Approvazione del piano regolatore generale: il consigliere comunale non ha il dovere di astenersi

Il sindaco e l’assessore all’urbanistica non hanno il dovere di astenersi dalla delibera di approvazione del piano regolatore generale, trattandosi di un atto finale di un procedimento complesso in cui vengono valutati, ponderati e composti molteplici interessi, sia individuali che pubblici, sicché il voto espresso dagli amministratori non riguarda la destinazione della singola area o la specifica prescrizione, ma il contenuto generale del provvedimento, cioè l’assetto territoriale nel suo complesso.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 12642, depositata il 25 marzo 2015. Il fatto. La Corte d’appello confermava la sentenza del Tribunale con la quale l’imputato era stato condannato in relazione al reato di cui all’art. 323 c.p. abuso d’ufficio , per avere, in qualità di consigliere comunale, omesso di astenersi dal partecipare alla delibera di adozione del piano regolatore generale del Comune. Contro tale decisione propone ricorso per cassazione l’imputato, lamentando l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale da parte della Corte territoriale, la quale ha ritenuto sussistente l’obbligo di astensione sulla base della mera allegazione di interessi confliggenti con l’atto di approvazione del piano regolatore generale. Adozione del piano regolatore generale del Comune. Il Collegio ritiene il ricorso fondato sulla scorta di quanto affermato dal Consiglio di Stato in materia e cioè che, in sede di adozione del piano regolatore generale da parte del comune, risultante dall’apporto di più soggetti e conseguente ad un complesso procedimento in cui confluiscono e si compensano molteplici interessi, il voto espresso dal singolo amministratore non riguarda una specifica prescrizione, ma tocca il contenuto complessivo dell’atto pertanto, non è sufficiente a far sorgere l’obbligo di astensione la semplice allegazione dell’esistenza di interessi confliggenti con l’atto, occorrendo, altresì, la prova, concreta e specifica che l’atto generale sia stato emanato anche in considerazione di tali personali e particolari interessi . Nessun dovere di astensione. Ricorda, poi, il Collegio come sulla stessa scia si è espressa anche la giurisprudenza di legittimità, laddove, in tema di abuso d’ufficio commesso in relazione ad atti collegiali e di contenuto generale e, nello specifico, con riguardo alle deliberazioni del consiglio comunale, ha affermato che rispetto alla delibera di approvazione del piano regolatore generale, trattandosi di un atto finale di un procedimento complesso in cui vengono valutati, ponderati e composti molteplici interessi, non può ritenersi sussistente in capo al consigliere comunale il dovere di astenersi. Obbligo di astensione. Di contro, ha ravvisato l’obbligo di astensione in capo al pubblico amministratore nei casi in cui il voto espresso dagli amministratori riguardava la destinazione della singola area o una specifica prescrizione concernente una porzione delimitata del territorio non involgente linee generali di pianificazione, in relazione alla quale era riconoscibile un interesse personale, anche indiretto, del pubblico amministratore. Nel caso di specie, il Collegio rileva come la condotta contestata riguardi la deliberazione del piano regolatore generale del Comune, dunque dello strumento di gestione dell’intero assetto territoriale dell’ente pubblico. Pertanto, alla luce delle argomentazioni sopra esposte, non è ravvisabile alcun interesse dell’agente o dei suoi congiunti rispetto al quale debba ritenersi sussistere un obbligo di astensione dalla discussione e dalla votazione del consigliere comunale. Ne consegue che, venendo meno la penale rilevanza della condotta, il reato ascritto non può ritenersi sussistente. Per tali motivi, la S.C. ha annullato la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 28 gennaio – 25 marzo 2015, n. 12642 Presidente Rotundo – Relatore Bassi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza dell'11 gennaio 2013, la Corte d'appello ha confermato la sentenza del 2 novembre 2006, con la quale il Tribunale di L'Aquila ha condannato S.V. alla pena di mesi sei di reclusione, oltre alla rifusione delle spese del grado in favore della parte civile, in relazione al reato di cui all'art. 323 cod. pen., commesso il omissis , per avere l'imputato, quale consigliere del Comune di Ofena, omesso di astenersi dal partecipare alla delibera di adozione del P.R.G. del suddetto Comune e, quindi, per avere procurato a se stesso un ingiusto vantaggio patrimoniale consistente nella realizzazione di un grosso parcheggio dietro la propria abitazione da destinare all'attività commerciale dal medesimo svolta di commerciante di auto mezzi usati. Il giudice di secondo grado ha rilevato che la penale responsabilità dell'imputato risulta provata, in quanto, per un verso, il medesimo ha violato il dovere di astensione previsto dall'articolo 78 T.U. 267/2000 in sede di adozione della delibera di appropriazione del P.R.G. per altro verso, è integrato il presupposto della doppia ingiustizia, configurandosi in capo all'imputato l'ingiusto vantaggio conseguente dall'assenza di qualsivoglia interesse pubblico alla realizzazione del parcheggio antistante la sua abitazione. 2. Nel ricorso presentato avverso la sentenza, l'Avv. Antonio Valentini ha eccepito nell'interesse di S.V. 2.1. la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, atteso che le prove raccolte nel processo dimostrano l'insussistenza dei requisiti della illegittimità della condotta e dell'interesse contra ius e dunque evidenziano l'innocenza dell'assistito, laddove 1 non risulta dimostrata l'attività di commerciante di automobili del S. 2 le contravvenzioni elevate riguardavano veicoli di proprietà di altri soggetti 3 il parcheggio costruendo era, non a ridosso della proprietà dell'imputato, ma a cento metri da un luogo di culto 4 nel parcheggio non avrebbero comunque potuto sostare auto prive di copertura assicurativa 2.2. l'inosservanza o l'erronea applicazione di legge penale, per avere la Corte erroneamente ritenuto sussistenti in capo all'imputato l'obbligo di astenersi sulla base della mera allegazione di interessi configgenti con l'atto di approvazione del P.R.G. 2.3 violazione di legge per difetto di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. 3. Il Procuratore Generale ha chiesto la sentenza impugnata sia annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. L'Avv. Antonio Valentini ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato quanto al secondo motivo di ricorso, con conseguente assorbimento delle ulteriori censure. 2. L'art. 78, comma 2, D.Lgs. n. 267/2000 Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali dispone che Gli amministratori di cui all'articolo 77, comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L'obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado . Coerentemente al dettato normativo, il massimo organo della giustizia amministrativa ha affermato che l'obbligo di astensione da parte dei consiglieri comunali sussiste ogniqualvolta vi sia una correlazione immediata e diretta fra la posizione del consigliere e l'oggetto della deliberazione, il che normalmente non ricorre nei casi di provvedimenti normativi o di carattere generale Cons. Stato n. 795 del 11/06/1996 . Ne ha dunque inferito che, in sede di adozione del piano regolatore generale da parte del Comune, risultante dall'apporto di più soggetti e conseguente a un complesso procedimento in cui confluiscono e si compensano interessi molteplici pubblici, collettivi e individuali , il voto espresso dal singolo amministratore non riguarda una specifica prescrizione, ma tocca il contenuto complessivo dell'atto pertanto, non è sufficiente a far sorgere l'obbligo di astensione la semplice allegazione dell'esistenza di interessi confliggenti con l'atto, occorrendo, altresì, la prova, concreta e specifica che l'atto generale sia stato emanato anche in considerazione di tali personali e particolari interessi Cons. Stato n. 795 del 11/06/1996 . 3. Sulla stessa scia è orientata la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, laddove, in tema di abuso di ufficio commesso in relazione ad atti collegiali e di contenuto generale e, nello specifico, con riguardo alle deliberazioni del consiglio comunale, ha affermato che il sindaco e l'assessore all'urbanistica non hanno il dovere di astenersi dalla delibera di approvazione del piano regolatore generale, trattandosi di un atto finale di un procedimento complesso in cui vengono valutati, ponderati e composti molteplici interessi, sia individuali che pubblici, sicché il voto espresso dagli amministratori non riguarda la destinazione della singola area o la specifica prescrizione, ma il contenuto generale del provvedimento, cioè l'assetto territoriale nel suo complesso ne discende che, rispetto all'approvazione di siffatta delibera non può ritenersi sussistente in capo al consigliere comunale il dovere di astenersi Cass. Sez. 6, n. 11600 del 15/02/2000, Cerullo ed altri, Rv. 220802 Sez. 6, n. 44620 del 26/10/2004, P.C. in proc. Silini ed altri, Rv. 230600 . Di contro, questa Suprema Corte ha ravvisato la sussistenza di un obbligo di astensione in capo al pubblico amministratore - ed ha, quindi, ritenuto ravvisabile il delitto di abuso di ufficio - nei casi in cui il voto espresso dagli amministratori riguardava la destinazione della singola area o una specifica prescrizione concernente una porzione delimitata del territorio non involgente linee generali di pianificazione, in relazione alla quale era riconoscibile un interesse personale, anche indiretto, del pubblico amministratore in questo senso Cass. Sez. 6, n. 44620 del 26/10/2004, P.C. in proc. Silini ed altri, Rv. 230600 Sez. 6, n. 2662 del 23/09/1998, Brescia, Rv. 211752 . In particolare, siffatti presupposti sono stati ravvisati in relazione a delibere di pianificazione territoriale del comune concernenti atti di opposizione al P.R.G. riguardanti gli specifici interessi personali dell'amministratore o di un prossimo congiunto Cass. Sez. 6, n. 11600 del 15/02/2000, Cerullo ed altri, Rv. 220802 nonché a varianti al piano regolatore legate ad un interesse personale dell'agente o del familiare Cass. Sez. 6 n. 14457 del 15/03/2013, non massimata . 4. Passando al vaglio del caso di specie, va rilevato come la condotta abusiva in contestazione concerna la deliberazione del piano regolatore generale del comune di Ofesa, dunque dello strumento di gestione dell'intero assetto territoriale dell'ente pubblico. Sulla scorta delle condivisibili coordinate ermeneutiche sopra delineate, in relazione a detta delibera non è ravvisabile un interesse, diretto ed immediato, dell'agente o dei suoi congiunti, rispetto al quale debba ritenersi sussistente un obbligo del consigliere comunale di astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione. Ne discende che, venendo meno la penale rilevanza della condotta in cui, a tenor di contestazione, si sarebbe sostanziato il contestato abuso - id est l'omessa astensione dalla partecipazione alla delibera di approvazione del P.R.G. -, il reato ascritto non può ritenersi sussistente. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.