Lite condominiale, aggredita anziana cieca: difesa eccessiva l’amputazione, con un morso, di un dito della vicina

Prescritto il reato, ma resta la condanna al risarcimento dei danni in favore della persona offesa. Acclarata la difficile situazione della donna, anche a causa del suo handicap, ma ella avrebbe potuto chiedere aiuto ai familiari.

Episodio da ‘cronaca nera’. Drammatica evoluzione nella lite tra due vicine di casa la donna aggredita reagisce in un modo estremo, a morsi, riuscendo addirittura ad amputare una falange alla propria ‘nemica’. Inevitabile la contestazione del reato di lesioni – prescritto, alla fine –, con relativo risarcimento dei danni. E tale visione, ossia la responsabilità della donna per il morso, è considerata ora non discutibile. Soprattutto perché non regge la tesi della legittima difesa, pur tenendo presente che la persona aggredita è una anziana donna cieca Cass., sentenza n. 28735/2015, Quinta Sezione Penale, depositata oggi . Reazione. Condanna in primo grado, reato prescritto in secondo grado. Confermata, infine, la condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile , una donna ritrovatasi con una falange tranciata di netto dal morso di una vicina di casa. Contesto della vicenda una lite condominiale, culminata, però, in una violenza assolutamente inimmaginabile. Reazione estrema, difatti, quella di una anziana donna non vedente, che, sentitasi aggredita , sceglie addirittura di mordere la propria vicina di casa, amputandole una falange . Secondo il legale dell’anziana donna, però, è illogico il mancato riconoscimento della scriminante della legittima difesa , soprattutto tenendo presente la particolare situazione psicologica in cui ella, persona non vedente , si è venuta a trovare nel corso della zuffa con i propri vicini . Tale obiezione, però, viene ritenuta non corretta dai giudici della Cassazione, i quali, condividendo la linea di pensiero tracciata tra primo e secondo grado, ritengono evidente la possibilità, per l’anziana donna, in occasione della lite , di una comoda ritirata . Sia chiaro, è evidente che la donna si è trovata in una situazione psicologicamente difficile , anche a causa del suo handicap , ma, allo stesso tempo, sottolineano i giudici, ella era consapevole della presenza dei suoi familiari e dunque della possibilità di ottenere da loro soccorso . E, comunque, non si può trascurare, concludono i giudici, la clamorosa sproporzione della presunta reazione difensiva della donna, che, come detto, ha addirittura amputato, con un morso, una falange alla vicina di casa che l’aveva aggredita. Di conseguenza, considerando acclarata la prescrizione del reato, è confermata la condanna al risarcimento in favore della persona offesa.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 4 giugno – 6 luglio 2015, n. 28735 Presidente MArasca - Relatore Pistorelli Ritenuto in fatto 1.Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Napoli, in parziale riforma della pronunzia di primo grado, dichiarava prescritto il reato di lesioni gravi per il quale era stata condannata G.A. che con un morso aveva amputato una falange a D.P.C. , confermando invece la condanna della medesima al risarcimento del danno in favore della parte civile. 2. Avverso la sentenza ricorre l'imputata a mezzo del proprio difensore deducendo errata applicazione della legge penale e vizi della motivazione in merito al mancato riconoscimento della scrimínante della legittima difesa anche solo putativa. In proposito la ricorrente evidenzia come la Corte territoriale non abbia valutato la particolare situazione psicologica in cui si era venuta a trovare la G., persona non vedente, nel corso della zuffa con i propri vicini e le dichiarazioni rese dalla medesima in proposito. Non di meno la motivazione della sentenza impugnata risulterebbe illogica nella misura in cui ha escluso la scriminante in ragione del fatto che l'imputata avrebbe potuto invocare il soccorso dei propri congiunti se effettivamente aggredita invece di porre i,n essere I.á.condotta contestatale. Considerato in diritto 1.I1 ricorso è infondato e per certi versi inammissibile e deve essere rigettato 2. Le censure della, ricorrente si fondano-- essenzialmente sull'omessa -valutazione dell'assenza di un commodus discessus e sulla svalutazione della situazione psicologica e delle dichiarazioni dell'imputata, la cui attendibilità sarebbe fuori discussione in quanto da sole hanno consentito di attribuire alla G. il reato, posto che la persona offesa non era stata in grado di dire chi l'avesse morsa. 3. La motivazione della sentenza resiste però alle critiche difensive. La Corte territoriale non ha per nulla svalutato le dichiarazioni dell'imputato, arrivando a concedere che la stessa si fosse trovata in una situazione psicologicamente difficile nel contesto dato a causa dei suo handicap, ma ha altresì evidenziato come la stessa fosse consapevole della presenza dei suoi familiari e dunque della possibilità di ottenere soccorso dagli stessi. 4. Argomentazione questa non manifestamente illogica e che è stata contrastata ,nel. ricorso in maniera invero assai generica. Ma anche a prescindere da tale profilo - e anche volendo ammettere una latente insufficienza della ricostruzione svolta dai giudici del merito in ordine all'origine dell'aggressione - deve comunque evidenziarsi come l'inconfigurabilità dell'invocata scriminante di cui all'art. 52 c.p. è stata affermata dai giudici dell'appello a fronte dell'incontestabile riscontro della sproporzione della presunta reazione difensiva. Considerazione ineccepibile e sulla quale in realtà il ricorrente ha preferito glissare evidenziando un ulteriore e decisivo profilo di genericità del ricorso. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.