Elezione di domicilio presso l’avvocato d’ufficio, la conoscenza del decreto non può presumersi

E’ da escludersi l’idoneità della notificazione del decreto penale effettuata al difensore d’ufficio nominato domiciliatario in fase preprocessuale a dimostrare l’effettiva conoscenza del provvedimento in capo all’imputato, salvo che tale conoscenza emerga in altro modo oppure sussista la prova positiva che il difensore d’ufficio sia riuscito a rintracciare il proprio assistito e ad instaurare un effettivo rapporto professionale con lui.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 13045, depositata il 27 marzo 2015. Il caso. Il 10 marzo 2014, il gip di Monza rigettava l’istanza di restituzione nel termine per proporre opposizione contro un decreto penale di condanna emesso il 28 settembre 2012, proposta da un uomo sul presupposto della mancata tempestiva conoscenza del decreto notificato presso lo studio del difensore d’ufficio dove il condannato aveva eletto domicilio. Di esso, l’uomo aveva avuto conoscenza solo il 14 febbraio 2014, a seguito dell’estrazione di copia da parte del difensore di fiducia, che aveva nominato il giorno precedente. Secondo il gip, la missiva inviata al condannato dal difensore d’ufficio non era tornata al mittente, per cui doveva presumersi ricevuta. In più, l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio veniva ritenuta riconducibile ad una scelta libera e consapevole del condannato, a cui doveva quindi essere imputata l’inerzia nel contattare tempestivamente il difensore. L’uomo ricorreva in Cassazione, lamentando l’errata valutazione della sussistenza della prova della ricezione della missiva inviatagli dal difensore d’ufficio per il tramite della corrispondenza ordinaria e del riconoscimento di una sua negligenza per non averlo contattato. Conoscenza del provvedimento. La Corte di Cassazione ricorda che l’art. 175, comma 2, c.p.p., nel riconoscere all’imputato destinatario di un decreto penale di condanna il diritto incondizionato alla restituzione nel termine per proporre opposizione nell’ipotesi in cui non abbia avuto tempestivamente effettiva conoscenza del provvedimento a meno che non vi abbia volontariamente rinunciato , esclude che spetti al condannato dover fornire la prova positiva della mancanza di conoscenza o di rinuncia, che deve invece presumersi in difetto di elementi contrari . Elezione di domicilio. Nello specifico, i giudici di legittimità escludono l’idoneità della notificazione del decreto penale effettuata al difensore d’ufficio nominato domiciliatario in fase preprocessuale a dimostrare l’effettiva conoscenza del provvedimento in capo all’imputato, salvo che tale conoscenza emerga in altro modo oppure sussista la prova positiva che il difensore d’ufficio sia riuscito a rintracciare il proprio assistito e ad instaurare un effettivo rapporto professionale con lui. Nel caso di specie, invece, il gip aveva ritenuto provata la tempestiva conoscenza del decreto da parte del ricorrente sulla base di criteri presuntivi infatti, aveva valorizzato il mero fatto che il difensore d’ufficio avesse cercato di mettersi in contatto con l’uomo, inviandogli una comunicazione lettera via posta ordinaria , che però non era idonea a supportare in modo certo o univoco la prova dell’avvenuta ricezione da parte del destinatario, non ricavabile però dal semplice fatto che la lettera non era stata restituita al mittente. Altro errore era stato di aver enfatizzato il fatto che l’elezione volontaria di domicilio era stata effettuata da un imputato cittadino italiano e residente nello Stato, da cui doveva derivare, secondo il gip, l’onere di mettersi in contatto con l’avvocato e di informarsi tempestivamente dell’esito del procedimento per decreto, celebrato per sua natura in assenza di contraddittorio, che lo riguardava. Anche questo aspetto, però, era in contrasto con la regola che richiede la prova dell’effettiva conoscenza del provvedimento e vieta la mera presunzione di conoscibilità. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione al gip di Monza.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 5 febbraio – 27 marzo 2015, n. 13045 Presidente Cortese – Relatore Sandrini Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 10.03.2014 il GIP del Tribunale di Monza ha rigettato l'istanza di restituzione nel termine per proporre opposizione avverso il decreto penale di condanna emesso il 28.09.2012, proposta da B.S. sul presupposto della mancata tempestiva conoscenza del decreto notificato presso lo studio del difensore d'ufficio dove il condannato aveva eletto domicilio, decreto di cui il B. era venuto a conoscenza solo in data 14.02.2014 a seguito dell'estrazione di copia da parte del difensore di fiducia da lui nominato il giorno precedente il GIP rilevava, da un lato, che la missiva a suo tempo inviata al B. dal difensore d'ufficio, avv. Lorena Croatto, non era tornata al mittente, per cui doveva presumersi ricevuta dal destinatario, e, dall'altro, che l'elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio era riconducibile a una scelta libera e consapevole del B. , al quale era perciò imputabile l'inerzia nel contattare tempestivamente l'avv. Croatto. 2. Ricorre per cassazione B.S. , a mezzo del difensore di fiducia avv. Angelo Proserpio, deducendo come motivi di gravame violazione di legge in relazione agli artt. 462 e 175 comma 2 del codice di rito, nonché vizio di motivazione dell'ordinanza impugnata, coi quali lamenta - l'erronea valutazione della sussistenza della prova della ricezione da parte del B. della missiva inviatagli dal difensore d'ufficio per il tramite della corrispondenza ordinaria, nonché dell'addebitabilità al ricorrente della mancata presa di contatto con l'avv. Croatto - l'illogica presunzione della conoscenza degli estremi del decreto penale in data antecedente l'estrazione di copia il 14.02.2014 da parte dell'avv. Proserpio, data - quest'ultima - rispetto alla quale l'istanza di restituzione presentata il 6.03.2014 risultava tempestiva. 3. Il Procuratore Generale ha presentato conclusioni scritte, chiedendo l'annullamento del provvedimento impugnato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e deve essere accolto. 2. Questa Corte ha affermato, con orientamento costante, che l'art. 175 comma 2 del codice di rito, nel riconoscere all'imputato destinatario di decreto penale di condanna il diritto incondizionato alla restituzione nel termine per proporre opposizione nell'ipotesi in cui non abbia avuto - tempestivamente - effettiva conoscenza del provvedimento, salvo che vi abbia volontariamente rinunciato, esclude che spetti al condannato fornire la prova positiva della mancanza di conoscenza o di rinunzia, che deve invece presumersi in difetto di elementi contrari in particolare, deve escludersi l'idoneità della notificazione del decreto penale effettuata al difensore d'ufficio nominato domiciliatario in fase preprocessuale a dimostrare l'effettiva conoscenza del provvedimento in capo all'imputato, salvo che tale conoscenza emerga aliunde ovvero sussista la prova - positiva - che il difensore d'ufficio è riuscito a rintracciare il proprio assistito e ad instaurare un effettivo rapporto professionale con lui Sez. 1 n. 8225 del 10/02/2010, Rv. 246630 Sez. 4 n. 991 del 18/07/2013, Rv. 257901 . L'ordinanza impugnata non ha fatto corretta applicazione al caso concreto di tali principi che pure ha dichiarato astrattamente di condividere , avendo ritenuto provata - per quanto risulta dal testo del provvedimento - la tempestiva conoscenza del decreto penale da parte del B. sulla base di criteri presuntivi che invertono la regola normativa secondo cui deve sussistere invece la prova positiva dell'instaurazione di un effettivo rapporto professionale dell'imputato col difensore d'ufficio, idoneo a dimostrare che questi aveva portato ad effettiva conoscenza dell'assistito l'esistenza del titolo giudiziale. Da un lato, infatti, il GIP ha valorizzato, con motivazione del tutto incongrua e incoerente al dato normativo, il mero fatto che l'avv. Croatto avesse cercato di mettersi in contatto col B. , inviandogli una comunicazione che - in relazione alle modalità di trasmissione utilizzate, costituite dalla spedizione di una lettera col mezzo della posta ordinaria - non è idonea a supportare in modo certo o comunque univoco la prova dell'avvenuta ricezione da parte del destinatario, che non può ricavarsi dalla sola circostanza che la lettera non sia stata restituita al mittente. Dall'altro, l'enfatizzazione del fatto che l'elezione volontaria di domicilio presso il difensore d'ufficio sia stata effettuata da un imputato cittadino italiano e residente nello Stato, come motivo idoneo a radicare un onere del B. di mettersi in contatto con l'avv. Croatto e di informarsi tempestivamente dell'esito del procedimento per decreto celebrato per sua natura in assenza di contraddittorio che lo riguardava, si pone in evidente e aperto contrasto - oltre che col succitato indirizzo della giurisprudenza di legittimità - con la stessa regula iuris che esige la prova della conoscenza effettiva del provvedimento, vietando l'operatività di una mera presunzione di conoscibilità. Va, infine, rilevato che in relazione alla data di conoscenza effettiva del decreto penale allegata dal ricorrente, sia essa il 13 o il 14 febbraio 2014, l'istanza di restituzione presentata il 6.03.2014 appare comunque rispettosa del termine di decadenza di 30 giorni stabilito dall'art. 175 comma 2-bis cod.proc.pen., la cui osservanza non può essere messa in discussione con argomentazioni di natura perplessa e ipotetica come quelle contenute nell'ordinanza impugnata posto che a fronte dell'assolvimento dell'onere di allegazione dell'imputato, grava sul giudice l'onere di valutare la tempestività dell'istanza e di individuare in atti l'eventuale - diverso - momento dal quale computare la decorrenza del termine decadenziale per proporla Sez. 4 n. 4106 del 7/01/2014, Rv. 258440 . 3. L'ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata, con rinvio per nuovo esame al GIP del Tribunale di Monza. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al GIP del Tribunale di Monza.