Un intero Tribunale viene citato in giudizio dall’imputato: può ancora giudicarlo?

La rimessione del processo è un istituto di natura del tutto eccezionale, al quale non si può accedere ricusando tutti i componenti di un intero ufficio giudiziario, né l’acclarata infondatezza delle singole ricusazioni può legittimare la proposizione della richiesta di rimessione. La proposizione di un’azione di risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie nei confronti di più magistrati dello stesso ufficio giudiziario non costituisce, nemmeno alla luce delle recenti modifiche normative in tema di responsabilità dei magistrati, grave situazione locale, tale da imporre la rimessione del processo.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, sez. VI Penale, con la sentenza n. 16924, depositata il 23 aprile 2015. Quando ad essere sotto accusa è il Tribunale. Un imputato cita in giudizio tutti i magistrati assegnati alla sezione penale di un Tribunale, ai sensi della legge sulla responsabilità civile dei magistrati del 1988, recentemente interessata dalla nota e contrastata riforma operata con la l. n. 18/2015 . La vocatio in ius , così come si evince dalla lettura della sentenza in commento, mira ad ottenere il ristoro dei danni patiti per un sequestro poi annullato dalla Cassazione. Quel Tribunale, i cui componenti sono convenuti in giudizio, sta giudicando l’attore-imputato per una serie di ipotesi delittuose può farlo o si è creata una situazione di tale tensione da giustificare la rimessione del processo ad altra sede? Il legittimo sospetto. Il perno argomentativo su cui si incentra la richiesta di rimessione è abbastanza semplice da descrivere si sostiene che la citazione in giudizio per danni di tutti i magistrati in grado di poter giudicare il richiedente avrebbe creato una situazione di conflitto di interessi, tale da generare il legittimo sospetto di incompatibilità ambientale. Non si potrebbe celebrare un giusto processo, detto in parole molto povere, perché chi quel processo dovrebbe deciderlo è divenuto – in seguito alla citazione in giudizio, oggi peraltro non più soggetta al filtro di ammissibilità per effetto della recentissima riforma – debitore” dell’imputato. Niente da fare Piazza Cavour boccia la richiesta. Con un’articolata ma agile decisione, gli Ermellini rigettano la richiesta di rimessione e tornano, così, a pronunciarsi su un istituto ad alta tensione” e di antichissime origini. La rimessione per legittimo sospetto, introdotta nel 2002, è già stata al vaglio delle Sezioni Unite l’anno successivo al suo ingresso nello strumentario processuale nostrano. Ovviamente, l’interpretazione che il massimo consesso ha fornito è connotata da un estremo rigore nell’individuazione dei presupposti operativi rigore più che giustificabile perché spostare” un processo da un giudice ad un altro è un’operazione che deroga al noto principio costituzionale del giudice naturale” precostituito per legge. Occorre muoversi, quindi, con i piedi di piombo la rimessione, come insegnano le Sezioni Unite, presuppone una grave situazione locale tale da generare il pericolo della non imparzialità del giudice il sospetto legittimo, quindi, discendente da una situazione di così enorme gravità, impone di rimettere il processo ad altro giudice, individuato secondo le norme che regolano i procedimenti penali nei quali sono coinvolti magistrati vi sarà uno spostamento ad un altro ufficio giudiziario di altro distretto di Corte d’appello . Quali sono i parametri che rendono grave” la situazione locale”? La gravità della situazione locale, affermano i Giudici di legittimità, va valutata con riferimento al contesto ambientale extragiudiziario, coevo al processo, la cui esistenza va accertata prescindendo da ciò che accade nel processo stesso . In parole povere ciò che accade nel” processo – il comportamento del giudice, per esempio - non rileva, a meno che non sia esso stesso figlio di una situazione esterna gravemente compromessa. I contrasti personali tra imputato e giudice, quindi, possono semmai essere fatti valere con il diverso istituto della ricusazione. Anche la ricusazione può provocare lo spostamento territoriale del processo il codice, infatti, disciplina l’ipotesi in cui il giudice ricusato non possa essere sostituito da un collega del medesimo ufficio giudiziario. E anche in questo caso si applicherà lo stesso rimedio previsto per la rimessione il processo verrà assegnato ad un giudice, parimenti competente per materia, di un diverso distretto di Corte d’appello. La citazione per danni del giudice non lo rende debitore. Non è vero poi, scrivono gli Ermellini, che citare in giudizio un magistrato equivalga a renderlo proprio debitore l’azione risarcitoria per danni da attività giudiziaria, tranne nei casi di reato, si rivolge allo Stato. E comunque, in ogni caso, occorre che la pretesa risarcitoria venga riconosciuta fondata prima di questo momento non c’è nessun debito e nessun credito. Il giudice convenuto non è per questo ricusabile. L’aver citato in giudizio un magistrato, o l’averlo denunciato, non sono ragioni idonee a giustificarne la ricusazione. Sarebbe troppo semplice, altrimenti e ognuno potrebbe scartare il proprio” giudice mettendolo fuori gioco con una semplice denuncia, magari pretestuosa. Se non fosse così, del resto, la formula del giudice naturale precostituito per legge , da cui nessuno può essere distolto, come recita la Costituzione, si tradurrebbe in una espressione di principio priva di contenuti concreti.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 18 marzo – 23 aprile 2015, numero 16924 Presidente Agrò – Relatore Citterio Considerato in fatto 1. L.E. , avvocato, è imputato in procedimento penale nel quale gli si contestano i reati di furto pluriaggravato, falso per soppressione e calunnia avrebbe sottratto, da fascicolo che lo riguardava ed era collocato nella cancelleria GIP del Tribunale di Pordenone, quattro fogli - in particolare un verbale di sommarie informazioni e una missiva del pubblico ministero assegnatario al procuratore della Repubblica - sopprimendoli o rendendoli non più reperibili e, al momento del rinvenimento di uno di essi presso il proprio studio legale nel corso di una perquisizione, avrebbe attribuito al personale di cancelleria la condotta dell'avergli dato la copia gratuitamente senza richiesta e con immediatezza, così configurandosi nei loro confronti condotta di abuso d'ufficio fatti del omissis . Il decreto di rinvio a giudizio è stato deliberato in data 23.9.2011 con fissazione dell'udienza del 15.11.2011 avanti un primo Giudice. Risulta dai verbali di udienza, che questa Corte ha acquisito in copia ai sensi dell'art. 48 comma 1 c.p.p., che, dopo un primo rinvio per adesione del difensore a iniziativa di astensione collettiva dalle udienze, all'udienza del 7.2.2012 è stata data comunicazione dell'astensione di tale primo Giudice per incompatibilità in relazione ad attività svolta come GIP nel procedimento e dell'assegnazione del processo a un secondo Giudice contestualmente la difesa dell'imputato ha depositato dichiarazione di ricusazione di tale secondo Giudice. All'udienza del 28.6.2012 il secondo Giudice ha proceduto con l'attività di istruzione dibattimentale, ai sensi dell'art. 37 comma 2 c.p.p Con sentenza del 4.7-21.9.2012 questa Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da L. avverso l'ordinanza con cui in data 21.2.2012 la Corte d'appello di Trieste aveva dichiarato inammissibile la dichiarazione di ricusazione proposta il 7.2.2012 si evince dal testo della sentenza che la dichiarazione di ricusazione era stata argomentata con la precedente partecipazione del medesimo magistrato a due collegi del Tribunale del riesame in sede di cautela reale, con provvedimenti adottati il 12.6.2010 e, dopo annullamento con rinvio da parte di questa Corte, il 28.2.2011. Alle udienze del 28.3.2013 e del 13.5.2013 è stata svolta attività istruttoria. L'udienza del 8.7.2013 è stata rinviata per adesione del difensore a iniziativa di astensione collettiva dalle udienze. All'udienza del 24.3.2014, in esito ad attività istruttoria il difensore ha ricusato il medesimo secondo Giudice per avere espresso un'anticipazione di giudizio con la frase farà valere le sue motivazioni in fase d'appello , dopo la disposta revoca dell'ammissione di tre testi indicati dalla difesa, in ragione della loro argomentata superfluità allo stato. Il processo è stato rinviato all'udienza del 19.1.2015 e nel frattempo la Corte d'appello di Trieste ha disatteso la dichiarazione di ricusazione, con ordinanza non impugnata. All'udienza del 19.1.2015 il secondo Giudice ha respinto la sollecitazione della difesa ad astenersi ed ha rinviato il processo all'udienza del 30.3.2015, per attendere l'esito del ricorso per trasferimento di sede processuale ex art. 45 c.p.p. nel frattempo proposto dall'imputato con atto depositato nella cancelleria del Tribunale di Pordenone il 13.1.2015 tale richiesta di rimessione è oggi all'esame di questa Corte. 2. La richiesta di rimessione indica la propria ragione nell' incompatibilità ambientale della sede giudiziaria di Pordenone per motivi risarcitori civili ex lege numero 117/1988 nei confronti del secondo Giudice e di altri due magistrati, in servizio presso il tribunale penale di Pordenone. Secondo il richiedente, sussisterebbe una posizione di incompatibilità e conflitto di interessi nei suoi confronti e in capo ai magistrati della locale sezione penale, pendendo un'azione civile per risarcimento dei danni giudiziari cagionatigli a seguito dell'ordinanza che in data 11.6.2010 aveva respinto la sua istanza di annullamento del sequestro dello studio, deliberata sulla base di una poi pacificamente riconosciuta erronea lettura del verbale di perquisizione tale ordinanza era infatti stata annullata con sentenza 3692/2011 deliberata il 10.12.2010 della Corte di cassazione. Il giudizio di rinvio era avvenuto con collegio che comprendeva ancora il secondo Giudice ed uno degli altri due precedenti componenti, secondo il ricorrente in violazione dell'obbligo di procedere alla nuova deliberazione in diversa composizione [ma, va subito osservato, l'art. 623 lett. d c.p.p. prevede la diversa composizione del giudice del rinvio nel caso di annullamento solo di sentenze, non pure di ordinanze]. La seconda ordinanza deliberata il 28.2.2011 avrebbe appunto ammesso un errore nella lettura del verbale di perquisizione e sequestro, sul punto che la perquisizione si era effettivamente già conclusa nella stessa giornata con il sequestro di materiale informatico, mentre il rigetto contenuto nella prima ordinanza presupponeva un sequestro dell'intero studio coinvolgente anche l'attività di altri due soggetti, l'avv. C. e tal sig. C.E. tuttora in atto per attuali esigenze probatorie. L'istante deduce che la causa per responsabilità civile era stata proposta nei confronti dei tre magistrati, tra cui appunto il secondo Giudice che attualmente sta trattando il dibattimento, e radicata davanti al Tribunale di Trieste, in data contestuale a quella di presentazione della presente richiesta di rimessione. Spiega il richiedente che i tre magistrati rappresentano di fatto l'organico della sezione penale del tribunale di Pordenone sicché il presente processo non può essere celebrato in questa sede, perché in ogni caso sarebbe assegnato ad uno di questi tre magistrati o ad altri del pari incompatibili come il GUP che si era occupato dell'udienza preliminare [egli pure ricusato come risulta dalla sentenza di questa Corte numero 45805/2012] o il primo Giudice originariamente designato secondo il sistema tabellare, che si era già occupato di varie istanze inerenti lo status libertatis del richiedente. Su tali premesse in fatto, il richiedente deduce che - l'appena radicata pendenza civile risarcitoria sarebbe in concreto contro l'intero Tribunale penale di Pordenone, il che renderebbe impossibile la celebrazione del processo in tale sede per manifesto conflitto di interessi e incompatibilità di tutti i giudici penali - il conflitto di interessi investirebbe tutto il Tribunale, prescindendo dal fatto che l'azione civile per danni sia stata in concreto proposta nei confronti dei tre soli magistrati che avevano deliberato l'ordinanza 11.6.2010. L'intero Tribunale sarebbe pertanto inidoneo alla fisiologica funzione giudicante essendo venuta meno la sua imparzialità, con lesione del diritto dell'imputato a essere processato da un giudice terzo ed imparziale, tanto più quando il giudice del dibattimento risulti coinvolto nelle argomentazioni non conformi a legalità con ordinanze o decisioni che le confermino . Da qui, per il ricorrente, la fondatezza del sospetto di incompatibilità ambientale e di mancanza di presupposti per un giusto processo, mancando la garanzia che non sussista e non sia evitabile la tentazione di condannare l'innocente per ridurre le conseguenze della propria responsabilità. Conclude il ricorrente che non è mai giusto un processo in cui il giudice è anche debitore della persona che lo deve giudicare tanto più se proprio per danni cagionati alla vittima messa alla sua mercé nell'ambito dello stesso processo . Va da ultimo dato conto del fatto che l'imputato aveva nominato per l'assistenza tecnica in questa procedura incidentale l'avv. S. C. , che tuttavia non risulta iscritta nell'albo speciale della Corte di cassazione art. 613 c.p.p. . Ragioni della decisione 3. La richiesta di rimessione va dichiarata inammissibile per manifesta infondatezza. Conseguente è la condanna del richiedente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2500 duemilacinquecento , equa al caso, alla Cassa delle ammende. 4. La richiesta di rimessione è innanzitutto argomentata con l'avvenuta proposizione, in pari data 13.1.2015 , di azione di responsabilità civile ai sensi della legge 13.4.1988 numero 117, nei confronti sia del Giudice che sta celebrando il dibattimento che lo riguarda sia di altri due magistrati della sezione penale del Tribunale di Pordenone che, con il primo, concorsero in data 11.6.2010 a deliberare ordinanza del Riesame, in sede cautelare reale, poi annullata con rinvio in data 10.12.2010 da questa Corte. In sintesi, secondo il richiedente, in ragione della pendenza di tale azione civile risarcitoria, pur formalmente diretta a soli tre magistrati, sussisterebbe un manifesto conflitto di interessi e incompatibilità di tutti i giudici penali in servizio presso il Tribunale di Pordenone p. 9 , idoneo a fondare un più che legittimo e fondato sospetto di incompatibilità ambientale e di mancanza di presupposti per un giusto processo , per essere venuta meno la terzietà e l'imparzialità del giudice p.9 , essendo il giudicante divenuto debitore dell'imputato e sussistendo l'evidente sua forte tentazione di decidere il processo penale pendente in modo da ridurre e/o annichilire la propria responsabilità civile e morale nei confronti dello stesso, per i fatti qui denunziati p. 10 . 5. Giudica la Corte che, per le assorbenti ragioni che si esporranno, in questo caso non sia indispensabile affrontare il pur astrattamente pertinente tema della possibilità, per il giudice penale, di valutare incidenter tantum l'ammissibilità dell'azione civile proposta ai sensi della legge 117/1988, questione ora tanto più rilevante a fronte dell'intervenuta eliminazione del filtro costituito dal preliminare esame dell'ammissibilità della domanda, previsto dall'originario testo dell'art. 5 legge numero 117/1988 ed appunto abrogato dalla legge numero 18 del 25.2.2015. Nella fattispecie, infatti, per espressa deduzione dell'istante l'azione risulterebbe proposta non solo davanti a giudice incompetente il Tribunale di Trieste e non quello individuato ex art. 11 c.p.p., come imposto dall'art. 4 legge 117/1988 ma pure oltre il termine di decadenza sia quello biennale vigente alla data del 13.1.2015, sia quello triennale introdotto dalle modifiche contenute nella legge numero 18/2015, termine che, ai sensi del medesimo art. 4, in questo caso decorre dalla data dell'annullamento con rinvio, 10.12.2010 . 6. La precedente esposizione delle deduzioni che in concreto sorreggono l'istanza di rimessione evidenzia, da parte dell'istante, una parziale sovrapposizione di due istituti del tutto differenti quella del legittimo sospetto , riconducibile a situazione locale di tale natura e gravità da rendere pressoché inevitabile la negativa incidenza sul sereno e corretto svolgimento del processo art. 45 c.p.p. , e quella della ricusazione, in ragione dell'essere il giudice debitore della parte ovvero dell'esservi inimicizia grave tra il giudice e la parte [art. 37 in relazione all'art. 36 lettere a e d c.p.p.]. 6.1 I rigorosi presupposti di configurabilità del legittimo sospetto sono stati precisati dalle Sezioni unite di questa Corte subito dopo la modifica dell'art. 45 c.p.p., introdotta dalla legge 7.11.2002 numero 248. Con l'ordinanza numero 13687 del 28/01/2003 Cc. dep. 26/03/2003 le Sezioni unite hanno formulato i principi di diritto, qui pertinenti, nei seguenti termini L'istituto della rimessione ha carattere eccezionale, implicando una deroga al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge e, come tale, comporta la necessità di un'interpretazione restrittiva delle disposizioni che lo regolano, in esse comprese quelle che stabiliscono i presupposti per la translatio iudicii. Ne consegue che, da un lato, per grave situazione locale deve intendersi un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l'ambiente territoriale nel quale il processo si svolge e connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per la non imparzialità del giudice inteso come l'ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito o di un pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo e, dall'altro, che i motivi di legittimo sospetto possono configurarsi solo in presenza di questa grave situazione locale e come conseguenza di essa. Ai fini della rimessione del processo, i provvedimenti e i comportamenti del giudice possono assumere rilevanza a condizione che siano l'effetto di una grave situazione locale e che, per le loro caratteristiche oggettive, siano sicuramente sintomatici della mancanza di imparzialità dell'ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo medesimo”. La giurisprudenza successiva, in materia di rimessione per legittimo sospetto, ha in effetti costantemente insegnato che la gravità della situazione locale, sola idonea ad arrecare pregiudizio alla serenità del giudice - inteso come intero organo giudiziario - e delle parti, va valutata con riferimento al contesto ambientale extragiudiziario, coevo al processo, la cui esistenza va accertata prescindendo da ciò che accade nel processo stesso, quindi da un fenomeno esterno alla dialettica processuale, in quanto i comportamenti endo-processuali possono assumere rilevanza soltanto una volta autonomamente verificata l'esistenza della grave situazione locale Sez. 1 sent 30482/2004, Sez.4 sent 35854/2006 . Per la rimessione, quindi, rilevano solo comportamenti e provvedimenti endoprocessuali del pubblico ministero e del giudice sintomatici di una mancanza di imparzialità dell'intero ufficio giudicante nella sede di svolgimento del processo e tuttavia collegati da un nesso di causalità ad una grave situazione locale, da intendersi come fenomeno esterno alla dialettica processuale {Sez. 6 ord. 15741/2013 . 6.2 Risultano pertanto tendenzialmente del tutto estranei al sistema che caratterizza l'istituto della rimessione i rapporti personali tra parte e giudici, che tendenzialmente riguardano invece l'istituto della ricusazione. Istituto che, tra l'altro, prevede e disciplina espressamente l'evenienza che la sostituzione del singolo giudice non possa operare all'interno del singolo ufficio giudiziario in tal caso, l'art. 44 comma 2 c.p.p. dispone che la corte o il tribunale secondo la competenza determinata dalla fattispecie concreta rimetta il procedimento al giudice ugualmente competente per materia, determinato a norma dell'art. 11. Risulta così del tutto infondata la prospettazione del richiedente, laddove pare sollecitare l'utilizzazione del peculiare istituto della rimessione per fronteggiare una asserita diffusa incompatibilità personale di vari magistrati dell'Ufficio giudicante davanti al quale è in trattazione il suo processo penale, vuoi per ragioni processuali oggettive l'adozione in fasi precedenti del medesimo procedimento di provvedimenti espressamente richiamati dall'art. 34 c.p.p., quale risultante anche in esito alle numerose interpolazioni apportate dalla Corte costituzionale , vuoi per ragioni legate allo specifico rapporto con l'imputato a seguito del compimento di atti d'ufficio. Ove infatti ricorressero effettive cause fonti autonome di ricusazione ai sensi dell'art. 37 c.p.p. tali ovviamente giudicate non dall'imputato ma dalla competente autorità giudiziaria all'esito delle pertinenti procedure incidentali e non fosse possibile individuare le necessarie sostituzioni all'interno dell'ufficio giudiziario, il procedimento dovrebbe essere rimesso ad altro ufficio giudiziario sempre nell'ambito dell'istituto della ricusazione, secondo appunto quanto disposto dall'art. 44 comma 2. 6.2.1 A fronte di una prospettazione del ricorrente connotata da apparente suggestività, anche attraverso questa ripetuta sovrapposizione di tematiche relative alla costituzione ed all'evoluzione di un corretto rapporto processuale che pur accomunate dall'esito la sostituzione del giudicante all'interno del medesimo o in altro ufficio giudiziario sono come osservato tuttavia intrinsecamente diverse, risulta opportuno chiarire come, in realtà, proprio le singole proposizioni della complessiva prospettazione risultino infondate in diritto. Innanzitutto, il magistrato la cui condotta professionale sia stata oggetto di una domanda risarcitoria ex lege numero 117/1988 non assume mai la qualità di debitore di chi tale domanda abbia proposto. Ciò per l'assorbente ragione che la domanda anche dopo la legge numero 18/2015 può essere proposta solo ed esclusivamente nei confronti dello Stato salvi i casi di condotta penalmente rilevante, art. 13 . Né la eventualità di una successiva rivalsa dello Stato nei confronti del magistrato, nel caso in cui quell'originaria azione si sia conclusa con la condanna dell'Amministrazione, muta la conclusione, perché i presupposti e i contenuti dell'azione di rivalsa sono parzialmente diversi da quelli dell'azione diretta della parte privata nei confronti del solo Stato art. 7 artt. 2 e 3 . Il che, tra l'altro, impone di escludere che anche nel caso di intervento del magistrato nel processo civile che la parte promuove ex lege numero 117/1988 art. 6 , si instauri un rapporto diretto parte/magistrato che possa condurre alla qualificazione del secondo in termini di anche solo potenziale debitore della prima. In altri termini, non solo la qualità di debitore si assume nel momento in cui viene riconosciuta la compiuta fondatezza della pretesa risarcitoria, e non prima, ma nel caso del sistema della legge numero 117/1988 il magistrato la cui condotta professionale è valutata nel processo civile non potrà mai assumere la qualità di debitore della parte privata. Sotto tale profilo, quindi, l'azione di responsabilità ex lege numero 117/1988 ha una struttura sistematica ed una valenza in definitiva meno utili allo scopo perseguito dall'imputato con l'odierna richiesta non essere giudicato a Pordenone rispetto ad una normale causa civile o denuncia penale. Alle quali, pure e in secondo luogo, la costante giurisprudenza già nega comunque alcuna efficacia ad integrare anche solo la condizione dell'inimicizia grave art. 37 in relazione all'art. 36 lettera d c.p.p. e quindi la idoneità a fondare, per sé, un'utile ricusazione. È sufficiente richiamare, per tutte, Sez.5 sent 8429/2007, che con efficace argomentare sintetizza le ragioni del sistema in punto di ricusazione la denuncia penale o la instaurazione di una causa civile nei confronti del giudice sono entrambe fatto riferibile solo alla parte e non al magistrato e non può ammettersi che sia rimessa alla discrezionale iniziativa della parte la scelta di chi lo deve giudicare si vedano comunque anche Sez. 6 sent. 38176/2011, Sez.6 sent. 45512/2010, Sez. 2 sent. 30443/2003 . Ciò vale pure nel caso di esposti presentati in precedenza dalla parte contro il magistrato Sez. 6 sent. 2830/1995, Sez. 6 sent. 2491/1996 il che rileva quindi, quanto alla legge numero 117/1988 anche dopo le modifiche introdotte dalla legge numero 23/2015, pure in ordine ai possibili automatismi afferenti la verifica della sussistenza di un rilievo disciplinare, conseguente alla presentazione della domanda risarcitoria nei confronti dello Stato attuale art. 9 . 6.2.2 Deve quindi riaffermarsi Sez. 5 sent. 8429/2007 che l'azione di risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie esercitata ai sensi della legge 117/1988 anche dopo le modifiche introdotte dalla legge numero 23/2015 non costituisce per sé ragione idonea e sufficiente ad imporre la sostituzione del singolo magistrato. Del tutto autonoma rimane la problematica sulla eventuale dichiarazione di astensione ai sensi dell'art. 36 lettera h c.p.p., per l'assorbente ragione che in questo caso ogni più ampio apprezzamento rimane attribuito alla giurisdizione, sicché non sussiste alcuna possibilità di automatismo legato alla discrezionale iniziativa della parte meccanismo strutturalmente non tollerato dal principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge . Tantomeno tale azione è pertanto idonea e sufficiente, anche se rivolta nei confronti di una pluralità di magistrati di un medesimo ufficio giudiziario, ad imporre la rimessione del processo ad altra sede giudiziaria ai sensi degli artt. 45 ss c.p.p., quasi che la mera pluralità dei casi potesse attribuire una consistenza che il singolo caso non possiede e non già perché numero singolo bensì per struttura della fattispecie . 6.2.3 Venendo alle conclusioni e tornando ai presupposti dell'istituto della rimessione del processo disciplinato dagli artt. 45-49 c.p.p., prima richiamati al paragrafo 6.1. Le ragioni dedotte dal ricorrente non integrano, se non in termini solo assertivi e oggettivamente erronei in diritto, una grave situazione locale, esterna alla dialettica processuale, idonea a fuorviare la serenità del giudizio riverberandosi sull'organo giudicante indipendentemente dalla sua composizione. L'istituto della rimessione ha natura assolutamente eccezionale Sez. 1 ord. 5682/1997 e non costituisce una sorta di cumulo generale e generico di ricusazioni individuali dei componenti di un intero ufficio giudiziario sicché, quand'anche fosse ipotizzabile la ricusabilità di tutti i singoli magistrati di un medesimo ufficio giudiziario in relazione ad uno specifico procedimento, devono essere allegate specifiche cause di ricusazione con riferimento ai singoli giudici e seguite le corrispondenti specifiche diverse procedure Sez. 6 sent. 1611/1997 , senza che l'accertata infondatezza delle pertinenti doglianze nella sede propria della ricusazione possa invece fondare la reiterazione delle medesime censure nel contesto del diverso istituto della rimessione questa essendo procedura per situazioni non altrimenti ineliminabili e non già considerate come idonee ad attivare specifiche diverse procedure Sez. 1 sent. 634/1996 . La proposizione di più azioni di risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie, esercitata ai sensi della legge 117/1988 e pur dopo le modifiche introdotte dalla legge numero 23/2015 nei confronti di più magistrati di un medesimo ufficio giudiziario, non costituisce grave situazione locale idonea ad imporre la rimessione del processo. P.Q.M. Dichiara inammissibile la richiesta di rimessione e condanna l'istante al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2500 duemilacinquecento a favore della Cassa delle ammende.