Il creditore pignoratizio non può chiedere la restituzione delle somme sequestrate al debitore

Il terzo avente un diritto reale di garanzia su beni altrui oggetto di sequestro preventivo non vanta un diritto di restituzione, non essendo per definizione proprietario degli stessi, vantando invece un semplice diritto di sequela che potrà essere azionato solo in fase di cognizione, quando la misura cautelare diverrà irrevocabile con il provvedimento di confisca.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 16284/15 depositata il 17 aprile. Il fatto. Il Tribunale di Roma confermava il decreto di sequestro preventivo emesso dal gip del medesimo Tribunale, respingendo l’istanza di restituzione delle somme di denaro oggetto della misura cautelare presentata da un istituto bancario, agente in qualità di terzo interessato. Il denaro sequestrato costituiva, secondo l’accusa, il corrispettivo dei reati di falsità ideologica, indebita percezione di erogazioni pubbliche, nonché dell’illecito amministrativo connesso alla realizzazione di impianti fotovoltaici in violazione della normativa di riferimento. La banca ne chiedeva la restituzione rivendicando la titolarità di dette somme quale creditrice di buona fede, in forza di pegno costituito a garanzia della linea di credito concessa alla società degli imputati per la realizzazione degli impianti fotovoltaici. I motivi del ricorso la presunta legittimazione del creditore. La pronuncia viene impugnata con ricorso in Cassazione dalla banca che sostiene l’azionabilità della pretesa del terzo creditore di buona fede facendo riferimento all’art. 322 c.p.p. che consente di impugnare la misura cautelare reale all’imputato, al suo difensore e alla persona a cui le cose sono state sequestrate, ma anche, a detta della ricorrente, a quella che avrebbe diritto alla loro restituzione. Tale affermazione non risponderebbe solo a criteri di ragionevolezza, ma sarebbe addirittura imposta nel caso in cui i beni dati in garanzia al creditore siano deteriorabili o anche solo fungibili e, come tali, più facilmente soggetti al rischio di dispersione. La ricorrente aggiunge inoltre di non contestare la compatibilità della prerogativa pubblica della confisca con quella privata del rimborso del credito, bensì la presunzione di assoluta prevalenza della prima sulla seconda, tale da negare la legittimazione del terzo di buona fede ad intervenire nel procedimento cautelare . Il creditore non può agire in sede cautelare. Il ricorso risulta essere infondato. La Cassazione richiama la sentenza n. 10471/2014 che, in tema di sequestro preventivo disposto su un bene gravato da pegno o ipoteca, nega la legittimazione del terzo creditore, titolare del diritto reale di garanzia, a chiedere la revoca della misura cautelare poiché la sua posizione giuridica non è assimilabile a quella del titolare del diritto di proprietà, unica fonte legittimante l’immediata restituzione ex art. 321, comma 3, c.p.p Il quesito fondamentale che assume rilevanza riguarda dunque il momento processuale in cui il terzo titolare di un diritto reale di garanzia sul bene sequestrato possa agire per la tutela del medesimo, e cioè in via anticipata durante il processo penale oppure in via posticipata, dopo la conclusione del procedimento e la stabilizzazione della pretesa ablativa pubblica attraverso la trasformazione del sequestro in confisca. La Cassazione esclude, proprio in forza della disposizione invocata dalla ricorrente, una parificazione tra la situazione del terzo che assume di essere titolare di un diritto reale di garanzia con quella del terzo che riveste la qualità di proprietario del bene sequestrato e che, come tale, gode di una tutela immediata. Il terzo titolare di pegno o ipoteca sul bene sequestrato è titolare di un mero diritto di sequela e di conseguenza può azionare il suo diritto solo nel momento processuale in cui la pretesa della Stato si consolida con la confisca, escludendo dunque una sua legittimazione ad agire in fase cautelare. Per questi motivi, la Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 10 febbraio – 17 aprile 2015, n. 16284 Presidente Milo – Relatore Villoni Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza impugnata, il Tribunale di Roma, Sezione Riesame dei Provvedimenti di Sequestro, ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso in data 02/07/2014 dal GIP del medesimo Tribunale, respingendo l'istanza di riesame e di restituzione delle somme di denaro oggetto di sequestro, dell'ammontare complessivo di poco inferiore a 5 milioni di Euro, presentata dalla Unicredit SpA, agente in qualità di terzo interessato. La misura cautelare, rinnovata ai sensi dell'art. 27 cod. proc. pen., era stata disposta dal GIP a seguito di designazione di quella di Roma quale autorità giudiziaria competente nel proce dimento a carico di De Gennaro Daniele e Corona Michele per i reati di falsità ideologica commessa da privato art. 483 cod. pen. e indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato art. 316 ter cod. pen. e nei confronti delle società al primo riconducibili Energia 1, 2, 3, 4, 5 e 6 per l'illecito amministrativo di cui all'art. 24 d. Igs. n. 231 dei 2001, connesse alla realizzazione in Puglia di impianti fotovoltaici in violazione della normativa regionale di rife rimento. Le somme sequestrate costituiscono, nella prospettazione accusatoria accolta dal GIP, il cor rispettivo delle tariffe incentivanti indebitamente percepite dalle società del gruppo o l'equiva lente di detti introiti, rappresentato dai saldi attivi di due conti correnti delle società Energia 1 ed Energia 2 aperti presso l'agenzia n. 66052 della filiale operativa Unicredit Sud Italia. Dal suo canto, la ricorrente rivendica la titolarità di dette somme in qualità di creditore di buona fede, in forza di pegno costituito in data 22/01/2010 a garanzia della linea di credito di 34,7 milioni di Euro a suo tempo concessa alle società del gruppo Energia per la realizzazione dei citati impianti fotovoltaici. Respingendo l'istanza di riesame, il Tribunale ha riconosciuto che la posizione dei creditore pignoratizio ricorrente trova certamente tutela nella legge, ma solo nella fase dell'esecuzione e solo quando sia intervenuta la confisca. 2. Con atto sottoscritto da procuratore speciale, avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l'istante Unicredit SpA, deducendo violazione di legge in relazione agli artt. 321 e 322 cod. proc. pen. e inosservanza dell'art. 19 d. Igs. n. 231 dei 2001 in relazione agli artt. 240 e 322 ter cod. pen., 2803 e 2808 cod. civ. La ricorrente sostiene che l'azionabilità della pretesa del terzo creditore, pur non essendo di sciplinata da specifica normativa, trovi generale tutela nell'art. 322 cod. proc. pen., che con sente d'impugnare la misura cautelare reale non solo all'imputato, al suo difensore e alla per sona cui le cose sono state sequestrate, ma anche a quella che avrebbe diritto alla loro re stituzione. Ricordando che anche nella materia delle misure di prevenzione antimafia, il legislatore ha ri conosciuto la rilevanza della tutela del terzo nelle procedure di sequestro e confisca art. 23, commi da 2 a 4 d. Igs. n. 159 del 2011 , a maggior ragione devesi garantire la sua posizione anche nei procedimenti per reati comuni, affinché possa e debba valutarsi sin da subito la sua pretesa. Aggiunge che la necessità ditale valutazione sin dalia fase cautelare, dinanzi al Tribunale dei Riesame, risponde non solo a criteri di ragionevolezza, ma in alcuni casi appare addirittura im posta, come nel caso di beni dati in garanzia deteriorabili o anche solo fungibili e come tali più facilmente suscettibili di dispersione. Nel caso di specie, il permanere del sequestro sui saldi attivi dì conto corrente, determinando il protrarsi dei mancato rimborso dei finanziamento erogato, comporterebbe per la ricorrente la necessità di classificare il credito in categorie via via pregiudizievoli fino a inserirlo in quella dei crediti in sofferenza che, a loro volta, implicherebbero rilevanti accantonamenti in termini di previsioni di perdita a carico dell'istituto di credito. Si osserva, inoltre, che non viene contestata la compatibilità tra le prerogative pubblica alla confisca e privata al rimborso del debito , bensì la presunzione assoluta di prevalenza della prima sulla seconda, tale da negare la legittimazione del terzo in buona fede ad intervenire nel procedimento cautelare. Sotto diverso profilo, si deduce che la finalità della confisca può essere salvaguardata dalla mera interruzione della relazione tra il bene e l'autore del reato, sottraendolo alla disponibilità di quest'ultimo, sicché ove il bene non sia intrinsecamente pericoloso, come nel caso dei de naro, quando esso sia detenuto da altri, come nel caso dei creditore pignoratizio, il ricono scimento dei diritto di quest'ultimo fa salve anche le esigenze sottese alla misure di sicurezza. Si deduce, infine, che l'esistenza di una tutela del terzo in fase cautelare può ricavarsi anche dal combinato disposto degli artt. 19 d. Igs. n. 231 del 2001, 240 e 322 ter cod. pen., 2803 e 2808 cod. civ. che, oltre ad escludere l'applicabilità della confisca su beni appartenenti al terzo in buona fede estraneo al reato, consentono al creditore garantito di soddisfarsi sui beni dati in garanzia sin da quando sia accertato l'inadempimento del debitore, non essendovi altra norma che vieti l'esercizio di tale facoltà anche in presenza di una misura cautelare sui medesimi beni. Considerato in diritto 1. Il ricorso risulta infondato e come tale deve essere rigettato. 2. Il caso in esame è quasi sovrapponibile a quello che ha dato luogo alla sentenza Sez. 2, n. 10471 del 12/02/2014, Italfondiario SpA, Rv. 259346, con la quale si è statuito che in caso dì sequestro preventivo disposto su un bene gravato da pegno o da ipoteca, il terzo creditore ti tolare dei diritto reale di garanzia non è legittimato a chiedere la revoca della misura caute lare, non essendo la sua posizione giuridica assimilabile a quella dei titolare del diritto di pro prietà, la cui sussistenza, giuridicamente incompatibile con la pretesa ablatoria dello Stato, comporta l'immediata restituzione dei bene ai sensi dell'art. 321 comma 3 cod. proc. pen. Sez. 2, sent. n. 10471 del 12/02/2014, Italfondiarío SpA, Rv. 259346 . Correttamente, infatti, ad avviso di questo Collegio, è stato posto in quell'occasione il quesito fondamentale `se sia ammissibile per il terzo titolare di un diritto reale di garanzia sul bene oggetto di sequestro penale, proporre istanza di revoca del sequestro in via anticipata e cioè quando è ancora pendente il processo penale, al fine di avere la possibilità di iniziare o proseguire nell'azione esecutiva eventualmente intrapresa nei confronti del debitore senza dover at tendere, quindi, l'esito del processo penale con conseguente tutela in via posticipata' e con divisibile è il rigetto ivi affermato della tesi che l'art. 321 comma 3 cod. proc. pen., nella parte in cui dispone che 'il sequestro è immediatamente revocato a richiesta dell'interessato quando risultano mancanti le condizioni di applicabilità previste dal comma 1' possa costituire il fondamento normativo del riconoscimento dell'invocata tutela anticipata. Nel caso in esame, la ricorrente indica, invece, quale base normativa di riferimento della pre tesa all'attribuzione delle somme l'art. 322 comma 1 cod. proc. pen., che indica tra le persone che possono proporre istanza di riesame dei sequestro preventivo anche 'quella che avrebbe diritto alla loro restituzione', ma l'indicazione di una diversa base normativa non inficia la validità degli approdi interpretativi raggiunti con la decisione ora richiamata. Evitando di ripetere, sotto diversa veste formale, le analitiche argomentazioni svolte nella citata sentenza, cui per tutto il resto si rinvia, vale ribadire che non viene affatto in discussione il consolidato principio secondo cui il terzo titolare di un diritto di credito assistito da garanzia reale non può essere pregiudicato dalla confisca penale eseguita su quei beni, giusto obbliga torio richiamo a Sez. U sent. n. 9 del 28/04/1999, Bacherotti, Rv. 213511. La questione agitata dalla ricorrente possiede, pertanto, risvolti di natura esclusivamente processuale, imponendo di stabilire quale sia il momento in cui il suo diritto può essere fatto valere e cioè se in via anticipata durante il processo penale o in via posticipata quando, affermata la colpevolezza dell'imputato, il sequestro si trasforma in confisca. E' da escludere, infatti, a legislazione vigente e proprio in base all'art. 322, comma 1, cod. proc. pen., una parificazione tra la situazione del terzo che assume di essere il proprietario dei bene e che in tale veste gode di una tutela immediata con quella dei terzo titolare di un diritto reale di garanzia, che come tale vanta un diritto di sequela sul bene ma non propriamente alla sua restituzione, non essendone per definizione proprietario. Il solo diritto di proprietà sulla res e non altro di diversa natura è, invero, suscettibile di porsi sullo stesso piano della pretesa ablatoria dello Stato, che si realizza con la confisca cui il se questro preventivo è finalizzato e che al fine di impedire il formarsi di una situazione giuridica mente incompatibile l'acquisto a titolo derivativo da parte dello Stato di un bene che non ap partiene al soggetto fatto segno della misura cautelare reale s'impone in via immediata alla considerazione del giudice, che una volta accertato che la proprietà è stata acquistata in buona fede, deve revocare immediatamente il sequestro preventivo. Diversa è la situazione del titolare di un diritto reale di sequela pegno, ipoteca che rimane sempre un creditore dei proprietario dei bene sottoposto a sequestro preventivo, per il quale valgono le articolate argomentazioni svolte dalla citata sentenza n. 10471/2014 in ordine all'in dividuazione, da un lato del momento processuale in cui la pretesa ablatoria dello Stato si con solida confisca e il diritto di proprietà sulla res viene a fronteggiare la pretesa del creditore assistito da garanzia reale e dall'altro, dei giudice competente a dirimere le opposte pretese giudice dell'esecuzione penale ai sensi del cbn. disp. degli artt. 676 comma 1, 667 comma 4 cod. proc. pen. e degli artt. 86 e 88 disp. att. cod. proc. pen. e art. 13 reg. esec. cod. proc. pen. . Alle considerazioni di detta pronuncia vale solo aggiungere che il mantenimento dei seque stro preventivo in previsione della confisca non costituisce uno stato irreversibile, ben potendo accadere che il bene venga restituito al proprietario, il quale fino a quel momento, oltre a vantare un'aspettativa generica alla restituzione, può in ipotesi anche essere interessato ad opporre al creditore questioni inerenti la validità della garanzia reale gravante sul bene. E' evidente, tuttavia, che la tutela anticipata del creditore assistito da garanzia reale prive rebbe il proprietario del bene anche dell'astratta possibilità di sollevare quelle questioni, la quale viene, invece, definitivamente meno nel momento in cui diviene irrevocabile il provvedi mento di confisca. 2. Al rigetto dei ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.