quale concetto sicuramente rientra anche la richiesta di sequestro nei confronti di alcune persone piuttosto che di altre spettano solo due poteri a dare al fatto una diversa qualificazione giuridica b valutare se l'azione, così come esercitata, sia o meno fondata. Nel caso di specie, come si è visto, sussistono tutti i presupposti per il disposto sequestro, sicché la problematica sollevata dai ricorrenti si riduce alla proposizione di una discussione puramente accademica se fosse o meno ammissibile l'esercizio dell'azione nei confronti delle società sottoposte a sequestro a norma del Dlgs 231/2001, questione sulla quale, correttamente, il tribunale non ha ritenuto di prendere alcuna posizione. 5. In conclusione, entrambe le impugnazioni devono ritenersi infondate con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.