Pino collassa e centra in pieno un motociclista: lo spettro della responsabilità per due dirigenti del Comune

Nessun dubbio sulla dinamica del terribile evento prima il crollo dell’albero, poi l’impatto fatale con l’uomo alla guida del ciclomotore, infine la morte, a seguito delle gravi lesioni. A finire sotto accusa sono due dirigenti del Comune, operativi nel settore del ‘Verde pubblico’, e chiamati in causa per non avere adeguatamente provveduto a interventi di manutenzione che potessero evitare il drammatico evento.

Dramma in pochissimi secondi, lungo la strada principale di un piccolo, turistico Comune un pino crolla letteralmente al suolo, e colpisce uno sfortunatissimo motociclista, che passa di lì proprio in quell’istante Conseguenze fatali per l’uomo, che muore a causa delle gravissime lesioni riportate. Come valutare il drammatico evento? Fragile l’idea che esso sia semplicemente frutto di una serie di incredibili coincidenze. Più plausibile, invece, ipotizzare una responsabilità piena del Comune, e, in particolare, di due dirigenti, sotto accusa, difatti, per omicidio colposo Cassazione, sentenza n. 26991, quarta sezione penale, depositata il 25 giugno 2015 . Crollo fatale. Riflettori puntati, quelli dei media e della giustizia, su due dirigenti del Comune, operativi anche nel settore della gestione del ‘Verde pubblico’. E la decisione assunta in Tribunale è netta i due uomini sono colpevoli di omicidio colposo , per avere omesso di predisporre un adeguato controllo del patrimonio arboreo del Comune, prevedendo solo ordinarie attività manutentive . Detto in maniera chiara, la scarsa attenzione prestata al cospicuo patrimonio arboreo del piccolo paese ha dato il ‘la’ allo schianto della conifera – schianto conseguente al collasso meccanico delle strutture radicali per gli squilibri statici dovuti a un’architettura arborea non corretta e alla destrutturazione della pianta dovuta a un’infezione – e quindi alla morte del motociclista, colpito in pieno dalla conifera . A sorpresa, però, i giudici di appello ribaltano completamente l’ottica adottata in Tribunale in sostanza, viene esclusa la responsabilità penale, a carattere personale dei due dirigenti del Comune. Per i giudici di secondo grado, in particolare, non vi era alcuna norma che imponesse al proprietario di un patrimonio arboreo di sottoporlo a censimento, al fine di valutarne l’eventuale pericolosità, ricorrendo l’obbligo di intervenire solo a seguito di segnalazione da parte dei cittadini . Peraltro, viene aggiunto che i giardinieri del Comune non avevano mai rilevato anomalie , e, comunque, le cadute di alberi verificatesi qualche tempo prima non potevano essere interpretate come segnali di pericolo , anche perché non riconducibili a una ragione comune, come una malattia che avesse intaccato l’intero patrimonio arboreo . Tirando le somme, il drammatico evento è, per i giudici d’appello, non prevedibile ed evitabile usando la normale diligenza , e ciò anche a prescindere dal ruolo effettivamente svolto dai due dirigenti e dalle loro competenze professionali . Evento evitabile. E proprio la prevedibilità del fatto, ossia della caduta della conifera , è elemento centrale anche nel terzo round della battaglia giudiziaria, nel contesto della Cassazione, ove il Procuratore Generale della Corte d’appello e i familiari del motociclista contestano in maniera durissima le valutazioni tracciate dai giudici di secondo grado. Ebbene, le obiezioni mosse sono ritenute assai plausibili dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, anche tenendo presente la consulenza utilizzata in primo grado, evidenziano la superficialità e la genericità del ragionamento compiuto in Appello. Diversi gli elementi, messi ‘nero su bianco’ dal consulente tecnico del pubblico ministero , che avrebbero meritato maggiore considerazione Qualche esempio? Primo, lo sviluppo anomalo dell’apparato aereo del pino, proteso al di sopra della strada provinciale secondo, la posizione anomala dell’albero, posta in una sorta di feritoia tra due edifici, con conseguente inclinazione del tronco, dovuta anche alla sollecitazione dei venti incanalati tra le costruzioni, oltre all’estrema vulnerabilità del sito, intensamente utilizzato, in ragione della presenza della principale arteria del Comune e del parcheggio di un hotel terzo, la presenza di un’infezione quarto, la mancanza di specializzazione dei giardinieri comunali quinto, la verificazione di altri schianti di alberi sul territorio, prima dell’evento sesto, le condizioni meteorologiche di eccezionale vento, verificatesi qualche giorno prima del fatto, tali da determinare l’allarme della Prefettura . A fronte di un quadro così dettagliato, pare assai fragile, per i giudici di Cassazione, la visione tracciata in appello, mentre sembra concreto il tema della evitabilità del crollo del pino in relazione alla necessità di porre in essere interventi adeguati ad opera di personale esperto ai fini di scongiurare l’evento . Tutto ciò rende assai plausibile l’ipotesi della responsabilità dei due dirigenti del Comune, e su questo punto dovrà ora nuovamente pronunciarsi la Corte d’appello, proprio alla luce delle perplessità manifestate dai giudici della Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 3 marzo – 25 giugno 2015, n. 26991 Presidente Marinelli – Relatore Esposito Ritenuto in fatto 1.Il Tribunale di Savona giudicava L.G., in qualità di dirigente dei settore IV Servizio tecnico Appalti e Somministrazioni Amministrazione dei Lavori Pubblici e Verde pubblico , e P.V., in qualità di Responsabile del servizio, colpevoli dei reato di cui agli artt. 113, 589 e 40 cpv. c.p. Ai predetti, in cooperazione colposa tra loro, era addebitato di aver omesso di predisporre un adeguato sistema di controllo fitostatico e fitosanitario dei patrimonio arboreo del Comune di Alassio quale il V.T.A. o altro metodo equivalente , prevedendo solo ordinarie attività manutentive. Era loro attribuita, pertanto, la morte di S.A., dovuta alle gravissime lesioni riportate dallo stesso nel mentre transitava sulla pubblica via a bordo di un ciclomotore, a seguito dello schianto di una conifera conseguente al collasso meccanico delle strutture radicali per gli squilibri statici dovuti a un'architettura arborea non corretta e alla destrutturazìone della pianta dovuta a un'infezione radicale da Armillaria lellea fatto dei 22 agosto 2008 . Gli imputati erano condannati, altresì, unitamente al responsabile civile, Comune di Alassio, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, congiunti della vittima. 2. Rilevavano i giudici di primo grado che nel territorio di Alassio era presente un cospicuo patrimonio arboreo che si erano già verificati schianti di alberi di dimensioni importanti, com'era desumibile dalle dichiarazioni dei testimoni che solo dopo il fatto era stato compiuto un controllo di tutti gli alberi e ciò aveva consentito di individuare numerose altre piante malate che dalle consulenze di parte era risultato che l'albero caduto era affetto da almeno otto anni da un'infezione radicale, comportante la devitalizzazione delle radici e la destrutturazione del loro legno su quasi tutta la circonferenza del tronco da ciò lo schianto, avvenuto per collasso meccanico delle strutture radicali a causa di elevati squilibri statici, propri di un'architettura arborea non corretta. Era ravvisata in capo agli imputati una posizione di garanzia, in ragione delle qualifiche dagli stessi rivestite, concernenti la cura del verde pubblico non solo in senso manutentivo estetico, ma anche ai fini di tutela dell'incolumità pubblica, nonché la sussistenza dei nesso di causalità tra il mancato tempestivo intervento sull'albero e la morte dei giovane, evento che si sarebbe potuto evitare attraverso un adeguato controllo fitopatologico e fitostatico che avrebbe condotto al taglio dell'albero. Ravvisava in capo agli imputati la colpa sotto il profilo della mancata valutazione del rischio, in presenza di precisi indicatori precedenti schianti, posizione pericolosa e staticità dell'albero, forte vento di pochi giorni prima e in ragione della possibilità di fruire di attività di consulenza specialistica, consentita dai fondi comunali. 3.A seguito di appello degli imputati, la Corte d'Appello di Genova assolveva i predetti dal reato loro ascritto perché il fatto non costituisce reato. Osservava la Corte territoriale che, pur essendo l'evento fonte di responsabilità ex art. 2051 c.c. per il Comune proprietario dell'albero, era da escludere una responsabilità penale, a carattere personale, in capo agli imputati. Evidenziava che non vi era alcuna norma che imponesse al proprietario di un patrimonio arboreo di sottoporlo a censimento al fine di valutarne l'eventuale pericolosità, ricorrendo l'obbligo d'intervenire solo a seguito di segnalazione da parte dei cittadini. Osservava che i giardinieri del Comune di Alassio non avevano mai rilevato anomalie nel fusto, nella chioma e nell'inclinazione dell'albero che la fitopatologia di cui era affetta la pianta era insidiosa, né le cadute di alberi verificatesi qualche tempo prima potevano essere interpretate come segnali di pericolo, poiché non riconducibili a una ragione comune, come una malattia che avesse intaccato l'intero patrimonio arboreo del Comune. Concludeva affermando che, a prescindere dal ruolo effettivamente svolto dagli imputati nell'Amministrazione comunale e dalle loro competenze professionali, doveva escludersi la loro responsabilità per essere il fatto non prevedibile ed evitabile usando la normale diligenza. 4. Avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Genova e le parti civili. 4.1. II primo deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge in relazione all'art. 192 c.p.p., mancanza e manifesta illogicità della motivazione nonché erronea applicazione della legge penale art. 40, 2° 43 e 113 c.p., in relazione all'art. 589 c.p. . Osserva che la ricostruzione della vicenda contenuta nella sentenza di primo grado era stata avallata dalla Corte territoriale, che aveva ribaltato il giudizio solo in forza di un'erronea interpretazione delle norme di legge che sovraintendono la valutazione della colpa. Rileva che manca una vera motivazione, nel senso che la Corte territoriale non si confronta con le argomentazioni e valutazioni probatorie in cui si era diffuso il primo giudice, ignorando il supporto scientifico dei consulenti delle parti nello specifico del PM , il quale aveva evidenziato le ragioni che rendevano doverosa un'azione di monitoraggio della salute del patrimonio arboreo e uno specifico controllo dell'albero in questione, rilevando la carenza a monte nel sistema di manutenzione affidato a giardinieri non specializzati. Osserva che la Corte territoriale avrebbe dovuto fornire la ragione dell'alternativa interpretazione del medesimo compendio probatorio utilizzato nel primo grado di giudizio, con struttura motivazionale che desse ragione delle difformi conclusioni. 4.2.Le parti civili, con autonomi ricorsi, con motivi sostanzialmente sovrapponibili, a loro volta deducono erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 40, 43, 589 c.p., manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata. Osservano che la sentenza omette di valutare in modo corretto le risultanze emerse nel corso del dibattimento di primo grado. Rilevano che la motivazione della sentenza di secondo grado disattende le conclusioni rassegnate dai consulenti agronomi del PM e delle parti civili. Evidenziano che il rilievo secondo cui la caduta dell'albero non era evento prevedibile ed evitabile usando l'ordinaria diligenza, cui conseguiva l'esclusione della penale responsabilità, era contraddetto dalle risultanze probatorie emerse nel corso dei dibattimento di primo grado. Osservano che la Corte territoriale avrebbe dovuto fornire le ragioni dell'alternativa interpretazione del medesimo compendio probatorio utilizzato dal giudice dì primo grado e che, secondo la giurisprudenza di legittimità, anche a sezioni unite, avrebbe dovuto dare congrua ragione dei suo dissenso e ampia dimostrazione dell'aver analizzato la tesi che poi non aveva accolto. 5. II Comune di Alassio e il L. hanno illustrato le proprie difese con memorie. Considerato in diritto 1.Va premesso che, in relazione ad eventi come quello che ha dato luogo all'imputazione, va tenuta nettamente distinta la responsabilità che, ai sensi dell'art. 2051 c.c., grava sul proprietario del bene che ha prodotto l'evento dannoso, dalla responsabilità penale. Quest'ultima, infatti, in ragione dei carattere esclusivamente personale art. 27 Cost. , non può prescindere dalla verifica riguardo alla sussistenza della colpa e, quindi, in primo luogo, dalla considerazione dei caratteri di prevedibilità e prevedibilità dell'evento. 2. Ciò premesso, questa Corte ritiene fondati i motivi di ricorso, i quali possono essere trattati unitariamente, giacché si muovono sul filo conduttore comune della censura di inadeguatezza della motivazione della sentenza di secondo grado, a fronte delle risultanze probatorie valorizzate ai fini dell'affermazione di responsabilità nel giudizio di primo grado. 3. Le doglianze riguardano, in primo luogo, la omessa adeguata confutazione degli elementi posti nella sentenza di primo grado a sostegno della ritenuta prevedibilità ed evitabilità dell'evento. 4. I ricorsi, con riferimento ai profili evidenziati, sono fondati. In proposito, è da osservare che il Tribunale aveva utilizzato plurime notazioni tratte dall'elaborato del consulente tecnico dei Pubblico Ministero, di cui aveva riportato ampi passi, ponendo in rilievo come il consulente avesse evidenziato lo sviluppo anomalo dell'apparato aereo del pino, proteso al di sopra della strada provinciale Aurelia in modo asimmetrico rispetto al suo asse, nonché la posizione anomala dell'albero, posta in una sorta di feritoia tra due edifici, con conseguente inclinazione del tronco dovuta anche alla sollecitazione dei venti incanalati tra le costruzioni, oltre all'estrema vulnerabilità del sito, intensamente utilizzato, in ragione della presenza della principale arteria del comune e dei parcheggio dell'hotel. I giudici di primo grado, riportando le valutazioni del Sanguineti, avevano imputato il crollo a due concause da in lato la precaria situazione statica del pino, dall'altra la presenza d'infezione da Armillaria mellea g!1B gli stessi non avevano mancato di evidenziare che lo stesso consulente aveva constatato la mancanza di specializzazione dei giardinieri comunali e la possibilità di accertamento dell'infezione con le conoscenze e tecnologie in uso al momento del fatto, come dimostrato anche dai controlli posti in essere dal Comune successivamente all'evento. Da tali elementi, oltre che dalla verificazione di altri schianti di alberi sul territorio prima dell'evento e dalle condizioni metereologiche di eccezionale ventopverificatesi qualche giorno prima del fatto, tali da determinare l'allarme della prefettura con comunicazione inviata ai Comuni il 21/8/2008, ancorché pervenuta dopo il fatto , il Tribunale aveva tratto l'effettiva prevedibilità ed evitabilità dell'evento, pervenendo all'affermazione di responsabilità degli imputati in ragione della posizione di garanzia ritenuta gravare sugli stessi. 5. A fronte degli elementi descritti, la sentenza di secondo grado si è limitata a evidenziare l'insidiosità della malattia che aveva colpito le piante e l'ininfluenza dei pregressi episodi, nonché dell'allarme della Prefettura, senza però confutare dettagliatamente gli argomenti che, alla luce delle emergenze istruttorie prima evidenziate, avevano fondato il giudizio di affermazione di responsabilità. E' giunta, così, con inaccettabile superficialità, a escludere la responsabilità degli imputati sul rilievo che non incombe alcun dovere sul proprietario di un patrimonio arboreo, anche pubblico, di sottoporlo a censimento al fine di valutarne la pericolosità, salva la necessità d'intervento in caso di segnalazione di anomalie o situazioni di pericolo da parte dei cittadini. Nell'ambito di tale iter argomentativo, hanno non hanno adeguatamente affrontato il tema della evitabilità, in relazione alla necessità di porre in essere interventi adeguati ad opera di personale esperto ai fini di scongiurare l'evento, né quello attinente alle posizioni di garanzia eventualmente e distintamente gravanti sugli imputati. 5. E' noto il principio giurisprudenziale in forza dei quale, in tema di motivazione della sentenza, nel caso di riforma da parte del giudice di appello di una decisione assolutoria emessa dal primo giudice, il secondo giudice ha l'obbligo di dimostrare specificamente l'insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti della sentenza di primo grado, con rigorosa e penetrante analisi critica seguita da completa e convincente motivazione che, sovrapponendosi a tutto campo a quella dei primo giudice, dia ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati Cass. Sez. 5, Sentenza n. 35762 dei 05/05/2008, Rv. 241169 , sì da, sulla base di uno sviluppo argomentativo che si confronti con le ragioni addotte a sostegno del decisum impugnato, metterne in luce le carenze o le aporie, che ne giustificano l'integrale riforma Cass. Sez. 2, Sentenza n. 50643 del 18/11/2014, Rv. 261327 . 6. La motivazione censurata non risponde ai criteri richiamati, talché s'impone l'annullamento della sentenza, con rinvio al giudice d'appello, il quale provvederà a emendare il ragionamento dalle enunciate manchevolezze, attenendosi ai criteri enunciati. P.Q.M. La Corte annulla la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d'Appello di Genova cui demanda la regolamentazione delle spese tra le parti anche per il presente giudizio di legittimità.