«Sì è così profondo ormai che non si vede più niente» (L. Sciascia): natura giuridica dell’art. 416 ter c.p.

L’art. 416 ter c.p. scambio elettorale politico-mafioso così come novellato dà luogo ad un reato contratto che si consuma immediatamente al momento dello scambio delle promesse oggetto del programma negoziale, senza che sia necessario, poi, che i due poli del negozio illecito abbiano di fatto portato a esecuzione l’impegno assunto.

È un reato catalogabile tra quelli di pericolo. La soglia di punibilità è anticipata anche alla fase del mero scambio delle promesse mentre la concretizzazione dell’impegno assume piuttosto il tenore del post fatto, al più destinato a rilevare penalmente se tale da integrare altre ipotesi di reato, eventualmente concorrenti o assorbenti. Così la Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, con la sentenza n. 31348/2015, si è espressa in un caso, relativo, per vero alla possibilità di applicazione di misure cautelari personali, di imputazione ex art. 416 ter c.p. sollevata nei confronti di amministratore pubblico che aveva accettati di partecipare ad un incontro con esponenti di una locale organizzazione camorristica dichiarando testualmente in sentenza l’esigenza di un quanto più ampio consenso elettorale in funzione di un interesse comune rappresentando lo stesso un investimento reciproco . Il ricorso è stato proposto dall’indagato. Il ragionamento logico giuridico della Corte la Corte identifica, correttamente, come l’oggetto dell’accordo debba necessariamente riguardare le modalità di acquisizione del consenso elettorale che saranno caratterizzate dall’utilizzo del metodo mafioso. Metodo che, come è ben noto a chi si occupa del tema, è caratterizzato dalla sopraffazione e dall’intimidazione. Infatti, dice la Corte, il patto elettorale illecito, per assumere valenza mafiosa e distinguersi dalle altre ipotesi di corruzione elettorale previste dal sistema, deve prevedere l’utilizzo della sopraffazione e della forza di intimidazione quali modalità di reperimento dei voti, non essendo sufficiente in sé il mero scambio contemplante la promessa di voti contro l’erogazione di danaro . La natura della campagna di adesione al progetto di voto. La fattispecie incriminatrice dunque non richiede alcuna esplicita programmazione di una campagna singolarmente attuata mediante intimidazioni e neppure che detta campagna venga effettivamente posta in essere. A tal fine è sufficiente l’assoggettamento di aree territoriali e corpi sociali alla forza del vincolo mafioso, affinché si determino alterazioni del libero esercizio individuale e collettivo di diritti e facoltà . La natura del promittente. Il promittente peraltro non è necessario che partenga all’associazione mafiosa ma e sufficiente che acquisisca il consenso il consenso sulla base della mera prospettazione dell’attività illecita e della corrispettiva utilità. La fama dell’interlocutore del politico e la sua possibilità di incidere su territorio di riferimento con i metodi tipici della mafiosità rendono appetibile la promessa e spingono il candidato a raggiungere l’accordo. La natura dell’articolo 416 ter c.p Dalla lettura della sentenza pare potersi affermare che la fattispecie tipica disegnata dal legislatore ha quale riferimento quello dei reati di pericolo, direi astratto, che si consuma nel momento in cui promittente e promissario si accordano con la consapevolezza del promissario che il promittente è in grado di far uso del metodo mafioso al fine procacciare voti. Il promissario accede all’accordo sulla base della consapevolezza della possibilità del promittente di porre in essere con metodi mafiosi il controllo del territorio e del voto ed il promittente, che ben può essere anche un estraneo rispetto all’organizzazione mafiosa meglio un concorrente esterno , incamerata la promessa in virtù dell’assoggettamento di aree territoriali e corpi sociali al vincolo mafioso, è legittimato alla sottoscrizione” del pactum sceleris . Per sé o per associazione mafiosa da nominarsi. Dunque una fattispecie stringente, ficcante, potente, capace d’essere valido ausilio per colpire quella zona grigia nota e maledetta da Sciascia e da tutti coloro che con la realtà del fenomeno mafioso, in tutte le sue declinazioni, si sono confrontati. Una simile norma non da scampo alcuno a chi, direttamente o indirettamente, scenda a patti o compromessi con le associazioni delinquenziali. Il ricorso è stato accolto.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 10 giugno – 17 luglio 2015, n. 31348 Presidente Milo – Relatore Paternò Raddusa Ritenuto in fatto 1. A.F. è stato sottoposto dal Gip del Tribunale di Salerno alla misura cautelare dell'obbligo di dimora perché gravemente indiziato del reato di cui all'art. 416 ter cod.pen In particolare, quale candidato sindaco al Comune di Sarno, avrebbe contratto un illecito scambio elettorale di matrice mafiosa con alcuni componenti del clan camorristico Serino, ritenuto dal Gip ancora operativo sul territorio di riferimento. 2. Avverso il provvedimento reso dal Gip interponevano riesame l'indagato e appello il PM, quest'ultimo avuto riguardo alla misura cautelare adottata, ritenuta non adeguata alle emergenze cautelari riscontrate. 3. Con due separate decisioni il Tribunale di Salerno ha esitato i due gravami cautelari. In particolare, è stato rigettato il riesame proposto dall'indagato è stato, per contro, accolto l'appello proposto dalla parte pubblica, con conseguente modifica della misura originariamente applicata, sostituita da quella maggiormente afflittiva della custodia in carcere. 4. Avverso tali decisioni, tramite il difensore fiduciario, ha interposto autonomi ricorsi l'indagato. Ricorsi che questa Corte, considerata la connessione soggettiva e oggettiva tra i due diversi momenti processuali, ha riunito con decisione assunta a verbale in occasione della udienza camerale del 10 giugno 2015. La difesa del A.F. ha altresì depositato anche motivi aggiunti. 4.1. Nei due ricorsi e con i citati motivi aggiunti si lamenta - violazione di legge e vizio di motivazione avuto riguardo alla configurata ipotesi dello scambio elettorale di matrice mafiosa in assenza di validi elementi indiziaria grazie ai quali pervenire all'ipotesi di un accordo intervento tra il ricorrente e i rappresentanti della famiglia S. - motivazione manifestamente illogica avuto riguardo al contrasto emergente tra le valutazioni esposte dal Tribunale per negare la gravità indiziaria con riferimento ai capi A e C della rubrica del PM sul presupposto della assenza di forza intimidatrice e potere di sopraffazione ascrivibili all'azione attuale del clan Serino e dei suoi asseriti componenti e, al contempo, la ritenuta configurabilità del reato contestato, nel caso anche al ricorrente, in ragione della matrice mafiosa dell'accordo elettorale illecito ritenuto sussistente - sotto il versante delle esigenze cautelari e della misura adottata, la erroneità in diritto della affermazione per la quale con riferimento al reato contestato troverebbe applicazione la doppia presunzione di legge prevista dall'art. 275 comma III cod.proc.pen Considerato in diritto 1. La fondatezza dei rilievi sollevati avverso il provvedimento assunto dal Tribunale in sede di riesame avuto riguardo alla motivazione adottata nel confermare la gravità indiziaria del reato contestato al ricorrente, impone l'annullamento con rinvio non solo della ordinanza resa ai sensi dell'art. 309 cod.proc.pen. ma anche della correlata decisione assunta in esito all'appello ex art. 310 stesso codice interposto dal PM in ordine alla misura da applicare al caso di specie. Tanto per la evidente decisività che le valutazioni in tema di gravità indiziaria finiscono per assumere rispetto a quelle immediatamente afferenti il tipo di intervento cautelare da adottare nella specie anche ove determinate, queste ultime, in seno ad un momento processuale diverso da quello che ha caratterizzato lo scrutinio delle prime. 2. Giova ribadire come, con argomentazioni sostanzialmente ribadite in entrambe le decisioni in disamina, il Tribunale abbia per un verso smentito l'assunto accusatorio, originariamente assecondato dal GIP, della attuale perduranza dell'azione criminale di matrice associativa e camorristica da ascrivere ad alcuni dei coindagati cui risultavano imputati, in particolare, la contestazione ex art. 416 bis cod.pen. di cui al capo A della rubrica del PM e la tentata estorsione di cui al capo C , ritenuta dal Gip ricompresa nel programma associativo , per altro verso, nel valutare la sussistenza e la natura del patto elettorale stretto dal ricorrente con alcuni componenti del citato clan, ha ritenuto la matrice mafiosa di tale accordo, finendo dunque per ritenere configurata la contestata ipotesi di reato ex art. 416 ter cod.pen 2.1. Più precisamente rispetto ai campi di azione che l'accusa ritiene ancora coperti dalle iniziative criminali della citata associazione, il Tribunale ha evidenziato che, con riferimento alla imposizione negli esercizi commerciali della zona di riferimento delle macchinette videopoker e similari, il fatto risulterebbe estraneo alle dinamiche del gruppo, essendo stato ascritto esclusivamente al S.G. ed al An.Fr. . Con riferimento alla imputazione sub C, pur riconoscendosi che il S.A. , dal carcere, aveva rivolto direttive ai figli sui modi attraverso i quali operare l'imposizione delle macchinette distributrici di alimenti, segnatamente in danno del F. , avvalendosi al fine dell'egida mafiosa ancora legata alla sua posizione ed al suo nome, al contempo si è evidenziato come i figli, sia G. che M. , non ne avevano di fatto seguito le indicazioni, non condividendone le linee d'azione, tanto da veicolare al F. una richiesta di fatto ritenuta, sul piano della logica, priva di un effettivo tenore intimidatorio, considerando lo sprezzante modo con il quale era stata rifiutata. Ancora, si è sottolineato che dovevano ritenersi inconsistenti i contributi offerti dagli altri consociati la S.M. si era rivelata attiva al più solo in occasione dello scambio elettorale di cui al capo b mentre l'A.A. si sarebbe limitato a qualche furto di bestiame scollegato da un contesto associativo quanto al Sa. , l'apporto associativo finiva per incunearsi nel tentativo di estorsione già escluso dal GIP quanto al ruolo del citato sodale mentre l'imposizione delle macchinette sarebbe stata perseguita al di fuori di qualsivoglia contesto associativo e imputata solo al G. e al An.Fr. . Da qui la ritenuta inconsistenza del materiale indiziario rispetto alle due imputazioni provvisorie sopra richiamate mosse agli asseriti componenti del clan Serino. 2.2. Ciò malgrado, il Tribunale in sede di riesame ha confermato la gravità indiziaria della contestazione di cui al capo b , mossa ai sensi dell'art. 416 ter cod.pen In particolare, ha individuato siccome sussistenti i presupposti oggettivi e soggettivi della fattispecie in oggetto, siccome novellata dalla legge 17 Aprile 2014 nr 62, ritenendo concluso l'accordo tra l'A. , candidato sindaco al Comune di Sarno, e i componenti del nucleo familiare S. G. , M. e A.A. , quest'ultimo da sempre contiguo al clan e sentimentalmente legato alla M. quanto al reclutamento di voti per le elezioni del maggio 2014, da realizzare secondo le tipiche modalità previste dall'art. 416 bis cod.pen. comma III. 3. Ad opinione della Corte, non merita censure la ricostruzione operata in linea di principio dal Tribunale quanto alla ipotesi di reato contestata. 3.1. L'art. 416 ter cod.pen. così come novellato in esito alla legge 62/14 e applicabile alla specie nella sua formulazione attualmente vigente l'accordo si sarebbe concretizzato in occasione dell'incontro del 5 maggio 2014 presso l'abitazione dei S. da luogo ad un reato contratto che si consuma immediatamente al momento dello scambio delle promesse oggetto del programma negoziale senza che sia necessario, poi, che i due poli del negozio illecito abbiano di fatto portato ad esecuzione l'impegno assunto. È un reato catalogabile tra quelli di pericolo. La soglia di punibilità è infatti anticipata anche alla fase del mero scambio delle promesse mentre la concretizzazione dell'impegno il reperimento dei voti con le modalità mafiose e il pagamento del corrispettivo assume piuttosto il tenore del postfatto, al più destinato a rilevare penalmente se tale da integrare altre ipotesi di reato, eventualmente concorrenti o assorbenti. 3.2. L'oggetto dell'accordo deve necessariamente riguardare le modalità di acquisizione del consenso elettorale tramite il metodo mafioso. È stata infatti recepita normativamente l'interpretazione maggioritaria offerta da questa Corte avuto riguardo al tenore letterale previgente della citata disposizione cfr ex multis Sez. 6, n. 10785 del 19/02/2004 - dep. 09/03/2004, P.M. in proc. Falco, Rv. 230397 Sez. 1, n. 27655 del 24/04/2012 - dep. 11/07/2012, Macrì, Rv. 253387 Sez. 2, n. 23186 del 05/06/2012 - dep. 13/06/2012, P.G. in proc. Costa, Rv. 252843 e da ultimo Sez. 6, n. 37374 del 06/05/2014 - dep. 09/09/2014, P.M in proc. Polizzi, Rv. 260167 . Interpretazione in forza alla quale il patto elettorale illecito, per assumere valenza mafiosa e distinguersi dalle altre ipotesi di corruzione elettorale previste dal sistema, deve prevedere l'utilizzo della sopraffazione e della forza di intimidazione quali modalità di reperimento dei voti, non essendo sufficiente in sé il mero scambio contemplante la promessa di voti contro l'erogazione di denaro, in alcuni arresti da questa Corte ritenuto utile al fine per integrare l'ipotesi di reato in disamina Sez. 1, sent. n. 32820 del 02/03/2012, Battaglia, Rv. 253740 Sez. 6, sent. n. 43107 del 09/11/2011, P.G. in proc. Pizzo e altro, Rv. 251370 . Peraltro, come del resto già precisato da questa sezione della Corte con la sentenza n. 36382 dei 03/06/2014 - dep. 28/08/2014, Antinoro, Rv. 260168 un esame meno superficiale delle decisioni da ultimo richiamate dimostra che l'opzione era stata prescelta non tanto in contrapposizione alla necessità di definire specificamente le modalità di procacciamento dei consensi, quanto per escludere la rilevanza della materiale erogazione del denaro Sez. 1 n. 32820/12 o della conclusione di patti aggiuntivi, vincolanti l'uomo politico ad operare in favore dell'associazione in caso di vittoria elettorale Sez. 6 n. 43107/11 , in linea con l'affermazione, oggi ulteriormente corroborata dalla novella, della natura di reato di mero pericolo ascrivibile alla ipotesi di reato prevista dall'art. 416 ter cod.pen 3.3. Il sinallagma illecito, si è detto, si concreta già solo attraverso la promessa delle reciproche prestazioni. E se oggi il dato normativo non è più espressamente limitato alla promessa di denaro da parte del candidato grazie al riferimento alle altre utilità che possono comunque costituire l'oggetto della dazione prospettata in funzione della conclusione dell'accordo così da potersi ritenere oggi certamente ricomprese nella condotta in contestazione anche la promessa di utilità che solo in via mediata possono essere oggetto di monetizzazione , è rimasta sostanzialmente invariata la connotazione di fondo del negozio illecito siccome immediatamente correlata alla natura della prestazione, anche solo promessa, dal soggetto che si muove sull'altro versante negoziale quella di garantire la veicolazione del consenso elettorale mediante le modalità di cui al terzo comma dell'art. 416 bis cod.pen., dato, anche questo, oggi ancor più compiutamente esplicitato nella norma novellata ma che costituiva il frutto della interpretazione in tal senso offerta dalla prevalente giurisprudenza di legittimità, per quanto sopra già evidenziato. Si intende affermare che, ad opinione del Collegio, attraverso l'esplicito riferimento alle modalità di cui al III comma dell'art. 416 bis cod.pen. e dunque al metodo mafioso per l'acquisizione del consenso elettorale, è stata introdotta una novità linguistica nel tenore della norma di minimo contenuto, destinata a strutturare la fattispecie in termini ancora più compiuti e definiti, sempre coerenti, tuttavia, con la lettura più corretta che questa stessa Corte ha avuto modo di offrire già con riferimento al dato normativo previgente. Non vi è stata, dunque, alcuna, seppur parziale, delimitazione dell'area dell'illecito coperta dalla previgente versione dell'art. 416 ter cod.pen. cfr in senso contrario il recente arresto di questa sezione della Corte nr 36382 dei 03/06/2014, Antinoro, già citato oggi, come lo era nel passato, è necessario che l'accordo abbia avuto ad oggetto l'acquisizione del consenso elettorale tramite il metodo mafioso. Tanto non impone, tuttavia, che il patto sia necessariamente connotato dalla esplicitazione delle modalità di realizzazione dell'impegno assunto nei confronti del candidato, potendo la stessa desumersi, in via inferenziale, da alcuni indici fattuali sintomatici della natura dell'accordo. Ciò perché, come puntualmente citato in un arresto sopra già richiamato di questa stessa sezione della Corte se anche la ratio dell'incriminazione consiste nello specifico rischio di alterazione del processo democratico che si determina quando il voto viene sollecitato da una organizzazione mafiosa, il suo riflesso sul piano degli elementi di fattispecie si esaurisce nella logica del comportamento di chi, per proprie esigenze elettorali, promette denaro ad una organizzazione criminale siffatta, ovviamente consapevole della sua natura e dei metodi che la connotano. La fattispecie si atteggia quindi a reato di pericolo, fondandosi su consolidate regole di esperienza, e non richiede affatto ne1 l'attuazione né l'esplicita programmazione di una campagna singolarmente attuata mediante intimidazioni la sufficienza dell'assoggettamento di aree territoriali e corpi sociali alla forza del vincolo mafioso costituisce, affinché si determinino alterazioni del libero esercizio individuale e collettivo di diritti e facoltà, uno dei profili essenziali del fenomeno, ed è ampiamente recepita nella legislazione repressiva Sez. 6, n. 37374 del 06/05/2014 - dep. 09/09/2014, P.M. in proc. Polizzi, Rv. 260167 . 3.4. Le modalità di acquisizione del consenso tramite la sopraffazione e la intimidazione, momenti fondanti il metodo mafioso, oggi come in passato, costituiscono dunque non solo la promessa resa dalla controparte del candidato ma anche la ragione causale effettiva del negozio illecito. E se tale impegno può non essere esplicitato nel siglare l'accordo, esso al contempo rappresenta il colore di fondo, la ragion d'essere del patto elettorale illecito in questione. 3.5. È invece diverso il perimetro soggettivo di riferimento della norma novellata. Grazie al comma II del nuovo art. 416 ter cod.pen., oltre al candidato o al soggetto che nell'interesse di quest'ultimo si muove per acquisire consenso elettorale mettendo a frutto la forza di intimidazione che promana dall'azione di matrice mafiosa, oggi, senza più incertezze, risponde della condotta anche il soggetto che rende siffatta promessa, incamerando l'impegno all'acquisizione della utilità corrispettiva. Ed il legislatore, adottando un riferimento letterale aperto e quanto più ampio chi promette , non ha delimitato siffatto ruolo soggettivo necessario al solo intraneo che agisce rappresentando l'organizzazione mafiosa ciò che conta, piuttosto, è che il consenso venga acquisito, nella mera prospettazione negoziale e non necessariamente nel risultato, avvalendosi del metodo mafioso cosi che saranno protagonisti attivi dell'illecito anche soggetti che, senza essere intranei, si pongano quali intermediari dell'associazione mafiosa o comunque, sempre dall'esterno, garantiscano al candidato un siffatto metodo d'azione nell'acquisizione del consenso. 3.6. L'ampliamento dello spettro soggettivo di riferimento quanto ai possibili autori della condotta finisce per assumere ricadute ben precise sul piano della dimostrazione probatoria del tenore dell'accordo nei termini imposti dalla disposizione in disamina. Ciò non solo con riferimento alla puntuale configurazione del fatto ma anche in ordine alla prova del dolo avuto riguardo, in particolare, alla posizione del candidato che stipula l'accordo illecito e che deve essere consapevole dei termini di esecuzione della promessa assunta dalla sua controparte. Si è detto che il programma negoziale illecito non può prescindere dalla promessa di acquisire il consenso tramite le modalità di cui all'art. 416 bis comma terzo, cod.pen Si è anche precisato che non occorre che tale previsione sia esplicitata nel definire il dettaglio negoziale del patto potendo essere immanente all'accordo in ragione delle peculiari connotazioni del fatto. Essa può così ritenersi sostanzialmente manifesta laddove il promittente sia un intraneo ed agisca in rappresentanza e nell'interesse dell'associazione è la fama criminale dell'interlocutore del politico e la sua possibilità di incidere sul territorio di riferimento con i metodi tipici della mafiosità che lo rendono appetibile sul piano elettorale e che spingono il candidato a raggiungere l'accordo. Tanto nella consapevole, implicita ma logica, evidenza delle modalità attraverso le quali verrà veicolato in suo favore il reclutamento elettorale, essendo questa la logica causale della scelta di quello specifico interlocutore. Poiché, tuttavia, oggi, rispetto al passato, è stata ampliata la sfera dei soggetti attivi diversi dal candidato o da chi agisce nel suo interesse , possono assumere un ruolo attivo sia soggetti estranei alla consorteria ma che si manifestino in grado di agire con le modalità in questione sia i membri della stessa che agiscano uti singuli sia, infine intermediari esterni alla cosca portatori della volontà della stessa. E, sul piano probatorio, il discorso inferenziale afferente la dimostrazione che l'accordo riguardi modalità di procacciamento dei voti nei termini di cui al terzo comma dell'art. 416 bis cod.pen. finisce evidentemente per risentirne. Diversamente dal caso dell'intraneo che agisce nell'interesse della associazione impegnandola a svolgere una campagna in favore del politico committente, in siffatti casi occorre infatti una prova chiara ed immediata della pattuizione delle modalità del procacciamento cui risulta piegato l'illecito patto di scambio elettorale, non potendosene ricavare la presenza dal mero ruolo di interlocuzione riferito in precedenza esclusivamente all'organizzazione criminale. 4. Il Tribunale muove da tali considerazioni di principio. E ne fa anche una corretta applicazione al caso di specie laddove, attraverso una coerente lettura del dato indiziario segnatamente offerto dalle intercettazioni, anche quelle precedenti l'incontro del 5 maggio 2014, utili per chiarire la selezione operata dai S. nella individuazione del candidato con il quale apparentarsi nelle elezioni comunali, scelta poi caduta sul A.F. , non smentita dai rilievi difensivi, segnala - la natura, elettorale, dell'incontro tra i due poli di interlocuzione il candidato A. da un lato e i S. dall'altro, rappresentati da M. , G. e dall'A.A. , la cui posizione è evidentemente unitaria e non distinguibile in ragione della evidentemente comune finalità perseguita - l'offerta prospettata al candidato per bocca della M. reperire il consenso elettorale nella zona di Lavorate - il corrispettivo chiesto in cambio la copertura amministrativa rispetto ad alcune, individuate, future iniziative imprenditoriali, destinate ad integrare le altre utilità oggi indicate dal tenore dell'art. 416 ter cod.pen. primo comma . - la disponibilità implicitamente mostrata dall'A. che lungi dal prendere le distanze rispetto a siffatte prospettazioni ribadisce l'esigenza del reperimento di un quanto più ampio consenso elettorale in funzione di un interesse comune, rappresentando lo stesso un investimento reciproco . Sin qui la motivazione contrastata non merita censure estranea a manifeste incongruenze, delinea i termini di un accordo elettorale illecito, già definito per effetto dello scambio delle reciproche promesse. 5. Piuttosto è nell'argomentare in ordine alla matrice mafiosa di siffatto patto elettorale ed ai profili inerenti il dolo che la decisione impugnata manifesta carenze e contraddittorietà tali da imporre l'annullamento. 5.1. Nel trattare tali temi non può non considerarsi quanto in precedenza argomentato dal Tribunale del riesame nell'escludere la gravità indiziaria avuto riguardo alla contestazione associativa, deprivata di rilievo sul presupposto della attuale insussistenza del clan Serino. A tale conclusione il Tribunale è giunto svilendo le indicazioni dell'accusa proprio con riferimento alla effettiva presenza della forza di intimidazione e sopraffazione sul territorio di riferimento, smarrita dal clan una volta sottoposti a detenzione carceraria i suoi esponenti di maggior rilievo S.A. ed il figlio Ma. non avendo più il capo clan la capacità effettiva di incidere anche nei confronti degli asseriti sodali risultando le iniziative criminali riscontrate sganciate da contesti associativi soprattutto, mancando quella capacità di influire sul portato sociale di riferimento in ragione di una egida criminale di matrice camorristica allo stato svanita inequivoco quanto rappresentato nel riferire la risposta offerta dal F. rispetto alla sollecitazione sottesa alla tentata estorsione di cui al capo C . 5.2. Tale valutazione in fatto colloca necessariamente, a meno di insanabili aporie logiche, gli interlocutori del A.F. fuori da logiche criminali di matrice associativa e camorristica immediatamente ascrivibili agli stessi. L'esteriorizzazione della matrice mafiosa di un gruppo rappresenta una chiave di lettura imprescindibile nella fattispecie in disamina perché solo attraverso di essa sono consentiti ragionamenti probatori di tipo logico diversamente non autorizzati e non può essere letta con risultanze alternative a seconda della valutazione da rendere sicché se si è escluso, per un verso, che i S. , malgrado la loro storia criminale pregressa ed un passato associativo incontestato, siano oggi portatori di una presenza sul territorio, anche marcata da iniziative illecite, colorata dalle connotazioni tipiche dell'azione comune di matrice mafiosa, per altro verso non può affermarsi, così come ha mostrato di fare il Tribunale, che nel contrattare con l'A. , siano ancora rappresentativi di un modo di agire così qualificato. 5.3. Nulla esclude, in particolare, che, nel contrattare con il candidato, l'offerta negoziale prospettata allo stesso possa essere stata concretata dal riferimento alle modalità di reperimento del consenso elettorale mediante il metodo mafioso, non occorrendo al fine, per quanto già precisato, che il promittente sia allo stato intraneo ad una associazione mafiosa né che quest'ultima effettivamente esista. In tali casi, per quanto già segnalato, la prova della natura mafiosa del patto sfugge tuttavia ad ogni possibile automatismo logico. L'esponente criminale non agisce in rappresentanza di una associazione effettivamente presente sul territorio cosi come già rappresentato in precedenza dallo stesso Tribunale del riesame. Occorreva, dunque, precisare da quali momenti indiziari è stata tratta l'affermazione delle connotazioni oggettive della promessa veicolata all'A. nei termini imposti dall'art. 416 ter cod.pen Per contro, le indicazioni argomentative segnalate nel provvedimento impugnato la possibilità di muoversi sfruttando l'aurea tracciata in precedenza dalla storia criminale dei protagonisti dell'accordo diversi dal candidato, avvalendosi di contatti e collegamenti favoriti dalla loro pregressa mafiosità assumono esclusivamente il tenore delle congetture che, per quanto verosimili, non integrano gli estremi della gravità indiziaria sul punto. Piuttosto, muovendo dalla rilevata sfiducia sulle effettive capacità di intimidazione e sopraffazione ascrivibili, in questa fase, al gruppo Serino, era necessario precisare gli elementi dai quali inferire che, nel rapportarsi al candidato, il reclutamento elettorale offerto sarebbe stato realizzato garantendo all'A. l'utilizzo del metodo mafioso. Elementi da valutare con una rigorosità imposta dalla forza degli argomenti attraverso i quali lo stesso Tribunale ha escluso sia l'associazione camorristica in ragione di una ritenuta attuale incapacità del gruppo di agire sul territorio, perpetuando logiche di matrice mafiosa in precedenza riscontrate sia la stessa possibilità di ritenere le condotte ascritte ai diversi indagati siccome caratterizzate dal metodo mafioso. 5.4. Le considerazioni sopra esposte finiscono anche per incidere sulle argomentazioni spese per motivare il dolo, avuto riguardo alla posizione dell'A. in particolare. Momenti oggettivi e soggettivi della condotta sono, in siffatta fattispecie, intrinsecamente collegati. Se l'accordo deve riguardare la veicolazione del consenso elettorale secondo il metodo mafioso, i contendenti non possono che essere consapevoli di tanto, costituendo, il metodo, la ragione fondante dell'impegno illecito. E se, come fatto dal Tribunale, si precisa a monte che i S. avevano smarrito la capacità di incidere sul territorio, non può poi, a valle, ritenersi che in ragione della loro storia criminale doveva ritenersi incontrovertibile che l'A. ebbe a stringere con loro un patto elettorale illecito nella imprescindibile consapevolezza che i voti sarebbero stati reperiti con le modalità mafiose di cui al comma III dell'art. 416 bis cod.pen., in precedenza smentite nella loro consistenza attuale. 5.5. Si impone dunque l'annullamento sul punto. Con rinvio al Tribunale perché, alla luce del materiale indiziario in atti, valuti nuovamente la gravità indiziaria della contestazione di cui al punto B della rubrica del PM, superando i vuoti-argomentativi e le manifeste incongruenze logiche riscontrate e procedendo, se del caso, anche a una diversa configurazione del fatto contestato. E tanto, per quanto già anticipato, finisce per incidere anche sulla decisione assunta in esito all'appello ex art. 310 cod.proc.pen., giacché le valutazioni afferenti la misura diretta a neutralizzare i rischi cautelari riscontrati costituiscono un posterius logico condizionato dalla rivalutazione della gravità indiziaria imposta dall'annullamento con rinvio disposto con riferimento alla decisione resa ex art. 309 cod.proc.pen P.Q.M. in accoglimento dei ricorsi di A.F. avverso la ordinanza ex art. 309 cod.proc.pen. del 2/17 febbraio 2015 e l'ordinanza ex art. 310 cod.proc.pen. del 17 febbraio 2015, annulla i provvedimenti impugnati e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Salerno.