‘Magheggio’ dell’architetto per un suo immobile abusivo: via libera alla sospensione dalla professione

Diversi i reati contestati all’uomo, e finalizzati, in sostanza, ad ottenere illegittimamente dei titoli autorizzativi da parte di un Comune, ma questa condotta non può essere valutata come esclusiva e irripetibile. Plausibile, piuttosto, che l’architetto operi così anche per i propri clienti.

Operazione a regola d’arte, quella messa in atto dall’architetto, e che gli ha permesso di ottenere, illegittimamente, titoli autorizzativi dal Comune per un manufatto abusivo di sua proprietà. Evidente la complessità del lavoro realizzato sul campo. E concreta, però, la possibilità che il professionista utilizzi lo stesso identico ‘schema’ non solo per sé ma anche per i propri clienti. Legittima, di conseguenza, l’adozione della misura estrema della sospensione dall’esercizio della professione” Cassazione, sentenza n. 14055, Quarta Sezione Penale, depositata oggi . Sospensione. Secondo approdo a Roma, nel contesto del ‘Palazzaccio’, per la vicenda relativa a un architetto, operativo in Sicilia, finito sotto accusa, tra l’altro, per contraffazione di pubblici sigilli e falso materiale ed ideologico , condotte, queste, finalizzate all’indebito conseguimento di titoli autorizzativi da parte di un Comune per un manufatto abusivo di sua proprietà . Nodo gordiano è l’applicazione, decisa dal Tribunale del riesame, della misura interdittiva della sospensione dall’esercizio della professione . Per l’uomo, in sostanza, tale provvedimento poggia su basi fragili, soprattutto perché non è stata delineata una prognosi di pericolosità , nei suoi confronti, a giustificazione dell’applicazione della misura . Obiezione, questa, però, assolutamente priva di concretezza, ribattono i giudici della Cassazione. Per questi ultimi, difatti, è significativa la consistenza del pericolo di reiterazione dei reati contestati all’architetto, perché, come correttamente affermato dal Tribunale del riesame, l’aver strumentalizzato l’esercizio della propria professione al perseguimento di interessi esclusivamente personali non può escludere che nello stesso modo l’uomo si sarebbe comportato anche a beneficio di propri clienti . A dare validità a questa visione, peraltro, anche la considerazione che solamente grazie all’esercizio della professione l’architetto si era venuto a trovare nelle condizioni ‘favorevoli’ per porre in atto gli illeciti contestatigli . Cristalline, quindi, le esigenze cautelari , e, di conseguenza, corretta l’applicazione della sospensione dalla professione .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 1 luglio 2014 – 7 aprile 2015, numero 14055 Presidente Bianchi – Relatore Casella Ritenuto in fatto Con ordinanza pronunziata in data 31 marzo 2014, il Tribunale di Messina - Sezione dei riesame, decidendo quale giudice di rinvio a seguito di annullamento disposto dalla Sezione Terza di questa Corte con sentenza numero 9642 del 2014, in parziale accoglimento dell'appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, applicava ad F.S. indagato dei reati di cui all'art. 44,comma 1 lett. c d.P.R. numero 380/2001 - capo A- agli artt. 93,94 e 95 dello stesso d.P.R. - capo B - all'art. 468 cod. penumero - capo C - all' art. 482 - capo D agli artt. 48, 479 cod. penumero - capo E - la misura interdittiva della sospensione dall'esercizio della professione di architetto. Ricorre per cassazione l'indagato, per tramite del difensore, deducendo un unico motivo per vizio della motivazione. II Tribunale avrebbe apoditticamente formulato una prognosi di pericolosità nei confronti del professionista, a giustificazione dell'applicazione della misura, travisando totalmente i fatti ed imputando illogicamente alla difesa di non aver offerto elementi di prova atti ad escludere la sussistenza delle esigenze cautelare. Considerato in diritto Il ricorso è infondato e deve quindi esser respinto con ogni conseguente effetto a carico dell'imputato, ex art. 616 cod. proc. penumero Il Tribunale del riesame di Messina, in veste di giudice di rinvio, ad onta delle capziose obiezioni del ricorrente, ha adeguatamente ed esaustivamente motivato in ordine alla sussistenza dei pericolo di reiterazione dei reati commessi dall'indagato con specifico riferimento alle più gravi condotte di contraffazione di pubblici sigilli e di falso materiale ed ideologico finalizzate all'indebito conseguimento di titoli autorizzativi dal comune di Malfi per un manufatto abusivo di sua proprietà. Si è peraltro puntualmente sottolineato che l' aver strumentalizzato l'esercizio della propria professione di architetto al perseguim--nto di interessi esclusivamente personali non poteva assolutamente escludere che nello stesso modo l'indagato si sarebbe comportato anche a beneficio di propri clienti, essendo logicamente intuitivo che solamente grazie all'esercizio della suddetta professione ed a causa di essa l'indagato si era venuto a trovare nelle condizioni favorevoli per porre in atto gli illeciti contestatigli. Inconferente ed irrilevante va giudicata la censura l'univa concretamente articolata in `corso per non avere il ricorrente provato alcunché a smentita delle acciarate esigenze cautelare, trattandosi, nell'ottica dell'assolvimento all'obbligo motivazionale imposto dalla legge, di ulteriore argomento di chiusura chiaramente volto a consolidare il già adeguato e concreto iter argomentativo adottato, sul rilievo comunque della insussistenza di elementi di convincimento di segno contrario, offerti dal ricorrente. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.