Libertà condizionata, è ammessa una maggiore detrazione di pena?

La legge di conversione del d.l. n. 146/2013 prescrive testualmente l’esclusione della libertà anticipata ai condannati ammessi all’affidamento in prova e alla detenzione domiciliare e ai condannati ammessi agli arresti domiciliari, e questo in quanto la ratio legis della norma è ridurre con effetti immediati il sovraffollamento carcerario .

Lo ribadisce la sez. I Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n 30102 del 13 luglio 2015. Se il tribunale di sorveglianza nega la libertà anticipata in caso di liberazione condizionale, c’è una violazione di diritti? Con ordinanza emessa il 18 marzo 2014, il Tribunale di Sorveglianza di Roma rigettava il reclamo proposto nei confronti del provvedimento del Magistrato di Sorveglianza che aveva negato ad un imputato in stato di libertà condizionata la richiesta di maggiore detrazione della pena di cui all’art 4 d.l. n 146/2013 secondo i giudici del Tribunale, tale maggiore riduzione della pena non si poteva applicare ai condannati ammessi all’affidamento in prova o alla detenzione domiciliare, essendo la ratio della norma quella di incidere sul grave fenomeno del sovraffollamento delle carceri, e conformarsi così con le decisioni della Corte Europea veniva citata a tal fine la sentenza Torreggiani . Nel proprio ricorso in Cassazione l’imputato riteneva violato il citato art 4 d.l. n. 146/2013, in relazione agli artt. 176 c.p., 47 e 54 O.P. e 16 nonies l. n. 82/1991, in quanto tale decisione di esclusione era del tutto irragionevole, andando ad incidere proprio su chi ne era più meritevole, visto il doppio ravvedimento dimostrato, senza adottare un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma. La libertà anticipata di cui al d.l. n 146/2013 incide sul sovraffollamento carcerario, motivo per cui le pene alternative ne restano escluse. La sez. I della Corte di Cassazione con la sentenza in esame rigetta in toto il ricorso sul punto, essendo i medesimi temi stati sollevati e risolti da recenti pronunce, cui la Corte si richiama tra cui sez. I n. 34073/2014, sez. I n. 53781/2014 , sez. I n. 1650/2015 . Il d.l. citato testualmente esclude dalla fruizione dei benefici della liberazione anticipata speciale i condannati che espiano le pene al di fuori delle strutture carcerarie, ed è quindi corretta l’interpretazione del Tribunale di Sorveglianza che ha ritenuto di escludere al condannato in libertà vigilata tale privilegio, e questo in quanto la libertà anticipata ha come specifico fine quello di ‘ridurre con effetti immediati il sovraffollamento carcerario’ in relazione alle indicazioni della Corte europea di Strasburgo, per cui tale norma si atteggia quale ‘rimedio compensativo’ in relazione alla violazione dei diritti dei detenuti in conseguenza dei trattamenti inumani e degradanti che possono subire per le carenze strutturali del sistema carcerario italiano.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 26 marzo – 13 luglio 2015, n. 30102 Presidente Giordano – Relatore Novik Rilevato in fatto 1. Con ordinanza emessa in data 18/3/2014 il Tribunale di sorveglianza di Roma rigettava il reclamo proposto da C.S. , collaboratore di giustizia, avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza che in data 5/2/2014 gli aveva concesso giorni 90 di liberazione anticipata in relazione ai semestri compresi fra il 24/1/2013 ed il 24/1/2014, implicitamente respingendo la richiesta di maggiore detrazione di pena ai sensi dell'art. 4 d.l. 23.12.2013, n. 146. 2. A ragione, osservava che il C. si trovava in regime di libertà vigilata, avendo ottenuto il beneficio della liberazione condizionale, e che l'art. 4 cit., al comma 5, prevedeva che la maggior riduzione di pena imputabile alla liberazione anticipata non si applicava ai condannati ammessi all'affidamento in prova e alla detenzione domiciliare con riguardo ai periodi trascorsi, anche solo in parte, in esecuzione di dette misure alternative né ai condannati che siano stati ammessi all'esecuzione della pena presso il domicilio o che si trovino agli arresti domiciliari ai sensi dell'articolo 656, comma 10, del codice di procedura penale . La ragione giustificativa di questa esclusione, ad avviso del Tribunale di sorveglianza, andava rinvenuta nella esigenza legislativa di incidere sul fenomeno del sovraffollamento delle carceri e, come compensazione alla maggior afflizione derivante dalle condizioni delle strutture di detenzione al fine di conformarsi alle decisioni della Corte Europea si cita la sentenza resa nel caso Torreggiani . La diversità di situazione in cui si trovava il condannato detenuto in carcere rispetto a colui che scontava la pena in una situazione di libertà pur soggetta a vincoli, rendeva sensata, e non in contrasto con le norme costituzionali, la scelta di escluderli dal maggior beneficio in questione motivo per cui venivano dichiarate manifestamente infondate e comunque non rilevanti le questioni di legittimità costituzionale prospettate dalla difesa del ricorrente, in relazione agli artt. 3 e 27 Cost. . 3. Risultavano, quindi, inconferenti le argomentazioni facenti leva su una maggior meritevolezza a fruire del beneficio aggiuntivo da parte di coloro che avevano ottenuto la liberazione condizionale, avendo rilievo esclusivamente la partecipazione all'opera di rieducazione svolta nello stato di detenzione in carcere. 4. Rilevava infine che comunque il reclamante stava scontando la pena infintagli per i delitti di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, di associazione di stampo mafioso, di omicidio tentato e consumato con l'aggravante di cui all'art. 7 del Decreto-Legge n. 152 del 1991, e per altri reati compresi nell'art. 4 bis 0. P., di talché, in forza della previsione introdotta in sede di conversione del Decreto-Legge n. 146, era escluso che i condannati per tali reati potessero fruire del maggior beneficio in questione. Ai sensi dell'art. 77, comma 3, della Costituzione era irrilevante che l'istanza dell'interessato fosse stata proposta nella vigenza del Decreto-Legge 146 richiesta [in base al comma 4 dell'art. 4 del citato decreto n. 146 del 2013, vigente all'epoca nel testo antecedente le modifiche recate dalla legge di conversione del 21.2.2014, n. 10]. 5. Ha proposto ricorso C. a mezzo del difensore, avvocato Sante Foresta, chiedendo l'annullamento del provvedimento impugnato. 5.1. Con un unico articolato motivo, qui sinteticamente riassunto in conformità a quanto previsto dall'art. 173 disp. att. del codice di rito, lamenta violazione o erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 4 D.L. n. 146 del 2013 anche nel testo convertito , 176 c.p., 47 e 54 ord. pen. e 16 nonies L. n. 82/91 e, in ogni caso, per violazione degli artt. 3 e 27 Cost. in riferimento alle norme sopra richiamate. 5.2. Ad avviso del ricorrente, l'interpretazione adottata dal Tribunale di sorveglianza intesa ad escludere dall'applicazione della normativa di favore i condannati non ristretti in istituto appariva irragionevole, dal momento che venivano ad essere esclusi coloro che, come C. , ne erano più meritevoli, in forza del doppio ravvedimento manifestato. Nella legge non vi era nessun riferimento alla sentenza Torreggiani ed anzi l'interpretazione addotta contrastava con il fatto che la legge non si applicava ai condannati per i reati di cui all'art. 4, bis O.P., che erano sottoposti a regimi penitenziari ancor più restrittivi e disagevoli. Sostiene ancora che doveva essere valorizzata la pregressa applicazione dell'art. 16 nonies L. n. 82/91 e che erroneamente era stato invocato l'art. 77 Cost. dal momento che la natura sostanziale delle norme di diritto penitenziario rendeva legittimo il principio secondo cui coloro i quali abbiano avanzato domanda al momento della legge di conversione avevano già maturato il diritto al riconoscimento del beneficio in parola. In ogni caso, poiché la pena residua contemplava reati non ricompresi nella norma ostativa, il giudice avrebbe dovuto operare lo scioglimento del cumulo . 5.3. Il ricorrente contesta ancora l'interpretazione formalistica data dal giudicante alla norma senza aver considerato l'evoluzione del diritto e la possibilità di una lettura costituzionalmente orientata della stessa ed evoca i recenti approdi legislativi in materia, tra cui la possibilità di accesso alla liberazione anticipata agli affidati in prova al servizio sociale, da cui è derivato il riconoscimento giurisprudenziale della compatibilità della liberazione anticipata con la liberazione condizionale. 5.4. Argomenta ancora che essendo la liberazione anticipata uno strumento penitenziario alternativo alla detenzione, che postula la partecipazione all'opera di rieducazione, la discriminazione operata dal legislatore non trovava alcuna ragionevole giustificazione ponendosi, anzi in contrasto assoluto con lo spirito della norma premiale . 5.5. Indica gli aspetti paradossali e l'irragionevole discriminazione che derivano dal mancato riconoscimento al ricorrente, che aveva dimostrato un elevatissimo grado di ravvedimento, della riduzione di pena per la liberazione anticipata speciale concessa invece in riferimento ad altri benefici penitenziari a chi si trovi in semilibertà o fruisca di permessi premio . 5.5. Ripropone l'eccezione di incostituzionalità in relazione al diverso trattamento tra detenuti in carcere e detenuti nel domicilio, entrambi materialmente ristretti tra le mura in relazione alla posizione del detenuto in permesso in semi libertà. Richiama le sentenze costituzionali emesse in materia e l'indirizzo legislativo che ha previsto misure alternative e premiali aventi come minimo comune denominatore la perdurante esecuzione della pena. Il ricorrente era stato ammesso alla liberazione condizionale e quindi doveva intendersi superata ogni preclusione posta dall'art. 4 bis O.P. Non si ravvisava nessuna ragione per cui la liberazione anticipata speciale non dovesse essere concessa anche al ricorrente che, trovandosi nello stato di liberazione condizionale, era soggetto a significative e pregnanti prescrizione restrittive, di varia natura e portata, rimanendo comunque vincolato fortemente nella libertà personale. 6. Il Procuratore generale presso questa Corte nella sua articolata requisitoria ha chiesto il rigetto del ricorso. 7. In data 20/11/2014 il difensore ha depositato memoria difensiva con cui ha replicato alle argomentazioni del Procuratore generale. Richiamati i profili afferenti la liberazione anticipata con il riconoscimento di uno sconto di pena in favore di coloro che avevano dato prova di partecipare all'opera di rieducazione, ribadisce l'irragionevolezza e la contrarietà alla Costituzione dell'esclusione prevista in sede di conversione, che ha finito per punire proprio coloro che si erano contraddistinti per aver conseguito progressi significativi nel corso dell'esecuzione, dimostrando sicuro ravvedimento. 7.1. Un secondo profilo di illegittimità manifesta e di conclamata incostituzionalità viene dalla difesa del ricorrente indicata nella esclusione dal beneficio in questione di colui che è stato ammesso alla liberazione condizionale, in deroga alle preclusioni di cui all'art. 4 bis O.P., in applicazione dell'art. 16 nonies L. n. 82 del 1991 ove non si ritenesse che l'applicazione di questa ultima norma comporta indirettamente il superamento delle preclusioni poste dall'art. 4 bis O.P., il ricorrente chiede che la questione sia rimessa alla Corte Costituzionale per violazione degli artt. 3 e 27 della Costituzione. Richiama tutte le decisioni che hanno ritenuto l'incostituzionalità delle preclusioni assolute e rileva come, pur scontando un reato ostativo, egli era stato ammesso a fruire un beneficio più ampio di quello oggi negatogli. 7.2. Contesta il fine risarcitorio della legge, sostenuto dal Tribunale di sorveglianza, rilevando come successivamente vi sia stato un nuovo intervento normativo d.p.r. n. 92 del 2014 con cui è stato previsto un indennizzo economico. 7.3. Il fatto che la legge 146 cit. non prevedesse la liberazione condizionale tra i benefici alternativi preclusivi comportava il divieto per il giudice di interpretare le norme in danno del reo o del condannato. 7.4. Ripropone la tesi della natura sostanziale della liberazione anticipata e quindi della applicabilità della norma vigente al tempo della proposizione della domanda da parte di C. , in una visione dinamica del diritto, superando l'ignavia legislativa che, non disponendo della maggioranza qualificata per applicare un indulto, ha finito per piegare l'Istituto della liberazione anticipata alle esigenze di politica mediatica. 8. In data 27/11/2014 il predetto difensore ha depositato una ulteriore memoria difensiva in cui, prendendo spunto dalla sentenza 42.858 del 2014 delle Sezioni Unite Penali, propone una tesi futurista volta a riconoscere anche al giudice della sorveglianza la facoltà di travolgere il giudicato rideterminando la pena infintagli, bilanciando il valore dell'intangibilità del giudicato con il diritto fondamentale e inviolabile della libertà personale, cui va data prevalenza. In sintesi, pare di capire, che avendo il giudice della sorveglianza gli stessi poteri del giudice dell'esecuzione per il principio del favor rei può derogare ai principi generali e applicare il beneficio della liberazione anticipata stanti i suoi effetti sostanziali e l'impossibilità di considerare diversamente fattispecie giuridiche che presentano tra loro marcati profili di identità e/o analogia strutturale . Infine richiama la sentenza della Corte Costituzionale n. 239 del 2014, ritenuta significativa ai fini che qui interessano. 9. In data 12 dicembre 2014 e 24 febbraio 2015 il difensore ha prodotto ulteriori memorie difensive ribadendo la natura processuale della norma e le differenzioni che l'interpretazione adottata dal Tribunale comporterebbe per i detenuti che hanno già raggiunto un sufficiente grado di resipiscenza e di rieducazione segnalando ancora il diverso e reiterato orientamento della Procura generale espresso in casi analoghi a quello per cui si procede. Si sostiene che il disposto normativo non può essere interpretato in danno del condannato. Si ribadisce che tra i reati per cui il condannato sta scontando la pena vi sono anche reati non ostativi che consentono lo scioglimento del cumulo. Considerato in diritto 1. Osserva il Collegio che il ricorso non può ritenersi per alcun aspetto fondato e deve essere respinto. Il Tribunale di sorveglianza ha affrontato e risolto la questione sottopostagli sia in relazione alla particolare situazione in cui si trovava il condannato, sottoposto alla misura della libertà vigilata avendo ottenuto la liberazione condizionale, sia per l'inapplicabilità della normativa ai condannati per reati rientranti nel catalogo dell'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354. 2. Tutti i temi sollevati dal ricorrente sono stati affrontati e risolti da questa Corte nelle sentenze Sez. 1, n. 34073 del 2014, Panno Sez. 1, n. 53781 del 2014, Ciriello Sez. 1, n. 1650 del 2015, Giuliano, di seguito richiamate. 2.1. La legge di conversione del D.L. 146/2013 prescrive 5. Le disposizioni di cui ai commi precedenti non si applicano ai condannati ammessi all'affidamento in prova e alla detenzione domiciliare, relativamente ai periodi trascorsi, in tutto o in parte, in esecuzione di tali misure alternative, né ai condannati che siano stati ammessi all'esecuzione della pena presso il domicilio o che si trovino agli arresti domiciliari ai sensi dell'articolo 656, comma 10, del codice di procedura penale”. 2.2. È dunque testuale la previsione di esclusione dalla fruizione della liberazione anticipata speciale dei condannati per i periodi di espiazione avvenuti al di fuori delle strutture carcerarie grazie all'accesso alle misure alternative indicate o comunque alla misura domiciliare esecutiva, prevista dall’art. 656 cod. proc. pen., comma 10. 2.3. È quindi corretta l'interpretazione del Tribunale di Sorveglianza, che ritiene che il detenuto sottoposto a libertà vigilata non rientra nell'ambito applicativo della norma che ha introdotto la disciplina di favore. 2.4. Ogni dubbio sul punto è fugato dalla ratio legis . Il preambolo del D.L. n. 146/2013 indica l'obiettivo di ridurre con effetti immediati il sovraffollamento carcerario quale primaria esigenza dai caratteri di straordinaria necessità ed urgenza, cui si è inteso far fronte attraverso misure straordinarie e temporanee in tema di liberazione anticipata nella Relazione al disegno di legge di conversione del decreto, si evidenzia che la modifica [rispetto alla previsione originaria del Decreto Legge] si atteggia a rimedio compensativo, secondo le indicazioni della Corte Europea di Strasburgo della violazione dei diritti dei detenuti in conseguenza della situazione di sovraffollamento carcerario e, più in generale, del trattamento inumano e degradante che, per carenze strutturali, possono essersi trovati a subire. Si tratta, pertanto, di una misura, la cui adozione è indispensabile ai fini dell'adeguamento alle indicazioni della già menzionata sentenza Torreggiani c/Italia della Corte Europea. Ed è questa la ragione che ha indotto ad individuare il termine di efficacia nel 1 gennaio 2010, data in cui si è determinata la situazione di emergenza detentiva nello stesso senso si esprime la Relazione Tecnica n. 34/2014 del Servizio del Bilancio del Senato preposto alla verifica degli effetti finanziari dei testi di legge. Conferma testuale delle finalità deflattive e compensative a vantaggio dei soli condannati ristretti in carcere si trae dalle disposizioni che limitano la vigenza temporale della liberazione anticipata speciale sotto il primo profilo, viene in rilievo la decorrenza iniziale dal 1 gennaio 2010, ossia dal momento in cui interviene la prima condanna dell'Italia da parte della Corte EDU per le condizioni detentive, considerate disumane e degradanti in contrasto con i principi sanciti dalla Convenzione e del fenomeno le autorità nazionali prendono atto quale stato di emergenza, apprestando i primi concreti rimedi, nonché la fissazione alla data del 23 dicembre 2015 quale momento finale, in cui si è presunto di conseguire il superamento dell'emergenza col ripristino di una situazione di generale vivibilità negli istituti penitenziari, compatibile con i diritti fondamentali dei detenuti. Né argomento in contrasto, come ritiene il ricorrente, è rinvenibile nell'emanazione del d.p.r. 92/2014, trattandosi di intervento che persegue un fine riparatorio e si affianca al D.L. 146. 2.3. Correttamente ancora il Procuratore generale ricorda che, dopo aver esteso in via di interpretazione la liberazione anticipata ordinaria alla liberazione condizionale per una sostanziale analogia tra questo istituto e la detenzione domiciliare, sarebbe irragionevole, anche sul piano della costituzionalità delle norme, riconoscere il beneficio dell'ulteriore riduzione di pena alla detta liberazione condizionale, normativamente precluso all'affidato. 3. Manifestamente infondata è l'eccezione di illegittimità costituzionale articolata in relazione alla disparità di trattamento tra detenuti in carcere e non ristretti. Si è osservato in proposito che La disciplina normativa di cui si verte rappresenta, per espressa previsione del legislatore, una disciplina speciale che estende, salvo alcune eccezioni, i vantaggi conseguenti ad un beneficio penitenziario già previsto e applicabile indistintamente a tutti i condannati. Non si è, quindi, in presenza di una disposizione che vieta l'accesso del beneficio alla persona condannata per taluno dei delitti elencata nella L. n. 354 del 1975, art. 4 bis, ma piuttosto di una norma che amplia, in presenza di certe condizioni, gli effetti di favore, escludendo da essi i condannati per determinate tipologie di reato, come quelle indicate dal suddetto art. 4 bis. Rispetto ad una disposizione speciale di favore, può porsi un problema di irragionevole diversità di trattamento solo qualora sia riservato un trattamento irragionevolmente diverso e deteriore rispetto a situazioni del tutto omologhe . 3.1. Nel caso di specie il provvedimento impugnato ha correttamente evidenziato che il condannato stava espiando delitti gravi v. precedente punto 4 del Rilevato che denotano profili di pericolosità sociale così peculiari che nessun termine di paragone con i delitti non compresi nell'elencazione contenuta nella L. n. 354 del 1975, art. 4 bis e successive modifiche è utilmente esperibile. La particolare presunzione di pericolosità che accede alla condanna per il delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso, già reiteratamente ritenuta giustificata nella giurisprudenza costituzionale ed Europea in considerazione delle affatto peculiari connotazioni del delitto, di pericolo a carattere permanente, che implica un vincolo di appartenenza totalizzante ad un sodalizio caratterizzato da una particolare forza intimidatrice e da un elevato grado di diffusività nel contesto ambientale, tali da porre a rischio, per comune sentire, primari beni individuali e collettivi” così tra molte C. cost. n. 146 del 2011 , consente d'altro canto di escludere che l'eccezione prevista dalla disposizione speciale di favore possa essere ritenuta intrinsecamente irragionevole e di per sé in contrasto con l'art. 27 Cost 3.2. Non paragonabile é poi la situazione di chi si trova semilibero, che trascorre parte del giorno fuori dall'istituto e può usufruire della liberazione anticipate speciale, rispetto a chi si trovi in libertà vigilata che, pur soggetto a vincoli, é fuori dal circuito carcerario. Radicalmente diversa é la situazione di chi, essendo in corso la detenzione, fruisce di semplici permessi premio. 4. Il Tribunale di sorveglianza, ancorché non tenutovi in relazione alle precedenti ed assorbenti considerazioni, ha anche vagliato le ulteriori eccezioni sollevate dal ricorrente sulla legittimità della esclusione dei condannati per reato ostativi introdotta dalla legge di conversione e ne ha ravvisato l'infondatezza richiamando la disciplina dettata dall'art. 77 co. 3 della Costituzione. Questa Corte nelle decisioni richiamate ha evidenziato che l'art. 77 Cost., comma 3 e u.c., mentre collega la mancata conversione in legge di un decreto legge ad una vicenda di ultrattività sincronica fra situazioni normative, in nessun caso considera la norma dettata con decreto legge non convertito come norma in vigore in un tratto tempo quale quello considerato ed anzi, se interpretata sia in riferimento al suo specifico precetto privazione per il decreto legge non convertito di ogni effetto sin dall'inizio sia in riferimento al sistema in cui esso si colloca inspirato - come appare anche dagli altri due commi dell'art. 77 Cost. - a maggior rigore nella riserva al Parlamento della potestà legislativa vieta di considerarla tale . Dunque, indipendentemente da quello che possa ritenersi in proposito della norma dettata con decreto legge non ancora convertibile, la norma contenuta in un decreto legge non convertito non ha . attitudine, alla stregua dell'art. 77 Cost., comma 3 e u.c. ad inserirsi in un fenomeno successorio, quale quello descritto e regolato dall'art. 2 c.p., commi 2 e 3 , ovverosia in un fenomeno successorio concernente norme penali sostanziali per le quali vale il principio di irretroattività delle disposizioni di sfavore limitatamente alla sancita applicabilità delle disposizioni di cui all'art. 2 c.p., commi 2 e 3 al caso del decreto legge non convertito, e, quindi, alla sancita operatività della norma penale sfavorevole, se in essa contenuta, relativamente ai fatti pregressi. Di conseguenza, la disposizione contenuta nel D.L. n. 146 del 2013, art. 4, comma 4, che consentiva, a determinate condizioni, l'applicabilità del beneficio della liberazione anticipata speciale anche ai condannati per taluno dei delitti elencati nella L. n. 354 del 1975, art. 4 bis e successive modifiche , non recepita dalla L. n. 10 del 2014, non è suscettibile di avere vigore ultrattivo per i comportamenti pregressi . 5. Quanto alla natura della norma in questione, le Sezioni Unite di questa Corte, con decisioni condivise dal Collegio, hanno stabilito che le disposizioni concernenti l'esecuzione delle pene detentive e le misure alternative alla detenzione, non riguardando l'accertamento del reato e l'irrogazione della pena, ma soltanto le modalità esecutive della stessa, non hanno carattere di norme penali sostanziali e pertanto in assenza di una specifica disciplina transitoria soggiacciono al principio tempus regit actum , e non alle regole dettate in materia di successione di norme penali nel tempo dall'art. 2 c.p., e dall'art. 25 della Costituzione Sez. U., n. 24561 del 30 maggio 2006 Sez. U, n. 20 del 13 luglio 1998 . Principi analoghi sono stati affermati dalla Corte Costituzionale ord. n. 10 del 1981 sent. n. 376 del 1997 e dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo sentenza Grande Camera del 21 ottobre 2013, Del Rio Prada c/Spagna decisione della Commissione del 15 gennaio 1997 nel caso L.C.R. c/ Svezia Monne c/ Francia dell'1 aprile 2008 Giza e/Polonia del 23 ottobre 2012 . 6. Inoltre, non risulta pertinente nemmeno il richiamo alla decisione nr. 239 del 2014, con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 4-bis ord. pen. nella parte in cui non esclude dal divieto di accesso ai benefici penitenziari dallo stesso stabilito la detenzione domiciliare speciale prevista dall'art. 47-quinquies ord. pen. e quella ordinaria ex art. 47-ter,. comma 1 lett. a e b ord. pen. nei riguardi di detenute madri di prole in tenera età la declaratoria è frutto della considerazione della peculiare natura degli istituti scrutinati, volti sì alla risocializzazione del condannato, ma soprattutto a tutelare un soggetto debole , ossia il figlio minore e quindi a garantirgli la possibilità di crescita con le cure e l'affetto della madre in ambiente extramurario, più confacente alle sue esigenze di vita trattasi di esigenze, considerate primarie ed insopprimibili, che per la peculiare ratio della tutela accordata, non sono ravvisabili nel caso del C. . 7. Quanto alla tesi futurista tesa all'ampliamento dei poteri del giudice di sorveglianza riflessa su quelli riconosciuti al giudice dell'esecuzione, lo spunto, che riecheggia teoriche che spostano in una fase diversa da quella di cognizione la determinazione della pena da scontare, si infrange sulla realtà normativa che disegna il ruolo di detto giudice abilitato ad intervenire nelle materie di sua competenza sul presupposto di un giudicato già formato, su cui non può incidere. 8. Il motivo ribadito anche con la memoria 24 febbraio 2015, inammissibilmente peraltro formulato in termini del tutto generici, con cui si chiede lo scioglimento del cumulo per i reati non ostativi non può essere esaminato perché non oggetto del reclamo davanti al Tribunale di sorveglianza. Per le considerazioni svolte, il ricorso va respinto con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.