Vettura di proprietà, ma utilizzata dal cugino per una rapina: condannata per le dichiarazioni agli inquirenti

Definitiva la pena decisa dai Giudici di merito dieci mesi di reclusione per la donna. A quest’ultima è addebitato di aver mentito volontariamente agli inquirenti, per provare a ‘coprire’ il cugino, autore, con due complici, di una rapina, messa a segno utilizzando la vettura di proprietà della donna. Impensabile sostenere che quelle dichiarazioni siano state frutto della paura di essere indagata.

Rapina messa a segno. Unico appiglio, per gli investigatori, per provare a individuare i colpevoli – tre uomini, secondo una prima ricostruzione – è la targa della vettura utilizzata per la fuga. Da lì è possibile risalire alla persona a cui è intestato il veicolo, una donna. E quest’ultima, di fronte agli inquirenti, sostiene, invece, di avere avuto in uso esclusivo l’automobile . Quelle dichiarazioni, però, si rivelano clamorosamente fatte. La donna ha, in sostanza, ‘coperto’ il cugino, uno dei tre autori della rapina. Consequenziale la condanna per favoreggiamento personale” Cassazione, sez. VI Penale, sentenza numero 29144, depositata oggi . False Dichiarazioni. Pena dura per la donna anche su questo punto i Giudici di merito si mostrano concordi, stabilendo una condanna a dieci mesi di reclusione . Nessun dubbio, difatti, sulla volontà di rendere false dichiarazioni agli inquirenti , sostenendo, in sintesi, di avere avuto in uso esclusivo un’autovettura invece utilizzata dal cugino, con due complici, per compiere una rapina . Secondo il legale della donna, però, è stato sottovalutato un aspetto importante della vicenda la sua cliente ha rilasciato dichiarazioni che avevano un esclusivo movente auto-difensivo, tale da integrare la scriminante speciale del grave ed imminente pericolo per la propria libertà personale , potendo ella, ragionando sempre in questa ottica, paventare di essere tratta in arresto, poiché titolare della vettura utilizzata dagli autori della rapina . Peraltro, aggiunge il legale, ella, nel momento in cui era stata assunta a sommarie informazioni testimoniali , avrebbe dovuto essere sentita con le garanzie di legge, in quanto potenziale indagata . Favoreggiamento. Ogni obiezione difensiva, però, viene ritenuta risibile dai Giudici della Cassazione, i quali, difatti, confermano la condanna per favoreggiamento personale . Per i Giudici, in sostanza, è davvero poco plausibile l’ipotesi di una esigenza della donna di salvare sé stessa da un grave nocumento alla libertà personale su questo fronte, difatti, bisogna tener presente che l’esimente richiamata dal legale non può essere invocata sulla base del semplice timore, prospettato in forma presunta o ipotetica, di essere coinvolto nella vicenda criminosa . E in questa vicenda, evidenziano i Giudici, quando la donna era stata sentita dagli inquirenti, la possibilità di un suo coinvolgimento nell’episodio della rapina appariva del tutto ipotetica , soprattutto perché l’eventuale risposta di non avere avuto la temporanea disponibilità dell’autovettura, di cui risultava proprietaria, avrebbe ancor prima indirizzato le indagini verso gli effettivi autori del reato . E invece, è evidente, la risposta data dalla donna aveva il chiaro ed unico intento di distogliere l’interesse dagli inquirenti verso il cugino

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 3 giugno – 8 luglio 2015, n. 29144 Presidente Agrò - Relatore Villoni Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di Trieste ha confermato quella emessa dal Tribunale di Udine in data 04/10/2010 con cui L.N. era stata condannata alla pena di dieci mesi di reclusione per il reato di favoreggiamento personale art. 378 cod. pen. , com messo col rendere false dichiarazioni agli inquirenti di avere avuto in uso esclusivo un'auto vettura, invece utilizzata per compiere una rapina da parte del cugino L. M. unita mente a due complici. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputata, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 378 e 384 cod. pen. e sostenendo che nel momento in cui era stata assunta a sommarie informazioni testimoniali, avrebbe dovuto essere sentita con le garanzie di legge in quanto potenziale indagata, tant'è che le dichiarazioni rese hanno avuto un esclusivo movente auto difensivo, tale da integrare la scriminante speciale di cui all'art. 384 cod. pen. del grave ed imminente pericolo per la propria libertà personale, potendo fondata mente paventare di essere tratta in arresto poiché titolare della autovettura utilizzata dagli autori della rapina. Considerato in diritto 1. II ricorso è infondato e come tale deve essere respinto. 2. Del tutto fuori luogo è l'invocazione della ricorrenza della scriminante speciale di cui allo art. 384 cod. pen. essa è, infatti, inapplicabile ove fosse fatta valere a tutela del cugino, come tale non contemplato nella categoria dei prossimi congiunti di cui all'art. 307, comma 4 richia mato dall'art. 384 cod. pen. La scriminante non trova, però, applicazione neppure in relazione alla pretesa esigenza alle gata dalla ricorrente di salvare se stessa da un grave e inevitabile nocumento alla libertà per sonale, cui è collegata la dedotta omissione delle garanzie difensive nell'assunzione delle som marie informazioni testimoniali, costituenti la cornice formale della consumazione del reato in addebito. La giurisprudenza di questa Corte di legittimità sostiene, infatti, costantemente il principio che l'esimente in esame non può essere invocata sulla base del semplice timore, prospettato in forma presunta o ipotetica, di essere coinvolto nella vicenda criminosa, occorrendo un effettivo pericolo di danno nella libertà o nell'onore, evitabile solo con la commissione di uno dei reati compresi nello spettro applicativo della scriminante Sez. 6, sent. n. 13086 del 28/11/2013, Zuber, Rv. 259496 Sez. 6, sent. n. 10271 del 15/11/2012, Spano, Rv. 255716 Sez. 6, sent. n. 26570 del 13/06/2008, Montalbano, Rv. 241050 Sez. 6, sent. n. 2806 dei 20/11/2006, Scremin, Rv. 235723 Sez. 5, sent. n. 31523 del 15/12/2003, Scattone ed altri, Rv. 228976 Sez. 1, sent. n. 35607 dei 09/10/2002, Como e altri, Rv. 222323 . Nel momento in cui la ricorrente era stata sentita a sommarie informazioni testimoniali, la possibilità di un suo coinvolgimento nell'episodio della rapina appariva, invero, del tutto ipo tetica, atteso che l'eventuale risposta di non avere avuto la temporanea disponibilità dell'auto vettura di cui risultava proprietaria avrebbe ancor prima indirizzato le indagini verso gli effettivi autori dei reato non sussisteva, pertanto, alcuna risposta necessitata e quella fornita aveva il chiaro ed unico intento di distogliere l'interesse degli inquirenti per la figura del congiunto. Va, infine, osservato che la condotta favoreggiatrice può attuarsi secondo svariate modalità, tra cui quella di rendere dichiarazioni mendaci agli inquirenti, dato che ciò che conta è l'aiuto che l'agente intenda fornire al soggetto sottoposto alle indagini, a prescindere dal contesto, formale o di altra natura, in cui ubbia avuto luogo. 3. Al rigetto dei ricorso segue, come per legge, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.