Ritenute non versate, la procedura per la regolarizzazione non incide sul dolo

In materia di omesso versamento dei contributi previdenziali, l’espletamento della procedura amministrativa, finalizzata alla regolarizzazione, non rientra nell’ambito della configurabilità del reato e, quindi, degli elementi costitutivi di esso ed il fatto stesso che il pagamento si configuri come causa di non punibilità evidenzia che l’illecito risulta già perfezionato.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 17709, depositata il 28 aprile 2015. Il caso. Il tribunale di Prato assolveva un imputato dal reato ex art. 2 l. n. 638/1983 perché il fatto non costituiva reato. All’uomo, socio di una s.n.c., era stato contestato di aver omesso di versare le ritenute previdenziali ed assistenziali, operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti. Secondo i giudici, non era configurabile l’illecito contestato sotto il profilo soggettivo, considerando l’evidente incertezza sulla reale conoscenza da parte dell’imputato della contestazione mossagli dall’ente previdenziale , in quanto inviata in un luogo in cui l’uomo non era più residente. Il Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Firenze ricorre in Cassazione, contestando l’assoluzione perché il fatto non sussiste, in quanto il verbale di contestazione ed il decorso del termine di tre mesi, senza che sia avvenuto il pagamento dei contributi omessi, non sono elementi costitutivi del reato, ma rientrano in una procedura amministrativa avente rilevanza penale, poiché il pagamento nel termine di legge è causa di non punibilità del reato, ma il reato stesso si è già perfezionato. Perciò, il corretto esercizio della procedura amministrativa, volta alla sanatoria ed alla non punibilità del reato, non rappresenta un elemento costitutivo e non può incidere quindi sul dolo. La notifica del decreto di citazione a giudizio costituisce un’informazione in ordine al reato e, di conseguenza, alla causa di non punibilità, trattandosi di una disciplina penale per cui non è ammessa ignoranza della legge. Tale conoscenza avrebbe potuto consentire all’imputato di esercitare la facoltà di sanatoria con conseguente effetto di non punibilità. Reato omissivo istantaneo. La Corte di Cassazione sottolinea che il reato di omesso versamento dei contributi previdenziali, ai sensi dell’art. 2 l. n. 638/1983, è reato omissivo istantaneo, che si consuma nel momento in cui scade il termine utile, concesso al datore di lavoro, per effettuare il dovuto versamento. Il datore di lavoro è gravato di un obbligo contributivo indiretto, per la quota di spettanza del lavoratore, in relazione alla quale egli agisce come sostituto responsabile verso l’INPS, cioè come soggetto obbligato prima ad effettuare le ritenute sulle retribuzioni corrisposte al dipendente e poi a versarle all’ente assicuratore. Regolarità della procedura amministrativa. L’espletamento della procedura amministrativa, finalizzata alla regolarizzazione, non rientra nell’ambito della configurabilità del reato e, quindi, degli elementi costitutivi di esso ed il fatto stesso che il pagamento si configuri come causa di non punibilità evidenzia che l’illecito risulta già perfezionato. Valore del decreto di citazione in giudizio. In mancanza di regolare notifica dell’accertamento, il decreto di citazione in giudizio può avere lo stesso valore di notifica se contiene tutti gli elementi dell’accertamento. In caso contrario, l’imputato può comparire e chiedere il rinvio per la sanatoria, anche se è decorso il termine trimestrale della notifica della chiamata in giudizio. Infatti, se la citazione non contiene tutti gli elementi dell’accertamento amministrativo non potrà avere valore in tal senso, ma da essa deriverà la conoscenza dell’esercizio dell’azione penale e del reato, consentendo così all’imputato, se interessato, di comparire in giudizio per esercitare tale possibilità e sanare l’illecito. Nel caso di specie, il tribunale aveva evidenziato l’insussistenza di dubbi sull’effettiva debenza all’INPS delle somme da parte dell’imputato, in correlato alla provata retribuzione ai lavoratori dipendenti, dimostrata dai modelli DM10 . Di conseguenza, la condotta dell’imputato aveva integrato il reato contestato. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione ai giudici di merito.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 3 marzo – 28 aprile 2015, n. 17709 Presidente Squassoni – Relatore Gazzara Ritenuto in fatto Il Tribunale di Prato, con sentenza del 22/11/2013, ha assolto B.M. dal reato contestatogli, di cui agli artt. 81 cpv cod.pen. e 2 L. 638/83, perché, quale socio della Mister Coffe snc di Dorigo Scilla e B. , aveva omesso di versare le ritenute previdenziali ed assistenziali, operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, relativamente ai mesi da giugno a ottobre 2009, per un importo complessivo di Euro 2.327,79. Il giudice di merito ha mandato assolto l'imputato con la formula perché il fatto non costituisce reato, rilevando non configurabile l'illecito contestato sotto il profilo soggettivo, vista l'evidente incertezza sulla reale conoscenza da parte del B. della contestazione mossagli dall'ente previdenziale, perché inviata in luogo in cui lo stesso B. non era più da tempo residente. Propone ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Firenze, con il seguente motivo -violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla assoluzione del prevenuto dal reato ad esso ascritto perché il fatto non sussiste, visto che il verbale di contestazione e il decorso del termine di tre mesi, senza che sia avvenuto il pagamento dei contributi omessi, non sono elementi costitutivi del reato, ma rientrano in una procedura amministrativa avente rilevanza penale, poiché il pagamento nel termine di legge è causa di non punibilità del reato, ma il reato stesso si è già perfezionato. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e va accolto. In estrema sintesi, con l'unico motivo di annullamento il Procuratore Generale rileva che il corretto esercizio della procedura amministrativa, volta alla sanatoria e alla non punibilità del reato, non rappresenta elemento costitutivo del reato ex art. 2, L. 638/83, e non può incidere sul dolo, anche perché, in ogni caso, la notifica del decreto di citazione a giudizio costituisce informazione in ordine al reato e, quindi, alla causa di non punibilità, trattandosi di disciplina penale per la quale non è ammessa ignoranza della legge conoscenza che avrebbe potuto consentire all'imputato di esercitare la facoltà di sanatoria con conseguente effetto di non punibilità. Il vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta l'impugnata pronuncia, consente di rilevare l'errore in cui è incorso il giudice di merito nel ritenere non concretizzato il reato in questione sotto il profilo soggettivo, avendosi una evidente incertezza sulla reale conoscenza del B. dell'avviso di accertamento, notificatogli dall'ente previdenziale. Orbene, osservasi che il reato di omesso versamento dei contributi previdenziali, ex art. 2, L. 638/83, è reato omissivo istantaneo, che si consuma nel momento in cui scade il termine utile, concesso al datore di lavoro per effettuare il dovuto versamento termine fissato dall'art. 2, co. 1, lett. b , d.Lvo 422/98, al giorno 16 del mese successivo a quello in cui si riferiscono i contributi Cass. 19/11/2013, n. 42121 Cass. 21/3/2012, n. 10974 Cass. 12/1/2011, n. 615 . Il datore di lavoro è gravato di un obbligo contributivo indiretto, per la quota di spettanza del lavoratore, in relazione alla quale egli agisce come sostituto responsabile verso l'INPS, vale a dire come soggetto obbligato prima ad effettuare le ritenute sulle retribuzioni corrisposte al dipendente, e poi, a versare le stesse all'ente assicuratore. L'espletamento della procedura amministrativa, finalizzata alla regolarizzazione, non rientra nell'ambito della configurabilità del reato e, quindi, degli elementi costitutivi di esso e il fatto stesso che il pagamento si configura come causa di non punibilità evidenzia che l'illecito risulta già perfezionato Cass. S.U. 24/11/2011, n. 1855 . La pronuncia della S.U richiamata era stata richiesta in relazione ad un contrasto giurisprudenziale relativo al valore dell'atto di citazione in giudizio, se cioè tale atto, in mancanza o in assenza di regolare notifica dell'accertamento, potesse avere valore di notifica di questo, con la conseguenza che da tale notifica decorrerebbe il termine di legge per assolvere al pagamento, con effetto di non punibilità. Il massimo Collegio nomofilattico ha stabilito che il decreto di citazione può avere detto valore se contiene tutti gli elementi dell'accertamento in caso contrario l'imputato potrà comparire e chiedere il rinvio per la sanatoria, anche se è decorso il termine trimestrale dalla notifica della chiamata in giudizio. E, infatti, evidente, che se la citazione non contiene tutti gli elementi dell'accertamento amministrativo non potrà avere valore in tal senso, ma, comunque, da essa deriverà la conoscenza dell'esercizio dell'azione penale e del reato, così da consentire all'imputato, se interessato, di comparire in giudizio pere esercitare tale possibilità e sanare l'illecito. Pertanto, allorché il Tribunale ha evidenziato la insussistenza di dubbi sulla effettiva debenza all'INPS delle somme di cui al capo di imputazione da parte del B. , in correlato alla provata retribuzione ai lavoratori dipendenti, dimostrata dai modelli DM10, il decidente non avrebbe potuto pronunciare l'impugnata assoluzione, in quanto la condotta posta in essere dal prevenuto, per le ragioni ut supra esposte, ha concretizzato il reato rubricato. Conseguentemente, questo Collegio ritiene di dovere annullare con rinvio la decisione gravata, affinché il giudice ad quem proceda nell'ottica dei principi richiamati. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Firenze.