L'amministratore della società fallita è responsabile anche se ricopre la carica da meno di un mese

In tema di bancarotta fraudolenta, persiste in capo all’amministratore societario il preciso obbligo diretto e personale di ottenere i libri contabili della società e di mantenerli aggiornati, esercitando una costante vigilanza sulla loro tenuta tale circostanza, se disattesa, senza fornire adeguata motivazione, che non può essere la mancanza di tempo materialmente necessario per acquisire la documentazione, configura il reato di bancarotta fraudolenta documentale. Inoltre, le condotte di mancata consegna, sottrazione, distruzione od omessa tenuta dall’inizio della documentazione contabile, sono tra loro equivalenti, con la conseguenza che non è necessario accertare quale di queste ipotesi si sia in concreto verificata se è comunque certa la sussistenza di una di esse.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 12184/2015 della Cassazione, depositata il 23 marzo. Il caso. Con sentenza, la Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, assolveva A con formula piena, per non aver commesso il fatto, dal reato di bancarotta fraudolenta in relazione alla distrazione di 858.395,33 euro di merci in deposito e della somma di 9.176,23 euro per beni strumentali, mentre veniva confermata la condanna per bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale in ordine al fallimento della società di cui era amministratore. Si propone ricorso per Cassazione, deducendo la violazione di legge in relazione all’art. 2392 c.c., così come modificato dall’art. 6, d.lgs. n. 6/2003. L’imputato era legale rappresentante della società da meno di un mese. Avverso la sentenza di secondo grado, il condannato propone ricorso in Cassazione deducendo quindi la violazione dell’art. 2392 c.c., sull’assunto che nessun comportamento doloso e/o colposo grave può essergli attribuito, tenuto conto che, al momento della pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento, egli risultava essere legale rappresentante della società in fallimento, da meno di un mese. Certamente non sarebbe a lui imputabile la condotta di mancata esibizione dei libri contabili, non avendo egli avuto a disposizione il tempo per acquisire detta documentazione e per rendersi conto della reale e concreta situazione economica della società. Sempre per il ricorrente, la persistenza di una posizione di garanzia, che impone agli amministratori di impedire il verificarsi di fatti pregiudizievoli per la società di cui siano a conoscenza, la si desume dal tenore dell’art. 2392 c.c., anche nell’attuale formulazione tuttavia, la riforma determinata dall’art. 6, d.lgs. n. 6/2003, avrebbe alleggerito gli oneri e le responsabilità degli amministratori, poiché è stato rimosso il generale obbligo di vigilanza sull’andamento della gestione, sostituendolo con l’onere di agire informato, atteso il potere-dovere di richiedere informazioni. Richiamando la precedente giurisprudenza sul tema, il ricorrente sostiene che la posizione di garanzia dell’amministratore è solo riconfigurata, nel senso che impone di ritenere responsabile quest’ultimo solo se si sia rappresentato l’evento nella sua portata illecita e consapevolmente lo abbia impedito. Non è dunque responsabile l’amministratore che non abbia avuto consapevolezza del fatto pregiudizievole, dal momento che la responsabilità postula in dimostrazione dell’effettivo ragguaglio circa l’evento oggetto del doveroso adempimento. Obbligo di ottenere i libri contabili della società e di mantenerli aggiornati. Le Conclusioni della Suprema Corte. Chiamata la Quinta Sezione Penale, il giudicante rileva l’infondatezza del ricorso e, di conseguenza, l’immeritevole accoglimento, per i motivi che seguono. In riferimento alla bancarotta documentale, nella sentenza impugnata si legge che il soggetto A aveva ricoperto l’incarico per 28 giorni tuttavia, persiste il suo preciso obbligo di ottenere i libri contabili della società e di mantenerli aggiornati, esercitando una costante vigilanza sulla loro tenuta tale circostanza è stata disattesa senza fornire adeguata motivazione dando solo generiche giustificazioni in ordine alla mancanza di tempo materialmente necessario per acquisire la documentazione . Non avendo assolto al diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le scritture contabili e di consegnarle dopo la dichiarazione di fallimento, il soggetto A si ritiene responsabile per il reato di bancarotta fraudolenta documentale. Rileva, inoltre, di recente la decisione della Suprema Corte che afferma Ai fini della configurabilità di bancarotta fraudolenta documentale, le condotte di mancata consegna, sottrazione, distruzione od omessa tenuta dall’inizio della documentazione contabile, sono tra loro equivalenti, con la conseguenza che non è necessario accertare quale di queste ipotesi si sia in concreto verificata se è comunque certa la sussistenza di una di esse Cass., sent. n. 47923/2014 . In riferimento, infine, alla bancarotta patrimoniale, la Corte territoriale ha evidenziato che la vendita di alcuni beni strumentali era avvenuta anche nel corso del periodo di sua gestione, incassando in parte in contanti. L’anomalia costituita dal fatto che 2 delle 3 operazioni sarebbero state regolate con denaro contante e la terza fattura mai incassata, induce a ritenere che tali operazioni costituiscano ipotesi di vendita simulata per sottrarre beni alla massa fallimentare in quanto effettuate a ridosso della dichiarazione di fallimento.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 9 dicembre 2014 – 23 marzo 2015, n. 12184 Presidente Marasca – Relatore Miccoli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 14 novembre 2013 la Corte d'appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Brindisi in data 19 aprile 2010 , assolveva, con la formula per non aver commesso il fatto , l'appellante D.C. dal reato di bancarotta fraudolenta in relazione alla distrazione di Euro 858.395,33 di merci in deposito e della somma di Euro 9176,23 per beni strumentali. Confermava nel resto la sentenza appellata, con la quale il suddetto imputato, in qualità di amministratore della D.S.M. s.r.l. dichiarata fallita in data omissis , veniva ritenuto colpevole del reato aggravato di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale. 2. Con atto sottoscritto anche dal suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso in cassazione l'imputato, deducendo la violazione di legge in relazione all'articolo 2392 cod. civ., così come modificato dall'articolo 6 decr. leg.vo n. 6/03. Il ricorrente ha sostenuto che nessun comportamento doloso e/o colposo grave può essergli attribuito, tenuto conto che, al momento della pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento, egli risultava essere legale rappresentante della D.S.M. s.r.l. da meno di un mese. Certamente non sarebbe a lui imputabile la condotta di mancata esibizione dei libri contabili, non avendo egli avuto a disposizione il tempo per acquisire detta documentazione e per rendersi conto della reale e concreta situazione economica della società. Ha sostenuto inoltre che la persistenza di una posizione di garanzia, che impone agli amministratori di impedire il verificarsi di fatti pregiudizievoli per la società di cui siano a conoscenza, la si desume dal tenore dell'articolo 2392 cod. civ. anche nell'attuale formulazione. La riforma però avrebbe alleggerito gli oneri e le responsabilità degli amministratori, poiché è stato rimosso il generale obbligo di vigilanza sull'andamento della gestione, sostituendolo con l'onere di agire informato, atteso il potere dovere di richiedere informazioni. Il ricorrente ha quindi richiamato la giurisprudenza secondo la quale la posizione di garanzia dell'amministratore è solo riconfigurata, nel senso che impone di ritenere responsabile quest'ultimo solo se si sia rappresentato l'evento nella sua portata illecita e consapevolmente lo abbia impedito. Non è dunque responsabile l'amministratore che non abbia avuto consapevolezza del fatto pregiudizievole, dal momento che la responsabilità postula la dimostrazione dell'effettivo efficace ragguaglio circa l'evento oggetto della doveroso adempimento. Il ricorrente ha sostenuto che egli non può essere stato a conoscenza di fatti rilevanti che hanno portato alla dichiarazione di fallimento della società. Come già statuito dalla Corte territoriale, lo stato di insolvenza è stato determinato per l'incidenza della grossa somma attribuita alla gestione proprio dai precedenti amministratori mentre non è sufficiente il riferimento che fanno i giudici di appello alla circostanza secondo cui l'imputato, essendo socio da tempo della suddetta società, non poteva non conoscere lo stato di insolvenza. La sentenza impugnata non fa alcun cenno agli elementi di diritto che farebbero discendere, anche a titolo di dolo eventuale, la responsabilità del ricorrente non si fa menzione del titolo in base al quale lo stesso avrebbe potuto essere a conoscenza di elementi tali che potessero indurlo a ritenere sussistenti aspetti di sofferenza della società, circostanza, peraltro, che lo avrebbe sicuramente indotto a non accettare la carica di amministratore. Considerato in diritto Il ricorso è infondato e, di conseguenza, immeritevole di accoglimento. 1. La Corte d'Appello di Lecce ha correttamente ritenuto imputabili al D. , che ha assunto la carica di amministratore della società D.S.M. s.r.l. circa un mese prima della dichiarazione di fallimento, sia le condotte di bancarotta fraudolenta documentale che alcune delle condotte distrattive contestate nell'originario capo di imputazione. In particolare, con riferimento alla bancarotta documentale, nella sentenza impugnata si legge che sebbene il D. abbia ricoperto la carica di A.U. solo per 28 giorni, aveva il preciso obbligo di ottenere i libri contabili della società e di mantenerli aggiornati, esercitando una precipua vigilanza sulla loro tenuta. Egli non solo non ha assolto all'obbligo di consegna di quanto richiestogli ma non ha fornito adeguata spiegazione di tale omissione che non appare fine a sé stessa bensì strumentale a rendere impossibile la ricostruzione delle movimentazioni alla luce di una gestione complessiva della società caratterizzata da operazioni, quali aumenti di capitale e successive distribuzioni di acconti su utili ai soci, a discrezione dell'amministratore, e ulteriori versamenti in conto capitale . In ordine alla responsabilità del D. per la bancarotta patrimoniale, la Corte territoriale ha evidenziato che la vendita di alcuni beni strumentali per una somma pari a 12.220,28 Euro era avvenuta anche nel corso del periodo di gestione dell'appellante anno 2002 in cui, come è stato accertato dal perito alla stregua delle annotazioni riportate nel libro giornale, di cui Euro 8.346,85 sarebbero stati incassati per contanti. L'anomalia costituita dal fatto che due delle tre operazioni sarebbero state regolate con denaro contante e la terza fattura mai incassata, secondo quanto rilevato dallo stesso tecnico nominato dal primo giudice, induce a ritenere che tali operazioni costituiscano ipotesi di vendita simulata per sottrarre beni alla massa fallimentare in quanto effettuate a ridosso della dichiarazione di fallimento. . Infine, la Corte territoriale ha ritenuto imputabile al D. anche il mancato rinvenimento di rimanenze contabilizzate nel bilancio per l'anno 2001, pari a lire 104.370.000, bilancio approvato dall'assemblea dei soci in data 15 marzo 2002 e quindi quando l'imputato era amministratore. 2. Quanto evidenziato dalla Corte d'Appello nei termini sopra precisati non è stato contestato specificamente dal ricorrente, il quale ha invece puntato l'attenzione sulla contestazione della sua responsabilità per i fatti ascritti, tenuto conto che aveva assunto la carica di amministratore solo nell'ultimo mese di vita della società e, quindi, sostenendo che non avrebbe avuto la possibilità di verificare quale fosse la reale situazione economica di quest'ultima. Tale circostanza non può aver alcun rilievo, per le ragioni che qui di seguito si indicheranno. 2.1. Con riguardo alla bancarotta documentale bene ha fatto la Corte territoriale a ritenere la responsabilità del D. , il quale non ha assolto al diretto e personale obbligo dell'amministratore di diritto di tenere e conservare le scritture contabili, né di consegnarle dopo la dichiarazione di fallimento egli come si è già detto ha rappresentato solo generiche giustificazioni in ordine alla mancanza del tempo materialmente necessario per acquisire detta documentazione e per rendersi conto della reale situazione della società. Anche la giurisprudenza civile di questa Corte ha affermato che la totale mancanza di contabilità sociale, o la sua tenuta in modo sommario e non intelligibile, è, di per sé, giustificativa della condanna dell'amministratore al risarcimento del danno, in sede di azione di responsabilità promossa dalla società a norma dell'art. 2392 cod. civ., vertendosi in tema di violazione da parte dell'amministratore medesimo di specifici obblighi di legge, idonea a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio sociale Sez. 1 civile, sentenza n. 5876 del 11/03/2011, Rv. 617197 . Di recente questa Corte ha rilevato che, ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, le condotte di mancata consegna ovvero di sottrazione, di distruzione o di omessa tenuta dall'inizio della documentazione contabile, sono tra loro equivalenti, con la conseguenza che non è necessario accertare quale di queste ipotesi si sia in concreto verificata se è comunque certa la sussistenza di una di esse ed è inoltre acquisita la prova in capo all'imprenditore dello scopo di recare pregiudizio ai creditori e di rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari Sez. 5, n. 47923 del 23/09/2014, Rv. 261040 Sez. 5, n. 8369 del 27/09/2013, Rv. 259038 . Peraltro, la Corte d'Appello nel caso in esame ha correttamente valutato pure i profili dell'elemento psicologico proprio della bancarotta fraudolenta documentale prevista dall'art. 216, comma primo, n. 2, L. fall., elemento psicologico che deve essere individuato nel solo dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell'irregolare tenuta delle scritture con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell'imprenditore ex plurimis, Sez. 5, n. 48523 del 06/10/2011 dep. 28/12/2011, Barbieri, Rv. 251709 . 2.2. Corretta ed esente da vizi logici è anche la motivazione della sentenza in esame con riguardo ai fatti di bancarotta patrimoniale, che la Corte territoriale ha ritenuto imputabili al D. , in quanto commessi durante il periodo di amministrazione della società da parte sua. L'imputato si è detto inconsapevole di tali fatti, sostenendo che possono ritenersi tutt'al più azioni incaute e contestando, in particolare, l'attribuibilità a lui del mancato rinvenimento delle rimanenze indicate nel bilancio al 31 dicembre 2001, tenuto conto che aveva assunto solo successivamente a tale data la carica di amministratore. Egli però certamente era amministratore della società quando il suddetto bilancio è stato approvato dall'assemblea ordinaria dei soci nella sentenza impugnata come si è visto si rileva che tale assemblea si è svolta in data 15 marzo 2002. E così può dirsi pure per la vendita simulata di alcuni beni strumentali per una somma pari a 12.220,28 Euro, avvenuta sempre durante il periodo di amministrazione del D. . 2.3. Né può escludersi, come vorrebbe il ricorrente, la sua responsabilità perché non sarebbe stato a conoscenza di tali operazioni ovvero della reale difficile situazione economica della società. La dottrina e la giurisprudenza Sez. 5, n. 36435 del 14/06/2011, Rv. 250939 Sez. 5, sentenza n. 8260 del 08/11/2007, Rv. 241749 Sez. 5, Sentenza n. 36764 del 24/05/2006 Rv. 234607 concordemente ritengono che gli amministratori di società così come i sindaci ed i liquidatori sono titolari di una posizione di garanzia, nel senso che su di loro incombe l'obbligo di impedire l'evento di danno cagionato da una condotta costituente reato posta in essere da altri. Tale impostazione scaturisce dal principio secondo il quale la responsabilità nel reato commissivo improprio è riscontrabile quando sussista un dovere giuridico di attivarsi per evitare che l'evento temuto si verifichi. Questa Corte ha evidenziato che si delinea una posizione di garanzia a condizione che a un bene giuridico necessiti di protezione, poiché il titolare da solo non è in grado di proteggerlo b una fonte giuridica anche negoziale abbia la finalità di tutelarlo c tale obbligo gravi su una o più persone specificamente individuate d queste ultime siano dotate di poteri atti ad impedire la lesione del bene garantito, ovvero che siano ad esse riservati mezzi idonei a sollecitare gli interventi necessari ad evitare che l'evento dannoso sia cagionato. È stato anche precisato che un soggetto può dirsi titolare di una posizione di garanzia se ha la possibilità, con la sua condotta attiva, di influenzare il decorso degli eventi, indirizzandoli verso uno sviluppo atto ad impedire la lesione del bene giuridico garantito Sez. 4, n. 38991 del 10/06/2010 Rv. 248849 Sez. 4, n. 8217 del 21/05/1998, Rv. 212144 . Si è rilevato come la norma dell'art. 40, comma 2, cod.pen. trovi la sua fonte nell'art. 2 Cost., che esige, nel riconoscere i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale e, con riferimento alla questione in esame, viene in rilievo l'art. 41 Cost., secondo il quale l'iniziativa economica non deve svolgersi in contrasto con l'utilità sociale Sez. 4, n. 4793 del 06/12/1990 Bonetti ed altri, Rv. 191802 . La giurisprudenza ha individuato la fonte normativa della posizione di garanzia dell'amministratore di società di capitali nell'art. 2932 cod. civ., secondo il quale sussiste responsabilità degli amministratori quando non hanno fatto quanto potevano per impedire il compimento di fatti pregiudizievoli. Si è detto che gli amministratori di società hanno l'obbligo di impedire che si verifichino atti pregiudizievoli sia per la società, sia per i soci, i creditori ed i terzi, perché sono tenuti al rispetto anche dell'art. 2740 cod. civ., secondo il quale il patrimonio sociale costituisce una garanzia per i creditori. Questa Corte ha da tempo precisato anche in sede civile la portata degli obblighi disegnati dall'art. 2932, ritenendo che perfino l'amministratore di una società, il quale a causa del disordine economico contabile in cui questa versi, non sia in grado di esercitare le sue funzioni, non può sottrarsi alla sua responsabilità con il semplice espediente di rassegnare le dimissioni, ma deve provocare nella competente Sede le misure necessarie per il risanamento della situazione, fino a giungere, ove il caso lo richieda, alla richiesta della dichiarazione di fallimento della società, al fine di tutelare i creditori esistenti ed evitare la formazione di un nuovo passivo Sez. 1 civile, sentenza n. 970 del 05/04/1971, Rv. 350908 È del tutto ovvio che anche gli interessi tutelati dalle norme penali fallimentari sono compresi tra quelli affidati alle cure dell'amministratore ed è per tale ragione che l'amministratore di società risponde sicuramente delle condotte distrattive da lui stesso poste in essere, ma anche degli atti di gestione pregiudizievoli commessi da altri amministratori di diritto e/o di fatto, sempre in virtù di quanto sancito dall'art. 40 cpv cod. pen., non avendo adempiuto agli obblighi impostigli che consistono nel dovere di vigilanza e nel dovere di attivarsi per impedire che atti pregiudizievoli si verifichino Sez. 5 penale, 24 maggio 2006, n. 36764, Rv. 234607 . In applicazione di tali principi, la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di affermare che, in tema di bancarotta fraudolenta, l'amministratore in carica risponde penalmente dei reati commessi dall'amministratore di fatto ai sensi dell'art. 40, comma 2, cod.pen. Sez. 5, penale, 12 dicembre 2005, n. 953, Rv 233758 . Si è, quindi, chiarito che nei reati di bancarotta patrimoniale sussiste la responsabilità dell'amministratore di diritto non già ed esclusivamente in virtù della posizione formale rivestita all'interno della società, ma in ragione della condotta omissiva dallo stesso posta in essere, consistente nel non avere impedito l'evento che aveva l'obbligo giuridico di impedire ex art. 2932 cod. civ. e cioè nel mancato esercizio dei poteri, connaturati alla carica rivestita, di gestione della società e di controllo sull'operato anche di terzi ingeritisi di fatto nella amministrazione Sez. 5, n. 44826 del 28/05/2014, Regoli ed altri, Rv. 261814 Sez. 5, 09/02/2010, n. 11938, M. e altro, rv. 246897 Sez. 5, 05/05/2009, n. 31142, P. e altro. Sez. 5, 19/06/2012, n. 40929, F.C. . Va peraltro ricordato che, nell'ambito dei reati ascrivibili all'amministratore di diritto , la giurisprudenza di legittimità ha operato una distinzione tra le ipotesi di bancarotta documentale per sottrazione ovvero per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture contabili, in relazione alle quali sussiste la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell'amministrazione dell'impresa fallita, atteso il diretto e personale obbligo dell'amministratore di diritto di tenere e conservare le suddette scritture Sez. 5, n. 19049 del 19/02/2010, Rv. 247251 , dalle altre ipotesi di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per le quali, sotto il profilo soggettivo, occorre la prova della consapevolezza dell'agente dei disegni criminosi perseguiti dall'amministratore di fatto ex plurimis, Sez. 5, 18/12/2012, n. 5767, B.C. . Al riguardo è stato, altresì, chiarito, come sia sufficiente la generica consapevolezza da parte dell'amministratore di diritto che l'amministratore di fatto compia una delle condotte indicate nelle norme incriminatrici, senza che sia necessario che tale consapevolezza investa i singoli episodi delittuosi, potendosi configurare l'elemento soggettivo sia come dolo diretto, che come dolo eventuale, salva anche la prova della volontà del mancato impedimento dell'evento Sez. 5, 11/04/2012, n. 25432 Sez. 5, 24/03/2011, n. 17670 Sez. 5, 09/02/2010, n. 11938, M. e altro, rv. 246897 Sez. 5, 05/05/2009, n. 31142, P. . Siffatto approdo interpretativo è stato ulteriormente ribadito e sviluppato, sicché è stato evidenziato lo stretto legame intercorrente tra le diverse condotte di bancarotta, nella prospettiva della responsabilità dell'amministratore di diritto, affermando il principio secondo cui in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in caso di concorso ex art. 40, comma 2, dell'amministratore formale nel reato commesso dall'amministratore di fatto, il dolo del primo può configurarsi anche come eventuale ed essere integrato dall'omesso controllo sulla tenuta delle scritture, che dimostra la rinuncia a porre in essere quelle attività idonee a prevenire il pericolo di distrazioni e, di conseguenza, l'accettazione del rischio che esse possano verificarsi Sez. 5, 14.5.2013, n. 37305, rv. 257608 . 2.4. Chiariti tutti i suddetti principi e tornando all'esame del caso di specie, si deve ritenere che il D. non ha certamente adempiuto ai suoi obblighi con la dovuta diligenza, come peraltro ammesso dallo stesso ricorrente, quando evidenzia di non essere stato a conoscenza degli atti di gestione compiuti dalla società nel periodo in cui ha rivestito la carica di amministratore e di non essere stato in grado di avere sotto controllo la situazione contabile della stessa società. Va qui sottolineato che non sono stati allegati né sono emersi elementi per ritenere che il D. abbia assunto la carica di amministratore solo formalmente, ovvero come mera testa di legno , e che ci siano stati altri soggetti che hanno operato di fatto al suo posto. Tale ultima circostanza si desume solo implicitamente da quanto rappresentato, per vero genericamente, a sua difesa dall'imputato comunque, in ragione dei principi sopra riportati, essa non rileva. La consapevolezza da parte dell'imputato delle attività distrattive poste in essere, unita alla mancata volontà di impedirne le conseguenze dannose, appare dimostrata dalla circostanza, evidenziata dalla Corte territoriale, che egli era amministratore proprio quando venne perfezionata la vendita, che necessitava della sua partecipazione, dei beni strumentali della società fallita, di cui non è stato rinvenuto il corrispettivo pagato in contanti. E così può dirsi anche per le rimanenze distratte ed indicate nel bilancio approvato durante il periodo della sua amministrazione. Né può condividersi quanto sostenuto dal ricorrente in ordine alla non riconducibilità da un punto di vista soggettivo dei suddetti fatti a lui come titolare della posizione di garanzia ex art. 2932 cod. civ. e a tal proposito, va detto, per confutare quanto diffusamente sostenuto dal ricorrente, che la vicenda in esame ricade sotto il vigore della normativa societaria anteriore alle modifiche apportatevi dal D.Lgs. n. 6 del 2003, modifiche, che per quanto rileva in questa sede, non incidono affatto sulla responsabilità penale del D. come ritenuta dalla Corte d'appello, la quale ha fatto nel presente caso corretta applicazione del disposto dell'art. 2392 cod. civ La questione in esame deve essere risolta tenendo presente quali sono i precisi obblighi dell'amministratore che ha compiti di gestione della società di capitali e può, pertanto, porre in essere tutti gli atti, anche di disposizione, necessari per il raggiungimento degli scopi sociali. Egli, però, ha, come si è già detto, anche precisi poteri e doveri poteri di vigilanza sulle attività poste in essere da tutti coloro che, in via di diritto o di fatto, agiscano per conto della società e di controllo sull'operato di chiunque operi all'interno dell'azienda. È evidente che, nel caso in cui non possa controllare e vigilare tutte le attività della società personalmente, l'amministratore debba darsi una organizzazione che sia idonea non solo al raggiungimento degli scopi sociali, ma anche ad impedire che vengano posti in essere atti di grave pregiudizio nei confronti dei soci, dei creditori e dei terzi. Ed allora, la responsabilità dell'amministratore è ravvisabile non soltanto quando, a conoscenza di un atto pregiudizievole, non si attivi per impedire l'evento, ma anche quando non si sia dato un'organizzazione idonea a garantire gli interessi che lui ha l'obbligo di tutelare, consentendo in tal modo che altri possano ledere i suddetti interessi. Insomma più che fare riferimento -come sostenuto dal ricorrente in questa sede a concetti non facilmente verificabili, quali quello della conoscibilità o della generica consapevolezza delle attività distrattive poste in essere da altri, è necessario focalizzare per la imputabilità soggettiva la violazione di un preciso dovere, che è quello di darsi una organizzazione idonea a prevenire il compimento di atti pregiudizievoli. Insomma, gli amministratori di società -come si è già delineato sopra debbono dimostrare di avere fatto tutto ciò che era nelle loro possibilità per attuare una efficace vigilanza ed un rigoroso controllo, dimostrazione che nel caso di specie l'imputato non ha fornito, barricandosi dietro generiche giustificazioni di inconsapevolezza . A tal proposito, è appena il caso di ribadire che per la bancarotta fraudolenta per distrazione, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, è necessario e sufficiente il dolo generico consistente nella consapevolezza di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa rispetto alle finalità dell'impresa e di compiere atti che cagionino, o possano cagionare, danno ai creditori, mentre non è necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell'impresa, né lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte. Sez. 5, n. 52077 del 04/11/2014, Rv. 261348 Sez. 5, n. 21846 del 13/02/2014, Rv. 260407 Sez. 5, n. 3229 del 14/12/2012 dep. 22/01/2013, Rossetto e altri, Rv. 253932 E nel caso del titolare dell'obbligo di garanzia il dolo è ravvisabile quando si abbia conoscenza di una condotta distrattiva da altri posta in essere e non se ne neutralizzino gli effetti, oppure quando consapevolmente si ometta di dare attuazione nel senso dinanzi delineato agli obblighi di vigilanza e controllo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.