Giudizio abbreviato: nullità assoluta in mancanza di rituale richiesta e della relativa ordinanza ammissiva

La ritualità della richiesta di rito abbreviato, ordinario o atipico, avanzata dall’imputato o dal suo difensore, costituisce assieme all’ordinanza ammissiva emessa dal giudice un presupposto indefettibile ai fini della validità del giudizio. In caso contrario, atteso che con il rito abbreviato l’imputato rinuncia ad una parte importate delle prerogative difensive in cambio della premialità sottesa alla scelta, si realizza la nullità assoluta di cui all’art. 178, comma 1, lett. c , c.p.p

La Corte di legittimità, con la sentenza numero 14044/2015, attraverso l’analisi strutturale del rito alternativo di cui agli articolo 438 e ss. c.p.p., evidenzia la necessaria certezza della scelta del giudizio da parte dell’imputato, nonché la chiarezza dei provvedimenti consequenziali del giudice. Il caso. La questione trae origine dalla vicenda giudiziaria di 2 autotrasportatori stranieri che, accusati del reato di cui agli articolo 110 c.p., 12, comma 3, lett.d , d.lgs. numero 286/1998 per aver favorito l’ingresso illegale di 2 cittadini afgani, venivano dichiarati dal G.U.P. presso il Tribunale di Ancona colpevoli e condannati alla pena di anni 6 di reclusione ed euro 20mila di multa. La Corte territoriale confermava il giudizio di colpevolezza e riduceva la pena ad anni 2 e mesi 4 di reclusione ed euro 14mila di multa. Mancanza di richiesta di giudizio abbreviato. Il difensore di fiducia dei 2 prevenuti propone ricorso per Cassazione e lamenta, in particolare, la nullità della sentenza di primo grado, ex articolo 178, comma 1, lett.c , c.p.p., in quanto pronunciata in mancanza di richiesta di giudizio abbreviato e di ogni altro provvedimento conseguente. Invero, paventa la difesa che, come risulta dal verbale d’udienza camerale del 17 novembre 2011, il difensore d’ufficio depositava procura speciale per entrambi gli imputati avanzando generica richiesta di applicazione della pena per entrambi gli imputati , cui seguiva da parte del giudice l’invito per le parti a rassegnare le proprie conclusioni . In ragioni di tali circostanze, la difesa degli imputati sollevava l’eccezione con l’atto d’appello, ma i Giudici di secondo grado non esprimevano alcun giudizio circa tale doglianza. La rilevanza della cadenza procedimentale. La Corte di Cassazione ritiene il ricorso meritevole di accoglimento. In effetti, la scelta del rito abbreviato presuppone una cadenza procedimentale ben specifica che, in virtù del sacrificio probatorio che ne consegue, non può e non deve essere suscettibile di approssimazione. I commi 3 e 4 dell’articolo 438 c.p.p. prevedono, rispettivamente, la richiesta di giudizio abbreviato da parte dell’imputato o di un suo procuratore speciale oralmente o per iscritto , nonché l’emissione dell’ordinanza ammissiva da parte del giudice che in caso di abbreviato secco si limita ad un controllo formale di regolarità, mentre nell’ ipotesi di abbreviato condizionato valuta la necessità dell’integrazione probatoria ai fini della decisione e la sua compatibilità con le esigenze di economia processuale proprie del rito . L’importanza del rispetto di tale cadenza procedimentale è principio ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità. In primis , si ritiene ormai pacifico che la richiesta di rito abbreviato rappresenti l’esercizio di una facoltà del tutto personale dell’imputato e si connota come negozio processuale di tipo abdicativo, cui, peraltro, è riconosciuto l’effetto sanante, ex articolo 183 c.p.p., delle nullità a regime intermedio degli atti introduttivi e propedeutici ex multis , SS.UU. numero 39298/2006 . Tuttavia, è anche indiscusso che il rito alternativo di cui all’articolo 438 c.p.p. si apre solo con l’adozione da parte del giudice dell’ordinanza di ammissione, atto processuale imprescindibile ai fini della regolarità procedimentale. Tale assunto trova puntuale riscontro nella circostanza di diritto secondo cui il dies a quo per il computo dei termini di durata massima della custodia cautelare è da rinvenirsi dalla data di emissione dell’ordinanza di ammissione al rito abbreviato e non da quello in cui è avanzata la richiesta di accesso. Sicché, rilevano gli Ermellini, non si può negare, nel caso di specie, la sussistenza di un grossolano error in procedendo , atteso che tanto la sentenza di primo grado quanto quella d’appello si fondano sulla celebrazione di un rito abbreviato in realtà mai instaurato validamente. Dunque, stante la violazione delle norme processuali in relazione all’articolo 178, comma 1, lett. c , c.p.p., la Suprema Corte annulla la sentenza impugnata, disponendo la trasmissione degli atti al giudice di primo grado. Il sacrificio difensivo sotteso alla scelta del giudizio abbreviato, seppur compensato con la premialità di tipo sanzionatorio, pretende l’osservanza meticolosa delle cadenze processuali contemplate dal codice di rito. Anche questo è espressione del principio della certezza del diritto, in particolare per l’imputato che decide di rinunciare ad una parte dei propri diritti difensivi.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 22 settembre 2014 7 aprile 2015, n. 14044 Presidente Chieffi – Relatore Tardio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 17 giugno 2011 il G.u.p. del Tribunale di Ancona ha dichiarato K.P. e A.S. colpevoli del reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 12, comma 3, lett. d d.lgs. n. 286 del 1998, accertato in il omissis , perché, nella veste di autotrasportatori, e quindi di guidatori della motrice marca DAF, targata e del rimorchio targato , avevano favorito l'ingresso illegale nel territorio nazionale di due cittadini di presumibile nazionalità afgana non in regola con le norme sul permesso di soggiorno, loro consentendo di introdursi all'interno del rimorchio frigorifero e poi di imbarcarsi a bordo della motonave omissis proveniente da , e li ha condannati alla pena, ridotta per la scelta del rito, di anni sei di reclusione ed Euro ventimila di multa. 2. La Corte di appello di Ancona, con sentenza del 28 maggio 2012, in parziale riforma della sentenza di primo grado, che ha confermato nel resto, ha concesso le circostanze attenuanti generiche, ingiustamente non riconosciute in primo grado e applicate in ragione di prevalenza sulle aggravanti, con conseguente riduzione della pena inflitta in primo grado, alla luce dei principi e dei criteri di cui all'art. 133 cod. pen. e tenuto conto degli art. 62-bis cod. pen. e 442, comma 2, cod. proc. pen., nella misura finale di anni due e mesi quattro di reclusione ed Euro quattordicimila di multa. 2.1. La Corte di merito, che illustrava le ragioni di doglianza espresse dagli imputati appellanti con i motivi dell'unico atto di appello depositato dal comune difensore di ufficio, rappresentava le ragioni della decisione e, in particolare condivideva la ricostruzione dei fatti operata dal primo Giudice sulla base degli atti di indagine preliminare, ritualmente acquisiti al fascicolo per il dibattimento e pienamente utilizzabili per la decisione in virtù del rito abbreviato prescelto riteneva non credibile la spiegazione offerta dagli imputati-appellanti circa la loro non conoscenza della presenza dei due clandestini all'interno dell'autoarticolato che conducevano, valorizzando l'opportuna predisposizione nello stesso dello spazio vitale per contenere, oltre al carico di uva, anche alcune persone la inverosimiglianza delle dichiarazioni dei due clandestini di essere saliti sull'autoarticolato al , all'insaputa dei conducenti, durante una fermata semaforica, aiutati da alcuni connazionali la chiusura del portellone del rimorchio, non apribile dall'interno, con lucchetto posto dagli imputati-appellanti dopo la partenza dalla , come dagli stessi dichiarato la predisposizione da parte degli stessi di una versione di comodo con i due clandestini trasportati, da fornire nel caso di insuccesso della trasferta. 3. Avverso la sentenza di secondo grado hanno proposto ricorso per cassazione con unico atto, con il ministero del comune difensore avv. Lucia Steccone, entrambi gli imputati che ne chiedono l'annullamento sulla base di tre motivi. 3.1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la nullità della sentenza di primo grado ai sensi dell'art. 178, comma 1, cod. proc. pen., perché pronunciata in mancanza di richiesta di giudizio abbreviato, e di ogni altro provvedimento conseguente. La sentenza impugnata, che ha trascritto quasi integralmente l'atto di appello, non ha preso in esame, ad avviso dei ricorrenti, l'eccezione preliminare, formulata con detto atto, di nullità della sentenza di primo grado, pronunciata, nella loro contumacia, richiamando nel solo dispositivo l'art. 442 cod. proc. pen., in mancanza della richiesta di giudizio abbreviato ai sensi dell'art. 438 cod. proc. pen. e di un provvedimento ammissivo del rito, come richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte. Né la generica richiesta, riportata nel verbale dell'udienza camerale del 17 giugno 2011, del difensore di ufficio, munito di procura speciale, di applicazione della pena per entrambi gli imputati , corrisponde alla manifestazione di volontà, certa e inequivoca, richiesta dall'art. 438 cod. proc. pen. a tutela dei diritti personalissimi dell'imputato, garantiti con le specifiche forme previste per la scelta e richiesta dei riti alternativi. Neppure nella intestazione e nella motivazione contestuale della sentenza di condanna di primo grado si è fatto riferimento a eventuale richiesta di ammissione del giudizio abbreviato. Secondo i ricorrenti, mentre non può parlarsi di errori materiali nella documentazione degli atti, si è verificata non solo la già eccepita nullità ex art. 178, comma 1, cod. proc. pen., ma un'anomalia genetica e funzionale della sentenza di primo grado, che ha integrato la sua abnormità, perché pronunciata con richiamo all'art. 442 cod. proc. pen. nel dispositivo, in mancanza di alcun riferimento, nella sua intestazione e motivazione contestuale e nel precedente verbale di udienza camerale, a eventuale richiesta e ammissione del giudizio abbreviato. 3.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione sul punto riguardante l'elemento soggettivo del dolo. Secondo i ricorrenti, dopo l'ordinanza del G.i.p. che, all'esito dell'udienza di convalida del loro arresto in flagranza, ha disposto la loro scarcerazione per mancanza di un grave quadro indiziario di colpevolezza in ordine al reato ascritto, il G.u.p. non poteva pervenire, sulla base degli stessi atti di indagine e nonostante la richiesta di assoluzione anche del P.M., alla condanna inflitta. Né la Corte di appello, che ha confermato la condanna sia pure con riduzione della pena, ha preso in esame i motivi di appello, con i quali si era evidenziato che le modalità di occultamento dei due clandestini a bordo, in spazio vuoto creato tra le casse di uva trasportate, erario riferibili in via esclusiva agli organizzatori del trasporto, senza alcun loro coinvolgimento, superando con apprezzamenti soggettivi una situazione di oggettiva incertezza probatoria e formulando la illogica ipotesi di una intesa tra autisti e clandestini circa la versione di comodo da rendere, laddove i primi sono stati interrogati con l'assistenza di un interprete in lingua greca e i secondi sono stati sentiti a sommarie informazioni dalla P.G. con l'assistenza di un interprete in lingua farsi. Né si è considerato, ad avviso dei ricorrenti, che l'ampio vano funzionale al loro occultamento avrebbe consentito ai clandestini di proseguire il loro viaggio fino alla destinazione finale, non rilevando la loro collaborazione per farli scendere dal veicolo e che la loro versione di essere saliti al volo a un semaforo, ritenuta inattendibile, non dimostrerebbe la complicità di essi ricorrenti che, quali autisti, non hanno partecipano, come è normale, alle operazioni materiali di carico e scarico, curate dagli organizzatori del trasporto, limitandosi alla movimentazione dei veicoli e sono stati, nella specie, impossibilitati ad accorgersi della presenza di due uomini nascosti tra le casse di uva, rilevati dalla P.G. solo a mezzo di sofisticato scanner per veicoli. Le mere ipotesi congetturali, formulate in termini contraddittori, posta la distinzione logico-giuridica tra massime di esperienza e mere congetture, sono, pertanto, inidonee a confermare un giudizio di colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio. 3.3. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell'art. 69, comma 2, cod. pen. e mancanza di motivazione in ordine al computo della pena. Secondo i ricorrenti, la Corte di appello, che ha rideterminato il trattamento sanzionatorio, ha erroneamente considerato la pena inflitta prossima ai minimi di legge, senza specificamente motivare circa l'assenza di precedenti penali e il loro eventuale ruolo secondario nell'attività illecita, e senza considerare che la pena base di cinque anni di reclusione, mentre corrisponde al minimo edittale della ipotesi mono-aggravata di cui all'art. 12, comma 3, lett. d d.lgs. n. 286 del 1998, è pari al massimo edittale della pena di cui al primo comma dello stesso art. 12, risultante all'esito dell'applicazione delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza. Una corretta determinazione della pena con piena riduzione per le concesse attenuanti generiche avrebbe, invece, consentito di infliggere loro una pena molto inferiore, suscettibile anche di sospensione condizionale. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere accolto per la fondatezza del primo motivo, che ha carattere assorbente rispetto a ogni apprezzamento indotto dagli altri motivi. 2. Si rileva in diritto che, alla stregua del disposto dell'art. 438 cod. proc. pen., la cadenza procedimentale del giudizio abbreviato, ove l'imputato si avvale della facoltà di chiedere che il processo sia definito all'udienza preliminare allo stato degli atti , muove dalla richiesta che, nell'esprimere la volontà dell'imputato nelle forme previste dal terzo comma, può essere proposta oralmente o per iscritto nei limiti temporali indicati nel secondo comma, e prevede l'intervento del giudice, che, provvedendo sulla richiesta previo preliminare controllo della sua formale ammissibilità con ordinanza, dispone con la stessa, ai sensi del quarto comma, il giudizio abbreviato. L'ordinanza che dispone il giudizio abbreviato è prevista anche dal successivo quinto comma per il caso di richiesta di rito abbreviato condizionato, avanzata dall'imputato, e suppone, oltre allo scrutinio positivo della formale ammissibilità dell'istanza, la delibazione da parte del giudice, nel contraddittorio delle parti, degli esiti delle indagini svolte per verificare se l'integrazione probatoria risulta necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili , dovendo altrimenti la richiesta essere rigettata. 3. La rilevanza della indicata cadenza procedimentale è stata costantemente riaffermata da questa Corte. 3.1. Con ricorrenti decisioni si è rimarcato che la richiesta, avanzata dall'imputato in sede di udienza preliminare personalmente o a mezzo del procuratore speciale, volta alla definizione del processo a suo carico mediante il ricorso al giudizio abbreviato rappresenta l'esercizio di una facoltà del tutto personale dell'interessato, che si traduce con un negozio processuale di tipo abdicativo avente a oggetto esclusivamente i poteri che rientrano nella sua sfera di disponibilità nella scelta di difendersi dall'accusa senza la devoluzione del processo al giudice del dibattimento davanti al giudice per l'udienza preliminare tra le altre, Sez. U, n. 16 del 21/06/2000, dep. 30/06/2000, Tammaro, Rv. 216246 Sez. U, n. 39298 del 26/09/2006, dep. 28/11/2006, Cieslinsky, Rv. 234835 . In coerenza con tali premesse si è, tra l'altro, riconosciuto alla richiesta dell'indicato rito che, in quanto atto proprio della parte interessata, implica l'accettazione degli effetti dell'atto nullo propedeutico ed esplica la carenza di interesse all'osservanza della disposizione violata un effetto sanante delle nullità a regime intermedio degli atti introduttivi e propedeutici ex art. 183 cod. proc. pen. tra le altre, Sez. U, n. 39298 del 26/09/2006, citata, con riferimento all'omessa traduzione dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari in una lingua nota all'indagato, che non comprenda la lingua italiana Sez. 2, n. 19483 del 16/04/2013, dep. 07/05/2013, Avallone, Rv. 256040, con riferimento all'omesso espletamento dell'interrogatorio a seguito dell'avviso di cui all'art. 415-bis cod. proc. pen. Sez. 3, n. 7336 del 31/01/2014, dep. 17/02/2014, Laneve, Rv. 258813, con riferimento all'omessa notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari Sez. 3, n. 19454 del 27/03/2014, dep. 12/05/2014, Onofrio, Rv. 260377, con riferimento alla invalidità della notifica del decreto di citazione a giudizio dell'imputato, conseguente alla sua effettuazione con modalità diverse da quelle previste . Si è anche evidenziato -a ulteriore riscontro della pacifica natura determinante della richiesta di giudizio abbreviato nell'indicato iter procedimentale, in correlazione con la sua natura di atto personale della parte interessata, con la individuazione degli esatti termini del suo contenuto, condizionato o non condizionato, e con la tutela della scelta difensiva e delle legittime aspettative dell'imputato che nell'udienza preliminare la richiesta di giudizio abbreviato può essere presentata dopo la formulazione delle conclusioni da parte del pubblico ministero, ma non oltre il momento in cui il difensore dell'imputato formula le proprie conclusioni definitive Sez. U, n. 20214 del 27/03/2014, dep. 15/05/2014, Frija, Rv. 259076 , o nel caso di più imputati nel momento nel quale il difensore di ciascuno di essi rassegna le proprie conclusioni definitive Sez. U, n. 20214 del 27/03/2014, citata, Rv. 259077 , e che il rigetto o la dichiarazione d'inammissibilità della richiesta di giudizio abbreviato non subordinata a integrazioni istruttorie, quando deliberati illegittimamente, pregiudicano, oltre alla scelta difensiva dell'imputato, la sua aspettativa di una riduzione premiale della pena anche in vista del recupero dello sconto sanzionatorio all'esito del giudizio Sez. U, n. 20214 del 27/03/2014, citata, Rv. 259078 . 3.2. Nella giurisprudenza di questa Corte è del pari pacifica l'affermazione che il giudizio abbreviato richiesto dall'imputato si apre soltanto con l'adozione dell'ordinanza di ammissione, non potendo prescindere da un formale provvedimento ammissivo. Questa Corte, intervenuta a Sezioni unite sulla questione della decorrenza dei termini di durata massima della custodia cautelare per la fase del giudizio abbreviato, che si innesta su una richiesta di giudizio immediato del P.M. o anche di emissione di decreto penale di condanna , ha fissato il principio che, anche nella ipotesi di rito abbreviato non subordinato ad integrazione probatoria e disposto a seguito di richiesta di giudizio immediato, tali termini decorrono dall'ordinanza con cui si dispone il giudizio abbreviato e non dall'emissione del decreto di fissazione dell'udienza di cui all'art. 458, comma secondo, cod. proc. pen. Sez. U, n. 30200 del 28/04/2011, dep. 28/07/2011, P.M. in proc. Ohonba, Rv. 250348 . Con tale decisione questa Corte ha ricordato che, secondo la regola fissata all'art. 303, comma 1, lett. b-bis cod. proc., introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. b d.l. n. 82 del 2000, convertito nella legge n. 144 del 2000, il dies a quo per il computo dei termini di custodia cautelare, indicati nello stesso articolo per la fase del giudizio abbreviato che si conclude con la emissione della sentenza, è individuato nella emissione dell'ordinanza con cui il giudice dispone il giudizio abbreviato oltre che nella sopravvenuta esecuzione della custodia , e quindi in un provvedimento tipico del giudice ha sottolineato la disciplina unitaria del regime del rito abbreviato, non differenziato a seconda del tipo di richiesta, condizionata o meno a integrazione probatoria ha richiamato la condivisa giurisprudenza di legittimità che ha chiarito che le modificazioni degli indicati termini di durata della custodia cautelare non si riferiscono soltanto alla ipotesi in cui il giudizio abbreviato sia disposto nell'udienza preliminare ipotesi di abbreviato c.d. ordinario -, avendo essi carattere generale Sez. 1, n. 17474 del 16/03/2001, Albanese, Rv. 218723 , decorrendo dalla ordinanza che, in qualunque grado di merito, disponga procedersi con il giudizio abbreviato tra le altre, Sez. 1, n. 41380 del 14/10/2009, Pappalardo, Rv. 245072 Sez. 1, n. 33602 del 18/09/2002, Santangelo, Rv. 222166 , e trovando applicazione anche nel giudizio abbreviato disposto dal giudice del dibattimento Sez. 1, n. 24818 del 12/04/2001, Calabrese, Rv. 219545 ha rappresentato la peculiare funzione dell'ordinanza ammissiva del rito nel caso esaminato nella decisione in rassegna in rapporto al decreto de plano di fissazione dell'udienza per il rito abbreviato ai sensi dell'art. 458, comma 2, cod. proc. pen. , che apre il giudizio abbreviato, e ha annotato che il provvedimento ammissivo del rito costituisce un presupposto necessario per iniziare il giudizio abbreviato, ordinario o atipico. 4. Poste tali premesse in diritto, si rileva in fatto che dall'esame degli atti processuali, consentito in questa sede essendo dedotto un error in procedendo tra le altre, Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, dep. 28/11/2001, Policastro, Rv. 220092 Sez. 4, n. 47981 del 28/09/2004, dep. 10/12/2004, Mauro, Rv. 230568 Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, dep. 21/02/2013, Chahid, Rv. 255304 risulta che con decreto del 16 maggio 2011, notificato il 24 maggio 2011, il G.u.p. del Tribunale di Ancona, a seguito di richiesta di rinvio a giudizio presentata dal Procuratore della Repubblica in sede nel procedimento penale a carico degli odierni ricorrenti, difesi di ufficio dall'avv. Lucia Stecconi, ed elettivamente domiciliati presso il suo studio, ha fissato per la decisione sulla richiesta l'udienza preliminare del 17 giugno 2011 in detta udienza il G.u.p., presenti il Pubblico Ministero e il difensore di ufficio avv. Stecconi, ha dichiarato la contumacia degli imputati non comparsi l'avv. Stecconi ha depositato procure speciali, conferite separatamente da ciascuno dei due imputati con ogni più ampia facoltà di legge per la presentazione di richiesta di applicazione di pena ai sensi dell'art. 444 e ss c.p.p. e/o per la presentazione di richiesta di giudizio abbreviato ex art. 438 e ss c.p.p. , e ha chiesto l'applicazione della pena x entrambi gli imputati secondo le annotazioni prestampate del verbale di udienza, compiuti gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, il Giudice dichiara aperta la discussione. Le parti quindi così concludono , e seguono le conclusioni del Pubblico Ministero Assoluzione perché il fatto non costituisce reato ai sensi dell'art. 530 cpv e del difensore si associa alla richiesta del P.M. e conclude analogamente . 4.1. Dalle ripercorse evidenze processuali emerge, pertanto, che il difensore, pur investito di procura, rilasciata dagli imputati per presentare richiesta di giudizio secondo gli indicati riti alternativi giudizio abbreviato o patteggiamento della pena , ha chiesto solo l'applicazione della pena, che, peraltro, non ha formalizzato il riferimento al giudizio abbreviato è contenuto solo nella predetta procura come oggetto della possibile richiesta demandata al difensore dai deleganti imputati, e non può pertanto valere come richiesta di definizione del giudizio secondo le forme del rito abbreviato il G.u.p. non ha emesso provvedimento ammissivo del rito e dispositivo del giudizio abbreviato. 4.2. Tali evidenze devono essere, quindi, apprezzate, alla luce delle sentenze emesse nei confronti degli imputati, poi appellanti e ora ricorrenti, dalle quali risulta che con sentenza, depositata all'esito dell'udienza preliminare del 17 giugno 2011 e dopo la sua deliberazione, con motivazione contestuale, il G.u.p. ha dichiarato gli imputati responsabili del reato loro ascritto abbattendo per la scelta del rito e nella misura di un terzo la pena per ciascuno determinata con la sentenza impugnata la Corte di appello, che ha integralmente riportato il contenuto dell'atto di appello, con il quale gli imputati avevano, tra l'altro, eccepito che la sentenza era da ritenere affetta da nullità assoluta ex art. 178/1 c.p.p. ed emessa illegittimamente in assenza del presupposto di legge mancando una rituale richiesta ex art. 438 cod. proc. pen., ha ritenuto, incidentalmente, che la fattispecie di reato ascritta era da ritenere ampiamente dimostrata, alla luce delle risultanze del giudizio abbreviato svoltosi in primo grado con acquisizione, dunque, di tutti gli atti delle indagini preliminari ritualmente confluiti nel relativo fascicolo e pienamente utilizzabili in ragione della scelta del rito operata dagli imputati , confermando la riduzione della pena, come rideterminata, ai sensi dell'art. 442, comma 2, cod. proc. pen 4.3. Entrambe le sentenze, pertanto, dando come pacifica l'intervenuta celebrazione del giudizio abbreviato all'udienza preliminare e coerenti con tale premessa la decisione allo stato degli atti e l'applicazione della riduzione di pena per effetto della scelta del rito, hanno omesso di rilevare che, in contrasto con i predetti condivisi principi, alla cui stregua nel modello ordinario il rito è scelto dall'imputato attraverso una propria unilaterale dichiarazione di volontà, a fronte della quale la pronuncia dell'ordinanza ammissiva di cui all'art. 438, comma 4, cod. proc. pen. costituisce, per il giudice, un atto dovuto, erano mancanti sia la richiesta dell'imputato sia il provvedimento, pur dovuto, che ha disposto il giudizio abbreviato. Tali carenze, che si sono tradotte in specifiche violazioni delle norme processuali che disciplinano lo svolgimento dell'udienza preliminare e l'accesso, mentre essa è in corso, ai riti alternativi, hanno determinato il distorto sviluppo del rapporto processuale e radicato nullità processuali, che, ai limiti della configurabilità della stessa abnormità sotto il profilo strutturale quale ritenuta da questa Corte con riferimento all'atto, che, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, tra le altre, Sez. U, n. 26 del 24/11/1999, dep. 26/01/2000, Magnani, Rv. 215094 Sez. 2, n. 29382 del 16/05/2014, dep. 07/07/2014, Pmt in proc. Veccia, Rv. 259830 , hanno inciso sulle regole che attengono all'intervento dell'imputato nella fase preliminare del giudizio, al corretto esercizio del suo diritto di difesa in rapporto alle facoltà riconosciutegli per detta fase dal codice di rito e al rispetto del principio del contraddittorio. 5. Al rilievo delle indicate violazioni, riconducibili alla previsione di cui all'art. dall'art. 178 lett. c , cod. proc. pen., che la sentenza di primo grado, pronunciata sulla base di un ritenuto introdotto rito alternativo, ha ignorato e delle quali la sentenza di secondo grado, pur a fronte di una espressa eccezione processuale degli imputati appellanti, non si è fatta carico, consegue l'annullamento senza rinvio di entrambe le sentenze, dovendo essere ristabilita la situazione processuale antecedente agli intervenuti illegittimi epiloghi giudiziari dell'udienza preliminare. Per l'effetto, gli atti vanno trasmessi allo stesso G.u.p. del Tribunale di Ancona per i provvedimenti rientranti nella sua competenza. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e la sentenza del 17 giugno 2011 del G.u.p. del Tribunale di Ancona e dispone la trasmissione degli atti allo stesso G.u.p. per quanto di competenza.