Mancata assunzione di una prova decisiva: quale il discrimine tra abbreviato condizionato ed abbreviato non condizionato?

Non è deducibile come motivo di ricorso per Cassazione la mancata assunzione di una prova decisiva nel giudizio abbreviato non condizionato allo stesso modo, se l’imputato è stato ammesso al giudizio abbreviato condizionato e l’integrazione probatoria da lui richiesta è stata integralmente realizzata nel giudizio di merito, nessuna doglianza sarà ammissibile sul punto

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 21372/15 depositata il 21 maggio. Il caso. Il Tribunale di Taranto – sezione distaccata di Grottaglie – condannava T.A. alla pena di mesi 2 di reclusione ed € 2mila di multa ritenendolo responsabile del reato di appropriazione indebita perpetrato ai danni di una s.r.l. costituitasi parte civile nel processo. La Corte di Appello di Taranto – sezione distaccata di Lecce – investita del gravame confermava in toto la statuizione di prime cure, rigettando tutte le censure mosse dall’imputato. Avverso tale sentenza T.A. ricorreva per Cassazione, deducendo plurimi motivi di doglianza in primis , violazione del principio di correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza, in quanto il fatto per cui è intervenuta sentenza di condanna sarebbe diverso da quello indicato nel decreto di citazione a giudizio in secundis , mancata assunzione di una prova decisiva, nonché plurimi vizi motivazionali ancora, violazione di legge, con precipuo riferimento alla ritenuta circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 11 c.p. infine, erronea applicazione della legge penale in ordine alla liquidazione del danno non patrimoniale per come liquidato in sentenza, valutato ex art. 1226 c.c La Seconda Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso in tutti i suoi motivi, ha avuto modo di chiarire alcuni principi di diritto sostanziale e processuale. Correlazione tra accusa e sentenza. Per quanto concerne il primo motivo, la censura relativa alla mancata correlazione tra accusa e sentenza è manifestamente infondata in quanto l’imputazione, relativamente all’oggetto dell’appropriazione indebita, risulta essere stata articolata con formula ampia, ovvero documenti e titoli di credito , pertanto suscettiva di ricomprendere sia generica documentazione che titoli esecutivi di credito. Mentre, rilevano i Supremi Giudici, dalle sentenze di merito – differentemente da quanto asserito nel ricorso – non emerge che l’imputato sia stato condannato, oltre che per l’appropriazione di documenti e titoli, anche per l’appropriazione di somme di denaro, donde il fatto ritenuto in sentenza è conforme all’imputazione contestata. La mancata assunzione di una prova decisiva. Le censure mosse con il secondo motivo di ricorso sono manifestamente infondate con riguardo alla lamentata mancata assunzione di una prova decisiva, e generiche relativamente ai vizi motivazionali eccepiti. Ora, fermo restando che il ricorrente non specifica né quale sia la prova da assumere né perché la stessa debba ritenersi connotata dal requisito della decisività, la Suprema Corte rileva come la questione non sia comunque ammissibile, essendo stato l’imputato ammesso al rito abbreviato. Infatti, per giurisprudenza pacifica, non è deducibile come motivo di ricorso per Cassazione la mancata assunzione di una prova decisiva nel giudizio abbreviato non condizionato mentre, nel caso di specie, l’imputato è stato ammesso al giudizio abbreviato condizionato all’esame di un testimone ed all’acquisizione di alcuni documenti, e tale integrazione probatoria richiesta è stata integralmente realizzata nel giudizio di merito, pertanto nessuna doglianza è ammissibile sul punto. Presupposti per l’applicazione dell’aggravante ex art. 61 n. 11 c.p Quanto alla circostanza aggravante ex art. 61 n. 11 c.p., la Corte di Cassazione ha chiarito come in diritto è pacifico che la nozione di abuso di relazione di prestazione d’opera si applica a tutti i rapporti giuridici che comportino l’obbligo di un facere ”, bastando che tra le parti vi sia un rapporto di fiducia che agevoli la commissione del reato, a nulla rilevando la sussistenza di un vincolo di subordinazione o di dipendenza. La liquidazione equitativa del danno morale ed il ricorso per cassazione. Infine, per quanto riguarda il motivo afferente la liquidazione in via equitativa del danno morale, operata dai giudici di merito ex art. 1226 c.c., la Corte di legittimità ha precisato come, per giurisprudenza consolidata, in tema di liquidazione del danno morale, la relativa valutazione del giudice, in quanto affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi, costituisce valutazione di fatto sottratta al sindacato di legittimità se sorretta da congrua motivazione. Nel caso di specie la motivazione delle sentenze di merito è stata ritenuta congrua, in quanto i Giudici territoriali hanno valutato specificamente una serie di circostanze negative derivate alla parte civile dalla condotta dell’imputato.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 28 aprile – 21 maggio 2015, n. 21372 Presidente Gentile – Relatore Gallo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 26/5/2014, la Corte di appello di Taranto, Sezione distaccata di Lecce, confermava la sentenza del Tribunale di Taranto, Sezione distaccata di Grottaglie in data 10/6/2013, che, all'esito di giudizio abbreviato condizionato, aveva condannato T.A. alla pena di mesi due di reclusione ed €.200,00 di multa per il reato di appropriazione indebita di documenti e titoli di credito, oltre al risarcimento dei danni morali in favore della costituita parte civile s.r.l. Zanzar System ed all'interdizione temporanea dall'esercizio dei pubblici uffici e della professione forense per mesi due. 2. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l'atto d'appello, e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità dell'imputato in ordine al reato a lui ascritto ed equa la pena inflitta. 3. Avverso tale sentenza propone ricorso l'imputato per mezzo dei suo difensore di fiducia, sollevando quattro motivi di gravame con i quali deduce 3.1 Violazione dei principio di correlazione fra l'imputazione contestata e la sentenza. Al riguardo eccepisce che il fatto ritenuto in sentenza è risultato diverso da quello indicato nei decreto di citazione a giudizio con il quale veniva contestato all'imputato il reato di cui all'art. 646 cod. pen. per essersi indebitamente appropriato al fine di trarne un ingiusto profitto in danno della srl Zanzar System di documenti e titoli di credito di cui aveva il possesso in ragione della sua qualità di difensore della predetta società . Il fatto diverso, ritenuto in sentenza, sarebbe l'appropriazione di denaro in relazione alla pratica M.U. fatto per il quale non sarebbe intervenuta neppure una contestazione suppletiva. 3.2 Mancata assunzione di prova decisiva, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Al riguardo solleva doglianze varie, eccepisce che buona parte dei documenti versati dalla società al professionista per le pratiche di recupero crediti erano costituiti da semplici fotocopie di fatture, e che il professionista aveva ritirato dai fascicoli processuali erano stati consegnati all'ufficiale giudiziario procedente all'atto di ciascun pignoramento. Quanto alla pratica M.L. , eccepiva che il preteso incasso della somma di €.4.600, era frutto di una comunicazione errata dell'avv. domiciilataria, successivamente dalla stessa smentita. 3.3 Violazione della legge penale in relazione alla ritenuta circostanza aggravante di cui all'art. 61 n. 31 cod. pen. Al riguardo eccepisce che, dopo la revoca dei mandato, l'imputato non avrebbe potuto avvalersi degli effetti favorevoli precostituiti nel corso dei rapporto professionale 4. Erronea applicazione della legge in ordine alla liquidazione del danno non patrimoniale per come liquidato in sentenza, valutato ex art. 1226 cod. civ. Considerato in diritto 1. II ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità. 2. Per quanto riguarda il primo motivo in punto di mancata correlazione fra accusa e sentenza, la censura - come ha correttamente rilevato la Corte territoriale - è manifestamente infondata in quanto l'imputazione, quanto all'oggetto dell'appropriazione indebita, è stata articolata con formula ampia documenti e titoli di credito suscettiva di ricomprendere tanto la documentazione consegnata dal cliente al proprio difensore, quanto gli atti giudiziari ed 1 titoli esecutivi ottenuti in qualità di difensore della società . Dalle sentenze dei giudici dei merito non emerge che l'imputato sia stato condannato, oltre che per l'appropriazione di documenti e titoli anche per l'appropriazione di somme di denaro. Il fatto ritenuto in sentenza è conforme all'imputazione contestata e censura esclusivamente l'appropriazione di documenti e titoli di credito di cui l'avv. Traversa aveva il possesso in ragione dei suo mandato professionale. Il riferimento alla mancata restituzione della somme riscosse nella pratica M.L. è un mero obiter dictum e non esprime alcun accertamento di penale responsabilità dell'imputato con riferimento a tale circostanza. 3. Ugualmente inammissibile è il secondo motivo in punto di responsabilità dei prevenuto per il fatto a lui contestato. Le censure dei ricorrente, infatti, sono manifestamente infondate e generiche per quanto riguarda la mancata assunzione di una prova decisiva. Infatti oltre a non specificare in cosa consista tale prova decisiva, la questione non è ammissibile, essendo stato l'imputato ammesso, a sua richiesta, al rito abbreviato. E' pacifico che non è deducibile come motivo di ricorso per cassazione la mancata assunzione di una prova decisiva nei giudizio abbreviato non condizionato cfr, da ultimo, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 27985 del 05/02/2013 Ud. dep. 26/06/2013 Rv. 255566 . Nei caso di specie l'imputato è stato ammesso ai giudizio abbreviato condizionato all'esame della testimone Pace Erminia ed all'acquisizione di documentazione. Essendo stata realizzata l'integrazione probatoria richiesta, nessuna dogiianza è più ammissibile in tema di acquisizioni probatorie. 4. Per quanto riguarda le altre doglianza sollevate, si tratta - all'evidenza - di censure di merito, volte a provocare un intervento di questa Corte in sovrapposizione argomentativa rispetto alle conclusioni legittimamente assunte dai giudici del merito, come tali risultano inammissibili. 5. Ugualmente inammissibili sono le censure sollevate con il terzo motivo di ricorso in punto di applicazione dell'aggravante di cui all'art. 61 n. 11 cod. pen. In diritto è pacifico che la nozione di abuso di relazione di prestazione d'opera, previsto come aggravante dall'art. 61 n. 11 cod. pen., si applica a tutti i rapporti giuridici che comportino l'obbligo di un tacere , bastando che tra le parti vi sia un rapporto di fiducia che agevoli la commissione del reato, a nulla rilevando la sussistenza di un vincolo di subordinazione o di dipendenza Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14651 del 10/01/2013 Ud. dep. 28/03/2013 Rv. 255792 . Non v'è dubbio, pertanto, che nel caso di specie l'imputato abbia commesso ii fatto abusando del mandato professionale ricevuto dai proprio cliente. 6. Infine, per quanto riguarda il quarto motivo in punto di liquidazione equitativa del danno morale, ex art. 1226 cod. pen., in punto di diritto è pacifico che In tema di liquidazione del danno morale, la relativa valutazione dei giudice, in quanto affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi, costituisce valutazione di fatto sottratta ai sindacato di legittimità se sorretta da congrua motivazione Cass. Sez. 6, Sentenza n. 48461 dei 28/11/2013 Ud. dep. 04/12/2013 Rv. 258170 . 7. Nel caso di specie la liquidazione equitativa dei danno non patrimoniale è assistita da congrua motivazione, avendo la Corte specificamente valutato una serie di circostanze negative che sono derivate alla parte civile dalla condotta dell'imputato. Di conseguenza anche ii quarto motivo dei ricorso risulta inammissibile. 8. Al sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l'imputato che lo ha proposto deve essere condannato ai pagamento delle spese dei procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce dei dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, si stima equo determinare in euro 1.000,00 mille/O0 , nonché alla refusione delle spese dei grado in favore della costituita parte civile, Zanzar System s.p.a., che si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute nei grado dalla parte civile Zanzar System s.p.a., che liquida in complessivi €. 2.500,00, oltre IVA, CPA e rimborso spese forfettarlo nella misura dei 15%.