La Corte rimette alle Sezioni Unite la questione sulla configurabilità del reato associativo

Quando un’associazione di stampo mafioso costituisce in Italia o all’estero una propria diramazione, ai fini della configurabilità della natura mafiosa, è sufficiente il semplice collegamento con l’associazione principale, oppure la suddetta diramazione deve esteriorizzare in loco gli elementi previsti dall’art. 416 bis comma 3 c.p.?

Il caso. La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 15807, depositata il 16 aprile 2015, ha rimesso alle Sezioni Unite il quesito suddetto, stante la presenza, attualmente, di due precisi orientamenti in tema di consumazione del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Nel caso di specie, veniva applicata, nei confronti dell’indagato, la misura della custodia in carcere confermata dal Tribunale del Riesame di Reggio Calabria perché, insieme ad altri avrebbe fatto parte di un’articolazione svizzera c.d. locale dell’organizzazione mafiosa denominata ndrangheta”, operante sul territorio della provincia di Reggio Calabria. Elementi costitutivi del reato associativo. Tuttavia, il ricorrente lamentava violazione dell’art. 416 bis c.p. in relazione all’art. 273 c.p.p., deducendo che, dalle intercettazioni, utilizzate quali gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato, in realtà, non si ricavava come e con quali modalità i sottogruppi compreso quello di cui faceva parte quest’ultimo avevano manifestato all’esterno la condotta tipica costituita dalla forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà propri della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 416 bis c.p L’ordinanza in commento, sul punto, rileva la sussistenza, invero, di due orientamenti, parimenti significativi, che comportano, necessariamente, la rimessione della decisione sul punto alle Sezioni Unite. Semplice sussistenza in loco. Il primo, secondo il quale, per qualificare come mafiosa un’organizzazione criminale è sufficiente la capacità potenziale, anche se non attuale, di sprigionare, per il solo fatto della sua esistenza, una carica intimidatrice idonea a piegare ai propri fini la volontà di quanti vengano in contatto con gli affiliati all’organismo criminale, non essendo, quindi necessario che sia stata effettivamente indotta una condizione di assoggettamento ed omertà nei consociati attraverso il concreto esercizio di atti intimidatori . Necessità di una condotta precisa. Il secondo orientamento, invece, ritiene che ai fini della consumazione del reato de quo , sia necessario che l’associazione abbia conseguito, in concreto, nell’ambiente nel quale opera, un’effettiva capacità di intimidazione e, quindi, deve necessariamente avere una sua esteriorizzazione quale forma di condotta positiva, come si evince dall’uso del termine ‘avvalersi’ contenuto nell’art. 416 bis c.p. . Sulla forza intimidatrice delle diramazioni” di un’associazione criminale di stampo mafioso. La problematica non è di poco conto se si considerano casi, come quello di specie, in cui l’associazione di tipo mafioso si espanda” in zone e territori alla stessa completamente estranei, per cultura e struttura sociale e dove, dunque, la semplice sussistenza ed insistenza in loco non produce la stessa capacità intimidatoria che, invece, avrebbe nei luoghi di appartenenza originaria. Sulla mafiosità” di una locale”. Pertanto, la questione posta dalla Corte è di verificare se alcune organizzazioni locali” di un’associazione principale possano essere, solo per il fatto di essere costituite, considerate mafiose” in quanto collegate alla prima, oppure se sia necessario che esteriorizzino, secondo quanto stabilito dall’art 416 bis , comma 3, c.p. L'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorale la loro mafiosità”.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, ordinanza 25 marzo – 16 aprile 2015, n. 15807 Presidente Petti – Relatore Rago Fatto e diritto 1. Con ordinanza del 25/09/2014, il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria confermava l'ordinanza con la quale, in data 06/09/2014, il giudice per le indagini preliminari del tribunale della medesima città, aveva applicato a N.A. la misura della custodia cautelare in carcere perché indagato, con altre persone, di avere fatto parte - con la carica di mastro disponente - di un'articolazione svizzera dell'organizzazione mafiosa denominata ’ndrangheta operante sul territorio della provincia di Reggio Calabria e, segnatamente della società 'ndrangheta di Frauenfeld, dipendente dalla casa madre del locale di il cui capo locale era rappresentato da P.G.A. , a sua volta subordinato a O.D. e, quindi al Crimine 2. Avverso la suddetta ordinanza, l'indagato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo la violazione degli artt. 273 cod. proc. pen. E 416 bis cod. PEN. il ricorrente, dopo avere premesso che i gravi indizi di colpevolezza erano stati desunti tutti esclusivamente da intercettazioni nel corso delle quali i colloquianti si attribuivano un ruolo di tipo mafioso, svelando anche la struttura della 'ndrangheta, ha sostenuto che le medesime non potevano essere ritenuti alla stregua di gravi indizi in quanto gli stessi inquirenti non erano stati in grado di indicare come e con quali modalità, i sottogruppi fra cui, appunto, il c.d. locale di omissis avevano manifestato all'esterno la tipica condotta mafiosa costituita dalla forza d'intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà. Le indagini, infatti - non avevano individuato gli esatti termini oggettivi e soggettivi delle condotte considerate - non avevano provato la sussistenza dell'accordo criminoso, posto che, a tutto concedere, le intercettazioni rendevano plausibile unicamente l'ipotesi di rapporti di natura dubbia - non avevano registrato alcun contatto tra il N.A. e P.G.A. , non risultando che il ricorrente si fosse mai recato in per incontrare il P. . 3. Questa Corte ritiene che il presente ricorso debba essere rimesso alle S.S.U.U. per le ragioni di seguito indicate. Il Tribunale, dopo avere, per 134 pagine, ricostruito - sulla base di numerose intercettazioni provenienti dagli stessi indagati - la struttura della 'ndrangheta, i riti di affiliazione, i gradi che in essa ricoprono i vari affiliati, a pag. 134, a fronte della censura con la quale la difesa aveva sostenuto che non emergeva nulla dagli atti che faccia concludere per la sussistenza di una proiezione esterna della condotta del N. sul territorio elvetico rispetto all'attività illecita dell'associazione mafiosa di cui si assume faccia parte ed i cui vertici sono stanziati in Italia ” pag. 134 ordinanza , ha replicato nei seguenti testuali termini Egli ndr N.A. è presente e partecipe alla riunione di 'ndrangheta del 27.2.2011 in cui R.C. fa un brindisi, recita le formule per battezzare la località e successivamente per formare la società, ma anche a quelle del 30.1.2011, del 29.10.2011 e del 23.1.2011, i cui rituali altro non sono che la predicazione esteriore di un indissolubile e profondo vincolo associativo. La figura del ricorrente viene in rilievo a seguito della perdurante esistenza di problemi tra locali in territorio tedesco e svizzero problemi che ponevano in forte risalto il ruolo di locale di riferimento di e quindi di P.G.A. dalla telefonata del 22 aprile 2009 RIT 2262/08, progr. 796 tra N.B. e sua zia N.M.C. , in cui si discute anche di dissidi tra le fazioni 'ndranghetistiche di e ove N. risiede, alle altre conversazioni dalle quali emerge in tutta evidenza il ruolo di P.G.A. nella risoluzione del dissidio. Proprio nel contesto di tali problematiche tra le due locali si inserisce la telefonata intercorsa tra P. e N.M.G. intesa G. , nella quale il P. racconta alla donna dell'incontro avuto con N.A. e con i fratelli N.M. e B. e con cucchlaruni, con M. e con B. , tutti e due i fratelli incontro finalizzato a dirimere la questione in atto tra e omissis . Pertanto, la suddetta circostanza smentisce la deduzione difensiva dell'assenza di incontri tra N. e P. . Inoltre, da essa emerge ancora una volta il ruolo apicale di P. nel locale di voi gli avete dato il potere . Inoltre, tali conversazioni — come pure quella del 2 settembre 2009 n. 1772929, intercettata dall'LKA tra S.T. e N.R. - rivelano chiaramente la dipendenza dei locali tedeschi e svizzeri dalla Calabria e segnatamente da , nonché il carisma e l'ambizione di N.A. nel volere estendere i confini del locale di omissis N. , lo zio di M. , era andato a che voleva comandare tutte cose lui hai capito? E quelli di la sotto gli hanno detto di no. E T. [P. ] gli ha detto che se la può sognare una cosa di questa . Ma è lo stesso N.A. che affermando, durante le riunioni della società omissis , Il locale di omissis lo voglio che risponde a , perché è dove sono nato io, pone l'accento sulla dipendenza da . I rapporti del ricorrente N.A. col P. sono ulteriormente attestati dal contenuto della telefonata del 3.7.2011 tra N.R. e P.G.A. in cui il primo lamentava che N.A. N. della cercava di richiamare a sé, al locale di omissis , personaggi di No ma c'è quello della che non tanto cerca di comandare truppe di qua cerca di comandare in tale occasione P. avrebbe dato assicurazione circa un suo intervento nei confronti degli svizzeri e lascia, che appena viene gliela faccio io una strigliata e gli faccio vedere io inc . . Ritiene pertanto questo Collegio che l'ipotesi accusatoria nei confronti del ricorrente sia, allo stato, confermata dal compendio indiziario di cui si è detto e che l'ordinanza cautelare vada confermata”. Ora, se quanto scrive il Tribunale trova un puntuale riscontro nelle pagine dell'ordinanza impugnata il che, peraltro, non è contestato neppure dallo stesso ricorrente , al contrario, quello che emerge a tutto tondo, come stigmatizzato dalla difesa, è l'assoluta mancanza di qualsivoglia minima prova su quelli che sono gli scopi e l'attività tipica dell'associazione mafiosa ossia la commissione di atti di violenza o minaccia o di reati fine l'esistenza di attività economiche lecite o illecite riconducibili all'organizzazione l'interesse rispetto alle consultazioni elettorali ecc situazione questa tanto più singolare ove si consideri che, stando alle intercettazioni degli stessi accoliti della locale in questione, questa sarebbe operativa da ben sessant'anni a voler dar credito all'intercettazione riportata a pag. 16 dell'ordinanza o da almeno quarant'anni a voler stare alla intercettazione riportata a pag. 28 dell'ordinanza il che rende incomprensibile il rito del battesimo della c.d. locale avvenuto nel febbraio del 2011 pag. 107 ordinanza . Il Tribunale, pur non smentendo quanto obiettato dalla difesa, ha respinto la suddetta censura con la motivazione riportata supra integralmente con la quale ha sostenuto che sono sufficienti a far ritenere la mafiosità le seguenti circostanze a la partecipazione del N. a riti ancestrali di matrice 'ndraghetista b il dissidio fra i due locali di omissis e sito in territorio tedesco c il rapporto con il P. , capo cosca del locale di ossia circostanze interne alle dinamiche della ndrangheta ma che nulla hanno a che vedere con i requisiti indicati dall'art. 416 bis/3 cod. pen In altri termini, il Tribunale, a fronte della puntuale censura dedotta dal ricorrente, ha ritenuto di accogliere, con tutta evidenza, quella tesi secondo la quale, per qualificare come mafiosa un'organizzazione criminale è sufficiente la capacità potenziale, anche se non attuale, di sprigionare, per il solo fatto della sua esistenza, una carica intimidatrice idonea a piegare ai propri fini la volontà di quanti vengano in contatto con gli affiliati all'organismo criminale, non essendo, quindi, necessario che sia stata effettivamente indotta una condizione di assoggettamento ed omertà nei consociati attraverso il concreto esercizio di atti intimidatori nei seguenti termini si sono pronunciate Cass. 38412/2003 riv 227361 Cass. 45711/2003 riv 227994 Cass. 4304/2012 riv 252205 Cass. 5888/2012 riv 252418 Cass. 28091/2013 Cass. 28332/2013 Cass. 28337/2013 Cass. 35997 – 35998 - 35999/2013. È, però, ben noto, che nell'ambito della giurisprudenza di questa Corte di legittimità, è presente un altro cospicuo filone interpretativo secondo il quale, al contrario, ai fini della consumazione del reato di cui all'art. 416 bis cod. pen., è necessario che l'associazione abbia conseguito, in concreto, nell'ambiente nel quale essa opera, un'effettiva capacità di intimidazione e, quindi, deve necessariamente avere una sua esteriorizzazione quale forma di condotta positiva, come si evince dall'uso del termine avvalersi contenuto nell'art. 416 bis cod. pen. in terminis, Cass. 19141/2006 riv 234403 Cass. 25242/2011 riv 250704 Cass. 13635/201 riv 252358 Cass. 31512/2012 riv 254031 Cass. 14582/2014, D'Onofrio-Tamburi. La fattispecie in esame è paradigmatica del suddetto dibattito posto che la problematica non riguarda solo l'operatività della singola associazione mafiosa in sé e per sé considerata ma anche le ipotesi in cui come quella in esame l'associazione mafiosa nella specie ndrangheta , pur pacificamente esistente ed operante in una determinata zona del territorio, tenda ad espandersi in altri territori nella specie, all'estero distanti dalla casa madre e storicamente estranei, per cultura e struttura sociale, alle azioni prevaricatrici tipiche del fenomeno mafioso. Infatti, in casi come quello in esame, resta pur sempre il problema di verificare se, per configurabilità dell'art. 416 bis cod. pen. a carico di coloro che fanno parte delle c.d. locali nella specie quella di omissis sia sufficiente la mera costituzione di una locale, oppure se questa debba esteriorizzare in loco la sua mafiosità ai sensi dell'art. 416 bis/3 cod. pen. e, quindi, dare un concreto contributo causale alla casa madre ossia all'associazione della quale costituisce una diramazione. Questa Corte, pertanto, poiché la soluzione della suddetta questione è della massima importanza sia per le ricadute di natura pratiche che per quelle giuridiche e, poiché sul punto si è formato un contrasto nell'ambito di questa stessa Corte che, allo stato, non pare in via di risoluzione, ritiene di dover rimettere il ricorso alle SSUU a norma dell'art. 618 cod. proc. pen., demandando il seguente quesito di diritto se, nel caso in cui un'associazione di stampo mafioso, nella specie ndrangheta, costituisca in Italia o all'estero una propria diramazione, sia sufficiente, ai fini della configurabilità della natura mafiosa, il semplice collegamento con l'associazione principale, oppure se la suddetta diramazione debba esteriorizzare in loco gli elementi previsti dall'art. 416 bis/3 cod. proc. pen.”. P.Q.M. DISPONE la rimessione del ricorso di cui in premessa alle Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione.