E’ confiscabile il profitto nella disponibilità di una persona giuridica

In tema di reati tributari e di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, è legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto rimasto nella disponibilità di una persona giuridica, derivante dal reato tributario commesso dal suo legale rappresentante, non potendo considerarsi l'ente una persona estranea al detto reato.

Lo ha ribadito la sez. III Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30486, depositata il 15 luglio 2015. La confisca per equivalente La pronuncia in esame richiama diffusamente la giurisprudenza di legittimità formatasi in merito all’istituto della confisca per equivalente, cioè a quella che è stata definita una vera e propria sanzione, disposta su somme di denaro, beni o altre utilità di cui il reo abbia la disponibilità per un valore corrispondente al prezzo, al prodotto e al profitto del reato. Mediante tale istituto, viene assolta una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica, modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, mediante l'imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile. Essa è, pertanto, connotata dal carattere afflittivo, e da un rapporto consequenziale alla commissione del reato proprio della sanzione penale, mentre esula dalla stessa qualsiasi funzione di prevenzione, che costituisce la principale finalità delle misure di sicurezza. La misura in parola non può avere ad oggetto beni per un valore eccedente il profitto del reato, sicché si impone la valutazione relativa all’equivalenza tra il valore dei beni e l’entità del profitto. La confisca per equivalente può essere applicata unicamente con riguardo a somme percepite anteriormente all’entrata in vigore delle norme che la consentono. In altri termini, essa non può essere applicata retroattivamente, in quanto – come detto – ha natura sanzionatoria, e non di misura di sicurezza patrimoniale. Proprio su tali basi è stata ritenuta manifestamente infondata, dalla Corte Costituzionale sentenza n. 97/2009 , la questione di legittimità degli artt. 200, 322 ter c.p. e 1, comma 143, l. n. 244/2007, censurati, in riferimento all'art. 117, comma 1, Cost., nella parte in cui prevedono la confisca obbligatoria cosiddetta per equivalente di beni di cui il reo abbia la disponibilità, con specifico riguardo ai reati tributari commessi anteriormente all'entrata in vigore della citata legge del 2007. Il problema si era posto, nella giurisprudenza di legittimità, sulla base della duplice considerazione che il comma 2 dell'art. 25 Cost. vieta l'applicazione retroattiva di una sanzione penale, e che la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo ha ritenuto in contrasto, con i principi sanciti dall'art. 7 CEDU, l'applicazione retroattiva di una confisca di beni, riconducibile proprio ad un'ipotesi di confisca per equivalente. Al riguardo, si è confermato che la mancanza di pericolosità dei beni che sono oggetto della confisca per equivalente, unitamente all'assenza di un rapporto di pertinenzialità tra il reato e detti beni, conferiscono all'indicata confisca una natura eminentemente sanzionatoria, che impedisce l'applicabilità, a tale istituto, del principio generale dell'art. 200 c.p., secondo cui le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione, e possono essere, quindi, retroattive. Altra caratteristica fondamentale dell’istituto de quo è che la confisca non può avere ad oggetto beni per un valore eccedente il profitto del reato, il che sta a significare che la motivazione del provvedimento che la dispone dovrà dare atto della valutazione della equivalenza fra il valore dei beni confiscati e l’entità del profitto riveniente dal reato. e l’orientamento delle Sezioni Unite. La sentenza in commento appare altresì particolarmente interessante, nella parte in cui ribadisce i principi espressi dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione in tema di misure cautelari reali e sequestri relativi a reati tributari. Nello specifico, non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti degli organi della persona giuridica per reati tributari da costoro commessi, quando sia possibile il sequestro finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa in capo a costoro o a persona compresa quella giuridica non estranea al reato. Inoltre, la sez. III ha pure ribadito che non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, nei confronti di una persona giuridica, qualora a differenza di quanto avvenuto nel caso di specie non sia stato reperito il profitto del reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa, salvo che la persona giuridica sia uno schermo fittizio. Peraltro, la impossibilità del sequestro del profitto di reato può essere anche solo transitoria, senza che sia necessaria la preventiva ricerca generalizzata dei beni costituenti il profitto di reato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 28 maggio – 15 luglio 2015, numero 30486 Presidente Franco – Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 12.2.2015 il Tribunale di Chieti rigettava la richiesta di riesame formulata da A.A. , indagato ex art. 10 ter del DLvo 74 del 2000 perché in concorso con D.M. , in qualità di amministratore della M.& amp A. srl, con sede in OMISSIS , ometteva il versamento, nei termini previsti, dell'IVA dovuta in base della dichiarazione dei redditi mod. Unico 2013, relativa all'anno 2012, per un importo di Euro 615.358,00 superiore al limite di legge, fatto accertato in San Salvo il 27.12.13 . 2. Con provvedimento del 9.1.2015 il GIP di Vasto aveva emesso, nei confronti di D.M. e di A.A. , amministratori della M.& amp A. srl, con sede in San Salvo, decreto di sequestro preventivo, anche per equivalente e fino alla concorrenza dell'importo di Euro 615.358,00, pari all'intero valore dell'imposta non versata, di tutti i beni nella disponibilità degli indagati o di coloro che si siano fittiziamente interposti per acquisirne la titolarità. Il provvedimento veniva eseguito su beni personali degli indagati e, in particolare sui conti correnti numero , acceso presso la Banca del Monte dei Paschi di Siena, Ag. di sul conto numero OMISSIS , acceso presso la Banca Unicredit, Ag. di sul conto numero acceso presso la Cassa di Rusparmio della Provincia di Chieti, succ. di e dossier titoli numero OMISSIS sui conti correnti accesi presso la UBI BANCA FINECO BANK SPA BANCA MEDIOLANUM SPA ed ALLIANZ BANK. Inoltre venivano sottoposti a sequestro i seguenti immobili autorimessa in , cod. catastale numero C 632 abitazione civile in , cod. cat. C 632 abitazione civile in OMISSIS , cod. cat. 1148 autorimessa in , cat. 1148 abitazione civile in , cod. cat. E 372 terreno in , codice Cat. E 372. Avverso il sequestro veniva proposto riesame nell'interesse dell'odierno ricorrente che contestava l'astratta configurabilità del reato contestato, così come a lui attribuito. Nei motivi aggiunti, depositati all'udienza del 12.2.2015, il difensore dell'A. contestava, inoltre, la legittimità del sequestro preventivo, eseguito sui beni personali del ricorrente e non su beni intestati alla M& amp A srl, che aveva goduto del profitto del mancato versamento dell'IVA e nei cui confronti andava quindi eseguito il provvedimento. Solo l'indimostrata impossibilità di eseguire il sequestro nei confronti della società legittimava il sequestro sui beni personali degli amministratori. 3. Ricorre A.A., a mezzo del proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. penumero a. Violazione dell'art. 606 lett. b cod. proc. penumero - inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale Quale fondamento della impugnazione ivi proposta, vi è a parere della difesa ricorrente, una palese inosservanza della legge penale e nello specifico di quanto sancito dalle SU.UU. di questa Suprema Corte nella sentenza numero 10561/2014, Gubert, emessa in data 5.3.2014. Il Tribunale del Riesame di Chieti, nella motivazione di rigetto impugnata, faceva erroneamente proprio il terzo principio enunciato nella sentenza testé citata applicandolo al caso di specie. Difatti, la statuizione posta alla base del rigetto, non doveva essere impiegata laddove la fattispecie che qui occupa, impone l'applicazione del primo principio della più volte citata pronuncia, ossia il sequestro preventivo finalizzato alla confisca direttamente sui beni della società. Come già evidenziato nei motivi aggiunti dell'istanza di riesame, il mancato versamento dell'IVA dovuta dagli amministratori della Società M& amp A ai sensi dell'art. 10 ter del D. L.vo 74/2000, procurava un profitto alla stessa società riconducibile, la quale, come dimostrato dinanzi al predetto Tribunale adito, aveva ed ha cospicui beni immobili nella propria disponibilità. Beni, questi, che sono stati ampiamente documentati in sede di riesame. Sul punto, il mutato panorama giurisprudenziale, impone che prima di procedere a sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti degli organi della persona giuridica, il giudice di merito verifichi se sia reperibile presso la persona giuridica il profitto del reato sul punto viene richiamata la pronuncia di questa sez. 3 numero 22022 del 3.6.2014 . Ed invece il ricorrente si duole che il Tribunale del Riesame di Chieti, nell'ordinanza che qui si impugna, non tenendo affatto conto dell'orientamento ormai consolidato, del quale non ha fatto cenno alcuno seppur richiamato nei motivi di riesame, abbia ritenuto corretto il sequestro per equivalente operato dal Gip sui beni appartenenti agli organi della società M& amp A. Risulta evidente secondo il ricorrente che detta interpretazione violi palesemente i principi più volte enunciati e ribaditi nelle pronunce della Suprema Corte la quale afferma espressamente che è consentito nei confronti di una persona giuridica il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto, di reato tributario commesso dagli organi della persona giuridica stessa, quando tale profitto o beni direttamente riconducibili al profitto sia nella disponibilità di tale persona giuridica , ritenendo pertanto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, una ipotesi residuale rispetto al sequestro diretto sui beni della società ove presenti. In ultimo, il ricorrente sottolineare, come contrariamente a quanto riportato nella motivazione impugnata, non sia mai stata contestata l'astratta configurazione del reato addebitato. Chiede pertanto che questa Corte annulli l'ordinanza impugnata, con tutte le conseguenze di legge. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e, pertanto, l'impugnata ordinanza va annullata con rinvio al Tribunale di Chieti per un nuovo esame. 2. La lamentata violazione di legge è evidente nel passaggio motivazionale dell'ordinanza impugnata in cui si legge deve rilevarsi che in tema di reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente prevista dagli artt. 1, comma 143, della L. numero 244 del 2007 e 322 ter cp, non può essere disposto sui beni dell'ente, ad eccezione del caso in cui questo sia privo di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso il quale il reo agisca come effettivo titolare dei beni cfr Cass. SSUU numero 10561 del 2014 . Ed invero, con la richiamata sentenza delle SS.UU. numero 10561/2014, Gubert, sono stati affermati quattro principi giuridici I . È consentito nei confronti di una persona giuridica il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario commesso dagli organi della persona giuridica stessa, quando tale profitto o beni direttamente riconducibili al profitto sia nella disponibilità di tale persona giuridica. II . Non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di una persona giuridica qualora non sia stato reperito il profitto di reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa, salvo che la persona giuridica sia uno schermo fittizio. III . Non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti degli organi della persona giuridica per reati tributari da costoro commessi, quando sia possibile il sequestro finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa in capo a costoro o a persona compresa quella giuridica non estranea al reato. IV. La impossibilità del sequestro del profitto del reato può essere anche solo transitoria, senza che sia necessaria la preventiva ricerca generalizzata dei beni costituenti il profitto di reato. È dunque consentito nei confronti di una persona giuridica il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario commesso dagli organi della persona giuridica stessa, quando tale profitto o beni direttamente riconducibili al profitto sia nella disponibilità di tale persona giuridica. 3. È vero che la stessa sentenza Gubert, dunque, dopo avere precisato che l'impossibilità del sequestro del profitto del reato può essere anche solo transitoria, senza che sia necessaria la preventiva ricerca generalizzata dei beni costituenti il profitto di reato stesso, afferma anche il principio che non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di una persona giuridica, salvo che la persona giuridica sia uno schermo fittizio e non è il caso che ci occupa . Ma ciò solo se il profitto del reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa, non sia più rinvenibile nelle casse della società. Solo in tal caso, correttamente, possono essere sottoposti a vincolo i beni personali dell'amministratore. Il provvedimento impugnato, dunque, non fa buon governo del precedente costituito dalla pronuncia delle Sezioni Unite Gubert numero 10561/2014, proprio in materia di reati tributari, laddove si legge che è consentito nei confronti di una persona giuridica il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto del reato tributario commesso dagli organi della persona giuridica stessa, quanio tale profitto o beni direttamente riconducibili al profitto sia nella disponibilità di tale persona giuridica e che dunque non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti degli organi della persona giuridica per reati tributari da costoro commessi, quando sia possibile il sequestro finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa in capo a costoro o a persona compresa quella giuridica non estranea al reato viene richiamato nello stesso senso anche il precedente di questa sez. 3, numero numero 45471/2014 . All'udienza del 12.2.2015 dinanzi al riesame, infatti, veniva depositata una memoria a firma degli avv. Nicola Lucarelli e Giuseppe Fazio con allegate visure catastali dei beni della società M & amp A arl contratto preliminare di compravendita tra A.R. e P.R. del 25.11.2014 verbale di assemblea della M& amp A arl liquidazione riscatto polizze copia dei bonifici bancari di accredito polizze. L'odierno ricorrente, in altri termini, non si era limitato ad affermare che la società beneficiaria del reato tributario avesse delle liquidità e dei beni da aggredire, ma aveva anche dato delle concrete indicazioni su dove reperirli. Ebbene, nel provvedimento impugnato non si è dato in alcun modo conto, come si sarebbe dovuto, del perché non si sia puntato sui beni della società prima di passare a sequestrare i beni personali dei suoi amministratori. Peraltro il provvedimento impugnato mostra di equivocare sul punto in cui i soci hanno riferito di non avere liquidità, evidentemente propria, e non che la società non avesse beni. 4. In proposito va ricordato che quelle liquidità e quei beni indicati - sempre, evidentemente, laddove in concreto rinvenuti - ben potevano costituire oggetto di sequestro diretto del profitto del reato. Questa Corte di legittimità ha già in più occasioni chiarito, infatti, il principio secondo cui, qualora il profitto tratto da taluno dei reati sia costituito da denaro, l'adozione del sequestro preventivo non è subordinata alla verifica che le somme provengano dal delitto e siano confluite nella effettiva disponibilità dell'indagato, in quanto il denaro oggetto di ablazione deve solo equivalere all'importo che corrisponde per valore al prezzo o al profitto del reato, non sussistendo alcun nesso pertinenziale tra il reato e il bene da confiscare cfr. sez. 2, numero 21228 del 29.4.2014, Riva Fire spa, rv. 259717, fattispecie, in materia di truffa, nella quale veniva disposto il sequestro per equivalente nei confronti di una società, responsabile per illecito amministrativo ex L. 231 del 2001 . Le Sez. Unite Focarelli del 2004, peraltro, esaminarono proprio la questione dei limiti del sequestro preventivo finalizzato alla confisca di somme di denaro che costituiscono profitto del reato . E affermarono, condivisibilmente, che tale sequestro deve ritenersi sicuramente ammissibile sia allorquando la somma si identifichi proprio in quella che è stata acquisita attraverso l'attività criminosa sia ogni qual volta sussistano indizi per i quali il denaro di provenienza illecita sia stato depositato in banca ovvero investito in titoli, trattandosi di assicurare ciò che proviene dal reato e che si è cercato di occultare sez. 6, numero 23773 del 25.3.2003, Madaffari , rilevando essere evidente, a tal proposito, che la fungibilità del denaro e la sua funzione di mezzo di pagamento non impone che il sequestro debba necessariamente colpire le medesime specie monetarie illegalmente percepite, bensì la somma corrispondente al loro valore nominale, ovunque sia stata rinvenuta, purché sia attribuibile all'indagato sez. 6, numero 4289 del 1.2.1995, Carullo . È vero che nell'occasione le SS.UU. precisarono che deve pur sempre sussistere, comunque, il rapporto pertinenziale, quale relazione diretta, attuale e strumentale, tra il danaro sequestrato ed il reato del quale costituisce il profitto illecito strumentale, tra il danaro sequestrato ed il reato del quale costituisce il profitto illecito utilità creata, trasformata od acquisita proprio mediante la realizzazione della condotta criminosa e, in particolare, in relazione agli illeciti fiscali, che devono escludersi collegamenti esclusivamente congetturali, che potrebbero condurre all'aberrante conclusione di ritenere in ogni caso e comunque legittimo il sequestro del patrimonio di qualsiasi soggetto venga indiziato di illeciti tributari. Ma sul punto ritiene il Collegio che occorre essere chiari. Di fronte ad un reato, come quello che ci occupa, la cui condotta si sostanzi nell'omissione di un versamento di una somma di danaro all'Erario, ad un Ente Previdenziale o a chicchessia, il profitto si identifica nel risparmio di spesa . E se nelle casse di colui persona fisica o società su cui gravava l'obbligo di versamento viene rinvenuto del danaro, trattasi di profitto sequestrabile direttamente riconducibile al reato. Reiteratamene, sul punto, questa Corte ha affermato che la nozione di profitto confiscabile va individuata nel vantaggio patrimoniale di diretta derivazione dal reato cfr. sez. 6, numero 37556 del 27.9.2007, De Petro Mazarino, rv. 238033 . E le Sezioni Unite hanno ribadito il principio secondo cui, in tema di reati tributari, il profitto confiscabile anche nella forma per equivalente è costituito da qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito dalla consumazione del reato e può dunque consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell'accertamento del debito tributario Sez. unumero , numero 18734 del 31.1.2013, Adami, rv. 255036. Ma vi è di più. Non è necessario che il danaro rinvenuto sia liquido. Questa Corte Suprema, condivisibilmente, ha precisato che in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca prevista dall'art. 322 ter cod. penumero , costituiscono profitto del reato anche gli impieghi redditizi del denaro di provenienza delittuosa e i beni in cui questo è trasformato, in quanto tali attività di impiego di trasformazione non possono impedire che venga sottoposto ad ablazione ciò che rappresenta l'obiettivo del reato posto in essere sez. 6, numero 11918 del 14.11.2013 dep. il 12.3.2014, Rossi, rv. 262613 . E, ancora di recente, è stato ribadito che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del denaro, costituente il profitto del reato, può colpire sia la somma che si identifica proprio in quella che è stata acquisita attraverso l'attività criminosa sia la somma corrispondente al valore nominale, ovunque sia stata rinvenuta e comunque sia stata investita sez. 2, numero 14600 del 12.3.2014, Ber Banca spa, fattispecie relativa al sequestro preventivo di denaro, titoli, valori, beni mobili, immobili ed altre utilità nella disponibilità di una banca, corrispondenti al prezzo del reato di market abuse , commesso dai legali rappresentati della banca medesima . 5. S'impone, pertanto, l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Chieti per un nuovo esame. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Chieti.