Il ritardo nell'audizione del minore può minarne in radice l'attendibilità

Il passaggio di un significativo lasso temporale tra il momento di pretesa verificazione dei fatti e il momento del rendiconto testimoniale di essi comporta, per il giudice, l’onere di una motivazione rafforzata che dia conto, complessivamente, dell’inidoneità del distacco temporale ad incidere sull’attendibilità delle dichiarazioni rese o perché, in particolare, non sono intervenuti fattori esterni di disturbo, o perché, ove intervenuti, gli stessi non si sono comunque dimostrati in grado di alterare il corretto ricordo dei fatti.

Questo il principio statuito dalla sez. III della Cassazione nella sentenza n. 30865, depositata il 16 luglio 2015, sul vaglio di attendibilità imposto alle dichiarazioni rese da minori in età infantile oggetto di presunti abusi sessuali. Il caso in esame. L’imputato viene condannato con sentenza della Corte d’appello di Genova per ritenuti abusi sessuali su quattro minori. Avverso la sentenza che aveva confermato la pronuncia del Tribunale di Savona a seguito di istruttoria dibattimentale, propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato evidenziando, in prima battuta, il mancato esperimento dell’incidente probatorio onde procedere alla raccolta ed al vaglio della attendibilità delle dichiarazioni rese dalle minori. Si lamenta, altresì, nei motivi di impugnazione, come i giudici del merito abbiano ritenuto attendibili le dichiarazioni delle minorenni, rese a distanza di cinque anni dai fatti, senza alcuna assunzione delle stesse nella immediatezza dei fatti. Nel dettaglio, si duole il ricorrente che sia stato trascurato, dal Tribunale prima e dalla Corte d’appello poi, il rilievo che le dichiarazioni delle minori si erano appalesate contradditorie fra di loro, oggetto di ritrattazioni, frutto di reciproche suggestioni e di influenze da parte dei genitori e dunque, pur essendo le stesse minorenni immuni da vizi o deficit cognitivi, andasse attentamente verificata la attendibilità del racconto reso dalle stesse ancora in età infantile, in prima battuta sollecitato dai genitori, ed in dibattimento a distanza di un notevole lasso temporale dall’accadimento dei fatti. Meglio l’incidente probatorio o l’esame dibattimentale? Preliminarmente la Corte di Cassazione pone la propria attenzione a verificare la fondatezza dell’assunto difensivo, che lamentava la mancata assunzione delle dichiarazioni delle minori, presunte vittime degli abusi sessuali, nella forma dell’incidente probatorio, mentre per contro erano state sentite solo durante lo svolgimento della istruttoria dibattimentale. Sul punto, chiarisce la Cassazione, non vi è alcun motivo per affermare che la mancata assunzione delle dichiarazioni rese dalle persone offese minorenni mediante incidente probatorio comporti di per sé l’impossibilità di valutare in termini positivi l’attendibilità delle stesse. In effetti, ricorda la Corte, nessuna norma procedurale impone al pubblico ministero l’obbligo di procedere con la forma dell’incidente probatorio. Se dunque, sul punto, l’assunto del ricorrente appare privo di pregio giuridico, è altrettanto vero che l’assunto contrario del Tribunale, condiviso dalla Corte d’appello, secondo cui l’audizione diretta delle minori svolta con le forme dell’esame dibattimentale, anziché con quella dell’incidente probatorio, avrebbe portato ad una conoscenza dei fatti più immediata e diretta con una possibilità di valutazione più approfondita delle dichiarazioni, è altrettanto privo di fondamento giuridico. La genuinità delle dichiarazione infatti, ricorda la Corte, non è di per sé garantita dal contatto diretto fra giudice e testimone, né dalla assunzione in contraddittorio peraltro garantita anche in incidente probatorio , perché l’escussione dibattimentale del teste non è in grado, di per sé, di escludere affabulazioni o racconti fantasiosi, che come noto prescindono dalla capacità o volontà del minore di riferire fatti realmente accaduti. Di per sé, dunque, conclude la Cassazione, non è l’assunzione della testimonianza del minore con la forma dell’incidente probatorio ovvero dell’esame dibattimentale ad incidere in modo decisivo sulla attendibilità del racconto del minore presunta vittima di abusi sessuali. Trattasi di due metodologie istruttorie dotate, in linea astratta e per dettato legislativo, della medesima validità. Il decisivo fattore temporale. Ciò che, invece, può incidere, ed in modo determinante, è, come altresì evidenzia il ricorrente, il distacco temporale tra fatti e dichiarazioni utilizzate dai giudici di merito ai fini dell’affermazione della penale responsabilità dell’imputato, ciò per il rischio di manipolazioni anche involontarie del contributo dichiarativo, determinate dai molteplici interventi innescati dallo svelamento dell’abuso. Tanto maggiore è il tempo trascorso, chiarisce la Corte, tanto maggiore è la necessità di un vaglio e di una analisi seria della attendibilità dei racconti effettuati dai minori parti offese. Il decorso del tempo infatti, chiariscono gli Ermellini, non solo, come sempre accade, tende a degradare i ricordi, ma in ipotesi di testimonianza resa da minori in età infantile rende problematica l’operazione di valutazione della loro attendibilità, ciò in quanto aumenta la probabilità che possano inserirsi fattori causali esterni, provenienti dall’ambiente circostante, idonei a creare, quand’anche in perfetta buona fede, suggestioni e dunque idonei a condurre ad una alterazione delle corrette percezioni mnemoniche. Come noto, infatti, i bambini piccoli, rammenta la Corte, possono essere dichiarati attendibili se lasciati liberi di raccontare in quanto non mentono consapevolmente, ma è altrettanto vero che diventano altamente malleabili in presenza di suggestioni eteroindotte e, se interrogati con domande suggestive, tendono a conformarsi alle aspettative dell’interlocutore. Pertanto, in presenza di dichiarazioni accusatorie avvenute solo a seguito di domande poste dai genitori e di reciproci confronti tra le minori, con conseguente rischio di contaminazione, come accaduto nel caso sottoposto al vaglio della Corte, appare del tutto privo di pregio e ragionevolezza l’assunto del Tribunale secondo cui il passare del tempo ed il raggiungimento di una età più matura porta le persone offese ad una maggiore consapevolezza , tale da superare le criticità appena evidenziate. L’influenza negativa del decorso del tempo. Non è dunque vero quanto affermato dal Tribunale che il maggior decorso del tempo dalla data degli accadimenti, implicando una maggior età delle persone offese dichiaranti e dunque una loro maggior consapevolezza, rende più credibili le loro dichiarazioni. La maggior consapevolezza del teste, infatti, anche laddove fosse comprovata, non è, di per sé, assolutamente in grado di escludere contagi e contaminazioni avvenuti a suo tempo, e prospettare, come ha fatto il ricorrente, un eventuale contagio dichiarativo non significa evidentemente invocare un piano di accuse calunniose scientemente preordinato nei confronti dell’imputato. Di fronte al decorso di un lasso temporale considerevole nel caso di specie pari a ben cinque anni fra gli accadimenti ed il racconto delle minori parti offese utilizzato a fondamento della dichiarazione di penale responsabilità, la intervenuta maturazione” del teste non autorizza, dunque, il giudice a fornire detti testimoni di una patente di maggior credibilità, ma anzi, al contrario, impone al giudice un più attento e serio vaglio di attendibilità delle dichiarazioni accusatorie, esposte, proprio in conseguenza del decorso del tempo, ad un maggior ed esponenziale rischio di contaminazioni che il Tribunale ha l’onere, con congrua motivazione, di escludere in presenza di argomentate doglianza difensive sul punto. La sentenza di condanna viene dunque annullata dalla Cassazione con rinvio ad altra sezione della Corte di appello per una nuova disamina sul punto.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 14 maggio – 16 luglio 2015, n. 30865 Presidente Franco – Relatore Andreazza Ritenuto in fatto 1. M.G. ha proposto ricorso avverso la sentenza in data 29/01/2014 della Corte d'Appello di Genova che, ritenendo l'ipotesi lieve di cui all'art. 609 bis, comma 3, c.p., ha rideterminato, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Savona del 12/12/2012, la pena in anni tre di reclusione per i reati di cui agli artt. 609 bis e 609 ter c.p. in relazione a più condotte di atti sessuali poste in essere nei confronti di quattro minori. 2. Con un primo motivo lamenta vizio di motivazione per avere la sentenza seguito un metodo di ragionamento fondato su una petitio principii . Deduce, in particolare, che la Corte territoriale ha valorizzato in via esclusiva le argomentazioni del Tribunale di Savona disattendendo completamente i motivi di appello proposti e le ipotesi ricostruttive ivi formulate in linea con una sorta di pregiudizio insito nel fatto che l'atto di appello avrebbe mosso dal presupposto, non condivisibile, per cui il mancato esperimento dell'incidente probatorio avrebbe reso impossibile accertare la verità dei fatti a causa di inevitabili contaminazioni del contributo dichiarativo della vittima. Al contrario, ove la Corte avesse analizzato tutto il complesso materiale probatorio avrebbe potuto riconoscere come il mancato svolgimento dell'incidente probatorio avrebbe dovuto condurre ad un più che fondato dubbio sull'attendibilità delle dichiarazioni delle persone offese. 3. Con un secondo motivo lamenta la mancanza e contraddittorietà della motivazione e l'inosservanza degli artt. 609 bis c.p. e 192 - 194 c.p.p. per travisamento dei fatti nella valutazione delle prove acquisite. Lamenta, in particolare, che i giudici abbiano ritenuto attendibili le dichiarazioni delle parti offese evidenziando la spontaneità e la coerenza delle accuse formulate a distanza di anni dei fatti contestati senza alcuna assunzione dei minori nell'immediatezza dei fatti stessi con lo strumento dell'incidente probatorio. Lamenta inoltre come la Corte genovese abbia completamente omesso di rispondere sullo specifico motivo d'appello che evidenziava le incongruenze e le illogicità emerse nella perizia ed il contrasto tra la perizia stessa e le conclusioni del consulente di parte in ordine in particolare alla presenza in capo alle persone offese di segni rivelatori di abusi sessuali in particolare il disturbo post traumatico da stress ed il tono depresso dell'umore delle minori , alla loro credibilità e alla inadeguatezza delle indagini scientifiche stante la intervenuta somministrazione di un test non specificamente idoneo a rivelare sintomi di abuso effettuate dal perito in contrasto anche con la carta di Noto. Evidenzia come, al contrario, la consulente di parte Dott.ssa B. , basandosi sul colloquio clinico invece trascurato dal perito, abbia valutato le minori come persone senza problemi di carattere intellettivo e cognitivo e dunque versanti in una situazione di normalità. La Corte territoriale avrebbe omesso di motivare sulle lamentate, con l'atto d'appello, contraddizioni nelle dichiarazioni delle minori, sulle discrepanze tra le dichiarazioni delle stesse, da una parte, e le dichiarazioni dei testi della difesa, dall'altro, e sulla svalutazione delle testimonianze a discarico privilegiando immotivatamente quelle a carico. Sarebbe poi illogica la argomentazione della Corte territoriale che ha escluso la possibilità di ricondurre le accuse delle minori ad un movente ritorsivo per un rimprovero subito dall'imputato. 4. Con un terzo motivo lamenta la illogicità della motivazione e l'inosservanza degli artt. 192, 194 e 392 c.p.p. per avere i giudici riconosciuto la responsabilità dell'imputato in violazione delle regole sulla raccolta e sulla genuinità delle prove la cui omissione avrebbe imposto una assoluzione. Lamenta come la Corte d'appello abbia ritenuto di poter superare le censure relative alla tardiva ed irrimediabilmente inquinata raccolta delle dichiarazioni testimoniali, assunte a distanza di cinque anni dai fatti, dopo che un'inevitabile rielaborazione collettiva dei fatti tra minori e rispettivi genitori aveva influito sulle capacità evocative delle minori stesse, sulla base della acquisizione diretta da parte dei giudici del dibattimento. Così facendo, tuttavia, avrebbe aprioristicamente ritenuto preferibile alla necessità di porre in essere l'incidente probatorio, nella specie non effettuato, l'esame dibattimentale delle persone offese. 5. Con un quarto motivo lamenta l'inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 196 c.p.p Censura che, come emergente dalla stessa premessa della sentenza di primo grado, i giudici abbiano, nella sostanza, delegato al perito il giudizio sull'attendibilità delle minori così confondendo con tale profilo il piano e l'oggetto degli accertamenti tecnici, da limitarsi esclusivamente alla verifica dell'idoneità mentale della persona offesa. Si duole che la Corte d'appello abbia completamente omesso di affrontare tale motivo di gravame limitandosi a ritenere sic et simpliciter attendibili le dichiarazioni delle minori senza chiarire o smentire il ruolo attribuito dal Tribunale di Savona alla perizia nella formazione del convincimento sull'attendibilità delle persone offese. 6. Con un ultimo motivo lamenta come manifestamente illogica la motivazione con cui la Corte d'appello ha ritenuto non pertinente il richiamo effettuato dalla difesa all'ordinanza della Corte di cassazione del 18/09/2008 rectius , 18/09/2007 a sostegno della tesi difensiva dell'inattendibilità delle minori per irrimediabile contagio dichiarativo etero ed autoindotto. Evidenzia sul punto i tratti di comunanza con la fattispecie già oggetto della ordinanza menzionata specificando in particolare come anche nel presente caso si siano avute ritrattazioni da parte delle minori che inizialmente avevano negato, dinanzi ai genitori, di essere state vittime di atti sessuali. In sostanza il ragionamento della corte d'appello sull'esclusione di ipotesi di condizionamento esterno avrebbe palesemente smentito le risultanze e i documenti processuali acquisiti, essendosi le minori dapprima suggestionate a vicenda ed essendo poi state influenzate dai rispettivi genitori nella percezione dei fatti realmente accaduti, nel ricordo e nella descrizione degli stessi a distanza di cinque anni. D'altra parte l'accertata capacità delle minori di recepire eventi non è incompatibile con i fenomeni di etero e auto condizionamento che non assumano caratteristiche di deficit cognitivi o vizi di mente delle minori. Considerato in diritto 7. Il ricorso è fondato con riferimento alle pregiudiziali doglianze, sostanzialmente trasversali ai primi quattro motivi, volte a lamentare la illogicità di motivazione della sentenza impugnata riguardante il profilo della valutazione dell'attendibilità delle dichiarazioni rese dalle minori persone offese. Va anzitutto chiarito come non possa certamente condividersi il postulato, ove adombrato dal ricorrente, per cui la mancata assunzione delle dichiarazioni rese dalle persone offese minorenni per il tramite di incidente probatorio comporti di per sé l'impossibilità di valutare in termini positivi l'attendibilità delle stesse. In senso contrario pare sufficiente considerare che, come affermato anche dalla sentenza impugnata, nessuna norma processuale impone al P.M. l'obbligo di richiedere al G.i.p. l'incidente probatorio cfr., Sez. 3, n. 37147 del 18/09/2007, P.G. e p.c. in proc. Scancarello, Rv. 237553-55 mentre un tale assunto finirebbe, di fatto, per equivalere ad introdurre un siffatto obbligo. È però innegabile che a diversa soluzione si debba pervenire laddove, in realtà, la mancata assunzione delle testimonianze per il tramite dell'incidente probatorio venga a tradursi in una non tempestiva acquisizione delle stesse è evidente, infatti, che, quanto più tempo abbia a trascorrere dal momento di verificazione dei fatti al momento in cui le persone offese vengano esaminate, tanto più problematica può divenire la operazione di valutazione di attendibilità in particolare laddove si abbia a che fare con minori di età infantile, sentiti in prima battuta dai genitori, e ciò, perché, in particolare, anche a non volere considerare l'inevitabile degradazione dei ricordi, nel lasso temporale che precede la cristallizzazione coincidente con l'esame ben possono inserirsi fattori esterni provenienti dall'ambiente circostante eventualmente idonei a creare, quand'anche in perfetta buona fede, suggestioni e a condurre ad un'alterazione delle corrette percezioni mnemoniche. In proposito vale rammentare che questa Corte ha in più occasioni precisato che la valutazione delle dichiarazioni testimoniali del minore persona offesa di reati sessuali presuppone un esame della sua credibilità in senso onnicomprensivo, dovendo tenersi conto, in tale ambito, non solo dell'attitudine, in termini intellettivi ed affettivi, a testimoniare, e della capacità a recepire le informazioni, ricordarle e raccordarle, ma anche delle condizioni emozionali che modulano i rapporti col mondo esterno, della qualità e natura delle dinamiche familiari e dei processi di rielaborazione delle vicende vissute, con particolare attenzione a certe naturali e tendenziose affabulazioni da ultimo, tra le altre, Sez.3, n. 29612 del 05/05/2010, P.G. in proc. R. e altri, Rv. 247740 . In altri termini, dunque, il passaggio di un significativo lasso temporale tra il momento di pretesa verificazione dei fatti e il momento del rendiconto testimoniale di essi comporta, per il giudice, l'onere di una motivazione rafforzata che dia conto, complessivamente, della inidoneità del distacco temporale ad incidere sull'attendibilità delle dichiarazioni rese o perché, in particolare, non sono intervenuti fattori esterni di disturbo , o perché, ove intervenuti, gli stessi non si sono comunque dimostrati in grado di alterare il corretto ricordo dei fatti. Del resto, questa Corte ha precisato che l'assunto secondo il quale i bambini piccoli non mentono consapevolmente e la loro fantasia attinge pur sempre ad un patrimonio conoscitivo deve essere contemperato con la consapevolezza che gli stessi possono essere dichiaranti attendibili se lasciati liberi di raccontare, ma diventano altamente malleabili in presenza di suggestioni eteroindotte interrogati con domande inducenti, tendono a conformarsi alle aspettative dello interlocutore Sez.3, n. 37147 del 18/09/2007, P.G. e p.c. in proc. Scancarello, cit. . Va aggiunto, infine, come sempre questa Corte abbia precisato che la ricostruzione della genesi della notizia di reato, delle reazioni emotive e delle domande degli adulti coinvolti e delle ragioni dell'eventuale amplificazione nel tempo della narrazione rappresentano utili strumenti al fine di controllare che il minore non abbia inteso compiacere l'interlocutore ed adeguarsi alle sue aspettative Sez.3, n. 24248 del 13/05/2010, OJ., Rv. 247285 . 8. Tanto premesso, risulta dalla stessa sentenza impugnata, che riporta sul punto quanto emerso dalla sentenza del Tribunale, in tal modo dandosi atto della realtà fattuale evidenziata dall'appellante, che quanto anzitutto alla genesi delle dichiarazioni, da un iniziale atteggiamento di silenzio delle sorelle C. vedi pag. 11 della sentenza ove si parla di auto - condizionamento delle bambine al silenzio si è passati, senza che si comprenda quanto tempo sia intercorso, alle accuse mentre, per quanto concernente le minori Bi. e D.M. , che le dichiarazioni delle stesse sono intervenute solo a seguito delle domande loro poste dai genitori. Infatti si attesta sempre in sentenza che tra le famiglie delle minori coinvolte vi furono reciproche consultazioni e che in particolare i genitori di B.G. e D.M.M. , allertati dai genitori delle sorelle C. , iniziali fonti dei fatti, ebbero a sottoporre le figlie ad un non meglio definito terzo grado , così apprendendo che anch'esse, alla pari di C.A. e Am. , erano state oggetto di attenzioni sessuali vedi pagg. 5 e 10 . Ne consegue dunque che, escluso, per quanto detto, che, nella specie, la lamentata mancanza di per sé dell'incidente probatorio possa significare una minore attendibilità delle dichiarazioni rese dalle minori, si imponeva però certamente, a fronte delle doglianze del ricorrente intese in ogni caso, come emergente dall'atto di appello, a lamentare il distacco temporale tra fatti e dichiarazioni utilizzate dai giudici di merito ai fini dell'affermazione di responsabilità consistito in una distanza di circa cinque anni e il rischio di manipolazioni anche involontarie del contributo dichiarativo determinate dai molteplici interventi innescati dallo svelamento dell'abuso, una seria analisi dell'attendibilità dei racconti effettuati. Al contrario, tali elementi di indubbia problematicità quanto meno nel senso come detto della insorgenza di un preciso onere motivazionale che permettesse di escludere oggettive influenze negative sul portato dichiarativo sono stati semplicisticamente superati, in primo luogo, attraverso la ratifica , da parte della Corte territoriale, dell'assunto del Tribunale secondo cui, nonostante la mancanza di incidente probatorio, l'audizione diretta delle minori da parte del Tribunale evidentemente riferita all'esame dibattimentale delle stesse avrebbe portato a una conoscenza dei fatti più immediata e diretta, con una possibilità di valutazione più approfondita delle dichiarazioni” e, in secondo luogo, attraverso la condivisione dell'ulteriore affermazione del Tribunale secondo cui per certi versi il passare del tempo e il raggiungimento di una età più matura porta le persone offese a una maggiore consapevolezza”. Ora, tali affermazioni non adempiono affatto all'onere motivazionale che incombeva sui giudici. Quanto alle prime considerazioni, perché le stesse non spiegano perché l'esame dibattimentale dovrebbe garantire l'attendibilità delle dichiarazioni rese nel corso dello stesso ove così fosse, allora, ogniqualvolta le dichiarazioni fossero rese nel corso di un esame incrociato nel contradditorio delle parti metodo che peraltro caratterizza anche l'incidente probatorio , non sarebbe neppure necessario verificare l'attendibilità delle stesse che, in qualche modo, risulterebbe di per sé garantita dal contatto diretto con il teste, mentre, al contrario, è ovvio che il metodo del contraddittorio non può di per sé escludere affabulazioni o racconti fantasiosi, muovendosi su un piano ben diverso da quello della capacità o volontà del minore di riferire fatti realmente accaduti. Quanto poi alle seconde considerazioni, le stesse paiono confondere la maggiore consapevolezza del teste minore con riguardo a quanto possa coinvolgerlo e riguardarlo, con il diverso aspetto, sul quale necessitava, invece, una presa di posizione argomentata, della corretta formazione dei ricordi. Né il porre, come ha fatto il ricorrente sin dall'atto di appello, la questione dell'influenza di fattori esterni sulla corretta formazione dei ricordi e delle dichiarazioni, dovrebbe necessariamente equivalere sul piano logico, come parrebbe invece assunto dalla Corte genovese vedi pagg. 6 e 7 della sentenza , alla prospettazione di un complotto delle tre famiglie delle minori contro l'imputato per il solo fatto che non sarebbero state rilevate dai periti anomalie in ordine alla capacità di recezione, raccordo ed espressione dei dati, ben potendo essere il solo dato dell'età sufficiente, come ritenuto più volte da questa Corte, a facilitare l'adattamento a suggestioni esterne. In altri termini, assumere la possibilità di un contagio dichiarativo non significa, evidentemente, evocare un piano di accuse calunniose scientemente preordinato nei confronti dell'imputato. Illogica e non comprensibile appare, poi, quanto alla genesi delle accuse, l'affermazione della sentenza secondo cui il lento aprirsi delle quattro bambine non sarebbe il frutto di condizionamenti o contagi a vario titolo effettuati o subiti ma l'espressione della serialità maniacale di M. vedi pag. 11 . Meramente assertiva appare, infine, la conclusione secondo cui la collettività delle persone offese rappresenterebbe il punto di appoggio per vincere imbarazzi e paure e dunque, in definitiva, un elemento di riscontro dell'attendibilità delle dichiarazioni. 9. In definitiva la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Genova che, nel valutare le dichiarazioni testimoniali delle minori persone offese, terrà conto dei principi qui ribaditi. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Genova.