Adescava i minori in un mondo particolare qualificato come “un vero Bengodi”: la personalità dell’imputato è quella di pedofilo conclamato e strutturato

È violenza sessuale aggravata perché in danno di minorenne la strisciante condotta di adescamento della vittima indotta a compiere o tollerare atti sessuali.

E’ quanto affermato dalla Cassazione con la sentenza n. 17383/2015, depositata il 27 aprile. Il caso. L’imputato, ultrasessantenne all’epoca dei fatti, è stato condannato per violenza sessuale aggravata perché avvenuta in danno di un minore infraquattordicenne. Giudicato colpevole a seguito di rito abbreviato davanti al Tribunale di Oristano e condannato altresì alle pene accessorie e al risarcimento del danno della parte civile costituita, l’interessato proponeva impugnazione ma la sentenza veniva confermata in appello e, infine, anche davanti alla Corte di Cassazione. All’imputato si ascriveva di aver indotto il minore infraquattordicenne a compiere atti sessuali consistenti nel ripetuto toccamento del pene fino all’eccitazione e nella induzione a masturbarsi fino all’eiaculazione. La condotta di induzione era realizzata con abuso delle condizioni di inferiorità psichica della vittima cagionata dalla notevole differenza di età tra i due e dalle condizioni familiari del minore orfano” di figure di riferimento, condizioni che l’imputato conosceva e di cui si serviva per carpire la fiducia del minore mediante subdole condotte di adescamento anche per mezzo di regalie. Ad inchiodare l’imputato vi erano plurimi riscontri probatori intrecciati alle dichiarazioni della giovane vittima, della madre e del fratello maggiore, a sua volta, già pregressa vittima delle pulsioni sessuali dell’imputato, nonché di amici del minore tra questi la confessione dell’imputato e i riscontri documentali comprovanti le tendenze pedofile dello stesso. Un progressivo adescamento sfociato in violenza sessuale per induzione”. I giudici di merito avevano evidenziato il contesto ambientale in cui si era sviluppato il delitto con particolare riguardo alla condotta realizzata dall’imputato e descritta come un vero e proprio accerchiamento progressivo” in uno all’istaurarsi di un rapporto fiduciario tra imputato e vittima. L’adulto, infatti, si era conquistato gradatamente la fiducia del bambino divenuto mero strumento del potere dell’uomo. Di tanto si è dunque approfittato l’imputato che aveva prospettato alla giovane vittima come normale il compimento dell’atto sessuale il toccamento del pene allo scopo di superare le ritrosie del bambino che aveva scostato le mani dell’imputato e lo aveva invitato a cessare la condotta, senza successo. Tecniche di adescamento atte a conquistare la fiducia del minore. È stata valorizzata l’incidenza delle condizioni di inferiorità della vittima sulla propria capacità di autodeterminazione in campo sessuale e la conoscenza dell’imputato di quello stato strumentalizzato a fini di concupiscenza. La personalità dell’imputato è stata qualificata come quella di un pedofilo conclamato e strutturato” che adescava i minori con subdole e variegate tecniche che attiravano le vittime predestinate in un mondo tutto particolare descritto come un vero Bengodi”, in altri termini, in un Paese dei Balocchi”, avendo come obiettivo quello di conquistare la fiducia dei minori. La diatriba sulla qualificazione giuridica dei fatti. In un primo momento l’accusa era di violenza sessuale per costrizione comma 1 dell’art. 609 bis c.p. , poi qualificata come violenza sessuale per induzione comma 2 dell’art. 609 bis c.p. . Va subito detto che la differenza si coglie solo riguarda alla descrizione del fatto tipico e non riguardo alla pena che è la medesima. Pacificamente, invece, veniva esclusa la riconducibilità dei fatti alla fattispecie di atti sessuali con minorenne art. 609 quater c.p. invece invocata dalla difesa dell’imputato. È violenza per induzione” quando Si rivolge ad un soggetto che si trovi in condizioni di inferiorità fisica o psichica. L’induzione consiste in un’opera di persuasione sottile, subdola, un’attività di pressione finalizzata a determinare una persona nel senso voluto dall’agente. Segnatamente, con riferimento agli atti sessuali, si parla di induzione quando il comportamento dell’agente è idoneo a suscitare o determinare la vittima al compimento di atti che altrimenti non avrebbe compiuto, fermo restando il nesso di causalità tra il comportamento induttivo e il compimento – o la tolleranza nel subire – atti sessuali. Si parla invece di violenza per costrizione” se vi è un abuso di autorità. mentre è condotta di atti sessuali con minorenne Se gli atti sessuali sono compiuti con minore degli anni quattordici comma 1 dell’art. 609 quater c.p. o con minore degli anni sedici ad opera dell’ascendente o di altri soggetti in rapporto qualificato con la vittima. La condotta non è descritta né in termini di induzione né in quelli di costrizione, bensì è a forma libera” caratterizzandosi solo per essere intrusiva rispetto alla sessualità del minore. Anzi, la norma esclude dal suo campo di azione le ipotesi previste dall’art. 609 bis c.p Il discrimine tra violenza e atti sessuali. La condotta stigmatizzata dal reato di atti sessuali con minorenne è quella che mina lo sviluppo della personalità sessuale della vittima. A presidio di ciò, il legislatore ha stabilito che vi è una inviolabilità sessuale assoluta per il minore infraquattordicenne senza condizioni di sorta e un’inviolabilità relativa e condizionata per il minore infrasedicenne. Ne deriva che il consenso del minore allo svolgimento dell’atto sessuale commesso dall’adulto esclude la sussistenza di una violenza sessuale ma non del reato di atti sessuali con minorenne. Nel caso di specie, la Corte ha escluso che vi fosse un consenso del minore perché indotto e non libero. L’inferiorità legata all’età ha sfumature diverse nei due reati. Nel caso di violenza per induzione l’atteggiamento dei minore vittima è quello di soggetto succube e tollerante rispetto all’adulto che ha approfittato dello stato di inferiorità aggravandola con l’attività di induzione. Nel caso di atti sessuali con minorenne, invece, l’inferiorità dovuta all’età della vittima vizia il consenso in forza di una presunzione di legge di intangibilità della sfera sessuale del minorenne. In altri termini, la vittima che si trovi in condizioni di inferiorità – anche in ragione del mero dato anagrafico – diventa uno strumento di piacere” dell’agente che può piegarla alle proprie voglie sessuali per mezzo di condotte subdole e persuasive consistenti in sopraffazione della fragile personalità della vittima senza necessità di realizzare condotte intimidatorie o costrittive per ottenere quanto desiderato. Esclusa la c.d. minore gravità. I giudici hanno escluso che nel caso di specie fosse riconoscibile, in favore dell’imputato, la circostanza attenuante speciale del fatto di minore gravità, e ciò in ragione della condotta e delle gravi conseguenze patite dal minore sia sul piano della sessualità che sul piano relazionale con il mondo degli adulti. Escluse le circostanze attenuanti generiche. Sul punto i giudici hanno valorizzato il comportamento processuale dell’imputato. Infatti, sebbene avesse reso confessione in ordine alle linee essenziali del fatto, il contegno processuale può dirsi caratterizzato da alcuni dettagli nel racconto tendenti a scaricare sul bambino la decisione della masturbazione come atto conclusivo di quell’incontro in cui il minore aveva scostato la mano dell’imputato dal proprio organo sessuale. L’atteggiamento è stato ritenuto dai giudici quale indice sintomatico della convinzione dell’uomo circa la normalità” dei propri comportamenti, tendenti a discolparsi o quantomeno a neutralizzare i caratteri o a ridurre l’entità della condotta riprovevole.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 16 dicembre 2014 – 27 aprile 2015, n. 17383 Presidente Squassoni – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1.1 Con sentenza del 28 maggio 2014 la Corte di Appello di Cagliari confermava la sentenza del Giudice per l'Udienza Preliminare del Tribunale di Oristano del 16 luglio 2013 con la quale O.C. , imputato del reato di violenza sessuale aggravata artt. 609 bis comma 2 n. 1 e 609 ter cod. pen. - fatto commesso nel corso dell'inverno 2009 in danno dell'infraquattordicenne A.M. , era stato condannato, previa esclusione della recidiva e con la diminuente per il rito, alla pena di anni quattro e mesi otto di reclusione oltre alle pene accessorie di legge ed al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile. 1.2 La Corte distrettuale ricostruiva dettagliatamente i tratti della vicenda, confermando la decisione in punto di responsabilità sulla base di plurimi dati probatori tra loro incrociati le dichiarazioni della giovanissima p.o. della madre, del fratello maggiore Davide - pur egli pregressa vittima delle pulsioni sessuali dell'imputato di amici del ragazzino della stessa confessione dell'imputato e di riscontri documentali comprovanti le tendenze pedofile dell'O. . La Corte territoriale, espressamente investita della corretta qualificazione giuridica del fatto, non solo lo inquadrava nella fattispecie della violenza sessuale per induzione e non per costrizione come originariamente contestato dal P.M. che aveva poi modificato l'imputazione , ma escludeva che l'episodio potesse qualificarsi come atto sessuale con minorenne ex art. 609 quater cod. pen. mancandone le condizioni. La Corte territoriale escludeva anche la possibilità che venisse riconosciuta la circostanza attenuante del fatto di minore gravità tenuto conto delle modalità della condotta e, soprattutto, delle gravi conseguenze patite dal minore sia sul piano della sua sessualità che sul piano relazionale con il mondo degli adulti. Veniva anche esclusa la possibilità di concedere le attenuanti generiche. 1.3 Avverso la sentenza propone ricorso l'imputato tramite il proprio difensore di fiducia deducendo due specifici motivi a nullità della sentenza per assoluto difetto di motivazione in punto di qualificazione della condotta erroneamente indicata come violenza sessuale per induzione e non come atto sessuale con minorenne b nullità della sentenza per contraddittorietà della motivazione in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche, per avere la Corte territoriale, pur prendendo atto della confessione dell'imputato e del suo postumo contegno processuale dopo i fatti, valorizzato e preferito la versione della vittima anziché le giustificazioni offerte dell'O. , così incorrendo, di riflesso, nell'errata qualificazione della condotta come violenza sessuale e non atti sessuali con minore consenziente. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato. Come premessa in fatto va ricordato che all'odierno ricorrente viene contestato il delitto p. e p. dagli artt. 609 bis comma 2 n. 1 e 609 ter n. 1 cod. pen. per avere indotto il minore infraquattordicenne A.M. a compiere atti sessuali consistiti nel ripetuto toccamento del pene fino all'eccitazione e nella successiva induzione a masturbarsi con conseguente eiaculazione, condotta realizzata con abuso delle condizioni di inferiorità psichica della vittima determinata dalla notevole differenza di età rispetto all'imputato e dalle condizioni familiari del minore privo di figure riferimento, delle quali l'O. era consapevole e si serviva per carpire la fiducia del minore medesimo attraverso regalie e subdole condotte di adescamento. 1.1 La questione - non nuova in quanto già dedotta con l'atto di appello e da qui la sollevata censura di difetto di motivazione specifica - posta dal ricorrente, attiene alla asserita errata qualificazione giuridica della condotta sussumibile, secondo la difesa del ricorrente, sotto il paradigma dell'art. 609 quater cod. pen. e non 609 bis comma 2 n. 1 stesso codice, come, invece, ritenuto dalla Corte territoriale. 1.2 La censura, nei termini in cui viene riproposta, non è condivisibile e va subito detto che sul punto la Corte di merito ha sviluppato, con dovizia di argomenti ed estrema coerenza logica, una motivazione corretta e conforme ai canoni ermeneutici più volte precisati dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema. 1.3 Giova ricordare, come premessa di fondo, che la fattispecie di violenza sessuale c.d. per induzione art. 609 bis comma 2 n. 1 cod. pen. è incentrata sull'induzione all'atto sessuale di soggetto che si trova in condizioni di inferiorità fisica o psichica. Tale condotta che si distingue nettamente sia dalla fattispecie di violenza per costrizione mediante abuso di autorità comma 1 della stessa norma che da quella di atti sessuali compiuti con minori degli anni sedici ad opera dell'ascendente o di altri soggetti in rapporto qualificato con la persona offesa comma 1 n. 2 dell'art. 609-quater c.p. , è caratterizzata dalla induzione che si realizza quando con un'opera di persuasione sottile, quanto subdola, l'agente spinge o istiga il soggetto che versi nella ricordata situazione di inferiorità fisica o psichica ad aderire ad atti sessuali che, altrimenti, non avrebbe compiuto in termini, oltre a Sez. 3^ 19.6.2002 n. 32513, P., Rv. 223101 che individua le differenze tra le tre fattispecie dianzi descritte, v. Sez. 3^ 14.4.2010 n. 20766, T. e altro, Rv. 247654 che precisa il concetto di induzione . 2. Di contro il delitto previsto dall'art. 609 quater comma 1 n. 1 cod. pen. atti sessuali con minore infraquattordicenne si connota per una condotta, c.d. a forma libera , di tipo intrusivo verso la sessualità del minore senza, però, che ricorrano i fatti tipici della costrizione art. 609 bis comma 1 cod. pen. o della induzione 609 bis comma 2 n. 1 stesso codice , come chiaramente si deduce dalla parte iniziale del comma 1 dell'art. 609 quater citato, laddove si parla di condotte commesse al di fuori delle ipotesi previste nell'art. 609 bis cod. pen. che viene, quindi, richiamato quoad poenam. 2.1 La fattispecie disciplinata dal detto art. 609 quater - nella sua formulazione antecedente alla L. 172/12 art. 4 lett. r che ha modificato l'originario comma 2 - mira alla salvaguardia del corretto sviluppo della personalità sessuale del minore stabilendo una inviolabilità sessuale assoluta per la vittima infraquattordicenne e relativa e condizionata per l'infrasedicenne v. sul punto Sez. 3A 25.2.2004 n. 15287, D'Ettore, Rv. 228610 . Ne deriva che il consenso espresso dal minore all'atto sessuale commesso dall'adulto esclude ogni forma di violenza sessuale nelle sue condotte tipizzate dalla norma di riferimento ed è eventualmente valutabile ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante speciale della minore gravità prevista dal 4 comma dell'art. 609 quater v. in termini Sez. 3^ 14.6.2011 n. 29618, M., Rv. 250626 . 3. Così sintetizzato il quadro normativo astratto, non può che ribadirsi la esattezza della soluzione adottata dalla Corte territoriale, attraverso un percorso argomentativo attento ed articolato che nulla ha lasciato all'improvvisazione, affrontando e risolvendo con altrettanta cura tutti i punti critici indicati nell'atto di appello. 3.1 Valgano, al riguardo, le ulteriori riflessioni del Collegio la Corte di Cagliari, nella sua operazione concreta di verifica, per un verso, dell'incidenza delle condizioni di inferiorità della giovane vittima sulla propria capacità di autodeterminazione in ambito sessuale e, per altro verso, della conoscenza, da parte dell'imputato, di quello stato di inferiorità e della sua strumentalizzazione a fini di concupiscenza, ha individuato i punti salienti soffermandosi a sulla storia familiare della giovane vittima b sui rapporti interpersonali tra la stessa e l'imputato c sul contesto in cui la vicenda si è sviluppata prestando attenzione - si perdoni il bisticcio - anche alla disattenzione , quanto meno iniziale, della madre d sulle modalità dei contatti e sul comportamento di esordio interamente teso a conquistare la fiducia del minore e sulla stessa personalità dell'imputato, pedofilo conclamato e strutturato come lo definisce a pag. 18 la Corte distrettuale pronto a circuire i minori che gli giravano attorno con le tecniche più variegate e subdole pur di attrarli in un mondo tutto particolare qualificato, sempre dalla Corte a pag. 17, con il termine davvero suggestivo ed emblematico un vero bengodi ispirandosi alla descrizione del Boccaccio del luogo immaginario, allegro e godereccio, contenuta nel suo Decamerone . 3.2 La censura del ricorrente ritorna sulla pretesa insufficienza motivazionale della Corte distrettuale nel senso che la stessa avrebbe limitato la propria indagine a quei dati senza spiegare le ragioni e le modalità con le quali la situazione in cui il minore versava aveva inciso sulla capacità di autodeterminazione sessuale del minore stesso vds. pag. 3 del ricorso . 3.3 Il vizio di fondo che si annida nella censura della difesa va individuato nella pretesa equivalenza tra la condotta di cui al comma 2 n. 1 dell'art. 609 bis cod. pen. e quella indicata nel comma 1 n. 1 dell'art. 609 quater nella parte relativa al consenso del minore al compimento dell'atto ed, ancora, nella realizzazione da parte del soggetto agente di una attività di persuasione indirizzata al raggiungimento dello scopo prefisso. 3.4 A ben vedere, e muovendo sempre dalla premessa contenuta nella prima parte dell'art. 609 quater cod. pen. al di fuori delle ipotesi previste detto articolo [art. 609 bis cod. pen.], vi è una differenza sostanziale tra le due norme rappresentata, proprio, dall'atteggiamento del minore, succube e tollerante passivamente nel caso della violenza sessuale indotta in cui l'eventuale consenso è viziato non solo per le condizioni di inferiorità, ma anche per l'attività di induzione, e consenziente nel caso disciplinato dall'art. 609 quater anche se il consenso è pur esso viziato per ragioni di inferiorità legata all'età, senza che vi sia l'induzione. 3.5 Il termine induzione indirizzato al compimento di un atto sessuale, che vale a distinguere il reato di cui all'art. 609 bis e ter rispetto alla fattispecie dell'art. 609 quater c.p., evoca quindi una attività di persuasione e di pressione finalizzata a determinare la persona offesa nel senso voluto dall'agente. Tale condizione si verifica - come già accennato - quando il comportamento dell'agente sia risultato idoneo a suscitare o a determinare la vittima al compimento di atti sessuali che altrimenti la stessa non avrebbe compiuto, ferma restando, ovviamente, la relazione causale tra il detto comportamento ed il compimento di o la tolleranza nel subire atti sessuali, oltre a Sez. 3^ 20766/10, v. anche Sez. 4^ 22.2.2007 n. 14141, Piras e altro, Rv. 236202 . La vittima che si trovi nelle condizioni di inferiorità fisica o anche psichica in ragione della sua età minore diventa, pertanto, un vero e proprio strumento di piacere nelle mani dell'agente che può piegarla alle proprie voglie sessuali attraverso una condotta subdola e persuasiva esplicabile anche mediante forme di sopraffazione approfittatrici della fragile personalità della vittima, senza la necessità di porre in essere condotte di tipo intimidatorio e/o costrittivo così Sez. 4^ 17.9.2008 n. 40795, Cecere e altri, Rv. 241326 . 4. Sotto altro profilo, poi, l'eventuale consenso del minore al compimento di atti sessuali assume una rilevanza marginale ai fini della graduazione della intensità della lesione patita dalla vittima e dell'eventuale riconoscimento nel caso in esame escluso, a ragione, dalla Corte con motivazione, ancora una volta, convincente ed efficace della speciale attenuante della minore gravità in termini Sez. 3^ 30.9.2014 n. 6168, S. ed altro . 4.1 La Corte di merito, nel richiamare in parte qua la sentenza del primo Giudice, ha, non soltanto individuato il contesto ambientale in cui la vicenda delittuosa si è sviluppata, ma approfondito l'aspetto della condotta circuitrice un vero e proprio accerchiamento progressivo condita dal progressivo formarsi di un rapporto fiduciario che è servito al ricorrente per prospettare al minore il compimento dell'atto sessuale il toccamento ripetuto del pene come normale al fine di superare le ritrosie del minore ritrosie, del resto, manifestate dal bambino quando la Corte afferma che il minore scostò le mani dell'O. invitandolo a smettere, senza alcun successo visto che l'O. proseguì nella sua condotta fino a persuadere il bambino a masturbarsi ed eiaculare . 4.2 E la Corte ha anche sottolineato la piena consapevolezza da parte dell'O. della situazione di inferiorità della vittima e compiutamente indicato le caratteristiche in concreto dell'induzione nei vari momenti topici dell'episodio, servendosi anche della parziale confessione dell'imputato pag. 17 della sentenza impugnata . Lungi, dunque, dall'essersi arrestata alla mera verifica della situazione di inferiorità psichica del ragazzo e dell'opera di persuasione svolta dall'O. la Corte ha anche spiegato chiaramente le ragioni per le quali tali situazioni hanno condizionato il minore nei suoi orientamenti sessuali, sulla base di quella subdola attività di convincimento che ha spinto il giovane a compiere gesti che altrimenti non avrebbe compiuto gesti che certamente non sono stati posti in essere dal minore spontaneamente come pretende la difesa del ricorrente ma solo per effetto dell'azione dell'imputato che gradatamente si era conquistato la fiducia del ragazzo, divenuto così un mero strumento nel potere dell'adulto. 5. Anche il motivo riferito al difetto di motivazione per manifesta illogicità in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche è infondato la Corte di merito ha escluso che nella vicenda in esame vi fossero spazi per pervenire ad un soluzione diversa e ciò ha fatto evidenziando alcuni dati negativi - su tutti la gravità dell'azione caratterizzata da una vera e propria attività di suggestione - ed ancora il contegno processuale che, sebbene improntato alla confessione è stato però caratterizzato da alcuni particolari del racconto tesi a scaricare sul giovane la decisione della masturbazione come atto conclusivo dopo aver scostato dal proprio organo sessuale la mano dell'imputato. Atteggiamento che, a ragione, la Corte ha visto come un chiaro sintomo della convinzione da parte dell'odierno ricorrente della normalità dei propri comportamenti non si dimentichi che la Corte ha sottolineato come l'imputato, per discolparsi di fronte alla madre del ragazzo che aveva appreso il fatto dal racconto del figlio più grande, aveva detto che in fondo gli aveva toccato solo il pene, una cosa normale . 5.1 Nessuna contraddittorietà logica è dato rinvenire nel ragionamento della Corte come sostenuto dalla difesa del ricorrente, non senza aggiungere che il giudice distrettuale ha ribadito la correttezza della qualificazione della condotta abusante nei termini contestati, anche a voler dar credito alla versione riduttiva offerta dall'imputato nel proprio interrogatorio. In ultimo va chiarito che il giudice di merito non ha l'obbligo, in sede di appello, di verificare tutte le circostanze dedotte dall'appellante per ottenere le richieste attenuanti, ben potendo circoscrivere l'esame a qui dati negati ritenuti decisivi che nella specie è stato condotto con la dovuta cura e coerenza logica. 6. Sulla base di tali considerazioni il ricorso va rigettato. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.