Gli viene vietato di avvicinarsi ai luoghi frequentati abitualmente dalla vittima: sì, ma quali?

Nella misura cautelare di divieto di avvicinamento, il Giudice ha il compito di specificare i luoghi che il destinatario del provvedimento non può frequentare, non bastando un generico riferimento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa.

Così ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 28666/15, depositata il 6 luglio. Il caso. Il Tribunale del riesame di Milano confermava il divieto di avvicinamento reso dal Gip ai danni di un uomo, gravemente indiziato per il reato di maltrattamenti contro familiari o conviventi. L’indagato ricorre per cassazione lamentando la mancata indicazione, nell’ordinanza, dei luoghi frequentati dalla vittima rispetto a cui è stato vietato all’uomo di avvicinarsi. Modulazione del divieto di avvicinamento. Gli Ermellini ricordano che l’art 282 ter c.p.p. Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa permette di modulare il divieto di avvicinamento, sia vietando di raggiungere i luoghi abitualmente frequentati dalla p.o., sia imponendo all’indagato di tenersi a una certa distanza dalla stessa. Queste due prescrizioni sono infatti cumulabili, trattandosi di un’unica misura dal contenuto flessibile, da declinare secondo le esigenze del caso concreto. Nel caso di specie, la decisione del Gip contiene entrambe i parametri e il ricorso non censura la proporzione e l’adeguatezza della misura. Il ricorrente si lamenta invece del fatto che l’Autorità giudiziaria non abbia indicato specificamente i luoghi di abituale frequentazione della vittima da non frequentare. I Giudici di legittimità ritengono il motivo fondato. Invero, se il provvedimento si fosse limitato a indicare la distanza da tenere dalla vittima e non anche i luoghi da essa frequentati, non sarebbe stato necessario identificare i luoghi da non frequentare. Tuttavia, se il divieto si riferisce anche ai luoghi abitualmente frequentati dal soggetto passivo, come nel caso di specie, occorre che il divieto di avvicinamento indichi specificamente i luoghi rispetto a cui è inibito l’accesso al destinatario della misura. Tenore della disposizione ed esigenze di tipizzazione della misura. Questa indicazione topografica è richiesta sia dal tenore inequivocabile della norma , che fa espressamente riferimento a luoghi determinati”, sia dall’esigenza di tipizzazione dell’intervento cautelare, poiché solo in questo modo il provvedimento risulta efficace Cass., n. 8333/15 . Concludendo, il Giudice ha la facoltà di adattare la misura cautelare alle esigenze del caso di specie attraverso le differenti modulazioni prima descritte, anche applicate congiuntamente. Se la scelta riguarda il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima, anche se prescritta insieme al divieto di appropinquarsi a questa, il Giudice ha l’obbligo di individuare i luoghi da non frequentare, a pena di una censurabile indeterminatezza. Per questi motivi, la Cassazione annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Milano.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 23 giugno – 6 luglio 2015, n. 28666 Presidente Ippolito – Relatore Paternò Raddusa Ritenuto in fatto e diritto 1. J. A. K. W. S. impugna l'ordinanza con la quale il Tribunale del riesame di Milano ha dato conferma alla misura dei divieto di avvicinamento ex art. 281 ter cod.proc.pen. resa dal Gip dello stesso Tribunale ai danni dei ricorrenze, gravemente indiziato del reato di cui all'art. 572 cod.pen. 2. Lamenta violazione della legge processuale per avere, il Tribunale, ritenuto non necessaria la specifica indicazione dei luoghi frequentati dalla persona offesa rispetto ai quali all'indagato è stato fatto divieto di avvicinarsi. 3. II ricorso è fondato. 4. Il primo comma dell'art. 282 ter cod.proc.pen. consente di modulare il divieto di avvicinamento sia guardando ai luoghi frequentati dalla vittima che prendendo, come parametro di riferimento, direttamente il soggetto che ha patito l'azione delittuosa, potendo l'iniziativa cautelare essere strutturata imponendo all'indagato di tenersi ad una certa distanza dalla vittima. E' di tutta evidenza che i due profili di possibile intervento cautelare verranno ad atteggiarsi diversamente a seconda delle caratteristiche dei fatto e della pericolosità dell'indagato e, an ora, che l'obbligo di non avvicinarsi alla persona offesa, sganciato da una preventiva perimetrazione dei luoghi di riferimento, finisce per assicurare alla vittima una tutela cautelare ancora più pregnante cui corrisponde un più marcato pregiudizio per la libertà di circolazione dell'indagato, costretto ad attenersi al divieto prescindendo da riferimenti circostanziati ai luoghi di frequentazione abituale della vittima. 4.1. I due possibili contenuti della misura ben possono convivere all'interno dello stesso provvedimento senza incorrere nel limite di cumulo precisato dalle S.U. di questa Corte con la sentenza 3C maggio 2006, n. 29907, La Stella. Si tratta, infatti, non di due misure diverse ma di un'unica misura con un contenuto flessibile, da declinare a seconda delle esigenze di neutralizzazione del rischio di reiterazione imposte dal caso di specie. Il cumulo dei due divieti, in particolare, potrebbe garantire, in talune occasioni, di colmare possibili vuoti di prevenzione che, isolatamente considerate le due prescrizioni, non risultano altrimenti assicurati esemplare l'ipotesi legata alla necessità di tenere l'indagato lontano dai luoghi di riscontrata esecuzione della condotta, evitando, al contempo gli avvicinamenti occasionali resi verosimili dai pregressi contegni dell'autore del reato . 5. Nel caso, la decisione assunta dal Gip e integralmente confermata dal Tribunale, contiene il riferimento ad entrambi i parametri di strutturazione della misura. Vengono, infatti, presi quali punti di riferimento dei divieto di avvicinamento sia la persona offesa rispetto alla quale si impone all'indagato di mantenersi ad una distanza di almeno 500 MT che i luoghi frequentati dalla stessa. Sotto tale versante, il ricorso nulla adduce rispetto alla proporzione ed alla adeguatezza della misura nel raffronto tra fatto ascritto, cautela da assicurare alla vittima e intensità del rischi di reiterazione riscontrato. Ci si lamenta, piuttosto, ché il riferimento ai luoghi non risulti operato prevedendo contestualmente una specifica indicazione dei luoghi di abituale frequentazione della vittima da non frequentare. Specificazione che il Tribunale ha ritenuto non necessaria malgrado il riesame articolato sul punto dalla difesa. 6. In parte qua la decisione assunta dal Tribunale appare erronea, riposando su precedenti di questa Corte in particolare da ultimo Sez. 5, Sentenza n. 19552 del 26/03/2013 Rv. 255512 che si pone in linea con altri precedenti arresti della stessa sezione de, la Corte ivi richiamati solo apparentemente in immediato conflitto con l'interpretazione del dato normativo di riferimento che nella specie si intende offrire. 6.1. Ritiene, in particolare, il Collegio che se il provvedimento si fosse limitato a riferirsi alla persona offesa e non anche ai luoghi da questa frequentati, non sarebbe stato necessario delimitare, attraverso la indicazioni di luoghi ben individuati, il perimetro di operatività del divieto. La norma in questione, utilizza do quale momento di riferimento del divieto di avvicinamento anche la persona offesa, porta chiaramente a ritenere privilegiata la libertà di circolazione del soggetto passivo garantendo alla stessa il compiuto svolgimento della propria vita sociale in condizioni di sicurezza soprattutto quando la condotta criminale posta in suo danno e legittimante l'intervento cautelare non trovi immediate ragioni di collegamento con specifici e predefiniti ambiti locali e sociali. A tanto, in siffatte ipotesi, finisce per corrispondere il sacrificio della contrapposta esigenza dell'indagato, il quale non potrà pretendere una analitica specificazione dei luoghi di operatività dei divieto che, dunque, non andrà confinato ai soli ambiti afferenti la sfera del lavoro e degli affetti familiari propri della persona offesa in tal senso, il collegio condivide appieno la lettura offerta dalla citata Sentenza n. 19552 del 26/03/2013 . 6.2. Laddove, tuttavia, come nella specie, il divieto faccia anche riferimento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, le considerazioni sopra rese non possono più ritenersi soddisfacenti. Non rileva che la imposizione in questione risulti disposta isolatamente o cumulata all'ulteriore possibilità di prescrizione. Restano, infatti, diverse le finalità di prevenzione comunque perseguite come non sono identiche le limitazioni e i pregiudizi che a caduta finiscono per riverberarsi sulla libertà di circolazione e movimento dell'indagato comminata. 6.2.1. Avuto riguardo a siffatta ultima ed ulteriore indicazione, il divieto di avvicinamento deve necessaria ente indicare in maniera specifica e dettagliata i luoghi rispetto ai quali è inibito 'accesso all'indagato. Tanto lo impone il tenore inequivoco del dato normativo di riferimento che fa espresso riferimento a luoghi determinati . Lo richiede, ancora, l'esigenza di tipizzazione della misura, poichè solo in tal modo il provvedimento cautelare assume una conformazione completa che consente il controllo delle prescrizioni funzionali al tipo di tutela che la legge intende assicurare in tal senso la costante interpretazione offerta da questa Corte tra le tante cfr Sez. 6, n. 14766 del 18/03/2014 - dep. 28/03/2014, F, Rv. 261721 Sez. 6, n. 8333 de 22/01/2015 - dep. 24/02/2015, R., Rv. 262456 Sez. 5, n. 5664 dei 10/12/2014 - dep. 06/02/2015, B, Rv. 262149 Sez. 6, n. 26819 del 07/04/2011 - dep. 0 07/2011, C., Rv. 250728 . Si consideri, peraltro, che in sfatta ipotesi l'inosservanza della misura finisce per concretarsi solo per effetto della constatazione della presenza dell'indagato dentro il perimetro di riferimento preventivamente tipizzato dal provvedimento giudiziale di divieto e, dunque a prescindere dalla contestuale presenza sul luogo predeterminato della persona offesa. E tanto , ancora più decisamente , impone la precisa delimitazione preventiva dei luoghi cui circoscrivere l'operatività dei divieto. 7. In conclusione, il giudice ha la possibilità di adeguare l'intervento cautelare previsto dall'art. 282 ter c.p.p., alle esigenze di specie attraverso le diverse flessioni previste dalla norma citata, anche congiuntamente applicate. Se la scelta cade sul divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, anche se' cumulata con quella dei divieto immediatamente collegato alla persona offesa, l'imposizione, avuto esclusivamente riguardo a tale ultima prescrizione, deve rispettare la connotazione legale che lo vuole riferito a determinati luoghi, che è compito del giudice indicare a pena di una censurabile indeterminatezza. La omissione da parte della ordinanza impugnata della specifica indicazione di luoghi rispetto ai quali era inibito l'avvicinamento, infligge, infatti, un generico, imprevedibile e pertanto, incontrollabile obbligo di non facere in capo allo stesso destinatario. Ed impone, in coerenza, l'annullamento della ordinanza ed il rinvio al Tribunale di Milano per nuova deliberazione. P.Q.M. Annulla la ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame ai Tribunale di Milano Sezione provvedimenti della libertà .