Fini-Giovanardi: il “settantatré quinto comma” va all’esame delle Sezioni Unite

Va chiarito se per le condotte antecedenti alla riforma del 2013, che ha qualificato il comma 5 dell’art. 73 d.p.r. n. 309/90 quale ipotesi autonoma di reato, siano rilevabili di ufficio in sede di giudizio di legittimità gli effetti derivanti dalla riforma del quadro sanzionatorio per le ipotesi contemplate dalla predetta norma incriminatrice, anche nei casi in cui la pena applicata risulti conforme alla cornice edittale ripristinata dopo l’intervento della Consulta sent. n. 32/2014 e anche laddove il ricorso interposto sia manifestamente infondato.

Con questo duplice quesito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, contenuto nella ordinanza di rimessione n. 14961 depositata il 13 aprile 2015. Una cronistoria normativa un poco movimentata L’intervento della Corte Costituzionale e quello del legislatore – ma è un fenomeno a cui ci stiamo abituando – hanno recentemente scompaginato un settore disciplinare, quello dei reati in materia di stupefacenti, dando vita ad una infinita serie di problematiche applicative incredibilmente astruse. L’origine dei più grossi dubbi e delle più importanti incertezze interpretative porta la data del febbraio 2014, quando la Consulta, con la ormai famosa sentenza n. 32, dichiarava l’illegittimità della Fini-Giovanardi”, il cui tratto peculiare era – lo ricorderanno tutti – l’aver eliminato la distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti. Dopo il colpo di scure inferto dal Giudice delle Leggi, riemergeva la disciplina previgente, generalmente improntata sulla graduazione del trattamento sanzionatorio rispetto alla qualità” dello stupefacente oggetto, volta per volta, del processo. Dal canto suo, il legislatore, che già nel 2013 aveva ritoccato la materia in esame trasformando il fatto di lieve entità da circostanza attenuante ad ipotesi autonoma di reato, con le ovvie conseguenze del caso, successivamente al richiamato intervento della Consulta abbassava ulteriormente la pena del neonato fatto lieve . e alla Suprema Corte piovono i quesiti Dopo l’intervento congiunto Corte Costituzionale-Legislatore, in Cassazione inizia un periodo convulso, il cui motivo ricorrente è la salvaguardia del principio di legalità della pena, evidentemente da tutelare anche nel caso in cui il ricorso avverso la decisione impugnata sia manifestamente infondato per ragioni diverse dal suo deposito tardivo, ovvero non contenga alcuno specifico motivo di critica al trattamento sanzionatorio inferto nel giudizio di merito. Ecco una carrellata di quesiti e di risposte passati sotto l’occhio vigile degli Ermellini. Rilevabilità d’ufficio della nullità sopravvenuta della sentenza, casi e presupposti. Si può annullare una sentenza, anche se il ricorso è manifestamente infondato, per effetto della declaratoria di illegittimità costituzionale di una norma riguardante la determinazione della pena? La Suprema Corte lo ritiene possibile, anche nel caso in cui manchi uno specifico motivo di impugnazione. Risposta affermativa, dopo un indirizzo inizialmente opposto, nel simile caso in cui la nullità della sentenza impugnata venga fatta discendere dal fatto che una riforma abbia inciso notevolmente sui limiti edittali della pena, e che la norma sia – nel testo vigente – più favorevole per l’imputato. Anche in questo caso l’intervento della Suprema Corte viene considerato legittimo anche in presenza di ricorso inammissibile. Non è finita annullabili con rinvio per la rideterminazione della pena le sentenze in cui la pena base sia determinata in misura notevolmente superiore al minimo edittale, tanto da comportare una nuova valutazione del fatto-reato. Il presupposto è, naturalmente, la illegalità sopravvenuta della pena in seguito all’intervento della Corte Costituzionale cui facevamo poc’anzi cenno. Anche il fatto di lieve entità nel turbine dei dubbi. Le Sezioni Unite si sono recentemente occupate del famigerato quinto comma”, ritenendo possibile la rideterminazione della pena patteggiata prima dell’intervento della Corte Costituzionale, anche se il quantum rientri nella nuova cornice edittale. Rimane ancora scoperto – ma lo sarà per poco, dato che la Terza Sezione, con l’ordinanza in commento, ha invocato l’autorevole voce delle Sezioni Unite – un quesito piuttosto simile ad uno già illustrato precedentemente. Cosa fare se la pena inflitta per il fatto lieve, commesso prima delle riforme, rientri nei limiti di quella oggi considerata legale e il ricorso sia inammissibile per manifesta infondatezza o genericità dei motivi? Le Sezioni Unite hanno più volte affermato l’ultima decisione in questo senso è del 2013 il principio della annullabilità di una sentenza che contenga una pena illegale, anche quando il ricorso sia inammissibile per motivi diversi dal deposito fuori termine. Prima di passare la parola al massimo Consesso, gli Ermellini formulano un’ipotesi che suona come un auspicio rilevare di ufficio la nullità della sentenza potrebbe, nel caso del fatto di lieve entità, giustificarsi sulla base della rimodulazione di tutti i parametri di quantificazione della sanzione, proprio per effetto delle intervenute riforme che hanno coinvolto il fatto lieve .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 17 marzo – 13 aprile 2015, numero 14961 Presidente Squassoni – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1.1 Con sentenza del 19 settembre 2008 il Giudice per l'Udienza Preliminare del Tribunale di Bari dichiarava - per quanto qui di interesse - D.F.D. , imputato di plurimi episodi di spaccio e detenzione illecita a fini di spaccio di sostanze stupefacenti del tipo cocaina meglio indicati ai capi 91 , 107 e 144 [reati commessi in , rispettivamente in epoca prossima e antecedente al omissis ] colpevole dei detti reati condannandolo, previo riconoscimento della circostanza attenuante di cui al comma 5 dell'articolo 73 D.P.R. 309/90, alla complessiva pena di anni quattro e mesi otto di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa oltre alle pene accessorie di legge. 1.2 A seguito dell'appello proposto dal detto imputato la Corte di Appello di Bari, con sentenza dell'8 marzo 2011, riduceva la pena originariamente inflittagli ad anni due e mesi otto di reclusione ed Euro 2.400,00 di multa, revocando anche la pena accessoria della interdizione temporanea dai PP.UU 1.3 Interposto ricorso avverso la detta sentenza, questa Corte Suprema con sentenza del 6 novembre 2012 annullava la sentenza della Corte territoriale in ordine al trattamento sanzionatorio rinviando ad altra Sezione della Corte di Appello di Bari. 1.4 La Corte di Appello con sentenza del 7 ottobre 2013, giudicando in sede di rinvio disposto da questa Suprema Corte, rideterminava la pena inflitta al D.F. in complessivi anni due di reclusione ed Euro 200,00 di multa [p.b. anni due e mesi otto di reclusione ed Euro 100,00 di multa per il reato sub 91 , aumentata per la continuazione di mesi due di reclusione ed Euro 50,00 di multa per ciascuno dei residui episodi di cui ai capi 107 e 144 e definitivamente ridotta di 1/3 per il rito prescelto]. 1.5 Avverso la detta sentenza propone ricorso D.F.D. personalmente deducendo due motivi a manifesta illogicità e mancanza della motivazione con riferimento al confermato giudizio di responsabilità dell'imputato b erronea applicazione della legge penale in relazione all'immotivato diniego delle circostanze attenuanti generiche. Considerato in diritto 1. Il ricorso, nei termini in cui risulta formulato, non supera il vaglio della ammissibilità per nessuno dei due motivi, non solo e non tanto perché generici, quanto perché il Giudice del rinvio era investito esclusivamente del compito di rivedere il trattamento sanzionatorio, senza dunque alcuno spazio di intervento né sulle circostanze attenuanti generiche, né, meno che mai, sul giudizio di responsabilità ormai divenuti definitivi a seguito della sentenza di annullamento con rinvio di questa Suprema Corte del 6 dicembre 2012. 1.1 Si legge, infatti, in detta decisione per la parte riferentesi al D.F. che questi nel corso del giudizio di appello celebratosi davanti alla Corte di Appello di Bari in data 8 marzo 2011, aveva rinunciato a tutti i motivi di appello motivi che involgevano il giudizio di responsabilità, la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e l'entità del trattamento sanzionatorio ritenuto ingiustificatamente severo in relazione all'avvenuto riconoscimento dell'attenuante del fatto di lieve entità di cui al comma 5 dell'articolo 73 D.P.R. 309/90 , tranne quello attinente alla entità della pena. Secondo questa Corte Suprema la rinuncia a tutti i motivi di appello fuorché a quello riguardante la misura della pena comprendeva la rinuncia anche al motivo riguardante il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in ossequio ad analogo principio fissato dalla Sezione 1^ 11.4.2012 numero 19014, Sardelli e altri, Rv. 252861 . 1.2 Ne deriva che a stretto rigore il ricorso in esame, contenente motivi non esaminabili perché non più proponibili in relazione al giudicato formatosi su di essi, va considerato inammissibile per sostanziale assenza di censure con riferimento all'unico profilo il trattamento sanzionatorio rideterminato dalla Corte di Appello di Bari a seguito del giudizio di rinvio astrattamente coltivabile in questa sede. 2. Ciò detto il Collegio ritiene che debbano essere tuttavia affrontate alcune questioni di carattere generale che meritano l'esame delle Sezioni Unite ciò non solo in dipendenza della nota sentenza della Corte Costituzionale numero 32 del 2^2014, ma anche in dipendenza dei mutamenti normativi verificatisi - in riferimento al regime sanzionatorio concernente le fattispecie attenuate di cui al comma 5^ dell'articolo 73 D.P.R. 309/90 - dapprima con il D.L. 146/13 convertito nella L. 10/14 e successivamente con il D.L. 36/14 a sua volta convertito nella L. 79/14. 2.1 Come è noto con il D.L. 30 dicembre 2005, numero 272, convertito in legge 21 febbraio 2006, numero 49, era stata modificata la disciplina dei commi 1 e 4 dell'articolo 73 del D.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309, abbandonandosi i diversi regimi sanzionatori fissati per le sostanze stupefacenti elencate, da un lato, nelle tabelle I e III le c.d. droghe pesanti dall'altro nelle tabelle II e IV le c.d. droghe leggere . La nuova disciplina fissava dunque agli articolo 1 e 1-bis dell'articolo 73 del D.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309, un unico trattamento sanzionatorio per tutte le sostanze stupefacenti con previsione della reclusione da sei anni a venti anni e della multa da Euro 26.000,00 ad Euro 260.000,00. Coerentemente a tale impostazione il comma 5^ dell'articolo 73 D.P.R. 309/90 omologava il trattamento sanzionatorio nei casi di minore gravità nella forbice unica per tutti i tipi di droghe compresa tra un anno e sei anni di reclusione e della multa tra Euro 3.000,00 ed Euro 26.000,00. 2.2 Tale soluzione è stata censurata dalla Corte Costituzionale con sentenza numero 32 del 12 febbraio 2014 con la quale è stata dichiarata l'illegittimità degli articolo 4-bis e 4-vicies ter del d.l. 30 dicembre 2005, numero 272, convertito in legge 21 febbraio 2006, numero 49, ripristinando il testo anteriore alla legge c.d. Fini-Giovanardi . 2.3 Sotto altro profilo il legislatore ordinario è intervenuto, prima ancora del giudice delle leggi, sul testo della L. 49/06, dapprima emanando il D.L. 146/13, convertito nella L. 10/14, qualificando il comma 5^ dell'articolo 73, D.P.R. 309/90 come ipotesi autonoma di reato rispetto all'originaria previsione di una circostanza attenuante ad effetto speciale v. sul punto Sez. 6A 8.1.2014, Cassanelli e fissando poi una pena edittale che va da un minimo di un anno ad un massimo di anni cinque di reclusione lasciando invece inalterata la pena pecuniaria compresa tra il minimo di Euro 3.000,00 ed il massimo di Euro 26.000,00 di multa, senza distinzione tra droghe c.d. pesanti e droghe c.d. leggere . 2.4 Non pago di ciò il legislatore ordinario, sulla scia del sentenza 32/14 della Corte Costituzionale, con D.L. numero 36/14 convertito con modificazioni nella L. 79/14 ha ulteriormente rivisto il trattamento sanzionatorio per la fattispecie attenuata di cui al comma 5^ dell'articolo 73 prevedendo un minimo di mesi sei di reclusione ed un massimo di anni quattro e, quanto alla pena pecuniaria, un minimo di Euro 1.032,00 ed un massimo di Euro 10.329,00 di multa, senza distinzione, ancora una volta, tra droghe leggere e droghe pesanti. 3. Nella giurisprudenza di questa Corte Suprema all'indomani di tali importanti riforme legislative e dell'intervento della Corte Costituzionale si è formato un orientamento in tema di legalità della pena in riferimento alla ipotesi della fattispecie attenuata ed in relazione alla diversa tipologia delle droghe illegalmente detenute circostanza, quest'ultima, che investe anche l'ipotesi contemplata nel comma 4 dell'articolo 73 D.P.R. 309/90 nella sua originaria formulazione che può riassumersi nei seguenti termini. 3.1 Con riguardo alla cognizione della Corte di cassazione ed alla rilevabilità di ufficio della nullità sopravvenuta della sentenza impugnata in conseguenza della dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma attinente alla determinazione della pena è stata data risposta affermativa, anche nel caso di inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza ed in assenza di specifica doglianza Sez. 6^ 6.3.2014 numero 12727, Rubino e altri, Rv. 258778 Sez. 4^ 15.5.2014 numero 22293, Kure, Rv, 259383 idem 15.5.2014 numero 25216, Marena e altro, RV. 259385 . 3.2 Con riguardo alla cognizione della Corte di Cassazione ed alla rilevabilità di ufficio della nullità sopravvenuta della sentenza impugnata in conseguenza di una modifica normativa incidente in misura rilevante sui limiti sanzionatori edittali sia minimi che massimi, dopo un iniziale indirizzo negativo Sez. 3^ 30.4.2014 numero 20766, Frattolino ed altri, RV. 259392 è stata data risposta affermativa anche nel caso di inammissibilità del ricorso laddove la modifica normativa si riveli più favorevole per l'imputato Sez. 4^ 13.3.2014 numero 27600, Buonocore, Rv. 259368 nello stesso senso Sez. 4^ 28.5.2014 numero 28164, Barhoumi, Rv. 259389 Sez., 4^ 21.10.2014 numero 47020, Fiorini, Rv. 260673 idem, 16.10.2014 numero 47750, Girasella, Rv. 260671 . 3.3 Con riguardo alla illegalità sopravvenuta della pena determinata dalla sentenza della Corte Costituzionale numero 32/14 ovvero dalle modifiche normative intervenute, rispettivamente con la L. 10/14 e con la L. 79/14 interessanti la fattispecie autonoma di cui al comma 5^ dell'articolo 73 D.P.R. 309/90 in riferimento a sentenze di condanna emesse nell'ambito di giudizio ordinario o di giudizio abbreviato è stata data risposta positiva nel senso di annullare con rinvio per la rideterminazione della pena, la sentenza di condanna in conseguenza di una disciplina più favorevole a seguito della sentenza della Corte Costituzionale laddove la pena base sia stata determinata nel provvedimento impugnato in termini sensibilmente distanti dai limiti minimi edittali sì da comportare una rivalutazione globale del fatto Sez. 6^ 20.3.2014 numero 14293, Antonuccio, Rv. 259062 idem 5.3.2014 numero 14984, Costanzo, Rv. 259355 idem, 26.3.2014 numero 14995, Lampugnano ed altro Rv. 259359 idem 23.9.2014 numero 39924, Grisorio, Rv. 260711 . 3.4 Infine, con riguardo alla illegalità sopravvenuta della pena determinata dalla sentenza della Corte Costituzionale 32/14 ovvero dalle modifiche normative di cui alla L. 10/14 interessanti la fattispecie della lieve entità enunciata nel comma 5 dell'articolo 73 D.P.R. 309/90, si è affermato che per i reati commessi prima dell'entrata in vigore dell'articolo 2 del D.L. 146/13 l'accordo concluso tra le parti e ratificato dal giudice in epoca precedente alla modifica normativa non implica una pena illegale qualora questa sia stata commisurata in misura prossima al minimo edittale rimasto normativamente immutato Sez. 3^ 25.2.2014 numero 11110, Kiogwu, Rv. 258353 Sez. 6^ 4.3.2014 numero 13895, P.G. in proc. Nabil, Rv. 259362 , mentre è stato ritenuta suscettibile di annullamento senza rinvio la sentenza di patteggiamento che, a seguito della reviviscenza dell'articolo 73 D.P.R. 309/90 nella sua originaria formulazione e delle successive modifiche normative, abbia applicato una pena utilizzando quale riferimento i parametri edittali previsti dalla disciplina poi dichiarata incostituzionale Sez. 3A 22.5.2014 numero 26346, Lamagna e altro, Rv. 259398 Sez. 4^ 21.10.2014 numero 49528, Leonardi, Rv. 261069 . 3.5 Di recente la questione della legalità della pena è stata oggetto di un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite con riguardo all'ipotesi in cui si è profilata l'eventualità di una rideterminazione della pena applicata con sentenza ex articolo 444 cod. proc. penumero emessa prima della sentenza della Corte Costituzionale anche quando detta pena fosse rientrata nella nuova cornice edittale applicabile per effetto della sentenza della Consulta al quesito è stata data risposta affermativa con decisione numero 22621 del 26 febbraio 2015. 4. Nessuna posizione risulta invece essere stata assunta con riferimento ad una pena legale - in quanto ricompresa nella forbice edittale applicabile - inflitta in riferimento a fattispecie attenuata ex comma 5^ dell'articolo 73 D.P.R. 309/90 in riferimento alle modifiche normative più favorevoli intervenute medio tempore anche laddove il ricorso sia inammissibile per manifesta infondatezza o genericità dei motivi. 4.1 La questione che in questa sede intende sottoporsi all'attenzione delle Sezioni Unite attiene infatti ad ipotesi diverse da quelle sin qui esaminate oltre che ad altre formanti oggetto di altre decisioni coeve alla sentenza 22621 del 26 febbraio 2015 . 4.2 È noto infatti che di fronte alla inammissibilità del ricorso per un qualsivoglia motivo tranne che per tardività questa Corte Suprema ha ripetutamente affermato il principio che tale vizio non è di ostacolo ad un intervento della Corte in termini di annullamento della sentenza che abbia irrogato una pena illegale tra le tante, Sez. 6^ 16.5.2013 numero 21982, Ingordini, Rv. 255674 Sez. 5^ 27.4.2012 numero 24128, Di cristo, Rv. 253763 S.U. 29.3.2007 numero 27614, P.C. in proc. Lista, Rv. 236535 . 4.3 La ricomprensione della pena entro limiti legali in linea di principio dovrebbe precludere un intervento di ufficio volto a rivedere il trattamento sanzionatorio. Ma occorre pur sempre tenere conto delle modifiche normative medio tempore intervenute che hanno sostanzialmente scompaginato ed in misura rilevante l'originario assetto sanzionatorio con riferimento alla fattispecie attenuata disciplinata dal novellato comma 5^ dell'articolo 73 D.P.R. 309/90, tanto più che per effetto di tali innovazioni possono profilarsi ipotesi tra loro diverse che possono condurre a soluzioni diverse. 4.4 Premessa, infatti, la distinzione ormai ineludibile tra droghe c.d. pesanti e droghe leggere conseguente alla reviviscenza della Legge 309/90 nel suo testo originario precedente alla L. 49/06, è certo che il regime previgente per le droghe appartenenti al primo tipo come quella oggetto del ricorso in esame afferente alla illecita detenzione e spaccio di cocaina , in riferimento al comma 5^ dell'articolo 73 D.P.R. 309/90, era certamente meno favorevole rispetto a quello contemplato, per quanto qui rileva, nell'articolo 4-bis del D.L. 30 dicembre 2005, numero 272, convertito nella legge 21 febbraio 2006, numero 49, sicché la soluzione da ricercare andrebbe individuata nell'articolo 2 comma 4^ del cod. penumero in ossequio al principio della applicabilità della legge più favorevole laddove vi sia una diversità tra la legge del tempo in cui è stato commesso il reato e quella successiva. 4.5 Diversa, invece, la soluzione da ricercare con riferimento alle droghe c.d. leggere per le quali - nel caso del comma 5^ dell'articolo 73 - il regime previgente era analogo a quello attualmente in vigore per effetto della L. 79/14 oltre che per effetto indiretto della decisione della Consulta , nel senso che in questo caso assumerebbe rilievo decisivo e dirimente la dichiarazione di illegittimità costituzionale avente effetti ex tunc di cui alla sentenza numero 32/14. 4.6 Correlato a tali questioni il problema della rilevabilità di ufficio degli effetti di tali modifiche normative non solo nella ipotesi di ricorso non manifestamente infondato che appare di agevole e scontata risoluzione ma anche nel caso della inammissibilità del ricorso in tutti quei casi in cui detta pena non possa qualificarsi illegale in quanto rientrante nella cornice edittale della previgente disciplina come ripristinata per effetto della sentenza numero 32/14. 4.7 La rilevabilità di ufficio circa l'eventuale revisione della pena potrebbe giustificarsi in relazione al fatto che un volta modificato in modo significativo il trattamento sanzionatorio in riferimento alla ipotesi attenuata di cui al ricordato comma 5^, mutano inevitabilmente tutti i parametri indicati dall'articolo 133 cod. penumero per la determinazione della pena che obbligano il giudice a modulare la sanzione in relazione ad una serie di elementi eterogenei oggi sicuramente cambiati. 4.8 L'intervento della Suprema Corte nella sua più autorevole composizione si pone quindi come chiarificatore e di portata generale in quanto vale non solo nel caso in cui la pena inflitta dal giudice di merito sia prossima al limite minimo edittale ovvero al limite massimo, ma anche laddove risulti ricompresa nella fascia c.d. intermedia tale intervento si impone anzitutto come necessario in riferimento alla decisione della Consulta, nel senso che il ripristino della disciplina previgente rispetto a quella contenuta nella Legge 49/06 determina effetti favorevoli retroattivi tenuto conto degli effetti della pronuncia costituzionale rispetto alla legge dichiarata incostituzionale. Ma appare ineludibile anche in riferimento agli effetto modificativi delle leggi sopra citate, in quanto il concetto di legalità della pena non può essere disgiunto dai parametri via via modificatisi in melius che rendono quella pena stessa, solo apparentemente, legale. 4.9 Nel caso in esame per l'ipotesi delittuosa indicata al capo 91 la pena-base è stata determinata in anni due e mesi otto di reclusione ed Euro 100,00 di multa, ricompresa nella forbice edittale del novellato articolo 73/5, ma attestata, quanto meno per la sanzione detentiva, su livelli assai prossimi al massimo edittale. 5. Sulla base delle considerazioni sin qui espresse appare necessario un intervento risolutore della Suprema Corte nella sua espressione più autorevole al fine di indicare se per le condotte antecedenti all'articolo 2 del D. L. 146/13 siano rilevabili di ufficio in sede di legittimità, anche in presenza di ricorso manifestamente infondato e che non sollevi censure in ordine al trattamento sanzionatorio, gli effetti delle modifiche normative intervenute con riguardo al regime della pena riguardante la fattispecie autonoma di cui al comma 5^ dell'articolo 73 D.P.R. 309/90, anche nei casi in cui detta pena non risulti illegale in quanto rientrante nella cornice edittale della previgente disciplina come ripristinata per effetto della sentenza numero 32/14. P.Q.M. Dispone la rimessione del ricorso di cui in premessa alle Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione.