L’onere della prova in tema di sequestro preventivo di beni altrui nella disponibilità dell’indagato

In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente avente ad oggetto beni non formalmente appartenenti all’indagato ma rientranti comunque nella sua materiale disponibilità, incombe al pm dimostrare l’esistenza degli elementi che avvallino concretamente l’esistenza di una discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14605/15 depositata il 10 aprile. Il caso. Il Tribunale di Roma rigettava la richiesta di riesame avverso un decreto di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente avente ad oggetto quote sociali non formalmente intestate all’indagato – ma alla madre e alle sorelle – considerate comunque nella sua materiale disponibilità. Il Tribunale riconosceva la legittimazione processuale in sede di riesame in capo alla madre e alle sorelle dell’imputato, per evitare l’irreversibilità dell’ablazione in loro danno, ma rigettava nel merito le censure proposte. Avverso tale pronuncia, le titolari formali dei beni sequestrati propongono ricorso in Cassazione dolendosi per l’omessa motivazione in merito alla confiscabilità dei beni appartenenti a società di capitali estranee alla condotta criminale dell’indagato. Il sequestro di beni di terzi ma nella disponibilità dell’indagato. La Cassazione ritiene invece corretta la pronuncia del Tribunale in merito alla confiscabilità di beni ritenuti nella disponibilità di fatto dell’indagato, a prescindere dalla formale titolarità. Come ripetutamente affermato dalla medesima Corte di legittimità, ai fini del sequestro preventivo funzionale alla confisca di cui all’art. 322 – ter c.p. possono essere oggetto di confisca beni nella disponibilità dell’indagato, per un valore corrispondente a quello del profitto o del prezzo del reato. La nozione di disponibilità viene ricostruita quale relazione materiale del soggetto con il bene, connotata dall’esercizio di poteri di fatto sulla res corrispondenti al diritto di proprietà. Il parallelismo immediatamente evidente è quello con la figura civilistica del possesso, regolata degli artt. 1140 ss. c.c L’onere della prova. Erronea è invece l’affermazione dei giudici di merito nell’affermare che sia onere del terzo provare i fatti costitutivi della pretesa fatta valere sulla cosa, dimostrando, in buona sostanza, l’inesistenza di quelle relazioni di collegamento con l’indagato e l’effettività della propria relazione giuridica con il bene . Sotto tale profilo, i Giudici di legittimità evidenziano la confusione, in cui è incorso il Tribunale, tra la figura del sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente ex art. 322 – ter c.p. e la previsione dell’art. 12 – sexies , d.l. n. 306/92, convertito in l. n. 356/92, in tema di contrasto alla criminalità mafiosa. In tale ambito è infatti prevista a carico del titolare apparente dei beni prossimi congiunti dell’indagato una presunzione di illecita accumulazione patrimoniale in forza della quale è sufficiente dimostrare che il titolare apparente non svolge un’attività tale da procurargli il bene per invertire l’onere della prova ed imporre alla parte di dimostrare da quale reddito legittimo proviene l’acquisto e la veritiera appartenenza del bene medesimo . Al contrario, in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente avente ad oggetto beni non formalmente appartenenti all’indagato ma comunque rientranti nella sua materiale disponibilità, incombe al pm dimostrare l’esistenza degli elementi che avvallino concretamente l’esistenza di una discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene. Per questi motivi, la Corte di Cassazione annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 24 marzo – 10 aprile 2015, numero 14605 Presidente Squassoni – Relatore Amoresano Ritenuto in fatto 1.II Tribunale di Roma, con ordinanza in data 06/08/2014, rigettava le richieste di riesame, proposte da G.Z., L.S. e R.S., dei decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, emesso dal G.i.p. del Tribunale di Roma il 05/05/2014. Premetteva il Tribunale che il decreto di sequestro era stato emesso nell'ambito del procedimento penale a carico di C. S., indagato per il reato di associazione per delinquere finalizzata ad illeciti tributari e truffe in danno dello Stato, in relazione ad importazione di autovetture, con l'aggravante dei fine di agevolare associazione criminale camorristica clan Z.-Mazzarella . Sulla base delle risultanze delle indagini ed in particolare delle intercettazioni telefoniche l'indagato C. S. era stato oggetto della misura cautelare personale della detenzione in carcere, emessa dal G.i.p. del Tribunale di Roma a seguito di declaratoria di incompetenza territoriale ex articolo 27 cod.proc.penumero del G.i.p. di Napoli. In relazione al procedimento a carico di C. S. i ricorrenti diretti congiunti dello stesso assumevano il ruolo di terzi estranei al reato, ma destinatari del provvedimento di sequestro in quanto titolari di quote sociali, di fatto nella piena disponibilità dell'indagato. Ad essi era riconosciuta la legittimazione processuale in sede di riesame per evitare l'irreversibilità dell'ablazione in loro danno, ma le censure deducibili non riguardavano le violazioni della legge penale e processuale proponibili solo dall'indagato , ma quelle volte a dimostrare l'insussistenza di collegamento tra il bene sequestrato e l'indagato e quindi l'effettività della propria titolarità del bene medesimo. Irrilevante era che i beni sequestrati non fossero nella titolarità formale dell'indagato, essendo sufficiente, per procedere alla misura ablativa, che essi fossero nella sua disponibilità intesa, come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, quale potere di fatto sulla cosa secondo la nozione civilistica del possesso . Il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente può quindi essere disposto anche nell'ipotesi di interposizione fittizia, quando il bene, pur formalmente intestato a terzi, sia nella disponibilità dell'indagato. Le ricorrenti avevano insistito sull'origine lecita del patrimoni della famiglia S. e dei compendi patrimoniali alla base delle società, trascurando l'aspetto della disponibilità sostanziale delle società da parte dell'indagato. Eppure dagli atti di indagine informativa di reato del 28/0212011 e comunicazioni dell'amministratore giudiziario emergeva, come già evidenziato dal G.i.p., la riconducibilità delle società a C. S. e la disponibilità, da parte dell'indagato, dell'intero assetto societario. 2.Ricorre per cassazione G.Z., a mezzo del difensore, denunciando la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonché la mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Alla ricorrente, madre dell'indagato C. S., sono state sequestrate quote della società Smedil srl, pari al 12,50% del capitale sociale. II Tribunale, nel confermare il sequestro preventivo, è incorso in errori di fatto e di diritto. Era stata depositata memoria con allegata corposa documentazione da cui emergeva che il patrimonio della famiglia S. era risalente nel tempo e di provenienza legittima in quanto riferibile alle attività imprenditoriali di V. S Erano state anche depositate le ordinanze del Tribunale dei riesame di Napoli, che aveva escluso la sussistenza dell'associazione di stampo camorristico, originariamente contestata, e disposto la restituzione dei beni sequestrati ex articolo 12 sexies D.L.306/92. In particolare, con l'ordinanza 19/05/2014, il Tribunale di Napoli aveva escluso che G.Z. fosse intestataria di beni di C. S., avendo acquistato le quote della Smedil dal coniuge V. S Era stato documentato anche che l'acquisto, per atto notarile, era stato preceduto dalla vendita, da parte della ricorrente, di immobili per un valore di circa 1.200.000,00 euro. Il Tribunale ha omesso ogni motivazione sulle deduzioni difensive. Risulta, inoltre, palese l'illogicità della motivazione, utilizzando il Tribunale intercettazioni telefoniche dei luglio 2010, vale a dire di oltre un anno antecedenti l'atto di acquisto, il cui contenuto è smentito dalla quantità delle quote acquistate e dal prezzo di cessione. Incombeva, peraltro, alla pubblica accusa dimostrare l'esistenza, sulla base di circostanze fattuali concrete, di discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva. 3.Ricorrono per cassazione R.S. e L.S., a mezzo dei difensori, denunciando l'omessa motivazione in ordine alla confiscabilità di beni appartenenti a società di capitali estranee alle condotte criminose poste in essere dall'amministratore di fatto o di diritto. II Tribunale circoscrive la sua indagine, ritenendo che il terzo interessato sia legittimato a proporre questioni soltanto di natura civilistica in ordine all'appartenenza dei beni sequestrati, richiamando la decisione delle Sezioni unite numero 9 dei 28/04/1999. Nella fattispecie esaminata dalle Sezioni Unite la società era direttamente coinvolta in attività criminose, mentre nel caso in esame ci si trova in presenza di un sequestro per equivalente derivante da attività illecite di C. S. senza alcun coinvolgimento delle società i cui beni aziendali sono stati sequestrati. In sede di riesame era stata eccepita, inoltre, la nullità dei decreto di sequestro, richiamando la sentenza delle Sezioni Unite numero 10561 dei 30/01/2014, in ordine alla impossibilità di procedere a confisca per equivalente nei confronti dei beni di una società a meno che non si tratti di uno schermo fittizio . Anche sul punto il Tribunale ha omesso ogni esame. Con il secondo motivo denunciano l'omessa motivazione in ordine alla effettiva disponibilità dei beni societari da parte delle ricorrenti. Contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, la difesa aveva affrontato il problema della disponibilità dei beni sequestrati e con corposa relazione tecnica aveva dimostrato l'origine e l'evoluzione lecite del patrimonio della famiglia Smuraglia. Era quindi assolutamente ingiustificata ed indimostrata la disponibilità di fatto, da parte di C. S., dell'intero compendio societario. Anche sul punto il Tribunale ha omesso di argomentare, limitandosi a valorizzare il contenuto, peraltro scarno, delle intercettazioni telefoniche, da cui emergerebbe una capacità di operare uti dominus nelle compagini sociali facenti capo alla famiglia S. senza peraltro accertare se le disposizioni telefoniche abbiano avuto o meno attuazione . Né spiega il Tribunale perché le sorelle di C. S., intestatarie di due terzi dei patrimonio familiare, avrebbero dovuto consentire al fratello di gestire i beni di famiglia. Infine la questione della intestazione fittizia era stata già risolta negativamente dal Tribunale di Napoli. Con il terzo motivo si deduce la violazione di legge in relazione all'articolo 2639 cod.civ. quanto alla individuazione della qualifica di amministratore di fatto della società Smedil s.r.l., non avendo il Tribunale individuato un solo atto concreto di gestione societaria da cui far derivare siffatta qualifica. 4. Con memoria, in data 2/3/2015, il difensore di G.Z. ribadisce i rilievi contenuti nel ricorso ed allega copia dell'assegno bancario emesso in data 9/2/2009 in favore di V. S 5. Con motivi nuovi, depositati in data 13/3/2015, i difensori e procuratori speciali di Rosalia e L.S., deducono che, per l'identificazione della qualifica di amministratore di fatto attribuita a C. S. , sia necessario l'esercizio di un'attività gestoria ex articolo 2639 cod.civ. gli elementi individuati dal Tribunale non sono, invece, apprezzabili in tal senso . Deducono, inoltre, che il Tribunale non abbia fatto corretta applicazione dei principi enunciati dalle Sezioni Unite con la sentenza numero 10561/2014. Considerato in diritto 1.I ricorsi sono fondati nei limiti e nei termini di seguito indicati. 2.II Tribunale, dopo aver dato atto che la richiesta di riesame era stata avanzata da soggetti prossimi congiunti dell'indagato che assumevano il ruolo di terzi estranei al reato di cui all'incolpazione provvisoria, ha correttamente ritenuto che, a prescindere dalla formale titolarità dei beni sequestrati, occorresse accertare se essi fossero nella disponibilità di fatto dell'indagato S. C Altrettanto correttamente ha ritenuto che la nozione di disponibilità coincida con la signoria di fatto sul bene. 2.1.Come affermato reiteratamente da questa Corte,invero, ai fini dei sequestro preventivo, funzionale alla confisca di cui all'articolo 322 ter cod. penumero , non occorre provare il nesso di pertinenzialità della res rispetto al reato, essendo assoggettabili a confisca beni nella disponibilità dell'indagato per un valore corrispondente a quello relativo al profitto o al prezzo del reato cfr. ex multis Cass. sez. 6 numero 11902 del 27/1/2005 . II sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, può ricadere quindi su beni comunque, nella disponibilità dell'indagato. Sulla nozione di disponibilità , però, non sempre le decisioni sono univoche. Con la sentenza di questa Sezione 3 numero 15210 dei 8/2/2012 è stato confermato il principio già enunciato dalla sentenza della sez. 1 numero 11732 dei 9/3/2005, secondo cui per disponibilità deve intendersi la relazione effettuale del condannato con il bene, connotata dall'esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà. La disponibilità coincide, pertanto,con la signoria di fatto sulla res indipendentemente dalle categorie delineate dal diritto privato, riguardo al quale il richiamo più appropriato sembra essere quello riferito al possesso nelle definizioni che ne dà l'articolo 1140 cod. civ. Non è necessario, quindi, che i beni siano nella titolarità del soggetto indagato o condannato, essendo necessario e sufficiente che egli abbia un potere di fatto sui beni medesimi e quindi la disponibilità degli stessi. Ovviamente tale potere di fatto può essere esercitato direttamente o a mezzo di altri soggetti, che a loro volta, possono detenere la cosa nel proprio interesse detenzione qualificata o nell'interesse altrui detenzione non qualificata . Sicché la nozione di disponibilità non può essere limitata alla mera relazione naturalistica o di fatto con il bene, ma va estesa, al pari della nozione civilistica dei possesso, a tutte quelle situazioni nelle quali il bene stesso ricada nella sfera degli interessi economici del prevenuto, ancorché il medesimo eserciti il proprio potere su di esso per il tramite di altri cfr. Cass. penumero sez. 1 numero 6813 dei 17/1/2008 . Viene, cioè, in rilievo e legittima il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente la interposizione fittizia, vale a dire quella situazione in cui il bene, pur formalmente intestato a terzi, sia nella disponibilità effettiva dell'indagato o condannato. 2.2.Si è così ritenuto che, ai fini dell'operatività della confisca per equivalente prevista dall'articolo 322 ter cod. penumero e, di riflesso, della possibilità di adozione di un provvedimento di sequestro preventivo dei beni che possono formarne oggetto, il requisito costituito dalla disponibilità di tali beni da parte del reo non viene meno nel caso di intervenuta cessione dei medesimi ad un terzo con patto fiduciario di retrovendita Cass. penumero sez. 2 numero 10838 del 20/12/2006 che le somme di denaro, depositate su conto corrente bancario cointestato con un soggetto estraneo al reato, sono soggette a sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, in quanto quest'ultimo si estende ai beni comunque nella disponibilità dell'indagato, non ostandovi le limitazioni provenienti da vincoli o presunzioni operanti, in forza della normativa civilistica, nel rapporto di solidarietà tra creditori e debitori articolo 1289 c.c. o nel rapporto tra istituto bancario e soggetto depositante articolo 1834 c.c. Cass. penumero sez. 3 numero 45353 del 19/10/2011 che il sequestro può riguardare anche un bene in comproprietà tra l'indagato ed un terzo estraneo Cass. sez. 3 numero 6894 del 27/1/2011 o un bene facente parte dei fondo patrimoniale familiare Cass. sez. 3 numero 18527 del 3/2/2011 che i beni conferiti in trust sono assoggettabili a sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, quando essi siano nella disponibilità dell'indagato che continui ad amministrarli conservandone la piena disponibilità cfr. tra le altre Cass.penumero sez. 5 numero 13276 dei 24/1/2011, Rv. 249838 . 3.Erra, però, il Tribunale quando afferma che sia onere dei terzo provare i fatti costitutivi della pretesa fatta valere sulla cosa, dimostrando, in buona sostanza, l'inesistenza di quelle relazioni di collegamento con l'indagato e la effettività della propria relazione giuridica con il bene pag.5 , nonché quando delinea la nozione di disponibilità in relazione alla fattispecie in esame risultando oggetto del sequestro delle società . 3.1.Sotto il primo profilo, evidentemente, viene confuso il sequestro funzionale alla confisca per equivalente ex articolo 322 ter cod.penumero la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto , con la presunzione di intestazione fittizia prevista dall'articolo 26 D.L.vo 6/9/2011 numero 159 o con quanto previsto in relazione al sequestro propedeutico alla confisca di cui all'articolo 12 sexies D.L. numero 306 dei 1992, cony. dalla L.356/1992. In particolare, con riferimento all'articolo 12 sexies cit., si è ritenuto che sussista a carico del titolare apparente dei beni prossimi congiunti dell'indagato una presunzione di illecita accumulazione patrimoniale in forza della quale è sufficiente dimostrare che il titolare apparente non svolge un'attività tale da procurargli il bene per invertire l'onere della prova ed imporre alla parte di dimostrare da quale reddito legittimo proviene l'acquisto e la veritiera appartenenza dei bene medesimo cfr. Cass.penumero Sez.5 numero 26041 del 26/5/2011 Cass.sez.6 numero 39259 dei 14/7/2013 . In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, invece, incombe al P.M. l'onere di dimostrare l'esistenza di situazioni che avallino concretamente l'esistenza di una discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene Cass.sez. 2 numero 22153 del 22/2/2013 . 3.2.Sotto il secondo profilo il Tribunale, pur affermando che l'aspetto rilevante ed assorbente sia rappresentato dalla sostanziale disponibilità da parte dell'indagato delle società che pure formalmente appartengono in tutto o in parte alle sorelle o alla madre pag.7 , non tiene conto della peculiarità della fattispecie. La disponibilità di una società consiste, invero, nell'esercizio, di fatto, di poteri di gestione, vale a dire, come rilevato dalle ricorrenti in particolare con i motivi nuovi , l'assunzione della qualifica di amministratore di fatto. La giurisprudenza di questa Corte sia pure in materia di reati fallimentari ha più volte affermato che la nozione di amministratore di fatto, introdotta dall'articolo 2639 cod.civ. postula l'esercizio in modo continuativo e significativo di poteri tipici inerenti alla qualifica od alla funzione nondimeno, significatività e continuità non comportano necessariamente l'esercizio di tutti i poteri propri dell'organo di gestione, ma richiedono l'esercizio di un'apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico od occasionale. Ne consegue che la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce nell'accertamento di elementi sintomatici dell'inserimento organico dei soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell'attività della società, quali sono i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare il quale costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta da congrua e logica motivazione Cass.sez.5 numero 35346 del 20/6/2013, Rv. 256534 . Pur non essendo necessario, quindi, l'esercizio di tutti i poteri propri dell'amministratore di diritto di una società, si richiede che l'amministratore di fatto svolga un'attività di gestione in termini non occasionali o episodiU. 3.3.Un tale accertamento ha omesso di effettuare il Tribunale, essendosi limitato a far riferimento, per farne derivare la disponibilità delle società da parte di C. S., a fatti episodici e, comunque, irrilevanti sotto il profilo delineato in precedenza anche in considerazione dei fatto che egli era comunque socio, anche se di minoranza, delle società in questione . 4.Rimanendo assorbita ogni altra doglianza, l'ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Roma. I Giudici dei rinvio, pur con i limitati poteri dei riesame, accerteranno, alla luce dei rilievi e dei principi in precedenza enunciati, se, in ordine alle società sequestrate, l'indagato C. S. svolgesse attività di gestione e se, quindi, dette società fossero nella sua disponibilità. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Roma.