Dolo ed imputabilità: l’accertamento va compiuto separatamente

La sussistenza del dolo, come elemento costitutivo del delitto, va accertata con riguardo ad un agente dotato di normale capacità di intendere e di volere solo in un secondo momento andrà verificata l’effettiva capacità di intendere e di volere dell’imputato.

Lo ha stabilito la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 30517, depositata il 15 luglio 2015. Il caso. La Corte d’appello di Milano, confermando la sentenza di primo grado, assolveva un uomo dal reato di maltrattamenti in danno della nonna, perché commesso da persona non imputabile al momento dei fatti. Contestualmente, allo stesso veniva applicata la misura di sicurezza del ricovero in casa di cura e custodia per la durata di un anno. Avverso tale pronuncia l’uomo proponeva ricorso per cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 572 c.p. Maltrattamenti contro familiari o conviventi , dal momento che la Corte, pur avendo assolto l’imputato per incapacità di intendere e di volere al momento dei fatti, non aveva motivato la sussistenza del dolo. Il ricorrente, inoltre, lamentava che la Corte non aveva considerato né il ridimensionamento delle accuse da parte della persona offesa, né le dichiarazioni spontanee rese dall’imputato. Infine, l’uomo adduceva la violazione di legge in relazione all’applicazione della misura di sicurezza del ricovero in casa di cura e custodia, poiché la Corte aveva omesso di valutare specificamente la pericolosità sociale dell’imputato, limitandosi a desumerla dal rischio di un progressivo aggravarsi della patologia psichiatrica evidenziata nella perizia d’ufficio. Se verosimile, la ricostruzione del fatto non è sindacabile. I giudici di Piazza Cavour, innanzitutto, hanno ricordato come, per orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, sia inammissibile il ricorso per cassazione fondato su argomentazioni volte a contrastare il materiale probatorio acquisito e non imperniato sulla denuncia di uno dei vizi logici tassativamente previsti dall’art. 606 c.p.p Quanto all’asserita mancata considerazione del ridimensionamento delle accuse da parte della persona offesa, prosegue la Corte, nessuna censura può essere mossa al giudice di primo grado, dal momento che le dichiarazioni dibattimentali della nonna dell’imputato, seppure più sfumate rispetto a quelle rese durante le indagini, descrivono comunque condotte idonee ad integrare gli estremi del reato contestato. Il dolo non va confuso con l’imputabilità. Sulla contestazione del dolo, poi, la Corte ha ribadito come, per orientamento costante della giurisprudenza del Supremo Collegio, l’indagine sulla sussistenza di tale elemento vada tenuta distinta da quella sull’imputabilità il dolo, infatti, è un elemento costitutivo del delitto e come tale va accertato con riferimento all’ipotesi di un soggetto agente dotato di normale capacità di intendere e di volere l’imputabilità, invece, è un presupposto per l’affermazione della responsabilità in ordine al reato commesso, e come tale andrà verificata solo dopo che quest’ultimo sia stato compiutamente qualificato nelle sue connotazioni oggettive e soggettive. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano rilevato la sussistenza del dolo, valorizzando la reiterazione nel tempo, con cadenza quotidiana, delle vessazioni fisiche, ingiurie ed intimidazioni ai danni della vittima, e, dunque, l’intenzionalità delle condotte maltrattanti . La pericolosità è attuale. Né può ritenersi fondata, secondo gli Ermellini, la doglianza del ricorrente sulla disposta applicazione della misura di sicurezza del ricovero in casa e custodia. Se è vero, infatti, che il provvedimento di ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario non è più applicabile obbligatoriamente ed automaticamente, ma il giudice ha l’obbligo di motivare l’accertata attuale pericolosità sociale dell’imputato, del pari va rilevato che la Corte d’appello territoriale non si è limitata a richiamare le conclusioni della perizia disposta in primo grado, ma ha disposto un nuovo accertamento peritale, che ha confermato la sussistenza anche nell’attualità della pericolosità sociale dell’imputato e il rischio di reiterazione di analoghe condotte criminose. La chiusura medio tempore avvenuta degli ospedali psichiatrici e delle casa di cura e custodia in essi presenti, tuttavia, rende la misura disposta non più attuabile, con la conseguenza che sarà sostituita da trattamenti in strutture sanitarie civili. Per tali motivazioni, dunque, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 16 aprile – 15 luglio 2015, n. 30517 Presidente Rotundo – Relatore Bassi Fatto e diritto 1. Con decisione del 29 settembre 2014, la Corte d'appello di Milano ha confermato la sentenza del 19 novembre 2013, con la quale il Tribunale della stessa città ha assolto P.L. dal reato di maltrattamenti in danno della nonna B.E., perché commesso da persona non imputabile al momento dei fatti, contestualmente applicandogli la misura di sicurezza del ricovero in casa di cura e custodia per la durata di un anno. 2. Nel proposto ricorso, l'Avv. G.P.C., difensore di fiducia di P.L., ha chiesto l'annullamento della sentenza per i seguenti motivi 2.1. violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione all'art. 572 cod. pen., per avere la Corte, pur pervenendo ad una pronuncia assolutoria per difetto di capacità di intendere e di volere dell'imputato al momento dei fatti, omesso di motivare circa la sussistenza del dolo, mancando qualsivoglia agito fisico o violento e tenuto conto della matrice patologica delle ravvisate condotte vessatorie 2.2. carenza di motivazione in ordine alle censure mosse nell'atto d'appello e mancata valutazione delle dichiarazioni rese dall'imputato, avendo la Corte omesso di considerare, da un lato, il ridimensionamento delle accuse da parte della persona offesa B., dall'altro lato, le dichiarazioni spontanee rese dallo stesso imputato 2.3. violazione di legge in relazione all'applicazione della misura di sicurezza dei ricovero in casa di cura e custodia per la durata di un anno, per avere la Corte omesso di valutare la specifica pericolosità sociale delineata dall'art. 203 cod. pen., limitandosi a desumere la suddetta pericolosità dal rischio di un progressivo aggravarsi della patologia psichiatrica delineato nella perizia d'ufficio. 3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile. L'Avv. G.P.C., difensore di fiducia di P.L., ha insistito per l'accoglimento dei ricorso. 4. Inammissibili sono i primi due motivi di doglianza imperniati sulla contestazione della ritenuta integrazione, sotto i profili oggettivo e soggettivo, del reato di maltrattamenti in danno della nonna B.E. e dunque sulla mancata pronuncia di una sentenza di assoluzione, perché il fatto non sussiste o non costituisce reato. 4.1. Per un verso, i rilievi mossi dal ricorrente si connotano per la prospettazione di una ricostruzione alternativa dei fatti emergenti dall'istruttoria dibattimentale. II che, secondo il costante orientamento di questa Corte, rende inammissibile il ricorso per cassazione, in quanto fondato su argomentazioni che si pongono in confronto diretto con il materiale probatorio, e non, invece, sulla denuncia di uno dei vizi logici tassativamente previsti dall'art. 606, comma primo, lett. E , cod. proc. pen., riguardanti la motivazione del giudice di merito in ordine alla ricostruzione dei fatto Cass. Sez. 6, n. 43963 dei 30/09/2013, P.C., Basile e altri, Rv. 258153 . A fronte di una plausibile ricostruzione della vicenda, come descritta in narrativa, e dei precisi riferimenti probatori operati dal giudice di merito, in questa sede, non è infatti ammessa alcuna incursione nelle risultanze processuali per giungere a diverse ipotesi ricostruttive dei fatti, dovendosi la Corte di legittimità limitare a ripercorrere l'iter argomentativo svolto dal giudice di merito per verificarne la completezza e la insussistenza di vizi logici ictu oculi percepibili, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali ex plurimis Cass. Sez. U, n. 47289 dei 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074 . 4.2. Per altro verso, nessuna censura può essere fondatamente mossa tanto al corredo argomentativo della decisione, quanto alle considerazioni sviluppate in diritto in punto di inquadramento giuridico della fattispecie. Ed invero, dopo avere dato atto della motivazione del Giudice di primo grado, il Collegio d'appello ha evidenziato che le dichiarazioni dibattimentali di B.E. - confermate dall'esame dibattimentale di Accorsi Anna Maria, madre dell'imputato e figlia della persona offesa -, seppure più sfumate di quelle già rese in indagini, delineano comunque condotte integranti il reato di maltrattamenti in contestazione le considerazioni sviluppate sul punto dal Giudice a quo sono perfettamente conformi alle risultanze di tutti gli atti assunti nell'istruttoria dibattimentale ed immuni da vizi logico argomentativi, e si appalesano, dunque, insindacabili in questa Sede. 4.3. Con specifico riguardo alla contestazione dei dolo, giova inoltre rammentare come, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte regolatrice, nei rapporti fra imputabilità e dolo, l'indagine sul primo dei suddetti elementi va tenuta ben distinta da quella sul secondo, essendo quest'ultimo un elemento costitutivo del delitto, la cui sussistenza o meno va in ogni caso accertata secondo le regole generali, e cioè con riferimento all'ipotesi di un soggetto agente dotato di normale capacità di intendere e di volere, mentre l'imputabilità costituisce semplicemente il presupposto per l'affermazione della responsabilità in ordine al reato commesso, il quale dovrà, pertanto, essere già stato compiutamente qualificato, nelle sue connotazioni oggettive e soggettive. Ciò significa che anche nei confronti di soggetto non imputabile, o parzialmente imputabile, dovrà comunque essere stabilito, alla stregua delle regole di comune esperienza, se l'evento prodotto sia stato secondo l'intenzione , contro l'intenzione o oltre l'intenzione giusta le varie ipotesi previste dall'art. 43 cod. pen. , per poi passare a verificare se e come il soggetto debba penalmente rispondere di tale evento, in ragione dei suo stato di mente Cass. Sez. 1, n. 507 dei 07/12/1993, Mitrugno, Rv. 196112 Sez. 6, n. 4292 del 13/05/2014, Corti, Rv. 262151 . Di tali principi hanno fatto corretta applicazione i Giudici della cognizione laddove hanno congruamente argomentato la sussistenza del dolo generico del reato di maltrattamenti, valorizzando la reiterazione nel tempo, con cadenza quotidiana, delle vessazioni fisiche, ingiurie ed intimidazioni in danno della vittima e, dunque, l'intenzionalità della condotte maltrattanti. 5. Infondato è anche il terzo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente denuncia la violazione di legge in relazione alla disposta applicazione della misura di sicurezza dei ricovero in casa e custodia per la durata di un anno. 5.1. Mette conto evidenziare come, secondo i principi fissati da questo giudice di legittimità in tema di misure di sicurezza personali, il provvedimento di ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario a seguito della sentenza della Corte cost. n. 139 del 1982 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 222 cod. pen., nella parte in cui non subordina, nel caso di imputato prosciolto perché non imputabile per infermità psichica art. 88 cod. pen. , detto provvedimento al previo accertamento da parte del giudice, della persistente pericolosità sociale derivante da tale infermità al momento della applicazione della misura non sia più applicabile obbligatoriamente ed automaticamente ne consegue che ove il giudice ritenga di applicare la misura del ricovero in ospedale psichiatrico ovvero una misura diversa sent. Corte cost. n. 253 del 2003 ha l'obbligo di motivare in ordine alla accertata attuale pericolosità sociale dell'imputato mentre non è richiesta alcuna esplicita motivazione nel caso in cui detta pericolosità sia ritenuta insussistente Cass. Sez. 5, n. 22193 del 20/02/2008, P.G. in proc. Perazzo, Rv. 240434 Sez. 6, n. 41677 del 30/09/2010, P.G. in proc. Malatini, Rv. 248805 . 5.2. A tali principi si sono fedelmente attenuti i decidenti di merito laddove, nel confermare in appello l'applicazione della misura del ricovero in casa di cura e custodia, non si sono limitati a richiamare le conclusioni della perizia psichiatrica già disposta in primo grado, ma hanno disposto un nuovo accertamento peritale, che ha confermato la sussistenza, anche nell'attualità, della pericolosità sociale psichiatrica in capo al P Sulla scorta delle valutazioni espresse dal perito, la Corte ha dunque evidenziato come il rischio di reiterazione di analoghe condotte criminose sia desumibile dall'ampiezza dell'arco temporale nel quale sono state poste in essere le condotte vessatorie in danno della congiunta, più volte rinnovate anche nell'arco di una stessa giornata v. pagine 7 e seguenti del provvedimento in verifica , sviluppando sul punto considerazioni perfettamente aderenti alle risultanze dell'atto istruttorio di natura tecnica disposto ex officio e conformi a ragionevolezza. Altrettanto incensurabile è la valutazione espressa dal Giudice distrettuale quanto alla scelta della misura di sicurezza da applicare, laddove si è congruamente evidenziato che la delineata pericolosità del P. può essere fronteggiata esclusivamente con la misura di sicurezza del ricovero in casa di cura e custodia, in considerazione del rifiuto del paziente di essere curato e di accettare qualsiasi contatto con una realtà terapeutica sul territorio v. pagina 8 . Ad ogni modo, non può omettersi di porre in evidenza come, a seguito della chiusura - medio tempore intervenuta - degli ospedali psichiatrici e delle case di cura e custodia presenti quali reparti all'interno di essi, la misura disposta non è più in effetti attuabile e sarà sostituita con trattamenti in strutture sanitarie civili. 6. Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.