L’imputato può chiedere di prolungare il colloquio visivo con i suoi familiari?

L’art. 37, comma 10, d.p.r. n. 320/2000 consente il prolungamento a due ore dei colloqui con congiunti o conviventi se residenti in Comune diverso da quello in cui ha sede l’istituto penitenziario, a condizione che nella settimana precedente non si sia fruito di colloqui e che le esigenze e l’organizzazione dell’istituto lo consentano. Tale norma è applicabile anche ai detenuti sottoposti al regime differenziato di cui all’art. 41 bis ord. pen

Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 20486/15 depositata il 18 maggio. Il fatto. Con decreto 19 luglio 2013 il Magistrato di Sorveglianza rigettava il reclamo, proposto dal detenuto, con il quale costui aveva chiesto di poter fruire di un colloquio visivo con i familiari prolungato di due ore. A fondamento della decisione il giudice riteneva ostativa all’accoglimento della domanda la circostanza della sottoposizione dell’istante al regime detentivo differenziato di cui all’art. 41 bis ord.pen., che non consentiva il chiesto prolungamento dei colloqui, previsto per i detenuti in regime ordinario, perché in contrasto con le finalità della stessa disciplina. Avverso tale ordinanza l’interessato personalmente ha proposto ricorso per cassazione, deducendo che i propri familiari erano residenti in Palermo, quindi in luogo distante da quello in cui egli era ristretto in espiazione di pena detentiva, il che comportava l’applicazione del disposto dell’art. 37, comma 10, d.p.r. n. 230/2000. Prolungamento dei colloqui anche per i detenuti sottoposti al 41 bis? La disciplina del d.p.r. 30 giugno 2000 riconosce il prolungamento a due ore di colloqui con congiunti o conviventi se residenti in Comune diverso da quello in cui ha sede l’istituto penitenziario, a condizione che nella settima precedente non si sia fruito di colloqui. Questo regime è applicabile anche ai detenuti sottoposti al regime differenziato di cui all’art 41 bis, ai quali si riconosce la possibilità di protrarre a due ore la durata del colloquio, ma solo se non si sia fruito del previsto colloquio nel mese antecedente, laddove appunto il mese, non già la settimana, costituisce in questa specifica situazione il parametro temporale di riferimento rispetto al quale effettuare il recupero dell’incontro non effettuato. Per questi motivi la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e annulla con rinvio l’ordinanza impugnata per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 20 marzo – 18 maggio 2015, n. 20486 Presidente Siotto – Relatore Boni Ritenuto in fatto 1.Con decreto 19 luglio 2013 il Magistrato di Sorveglianza di Milano rigettava il reclamo, proposto dal detenuto A.R., con il quale costui aveva chiesto di poter fruire di un colloquio visivo con i familiari prolungato di due ore. A fondamento della decisione il giudice riteneva ostativa all'accoglimento della domanda la circostanza della sottoposizione dell'istante al regime detentivo differenziato di cui all'art. 41-bis ord. pen., che non consentiva il chiesto prolungamento dei colloqui, previsto per i detenuti in regime ordinario, perché in contrasto con le finalità della stessa disciplina. 2.Avverso tale ordinanza l'interessato personalmente ha proposto ricorso per cassazione, deducendo che i propri familiari erano residenti in Palermo, quindi in luogo distante da quello in cui egli era ristretto in espiazione di pena detentiva, il che comportava l'applicazione del disposto dell'art. 37, comma 10, D.P.R. nr. 230/2000. 3. Con requisitoria scritta depositata in data 19 novembre 2014 il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, dr. Mario Pinelli, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e merita dunque accoglimento. 1.La questione posta dal ricorso all'odierno esame ha già trovato soluzione in precedenti e recenti pronunce, rese da questa Corte con orientamento che si condivide e s'intende riaffermare nella sua piena condivisibilità. Si è dunque affermato che il disposto normativo di cui al D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, art. 37, comma 10, laddove consente il prolungamento a due ore dei colloqui con congiunti o conviventi se residenti in comune diverso da quello in cui ha sede l'istituto penitenziario, a condizione che nella settimana precedente non si sia fruito di colloqui e che le esigenze e l'organizzazione dell'istituto lo consentano, è applicabile anche ai detenuti sottoposti al regime differenziato di cui all'art. 41 bis ord. pen. in tal senso, Cass. sez. 1, n. 39537 dei 24/6/2013, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Emilia in proc. Mandalà, non massimata sez. 1, n. 49725 del 26/11/2013, Ministero Giustizia in proc. Dell'Aquila, rv. 258764 sez. 1, n. 49726 del 26/11/2013, Ministero della Giustizia in proc. Catello, rv. 258421 . 1.1 Tale conclusione parte dalla constatazione per cui la disposizione di cui all'art. 41 bis ord. pen. - nel prevedere espressamente al comma 2-quater i contenuti della sospensione delle regole di trattamento e degli altri istituiti previsti dall'ordinamento penitenziario - disciplina in senso fortemente limitativo il regime dei colloqui, in quanto i detenuti sottopostivi sono ammessi ad incontrare soltanto categorie specifiche persone, ossia familiari e conviventi, mentre in casi eccezionali, previamente autorizzati dall'autorità penitenziaria o giudiziaria, anche soggetti estranei e lo svolgimento degli incontri deve avvenire in locali attrezzati con dispositivi atti ad impedire il passaggio di oggetti, con videoregistrazione e, previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria, controllo sotto forma di ascolto in diretta. 1.2 L'ampiezza della previsione normativa è tale da far ritenere che ulteriori limitazioni, al di là di quelle testualmente previste dalla legge, non siano possibili, salvo che derivino da una assoluta incompatibilità della norma ordinamentale - di volta in volta considerata - con i contenuti normativi tipici del regime differenziato. In particolare, l'art. 41 bis ord. pen. non stabilisce il limite di durata dell'unico colloquio mensile, diversamente da quanto previsto per il colloquio straordinario effettuato a mezzo dei telefono, fissato in dieci minuti, sicchè il parametro legislativo di riferimento va effettivamente individuato nell'art. 37, comma 10, dei D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, il quale indica in un'ora la durata massima per tutti i colloqui ordinari. A voler meglio precisare tale principio, questo Collegio ritiene di poter affermare che, in assenza di specifiche previsioni contenute nel decreto ministeriale - insussistenti nel caso di specie in riferimento al tema dei colloqui compensativi , non avendo precisato nulla al riguardo l'amministrazione ricorrente - anche per il detenuto sottoposto al regime di cui all'art. 41 bis ord. pen., possono trovare applicazione le norme dell'ordinamento penitenziario non oggetto di sospensione. 1.3 La stessa disposizione disciplina due ipotesi di protrazione della durata del colloquio, la prima in dipendenza di eccezionali circostanze da valutarsi caso per caso, la seconda correlata a due condizioni obiettive rappresentate dalla extraterritorialità del luogo di detenzione rispetto a quello di residenza dei congiunti e dalla mancata fruizione del colloquio nella settimana precedente , sempre che le esigenze e l'organizzazione dell'istituto lo consentano. La prima deroga non si pone sotto alcun profilo in contrasto con le previsioni normative, che qualificano il regime detentivo differenziato e risulta dunque sempre applicabile a fronte dei presupposto di eccezionalità della situazione giustificatrice la seconda in sé non si presta all'applicazione immediata ai detenuti sottoposti alla sospensione delle regole ordinarie, ma va adattata in riferimento al requisito della mancata fruizione di colloquio nella settimana precedente, posto che, mentre è generalizzata la collocazione in istituti in località remote rispetto a quelle di origine e di residenza dei familiari, tali detenuti non sono ammessi a colloqui con cadenza settimanale, quanto mensile. Pertanto, l'adattamento al regime speciale dell'art. 41-bis comporta la possibilità di protrarre a due ore la durata del colloquio se non si sia fruito dei previsto colloquio nel mese antecedente, laddove appunto il mese, non già la settimana, costituisce in questa specifica situazione il parametro temporale di riferimento rispetto al quale effettuare recupero dell'incontro non effettuato. 1.4 L'opposta interpretazione offerta nel provvedimento impugnato non tiene conto, da un lato che l'amministrazione penitenziaria centrale, nella stesura delle disposizioni regolamentari, ha un dovere di adeguamento alle fonti normative di rango più elevato, dall'altro che nel caso di specie si è negata la possibilità di protrazione della durata dei colloquio su una pretesa incompatibilità tra la disciplina speciale dell'art. 41-bis e la disciplina dei colloqui ordinari, affermata soltanto in via generale ed astratta, senza che al contempo si siano evidenziate ragioni di sicurezza interna od esterna, soltanto in base alle quali il nuovo comma 2-quater di tale norma prevede la possibilità di assumere determinazioni atte a prevenire collegamenti, contrasti o interazioni con singoli o con realtà criminali organizzate o con altri detenuti. Deve dunque ribadirsi che, esclusa l'esistenza di un divieto assoluto per i detenuti nei cui confronti sia stata disposta che la sospensione delle normali regole di trattamento di fruire di un colloquio mensile protratto coi familiari, compete di volta in volta alla direzione del carcere, nella ricorrenza delle condizioni previste dal D.P.R. n. 230 del 2000, art. 37, comma 10, ed a fronte delle specifiche esigenze e dell'organizzazione dell'istituto, valutare la possibilità o meno di accogliere l'istanza di proroga della durata del colloquio. Da ciò deriva l'accoglimento dei ricorso e l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata per nuovo esame che dovrà tener conto dei principi sopra enunciati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Magistrato di Sorveglianza di Milano.