Si configura il tentativo se il furto viene compiuto sotto la diretta sorveglianza delle forze dell’ordine

Il monitoraggio nella attualità della azione furtiva avviata, esercitato sia mediante la diretta osservazione della persona offesa – o dei dipendenti addetti alla sorveglianza o delle forze dell’ordine presenti in loco – sia mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce, e il conseguente intervento difensivo in continenti , a tutela della detenzione, impediscono la consumazione del delitto di furto, che resta allo stadio del tentativo.

Tentativo e consumazione del delitto di furto. Con la sentenza n. 18071, depositata il 29 aprile 2015, la sez. IV Penale della Corte di Cassazione conferma un recente orientamento giurisprudenziale precisando i limiti del reato di furto in relazione alla possibilità di configurare in suo luogo il tentativo. Infatti, con la sentenza in commento si ribadisce che il monitoraggio nella attualità della azione furtiva avviata, esercitato sia mediante la diretta osservazione della persona offesa – o dei dipendenti addetti alla sorveglianza o delle forze dell’ordine presenti in loco – sia mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce, e il conseguente intervento difensivo in continenti, a tutela della detenzione, impediscono la consumazione del delitto di furto, che resta allo stadio del tentativo. In buona sostanza, per gli Ermellini, deve essere escluso che il reato possa ritenersi consumato in difetto del perfezionamento del possesso della refurtiva in capo all’agente. Infatti, risulta difficilmente confutabile che l’impossessamento del soggetto attivo del delitto di furto postuli il conseguimento della signoria del bene sottratto, intesa come piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva da parte dell’agente. Decisiva la vigilanza. Per questo motivo, in quelle ipotesi in cui l’impossessamento è escluso dalla concomitante vigilanza, attuale e immanente, della persona offesa e dall’intervento esercitato in continenti a difesa della detenzione del bene materialmente appreso, ma ancora non uscito dalla sfera di controllo del soggetto passivo, la incompiutezza del l’impossessamento impedisce la consumazione del reato e limita la condotta delittuosa nell’ambito del tentativo. Per comprendere completamente il senso della decisione dei giudici del Palazzaccio è utile ricostruire la fattispecie concreta. Infatti, nel caso di specie, la Corte di appello territoriale aveva confermato la sentenza del giudice di primo grado con la quale il ricorrente era stato ritenuto responsabile del furto consumato di un navigatore satellitare e di una bottiglia di profumi sottratti da una vettura parcheggiata lungo la pubblica via, dopo aver forzato lo sportello. L’intervento del Carabinieri, che occasionalmente avevano scorto l’imputato soffermarsi nei pressi dell’autovettura, armeggiare sullo sportello, introdursi nel veicolo ed uscirne con passo spedito, rivela la presenza sullo stesso soggetto agente di una grossa tenaglia e degli oggetti indicati, nascosti nei pantaloni. Seguiva la condanna alla pena di sei mesi di reclusione e 200 euro di multa, concessa l’attenuante ex art. 62, n. 4, c.p. equivalente alle aggravanti della recidiva e della violenza, e con la diminuente del rito abbreviato. Tuttavia, il difensore dell’imputato presenta ricorso per cassazione, lamentando la contraddittorietà di motivazione della sentenza impugnata in merito al mancato riconoscimento del reato nella forma tentata. Secondo le doglianze della difesa, risulta di tutta evidenza che il fatto si è svolto per intero sotto la costante e diretta vigilanza dei Carabinieri, impedendo che si realizzasse un autonomo ed effettivo impossessamento della refurtiva. Quest’ultima, infatti, rimaneva sempre nella diretta sfera di controllo dell’offeso o di altri soggetti incaricati del controllo. Da ultimo la difesa dell’imputato osserva che i Carabinieri sono intervenuti immediatamente interrompendo l’azione criminosa nel tempo tecnico necessario per raggiungere il ricorrente ed impedire che si impossessasse effettivamente del navigatore e del profumo. Come si è già scritto, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso dell’imputato ritenendo sussistente l’ipotesi del tentativo in luogo della fattispecie del delitto consumato. Principio di offensività e tentativo. D’altra parte la conferma a cui giunge il Giudice di legittimità trova conforto dalla considerazione dell’oggetto giuridico del reato alla luce del principio di offensività. In questa prospettiva, il fondamento della giustapposizione tra il delitto tentato e quello consumato risiede nella compromissione dell’interesse protetto dalla norma incriminatrice. Del tutto coerente risulta l’aggancio alla consumazione del furto la completa rescissione della signoria che esercita sul bene il detentore. Al contrario, risulta configurarsi il tentativo se lo sviluppo dell’azione delittuosa non abbia comportato ancora l’uscita del bene dalla sfera di vigilanza e di controllo dell’offeso. Ciò che non si è verificato nel caso concreto, in quanto il frammento dell’azione dell’allontanamento dall’autovettura non ha comportato il perfezionamento dell’azione delittuosa essendo stato seguito in tempo reale dai Carabinieri. Chiosano i giudici di Piazza Cavour – come si legge nella sentenza – affermando che il fatto che l’imputato non sia stato bloccato mentre era ancora intento ad armeggiare sullo sportello dell’auto o a introdurvisi dentro, ma solo mentre si stava allontanando, non significa che vi sia stato impossessamento di quanto sottratto. Da qui l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello territoriale che, qualificato il fatto come tentativo, dovrà determinare la pena adeguata.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 12 febbraio – 29 aprile 2015, numero 18071 Presidente Sirena – Relatore Bianchi Ritenuto in fatto 1.La Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza dei Tribunale di Prato con la quale S.M. era stato ritenuto responsabile del furto consumato di un navigatore satellitare e di una bottiglia di profumo che aveva sottratto da una vettura parcheggiata sulla pubblica via, dopo aver forzato lo sportello il pomeriggio del 19 agosto 2010 i Carabinieri, transitando su una pubblica via, avevano occasionalmente scorto il S soffermarsi nei pressi di una autovettura, armeggiare sullo sportello, introdursi nel veicolo e poi uscirne, allontanandosi a passo spedito quando lo raggiungevano, constatavano che era in possesso di una grossa tenaglia e degli oggetti di cui sopra, nascosti nei pantaloni concessa l'attenuante ex art. 62 numero 4 equivalente alle aggravanti della recidiva e della violenza, e con la diminuente del rito abbreviato, il S era stato condannato alla pena di sei mesi di reclusione e 200,00 euro di multa. 2. Ha presentato ricorso per cassazione il difensore dell'imputato. Lamenta contraddittorietà di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dei reato nella forma tentata. Rileva che il fatto si è svolto per intero sotto la costante e diretta vigilanza dei Carabinieri, e ciò ha impedito che si realizzasse un autonomo ed effettivo impossessamento della refurtiva, rimasta sempre nella diretta sfera di controllo dell'offeso o di altri soggetti incaricati del controllo è illogico ritenere che si sia verificato l'impossessamento non essendo gli agenti riusciti a fermare subito il S, nonostante non lo abbiano mai perso di vista , dal momento che è pacifico che i Carabinieri sono intervenuti immediatamente interrompendo l'azione criminosa nel tempo tecnico necessario per raggiungere il prevenuto ed impedendo che costui si impossessasse effettivamente dei beni in questione. Considerato in diritto 1.II ricorso merita accoglimento. La questione ha trovato di recente considerazione e soluzione da parte delle sezioni unite di questa Corte sez. u. 17.7.2014 numero 52117 Rv. 261186 che, chiamate ad occuparsi del caso di furto in supermercato, hanno espresso un principio di ampia portata valevole anche nella presente situazione , affermando che Il monitoraggio nella attualità della azione furtiva avviata, esercitato sia mediante la diretta osservazione della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza o delle forze dell'ordine presenti in loco , sia mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce, e il conseguente intervento difensivo in continenti, a tutela della detenzione, impediscono la consumazione del delitto di furto, che resta allo stadio dei tentativo . Secondo la Corte Suprema è certamente da escludere che il reato possa ritenersi consumato in difetto del perfezionamento del possesso della refurtiva in capo all'agente appare difficilmente confutabile - e il dato deve ritenersi acquisito per generale consenso e in carenza di veruna apprezzabile obiezione - che l'impossessamento del soggetto attivo del delitto di furto postuli il conseguimento della signoria del bene sottratto, intesa come piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva da parte dell'agente. Sicché, laddove tale impossessamento è escluso dalla concomitante vigilanza, attuale e immanente, della persona offesa e dall'intervento esercitato in continenti a difesa della detenzione del bene materialmente appreso, ma ancora non uscito dalla sfera del controllo del soggetto passivo, la incompiutezza dell'impossessamento osta alla consumazione del reato e circoscrive la condotta delittuosa nell'ambito dei tentativo. La conclusione riceve conforto dalla considerazione dell'oggetto giuridico del reato alla luce dei principio di offensività. In tale prospettiva, di recente valorizzata quale canone ermeneutico di ricostruzione dei singoli tipi di reato da Sez. U, numero 40354 del 18/07/2013, Sciuscio, il fondamento della giustapposizione tra il delitto tentato e quello consumato e dei differenziato regime sanzionatorio risiede nella compromissione dell'interesse protetto dalla norma incriminatrice. Affatto coerente risulta, pertanto, l'aggancio della consumazione del furto alla completa rescissione anche se istantanea della signoria che sul bene esercitava il detentore , come esattamente individuato dalla sentenza numero 8445 del 2013, Niang. Mentre, di converso, se lo sviluppo dell'azione delittuosa non abbia comportato ancora la uscita del bene dalla sfera di vigilanza e di controllo dell'offeso, è per vero confacente, alla stregua del parametro della offensività, la qualificazione della condotta in termini di tentativo. Alla luce di tali affermazioni risulta evidente come nella specie non potesse ravvisarsi il reato consumato, dal momento che la sentenza qui impugnata ha riferito, nei termini sopra testualmente riportati, quale è stato lo sviluppo dell'azione, tutta direttamente osservata dagli agenti, immediatamente intervenuti a bloccare il S non rileva che quest'ultimo sia stato raggiunto dopo che era riuscito ad allontanarsi in possesso delle cose asportate dall'autovettura in quanto anche questo frammento dell'azione non ha comportato il perfezionamento dell'azione essendo stato seguito in diretta dagli agenti il fatto che il medesimo non sia stato bloccato mentre era ancora intento ad armeggiare sullo sportello dell'auto o a introdurvisi dentro, ma solo mentre si stava allontanando, non significa che vi sia stato impossessamento di quanto sottratto. 2. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze che, qualificato il fatto come tentativo, determinerà la pena adeguata. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze per l'ulteriore corso.