Il sequestro preventivo può essere salvato con la correzione della motivazione in sede di riesame

Il Tribunale del riesame deve essere qualificato quale giudice di merito e, in quanto tale, deve essergli attribuito il potere – dovere di correggere o integrare la motivazione, non solo in diritto ma anche in fatto, del provvedimento cautelare impugnato, potendolo anche confermare con diversa motivazione, ove ne ricorrano le condizioni. L’annullamento del provvedimento può invece essere disposto solo ove la motivazione sia graficamente inesistente o apparente ovvero nel caso in cui, sulla base di una completa rivalutazione del materiale probatorio, il giudice del riesame ritenga insussistenti i presupposti richiesti dalla legge per l’emanazione della misura.

E’ quanto afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 17454/15 depositata il 27 aprile. Il fatto. Il gip presso il Tribunale di Macerata disponeva la misura cautelare del sequestro preventivo nei confronti di due imputati per il reato di cui all’art. 12 – quinquies , d.l. n. 306/1992. Il procedimento proseguiva con il susseguirsi di una pluralità di opposizioni e richieste di riesame della misura basate sulla sussistenza del fumus commissi delicti , giungendo per ben tre volte innanzi alla Corte di Cassazione. L’ultimo ricorso in Cassazione, in ordine di tempo, viene proposto da uno dei due imputati avverso l’ordinanza con cui il Tribunale di Macerata rigettava la richiesta di riesame e confermava il sequestro preventivo. Il ricorrente lamenta l’errore in cui sarebbe incorso il giudice del riesame nella valutazione della sproporzione tra il reddito e le attività economiche dell’altro imputato, nonché del valore degli immobili nella sua disponibilità, avendo egli fornito argomenti del tutto diversi da quelli con cui il gip aveva originariamente motivato l’adozione della misura cautelare. Il potere - dovere di correzione della motivazione. La Cassazione nega ogni fondamento alla censura prospettata dal ricorrente, affermando che il Tribunale del riesame, pur non potendo trasformare la natura del provvedimento sottoposto al suo sindacato e confermare una misura cautelare reale per finalità diverse da quelle per cui era stata disposta ad esempio trasformando un sequestro preventivo in sequestro probatorio , ha la possibilità di integrare e correggere la motivazione del provvedimento impugnato non solo in termini giuridici, bensì anche in relazione a questioni di fatto e agli apprezzamenti di merito, essendo precluso il solo potere istruttorio volto all’acquisizione di nuovi mezzi istruttori. Il principio sancito dalla Cassazione. Tale argomentazione viene riassunta nel principio di diritto affermato dalla Suprema Corte secondo il quale il Tribunale del riesame è un giudice di merito e, come tale, ha il potere – dovere” di correggere o integrare la motivazione, non solo in diritto, ma anche in fatto del provvedimento cautelare impugnato, confermando quest’ultimo – ove ne ricorrano le condizioni – con diversa motivazione esso può annullare il provvedimento impugnato solo nel caso in cui la motivazione sia graficamente inesistente o apparente ovvero nel caso in cui, sulla base di una completa rivalutazione del materiale probatorio ad esso sottoposto, ritenga che siano insussistenti i presupposti richiesti dalla legge per la emanazione della misura . Essendosi il Tribunale del riesame, nel caso concreto, attenuto ai principi affermati in sede di legittimità ed avendo correttamente esercitato i propri poteri di correzione della motivazione del provvedimento impugnato, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 1 – 27 aprile 2015, n. 17454 Presidente Esposito – Relatore Lombardo Ritenuto in fatto e in diritto 1. Con ordinanza del 5.11.2012, il Tribunale di Macerata, in accoglimento delle richieste di riesame presentate da E.M. ed E.P. in proprio e quali legali rappresentanti delle società IMM.GEST. s.r.l., GPE s.r.l., FAST GRILL s.r.l. , annullò i decreti di sequestro preventivo emessi dal G.I.P. dello stesso Tribunale il 1 ottobre 2012, il 10 ottobre 2012 e il 18 ottobre 2012, ai sensi degli artt. 12 quinquies e 12 sexies D.L. n. 306 del 1992 e 321 cod. proc. pen 2. Con sentenza del 12.6.2013, questa Sezione della Corte suprema, accogliendo il ricorso del pubblico ministero, annullò la detta ordinanza relativamente alla ritenuta insussistenza del fumus commissi delicti per il reato di cui all'art. 12 quinquies D.L. n. 306 del 1992 e rinviò al Tribunale di Macerata per nuovo esame sul punto. 3. Con ordinanza del 21.10.2013, il Tribunale di Macerata, decidendo in sede di rinvio, accolse parzialmente la richiesta di riesame proposta da E.P. ed E.M. , annullando il sequestro preventivo in data 18 ottobre 2012 limitatamente agli assegni bancari, dei quali dispose la restituzione a E.P. confermò nel resto il detto decreto di sequestro dichiarò infine precluso il giudizio relativamente ai decreti di sequestro preventivo emessi nelle date 1 e 10 ottobre 2012 per intervenuta formazione del giudicato cautelare. 4. Avverso tale ordinanza propose ricorso per cassazione E.M. in proprio e quale legale rappresentante della società IMM.GEST. s.r.l. e la Sesta Sezione di questa Corte, con sentenza del 22.5.2014, annullò l'ordinanza impugnata relativamente alla ritenuta sussistenza del fumus commissi delicti per il reato di cui all'art. 12 quinquies D.L. n. 306 del 1992 fondata sulla asserita esistenza di un giudicato cautelare sul punto e rinviò al Tribunale di Macerata per un ulteriore esame, da svolgersi osservando il principio di diritto per cui il giudicato cautelare in materia di misure coercitive reali presuppone l'assoluta coincidenza oggettive e soggettiva tra più provvedimenti inoppugnabili o non più impugnabili, non potendosi - al contrario - ritenere l'esistenza del giudicato cautelare su questioni dedotte a seguito dell'impugnazione proposta da altro coindagato. 5. Con ordinanza del 31.10.2014, il Tribunale di Macerata rigettò le richieste di riesame presentate dalla società IMM.GEST. s.r.l. e confermò il disposto sequestro preventivo. 6. Avverso tale ordinanza, E.M. - in proprio e quale legale rappresentante della società IMM.GEST. s.r.l. - propone nuovo ricorso per cassazione. Formula due motivi di ricorso. 6.1. Col primo motivo, deduce l'inosservanza e l'erronea applicazione della legge con riferimento alla ritenuta sproporzione - ai sensi dell'art. 12 sexies D.L. n. 306 del 1992 - tra il reddito e le attività economiche di E.P. e il valore degli immobili nella sua disponibilità al momento del loro acquisto. Deduce che, in ordine alla sussistenza di tale sproporzione, il Tribunale avrebbe motivato con argomenti del tutto diversi da quelli posti a base del provvedimento del G.I.P., il quale aveva considerato la sussistenza della sproporzione con riferimento al momento attuale, e non a quello dell'acquisto dei singoli beni ciò non sarebbe stato consentito al giudice del riesame, il quale non potrebbe integrare la motivazione del provvedimento di sequestro quando essa è del tutto carente. La censura non è fondata. Osserva il Collegio che il Tribunale del riesame, sebbene non possa mutare la natura del provvedimento sottoposto al suo sindacato e confermare così una misura cautelare reale per finalità diverse da quelle per le quali è stata disposta trasformando, ad es., un sequestro preventivo in un sequestro probatorio, o in un sequestro conservativo sul punto, Sez. 6, n. 30109 del 12/07/2012 Rv. 252998 , può invece integrare e correggere la motivazione del provvedimento impugnato non solo in punto di diritto mutando, ad es., la qualificazione giuridica del fatto , ma anche relativamente alle questioni di fatto e agli apprezzamenti di merito, purché sulla scorta delle risultanze degli atti che sono ad esso sottoposti Sez. 2, n. 3103 del 18/12/2007 - dep. 21/01/2008 - Rv. 239267 , essendo precluso al Tribunale del riesame l'esercizio di potere istruttorio volto all'acquisizione di nuovi elementi di prova. Il potere di integrare e correggere la motivazione, con le relative valutazioni in fatto, discende dalla natura di giudice di merito che è propria del Tribunale del riesame, natura - che lo distingue essenzialmente dalla Corte di cassazione quale giudice del mero diritto -dalla quale discende non solo il potere , ma anche il dovere del detto Tribunale di compiere un riesame pieno della vicenda ad esso sottoposta, in modo da poter sostituire le proprie valutazioni a quelle del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato - ove non condivise - e i propri argomenti giustificativi a quelli contenuti nel detto provvedimento. In questo senso, la integrazione o la sostituzione della erronea o non condivisa motivazione del provvedimento impugnato costituisce per il Tribunale del riesame un vero e proprio potere-dovere , dimodoché l'annullamento dell'ordinanza impositiva della misura cautelare costituisce la extrema ratio delle determinazioni adottabili tale annullamento può essere disposto solo ove il provvedimento impugnato sia mancante di motivazione in senso grafico ovvero, pur esistendo una motivazione, essa si risolva in clausole di stile e quindi in una motivazione apparente cfr. Sez. 2, n. 39383 del 08/10/2008 Rv. 241868 . Negli altri casi, il Tribunale del riesame non può annullare l'ordinanza impugnata della quale non condivida o ritenga erronee le valutazioni in fatto, senza prima aver verificato la possibilità che il provvedimento cautelare adottato possa trovare idoneo fondamento giuridico e fattuale negli altri elementi - diversi da quelli indicati dal G.I.P. - comunque emergenti dagli atti ad esso sottoposti. Può affermarsi, pertanto, il seguente principio di diritto Il Tribunale del riesame è un giudice di merito e, come tale, ha il potere-dovere di correggere o integrare la motivazione, non solo in diritto, ma anche in fatto del provvedimento cautelare impugnato, confermando quest'ultimo - ove ne ricorrano le condizioni - con diversa motivazione esso può annullare il provvedimento impugnato solo nel caso in cui la motivazione sia graficamente inesistente o apparente ovvero nel caso in cui, sulla base di una completa rivalutazione del materiale probatorio ad esso sottoposto, ritenga che siano insussistenti i presupposti richiesti dalla legge per la emanazione della misura”. Orbene, il Tribunale del riesame si è attenuto a tale principi, in quanto, una volta verificata l'erroneità della motivazione dell'ordinanza impugnata in ordine alla sproporzione tra il valore dei beni nella disponibilità di E.P. e il reddito e le disponibilità economiche dello stesso, ha sostituito alla errata motivazione del G.I.P. che faceva riferimento al reddito e alle disponibilità economiche dell'E. al momento attuale la propria motivazione, che fa correttamente riferimento al momento dell'acquisto dei singoli beni. Con ciò, il Tribunale del riesame ha correttamente esercitato i propri poteri di correzione della motivazione del provvedimento impugnato, fornendo una corretta giustificazione del disposto sequestro. 6.2. Col secondo motivo di ricorso, deduce l'inosservanza e l'erronea applicazione della legge con riferimento alla ritenuta sussistenza dei presupposti legittimanti il sequestro preventivo. Deduce, in particolare, che il Tribunale avrebbe omesso, a tal fine, di esaminare le prove documentali prodotte dalla difesa, le quali attesterebbero la sussistenza in capo ad E.P. di disponibilità economiche lecite al momento degli acquisti degli immobili ed escluderebbero la sussistenza di alcuna sproporzione tra i beni sottoposti a sequestro e le disponibilità economiche dell'indagato al momento del loro acquisto. La censura è inammissibile. Va premesso che, ai sensi dell'art. 325 comma 1 cod. proc. pen., avverso i provvedimenti emessi dal Tribunale in sede di appello o di riesame in materia di misure cautelari reali, il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge, potendo in tale error iuris comprendersi solo la mancanza assoluta di motivazione o la motivazione meramente apparente, ma non l'illogicità manifesta della motivazione, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e dell'art. 606 stesso codice Cass., Sez. Un., n. 5876 del 28/01/2004 Rv. 226710 . Nella specie, il ricorrente muove al provvedimento impugnato censure che attaccano la sua motivazione, la quale, non essendo meramente apparente, non è sindacabile in sede di legittimità. In ogni caso, la censura è inammissibile anche perché generica e perché sul punto non osserva il principio di autosufficienza del ricorso in ordine a tale principio, da ultimo, Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013 Rv. 256723 . Infatti, il ricorrente menziona documenti da lui asseritamente prodotti nelle precedenti fasi del giudizio che si pretende essere stati trascurati dal Tribunale , dei quali non solo non spiega la decisività, ma neppure riporta il contenuto o allega copia al ricorso, non consentendo così in ogni caso alla Corte l'esercizio di alcun sindacato. 7. Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.