Qualificazione giuridica del fatto di reato: qual è il discrimine tra la tentata violenza sessuale e l’adescamento?

Per l’applicazione dell’art. 609 undecies c.p. è necessario che non siano ancora configurabili gli estremi del tentativo o della consumazione del reato fine, in quanto se ciò si realizza dovrà allora procedersi soltanto per i predetti illeciti e non per l’adescamento, rilevato che se ci sono gli estremi del tentativo contestare anche l’adescamento significherebbe di fatto punire due volte la stessa condotta, vanificando così il significato della clausola di riserva. Ciò varrà ancor di più allorquando il reato fine sia consumato, poiché in tale eventualità la condotta di adescamento, precedentemente tenuta dall’agente, si risolverebbe in un antefatto non punibile.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 16329, depositata il 20 aprile 2015. Il caso. Il gup presso il Tribunale di Cagliari, a seguito di giudizio abbreviato, affermava la penale responsabilità di S.P. per il reato di cui agli artt. 81 cpv e 609 quater , commi 1 e 2, c.p., e lo condannava alla pena di anni sei di reclusione. In particolare, secondo la prospettazione accusatoria in toto accolta dal Giudicante, l’imputato avrebbe tentato di usare violenza sessuale nei confronti di alcuni minori, cercando di circuirli e di ottenerne la fiducia – attraverso il costante scambio di sms e la reiterata organizzazione di incontri spirituali o di istruzione musicale – al precipuo fine di far loro superare ogni eventuale remora all’intrattenimento di rapporti sessuali con lui solo l’intervento dei genitori e della polizia aveva evitato che S.P. potesse raggiungere il proprio obiettivo. La Corte di appello di Cagliari riformava parzialmente la statuizione di prime cure con esclusivo riferimento al trattamento sanzionatorio, rideterminando la pena in anni quattro e mesi otto di reclusione. Avverso tale sentenza l’imputato ricorreva per cassazione deducendo in primis , erronea qualificazione giuridica dei fatti di reato contestati, necessariamente riconducibili nell’alveo della fattispecie delittuosa di cui all’art. 609 undecies c.p. e non in quella – oggetto di imputazione – ex art. 609 quater , commi 1 e 2, c.p. in secundis , vizio di motivazione con riferimento al diniego della circostanza attenuante ex art. 609 quater , comma 4, c.p La Terza Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso. Il reato di adescamento. Relativamente al primo motivo di gravame, afferente la qualificazione giuridica del fatto di reato oggetto di contestazione, i Supremi Giudici hanno osservato come l’art. 609 undecies c.p. – recentemente introdotto nell’ordinamento penale dalla l. n. 172/2012 – ha configurato il nuovo delitto di adescamento di minori, punito con la reclusione da uno a tre anni. Tale fattispecie di reato, caratterizzata sotto l’aspetto soggettivo dal dolo specifico, ha una portata ampia, ricorrendo allorché il soggetto intrattenga con l’incapace o col minore infrasedicenne, anche attraverso l’utilizzazione della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione, una relazione tale da condurre il minore medesimo ad un incontro. Trattasi di reato di pericolo, caratterizzato da una anticipazione della tutela che si rende necessaria per colpire comportamenti insidiosi e prodromici all’abuso sessuale. Inoltre, considerata la sussistenza nell’alveo di tale disposto codicistico di una clausola di riserva – sempre che il fatto non costituisca più grave reato – per l’applicazione dell’art. 609 undecies c.p. è necessario che non siano ancora configurabili gli estremi del tentativo o della consumazione del reato fine, in quanto se ciò si realizza dovrà allora procedersi soltanto per i predetti illeciti e non per l’adescamento, rilevato che se ci sono gli estremi del tentativo contestare anche l’adescamento significherebbe di fatto punire due volte la stessa condotta, vanificando così il significato della clausola di riserva. E ciò varrà ancor di più allorquando il reato fine sia consumato, poiché in tale eventualità la condotta di adescamento, precedentemente tenuta dall’agente, si risolverebbe in un antefatto non punibile. Nel caso di specie, il Supremo Consesso ha ritenuto corretta la qualificazione giuridica operata dai giudici di merito, considerato che il reato di cui all’art. 609 quater c.p., per quanto non consumato, si è comunque configurato in termini di tentativo e, pertanto, risulta impossibile – per le ragioni di cui sopra – la contestazione dell’adescamento. L’attenuante della minore gravità del fatto. Quanto alla doglianza relativa al mancato riconoscimento della circostanza attenuante ex art. 609 quater , comma 4, c.p., la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare, anzitutto, come la minore gravità del fatto può ravvisarsi in presenza di una più lieve compromissione della libertà sessuale della vittima e dello sviluppo del minore. Secondariamente, ha chiarito che la valutazione del giudice circa la concedibilità o meno della stessa dipenderà da alcuni elementi quali la qualità dell’atto compiuto, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni di quest’ultima, l’entità della compressione della libertà sessuale ed il danno arrecato alla stessa.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 marzo – 20 aprile 2015, n. 16329 Presidente Teresi – Relatore Gazzara Ritenuto in fatto Il Gup presso il Tribunale di Cagliari, con sentenza del 27/9/2013, resa a seguito di rito abbreviato, dichiarava P.S. responsabile dei reati di cui agli artt. 81 cpv e 609 quater co. 1 n. 2 cod.pen. commessi in danno di S.E. , di anni 10, e di B.G. , di anni 13, e di cui agli artt. 81 cpv, 609 quater co. 1, n. 2, cod.pen., commesso in danno di V.M. di anni 15 lo condannava ad anni 6 di reclusione. La Corte di Appello di Cagliari, chiamata a pronunciarsi sull'appello interposto nell'interesse del prevenuto, in parziale riforma del decisum di prime cure, ha ridotto la pena inflitta al P. ad anni 4 e mesi 8 di reclusione. Propone ricorso per cassazione la difesa dell'imputato con i seguenti motivi - erronea qualificazione giuridica dei fatti contestati ai capi A e B della rubrica, che avrebbero dovuto essere ricondotti, tuttalpiù, nell'alveo della fattispecie di reato di cui all'art. 609 undecies cod.pen. e non all'interno del tentativo di atti sessuali con minorenne, con conseguente applicazione dell'art. 2 co. 1 cod.pen., in quanto il predetto art. 609 undecies è stato introdotto dalla L. 172/2012, successivamente, quindi, all'epoca in cui il prevenuto avrebbe posto in essere le condotte ad esso ascritte - vizio di motivazione in ordine al diniego della attenuante di cui al co. 4 dell'art. 609 quater cod.pen. - ulteriore vizio di motivazione è ravvisabile, con netta evidenza, in relazione alla affermata colpevolezza del prevenuto per il reato asseritamente commesso in danno di V.M. , rubricato al capo C , determinata da una non corretta lettura delle emergenze istruttorie. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. Il vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta l'impugnata pronuncia, consente di rilevare la logicità e la correttezza della argomentazione motivazionale, adottata dal decidente, in ordine alla ritenuta concretizzazione dei reati rubricati e alla ascrivibilità di essi in capo al prevenuto. Il primo motivo di annullamento, con cui si eccepisce la errata qualificazione giuridica dei fatti, relativamente ai capi A e B della imputazione, è del tutto destituito di fondamento. Sul punto rilevasi che la Corte distrettuale ha proceduto ad una rinnovata disamina degli elementi costituenti la piattaforma probatoria, pervenendo, così, nella convinzione della esatta qualificazione giuridica della condotta posta in essere dall'imputato nei confronti del S. e del B. , rientrante nella sfera del tentativo di violenza sessuale, e della conferma del giudizio di colpevolezza del P. , già formulato dal Tribunale. Il discorso giustificativo, svolto dal giudice di seconde cure si palesa assolutamente esente da vizi l'intenzione del prevenuto era quella di circuire i minori, facendo in modo che in essi crescesse la fiducia in lui e che gli stessi superassero ogni remora per intrattenere rapporti sessuali con adulti dello stesso sesso. S. e B. erano poco più che bambini e, dunque, particolarmente immaturi e vulnerabili, come tali vittime predestinate del P. , il quale su di loro aveva un notevole ascendente, che si era conquistato con il tempo, aumentando progressivamente la confidenza e tessendo quella che il perito ha efficacemente definito la tela del ragno , finalizzata ad avere rapporti intimi con gli stessi minori. I messaggi inviati alle vittime avevano esplicito contenuto sessuale e solo l'intervento dei genitori e della polizia aveva evitato che l'imputato potesse raggiungere il suo obbiettivo, perseguito con uno spasmodico invio di sms, contestuale ad una incessante attività di organizzazione di incontri spirituali o di istruzione musicale, che celavano ben altri scopi. Osservasi che il nuovo 609 undecies cod.pen. introduce nel nostro ordinamento il delitto di adescamento di minori, punito con la reclusione da uno a tre anni. La fattispecie del reato, caratterizzata dal dolo specifico, ha una portata assai ampia, ricorrendo allorché il soggetto intrattenga con l'incapace o col minore infrasedicenne, anche attraverso l'utilizzazione della rete internet o di altre reti o di mezzi di comunicazione, una relazione tale da condurre il minore medesimo ad un incontro. Trattasi di reato di pericolo, caratterizzato da una significativa anticipazione della tutela che si rende necessaria per colpire comportamenti insidiosi, prodromici all'abuso sessuale ai danni degli adolescenti. Necessita mettere a fuoco, di poi, il rapporto tra il reato di adescamento e i reati-fine alla luce della clausola di riserva, contenuta nel disposto normativo sempre che il fatto non costituisca più grave reato , per l'applicazione dell'art. 609 undecies cod.pen. è necessario che non siano ancora configurabili gli estremi del tentativo o della consumazione del reato-fine, in quanto se ciò si realizza dovrà procedersi soltanto per i predetti illeciti e non per l'adescamento, rilevato che se ci sono gli estremi del tentativo, contestare anche l'adescamento significherebbe di fatto punire due volte la stessa condotta, vanificando così il significato della clausola di riserva. A maggior ragione ciò vale qualora il reato-fine sia consumato, perché in tale eventualità la condotta di adescamento, precedentemente tenuta dall'agente, si risolverebbe, a ben vedere, in un antefatto non punibile. Peraltro, nella specie, il reato di cui all'art. 609 quater cod.pen. non si è concretizzato perché l'imputato è stato arrestato prima di portare a termine il programma che aveva architettato in vista del soggiorno a omissis , per la fine del mese di aprile 2012 in tale occasione il P. aveva predisposto l'allocazione in albergo, destinando ad S.E. una camera singola, così da consentire allo stesso di raggiungerlo nel suo alloggio, senza tema di essere visto da altri in occasione del medesimo ritiro spirituale aveva anche programmato l'incontro con il B. , informando i due bambini di quanto era stato predisposto, come evincesi dagli sms richiamati dal decidente e dalle dichiarazioni delle persone offese. Del pari immeritevole di accoglimento è da ritenere la censura sollevata con il secondo motivo di annullamento, relativa alla ingiustificata mancata applicazione della ipotesi attenuata di cui al co. 4 dell'art. 609 quater cod.pen. ad avviso della Corte territoriale la reiterazione e la insistenza delle condotte seduttive, poste in essere dal P. con serialità ed organizzazione programmata, avevano stimolato in E. e G. l'insano desiderio, sempre più forte, di saperne di più sugli atti sessuali, subdolamente loro proposti dall'imputato, da consumare tra soggetti dello stesso sesso, determinando, di certo, un grave danno allo sviluppo psicosomatico degli minori. Sul punto si specifica come la giurisprudenza di legittimità abbia osservato che, premesso che la minore gravità del fatto può ravvisarsi in presenza di una più lieve compromissione della libertà sessuale della vittima e dello sviluppo del minore, resta fermo che essa è il risultato di una valutazione che deve tenere conto di tutte le componenti del reato, oggettive e soggettive, nonché degli elementi indicati nell'art. 133 cod.pen. Cass. 3/10/2006, rv. 235031 . Si è, peraltro, precisato che nell'utilizzare i parametri di cui al citato art. 133, ai fini del riconoscimento della attenuante in parola, si deve avere riguardo solo agli elementi di cui al primo comma di detta disposizione codicistica, in quanto quelli di cui al secondo comma possono essere impiegati solo per la commisurazione complessiva della pena Cass. 4/5/2007, rv. 235730 . Invero, poiché l'attenuante in discussione non risponde ad esigenze di adeguamento del fatto alla colpevolezza del reo, ma concerne la minore lesività del fatto in concreto rapportata al bene giuridico tutelato, assumono particolare importanza la qualità dell'atto compiuto, il grado di coartazione, anche psicologica, esercitato sulla vittima, le condizioni di quest'ultima, le caratteristiche psicologiche, valutate in particolare in relazione all'età, l'entità della compressione della libertà sessuale ed il danno arrecato alla persona offesa, anche in termini psichici Cass. 15/10/2013, n. 45179 Cass. 29/2/2000, Prillo della Rotonda Cass. 24/3/2000, Improta elementi, questi, ravvisati, con compiuta esattezza, nella specie dal giudice di merito e ritenuti, giustamente, ostativi all'accoglimento della richiesta di concessione della attenuante in questione. Manifestamente infondate sono da ritenere le ulteriori doglianze mosse con il terzo motivo di annullamento, attinenti esclusivamente al reato di violenza sessuale, commesso in danno di V.M. , perché sorrette da deduzioni puramente fattuali, tendenti ad una rilettura degli elementi costituenti la piattaforma probatoria, sui quali al giudice di legittimità è precluso procedere a nuovo esame estimativo la Corte distrettuale, peraltro, ha vagliato, con assoluta esaustività e puntualità, le emergenze istruttorie, fornendone una interpretazione esente da vizi ed inaggredibile dal punto di vista logico, con effettuazione di puntuali richiami alla particolare fragilità della vittima, ma, nel contempo, alla attendibilità e alla credibilità del narrato offerto dallo stessa, confermato da riscontri estrinseci dichiarazioni di A.C. , ex fidanzata dell'imputato, destinataria delle confidenze del V. . Tenuto conto della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il P. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, a norma dell'art. 616 cod.proc.pen., deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 1.000,00.