Curata per anni da un falso medico: risarcimento ‘minimal’

Soltanto 1.000 euro per una donna, sottopostasi, senza saperlo, alle cure prestatele da un uomo fattosi passare per medico. Prescritto il reato di esercizio abusivo della professione. Evidente il danno morale provocato nella paziente.

Medico operativo, pazienti soddisfatti. Tutto regolare per anni. Fino a quando non si scopre che quell’uomo non aveva affatto i requisiti previsti per legge Inevitabile la contestazione del reato di abusivo esercizio della professione. Ma la vicenda, per l’uomo, si conclude in maniera soft reato estinto per prescrizione. E, per giunta, risarcimento del danno in favore di una paziente fissato in appena 1.000 euro Cassazione, sentenza n. 27818, sez. VI Penale, depositata oggi . Falso professionista. Nodo gordiano, nella vicenda giudiziaria, è proprio il quantum del risarcimento riconosciuto a una donna, affidatasi per anni alle cure dell’uomo, rivelatosi un falso medico. Per i giudici di appello – i quali hanno dichiarato estinto il reato per prescrizione –, difatti, la somma da destinare alla paziente va contenuta rispetto a quanto stabilito in Tribunale, e fissata in 1.000 euro . Davvero troppo poco, protesta la donna Ecco spiegato il ricorso in Cassazione, con cui si contesta la riduzione del risarcimento del danno , riduzione ritenuta incomprensibile soprattutto tendendo presente la gravità del comportamento tenuto dal falso medico. Danno. Nonostante le obiezioni mosse alla visione tracciata in appello, però, il quantum fissato viene confermato in toto. Per i giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, una volta acclarato il danno morale lamentato dalla donna, è corretta la cifra stabilita dai giudici di secondo grado. Di conseguenza, 1.000 euro son più che sufficienti per la persona che, in maniera inconsapevole, si è affidata alle cure di un falso medico . Su questo punto, in particolare, viene ribadito che giustamente in appello il danno morale è stato correlato , da un lato, alla frustrazione della donna, per essersi affidata, per anni, alle cure di persona che, abusando della professione, ha abusato anche della sua fiducia e posto comunque a rischio la sua salute , e, dall’altro, al timore di aver ricevuto cure complessivamente inadeguate, insufficienti o eccedenti le necessità e da cui avrebbero potuto anche prendere origine, in futuro, ulteriori conseguenze negative . Legittimamente si è considerata la donna come persona truffata dal falso medico, e altrettanto legittimamente, concludono i giudici, le è stato riconosciuto un risarcimento di 1.000 euro.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 17 giugno – 1 luglio 2015, n. 27818 Presidente Conti – Relatore Capozzi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 28.1.2013 la Corte di appello di Firenze, a seguito di gravame interposto dall'imputato G.G. avverso la sentenza emessa il 4.2.2010 dal Tribunale di Prato, in parziale riforma di quest'ultima ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del predetto per essere il reato di cui all'art. 348 cod. pen. ascrittogli estinto per prescrizione, rideterminando il risarcimento del danno in favore della parta civile A.S. nella misura di euro 1.000,00, dichiarando compensate tra le parti le spese di assistenza e difesa della parte civile. 2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la predetta parte civile che denuncia 2.1. Mancanza e contraddittorietà della motivazione con riferimento alla riduzione del risarcimento del danno nonostante la ritenuta gravità del comportamento dell'imputato che ha comportato seri pregiudizi alla stessa parte civile. 2.2. Erronea applicazione dell'art. 541 cod. proc. pen. in relazione alla compensazione tra le parti delle spese di assistenza e difesa, non potendosi ravvisare giusti motivi al riguardo e affermare la soccombenza di una parte dei giudizio quando ciò riguardi solamente la riduzione del quantum della somma richiesta, ma solo nel caso in cui la domanda stessa sia rigettata. 3. Con memoria nell'interesse dell'imputato si deduce la inammissibilità del ricorso per difetto di procura speciale ed il mancato assolvimento dell'onere della prova da parte della ricorrente in ordine all'ulteriore danno non patrimoniale che assume di aver subito. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1. Va premessa la rituale legittimazione della ricorrente in relazione alla procura speciale conferita all'atto della costituzione in giudizio in relazione anche al potere di difendere la parte civile in ogni ulteriore grado di giudizio. 2. II primo motivo è infondato. 2.1. In tema di determinazione del danno morale, è censurabile in sede di legittimità l'esercizio del potere equitativo del giudice di merito solo quando la liquidazione del danno stesso appaia manifestamente simbolica o per nulla correlata con le premesse in fatto in ordine alla natura ed all'entità del danno dal medesimo'giudice accertate C. civile Sez. 3, n. 4186 del 02/03/2004 Rv. 570703 Da R. ed altri contro Wintherthur Ass. SpA ancora, la valutazione del danno morale sfugge, in virtù del suo contenuto etico, ad una precisa quantificazione ed è, pertanto, di natura essenzialmente equitativa tuttavia, il giudice di merito, al cui prudente criterio essa è rimessa, deve rispettare l'esigenza di una razionale correlazione tra l'entità oggettiva del danno specie se reiterato nel tempo e l'equivalente pecuniario, in modo che questo, tenuto conto del potere di acquisto della moneta, mantenga la sua connessione con l'entità e la natura del danno da risarcire, così che non rappresenti un mero simulacro o una parvenza di risarcimento. Ne consegue che è censurabile l'esercizio del potere equitativo del giudice di merito ogni volta che la liquidazione del danno morale appaia manifestamente simbolica o per nulla correlata con le premesse di fatto in ordine alla natura ed all'entità del danno dallo stesso giudice accertate Cass. civ. Sez. 3, n. 4671 del 21/05/1996 Rv. 497714 Boniello contro Pappacena . 2.2. La Corte, riconoscendo la sussistenza del danno morale in capo alla parte civile, l'ha correttamente correlato alla frustazione di essersi affidata per anni alle cure di persona che abusando della professione ha abusato anche della sua fiducia e posto comunque a rischio la sua salute, ma anche l'evidente timore di aver ricevuto cure complessivamente inadeguate, insufficienti o eccedenti le necessità, dalle quali avrebbero potuto anche prendere origine in futuro ulteriori conseguenze negative ciò compendiando nell'affermazione di sentirsi truffata , pur pervenendo a quantificarlo nella ridotta somma indicata. 3. II secondo motivo è infondato ed al limite della inammissibilità. 3.1. In tema di regolamento delle spese processuali, e con riferimento alla loro compensazione, poiché il sindacato della S.C. è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell'opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell'ipotesi di concorso di altri giusti motivi. Va altresì specificato che il giudice di merito può compensare le spese di lite per giusti motivi senza obbligo di specificarli, e la relativa statuizione non è censurabile in Cassazione, poiché il riferimento a giusti motivi di compensazione denota che il giudice ha tenuto conto della fattispecie concreta nel suo complesso, quale evincibile dalle statuizioni relative ai punti della controversia. Né, con riferimento al provvedimento di compensazione delle spese solo per la ritenuta sussistenza di giustificati motivi, senza ulteriore specificazione, risulta violato il principio di cui all'articolo 111 della Costituzione, secondo cui ogni provvedimento deve essere motivato, atteso che le ragioni che giustificano la compensazione vanno poste in relazione con la motivazione della sentenza e con tutte le vicende processuali, stante l'inscindibile connessione tra lo svolgimento della causa e la pronuncia sulle spese Sez. 3, n. 17457 del 31/07/2006 Rv. 592070, Gallo contro Moffa ed altro . 3.2. Pertanto, incensurabile è la disposta compensazione delle spese sul rilievo della parziale soccombenza di entrambe le parti confrontatesi sulla responsabilità civile. 4. II ricorso deve, pertanto, essere rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.