Evade dalla detenzione domiciliare: non è possibile applicare la custodia in carcere

E’ legittimo l’arresto, anche fuori dei casi di flagranza, della persona che ha posto in essere una condotta punibile ai sensi dell’art. 385 c.p. anche nel caso di allontanamento senza giustificato motivo dalla detenzione domiciliare , e il giudice nell’udienza di convalida può disporre l’applicazione di una delle misure coercitive anche al di fuori dei limiti previsti dall’art. 280 c.p.p Tuttavia, non può essere applicata all’evaso la misura cautelare della custodia in carcere alla luce del nuovo divieto di applicazione della misura se il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a 3 anni , atteso il tetto massimo di pena previsto per la fattispecie di evasione.

Essendo tale delitto istantaneo con effetti permanenti, che si consuma nel momento stesso in cui il soggetto si allontana dal luogo di detenzione domiciliare, va inoltre rilevata l’incompetenza per territorio del giudice competente per la convalida in relazione al luogo dove l’arresto è stato eseguito , il quale dovrà trasmettere gli atti, ai sensi dell’art. 27 c.p.p., al G.I.P. dichiarato competente. Questi i principi di diritto affermati dal G.I.P. di Enna che, nel primo atto procedimentale dinanzi al giudice – la convalida dell’arresto e la decisione sulla misura cautelare – ha dovuto affrontare una molteplicità di quaestio iuris , anche in considerazione delle recenti novelle legislative e nuovi approdi giurisprudenziali. Il fatto contestato e l’esatta individuazione della fattispecie incriminatrice. Un uomo che sta scontando a Catania la pena con la misura alternativa della detenzione domiciliare viene arrestato in quanto trovato, a seguito di un controllo su strada delle forze dell’ordine, in una provincia limitrofa Enna a quella del luogo di detenzione domestica. Contestatagli l’evasione, ai sensi dell’art. 385 c.p., viene condotto nella vicina casa circondariale in vista della convalida e la successiva decisione in ordine alla richiesta custodia cautelare in carcere da parte del P.M Il G.I.P. in primis provvede a dare la corretta veste giuridica alla figura criminosa contestata la condotta del soggetto che si trova ristretto in regime di detenzione domiciliare ai sensi dell’art. 47 ter , legge n. 354/1975 sull’ordinamento penitenziario, non viene punita, come sostenuto dal P.M., dall’art. 385 c.p. in quanto quest’ultima norma incrimina chiunque evade essendo legalmente arrestato o detenuto comma 1 o all’imputato che si trova agli arresti domiciliari comma 3 . In omaggio al principio di legalità e al divieto di analogia in malam partem della legge penale, per punire l’evasione del sottoposto alla detenzione domiciliare occorre una specifica ipotesi di reato. Come ricorda il G.I.P. di Enna, tale fattispecie è contenuta nel comma 8 dell’art. 47 ter ord. penit., a norma della quale il condannato che, essendo in stato di detenzione domiciliare nella propria abitazione o in un altro dei luoghi indicati nel comma 1, se ne allontana, è punito ai sensi dell’art. 385 c.p. . Si tratta di una figura autonoma di reato, equiparata a quella del codice penale solo quoad poenam Cass., sez. VI, n. 14199/2009 . Per l’evasione dalla detenzione domiciliare ordinaria tolleranza zero”. La Suprema Corte ha ritenuto che le violazioni delle prescrizioni per il regime della detenzione domiciliare integra automaticamente” il reato di evasione in quanto alla detenzione domiciliare non è applicabile il regime previsto per la semilibertà dall’art. 51 ord. penit. che prevede un periodo di assenza tollerata”, quantificato in 12 ore, entro il quale la sanzione prevista in caso di ritardato rientro in istituto di pena non è di natura penale ma disciplinare. Vista la specialità delle sanzioni differenziate, in rapporto alla durata, previste per l’assenza arbitraria del semilibero dall’istituto, non è consentita un’interpretazione estensiva di queste ultima neanche in bonam partem Cass., sez. VI, n. 31995/2003 . Stesso margine di tolleranza è previsto nei casi si di detenzione domiciliare speciale ex art. 47 quinquies , comma 1, ord. penit. condannata madre di prole di età non superiore ad anni 10 in caso di assenza dal domicilio senza giustificato motivo per non più di 12 ore può essere proposta la revoca della misura alternativa, mentre se l’assenza si protrae per un tempo maggiore scatta la condanna per evasione ai sensi dell’art. 385 c.p E per la Cassazione allontanamenti anche ingiustificati dal luogo di detenzione speciale di cui all’art. 47 quinquies che si protraggono per un tempo inferiore alle 12 ore non integrano il reato di cui all’art. 385, comma 3, c.p., essendo suscettibili soltanto di valutazione ai fini disciplinari comportanti la revoca della misura alternativa alla detenzione carceraria, ferma restando la responsabilità penale a diverso titolo per altri reati nel medesimo arco temporale eventualmente commessi Cass., sez. VI, n. 4394/2014 . La stessa disciplina non può tuttavia applicarsi alle altre ipotesi di detenzione domiciliare speciale previste dall’art. 47 ter , comma 1, ord. penit. essendo a questo fine irrilevante che chi ne usufruisca sia madre di minore di 10 anni. Cass., sez. VI, n. 34530/13, in una fattispecie in cui è stato ritenuto configurabile il delitto di evasione di madre di minore di 10 anni, sottoposta a detenzione domiciliare per motivi di salute, anche se l'allontanamento dal domicilio non aveva superato le 12 ore . Anche per l’art. 30, comma 3, ord. penit., in tema di permessi ordinari concessi ai reclusi, il quale il detenuto che non rientra in istituto allo scadere del permesso senza giustificato motivo, se l’assenza si protrae per oltre 3 ore e per non più di 12, è punito in via disciplinare se l’assenza si protrae per un tempo maggiore, è punito ai sensi dell’art. 385 c.p Invece, non può essere contestata l’evasione al soggetto legalmente detenuto di una misura di sicurezza detentiva, non fa rientro dopo aver goduto di una licenza di sette giorni, non potendo assimilarsi la figura dell’internato a quella del condannato ed essendo l’indicazione contenuta nell’art. 385 c.p. tassativa e non suscettibile di applicazione analogica in malam partem Cass., sez. VI, n. 48648/2014 . Arresto legittimo. Il G.I.P. ennese ritiene che l’arresto è stato legittimamente eseguito, visto che, in tema di evasione, l'art. 3, d.l. 13 maggio 1991 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 203/1991 , consente l’arresto anche fuori dai casi di flagranza della persona che ha posto in essere una condotta punibile a norma dell'art. 385 c.p. e che il giudice, nell’udienza di convalida può disporre l’applicazione di misura coercitiva superando i limiti edittali previsti dall’art. 280 c.p.p Inoltre, l’art. 3 d.l. n. 152/1991 trova applicazione anche in caso di allontanamento senza autorizzazione e senza giustificato motivo dal luogo di detenzione domiciliare ex art. 47 ter , comma 8, ord. penit. Cass. sez. VI, n. 4139/2014 . Sotto il profilo della facoltatività, l’arresto risultava giustificato dalla gravità del fatto posto in essere da soggetto pluripregiudicato nonché dall’intensità del dolo in quanto l’arrestato si è recato addirittura in una provincia differente dal luogo di detenzione domiciliare. Presenti i gravi indizi di colpevolezza e il pericolo di recidiva. Con riferimento alla richiesta di misura cautelare della custodia in carcere, il G.I.P. accerta la presenza dei gravi indizi di colpevolezza del delitto di evasione, non essendo presente nella fattispecie descritta dal comma 8 dell’art. 47 ter ord. penit. alcun margine di tolleranza di assenza e non avendo l’indagato fornito alcuna valida giustificazione della violazione della misura alternativa, emergendo la macroscopica violazione delle prescrizioni previste dal regime di detenzione domiciliare. All’uopo, integra la condotta del reato di evasione, e non l'ipotesi di mera trasgressione delle prescrizioni imposte, l'allontanamento del condannato dal luogo di espiazione della pena in regime di detenzione domiciliare Cass., sez. VI, n. 35074/2007 . Ciò a differenza dell’affidato in prova al servizio sociale, la cui violazione della prescrizione del divieto di allontanarsi in certi orari dal domicilio, anche se essa risulti incompatibile con la prosecuzione della prova, non costituisce delitto di evasione, previsto, invece, espressamente per analoga condotta tenuta, a certe condizioni, dal semilibero e dall'ammesso a detenzione domiciliare Cass., sez. VI, n. 34713/2006 . Sul piano dell’elemento psicologico del reato, il Giudice non solo ritiene sussistere il dolo generico caratterizzato dalla consapevolezza di allontanarsi in assenza della necessaria autorizzazione Cass., sez. VI, n. 19218/2012 , ma l’intensità del dolo supportante la condotta contestata, da cui emerge un totale disinteresse dell’arrestato per le prescrizioni dell’autorità giudiziaria, e la personalità dell’indagato, con numerosi precedenti penali, fanno ritenere sussistente l’esigenza cautelare del pericolo della recidiva specifica. Impossibilità di applicare la custodia cautelare in carcere. A questo punto, il Giudice passa ad individuare la misura cautelare da applicare premettendo che per il reato di evasione, come detto, il disposto dell’art. 3 D.L. n. 152/1991, atteso il tenore dell’art. 391, comma 5, c.p.p., consente l’applicazione della misura cautelare al di fuori dei limiti di pena previsti dagli artt. 274, comma 1, lett. c reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, mentre per l’evasione il tetto massimo di pena è tre anni e 280 c.p.p. per il quale la custodia cautelare in carcere può essere disposta per reati puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni l’originario limite dei quattro anni è stato elevato dalla L. 9 agosto 2013, n. 94, che ha convertito con modificazioni il d.l. n. 78/2013 . Tuttavia, non può applicarsi la custodia in carcere in quanto il nuovo disposto dell’art. 275, comma 2 bis , c.p.p. prevede un divieto di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni . Tale ultima norma, contenuta all’interno d.l. n. 92/2014 quale misura anch’essa di riduzione della popolazione carceraria e dare attuazione alla sentenza Torregiani della CEDU dell’8.1.2013 in sede di conversione ha subito una seria cospicue di deroghe dalla l .11 agosto 2014, n. 117, in quanto tale divieto non si applica a tutta una serie di reati di maggiore allarme sociale furto in appartamento, maltrattamenti, stalking, incendio boschivo e reati ex art. 4 bis ord. penit. , ma in nessuna delle quali rientra il caso che ci occupa. Quindi, l’unica misura idonea a scongiurare il ritenuto pericolo di reiterazione è quella degli arresti domiciliari, atteso il limite di pena prevista per la fattispecie di evasione dalla detenzione domiciliare tre anni, attraverso il rinvio quoad poenam all’art. 385 c.p. . Difetto di competenza territoriale del giudice cautelare”. Il G.I.P. di Enna accoglie il difetto di competenza eccepito dalla difesa in ordine alla misura cautelare essendo il luogo dell’arresto diverso da quello della consumazione del delitto. Ciò in quanto l’evasione è reato istantaneo con effetti permanenti da ultimo, Cass., sez. VI, n. 4293/2015 che si consuma nel momento stesso in cui l’agente si allontana dal luogo della detenzione domiciliare. Ne consegue che l’ordinanza cautelare emessa dal giudice competente per la convalida ex art. 390, comma 1, c.p.p. G.I.P. del luogo ove l’arresto è stato eseguito ha efficacia provvisoria e, una volta che il giudice ennese ha dichiarato la propria incompetenza per territorio, dovendosi ritenere competente il G.I.P. presso il Tribunale di Catania, a cui vanno trasmessi gli atti ai sensi dell’art. 27 c.p.p. Sarà quest’ultimo a dover rinnovare gli arresti domiciliari entro venti giorni dall’ordinanza di trasmissione degli atti, pena la cessazione di efficacia della misura cautelare. Qualora, invece, il G.I.P. si fosse limitato a restituire gli atti al P.M. ennese il quale li avesse a sua volta trasmessi al P.M. competente, non sarebbe necessario la rinnovazione degli arresti domiciliari in quanto come statuito dalle Sezioni Unite penali anche per quella disposta dal giudice della convalida ex art. 391, comma 5, c.p.p., solo la formale dichiarazione di incompetenza determina l’inefficacia della misura cautelare, che non sia stata rinnovata dal giudice competente entro venti giorni dalla ordinanza di trasmissione degli atti Cass., Sez. Un., n. 12823/2010 . Il tenore letterale dell’art. 27 c.p.p. è infatti inequivoco nel senso che la successione degli effetti della misura cautelare non dipende dall’incompetenza del giudice che l’ha emessa, ma dalla contestuale o successiva dichiarazione di incompetenza da parte del Giudice nell’ordinanza di trasmissione degli atti, e ciò anche perché senza una tale atto di trasmissione, non sarebbe fissato un dies a quo di decorrenza del termine di venti giorni per la perdita di efficacia della misura o per la sua rinnovazione da parte del giudice competente. Conseguenze della contestata evasione sulla misura alternativa. Una volta chiariti i contorni giuridici della vicenda cautelare, resta da chiedersi sulla sorte della violata detenzione domiciliare. L’art. 47 ter , comma 9, ord. penit. prevedeva l’automatica sospensione della misura in caso di denuncia per il delitto di evasione ex art. 47, comma 8, ord. penit., e l’automatica revoca del beneficio in caso di condanna. La prima parte della norma è stata eliminata dalla Corte costituzionale che, con sentenza n. 173/1997, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma nella parte in cui fa derivare automaticamente la sospensione della detenzione domiciliare dalla presentazione di denuncia del delitto di evasione dalla detenzione domiciliare. Tuttavia, la Suprema Corte ritiene che la revoca della detenzione domiciliare è legittimamente disposta nei confronti del condannato che ne fruisca, in presenza di ripetute e accertate violazione delle prescrizioni imposte in particolare, di abbandono ingiustificato del luogo di detenzione , anche prima della definizione del giudizio sul reato di evasione contestatogli Cass., sez. VI, n. 41540/2010 . Con riferimento alla revoca della detenzione domiciliare in caso di condanna per evasione è intervenuto il d.l. n. 78/2013, convertito nella L. n. 94/2013, che nella sua formulazione originaria, aveva previsto l’abrogazione del comma 9 dell’art. 47 ter ord. penit In sede di conversione la disposizione è stata ripristinata, seppure con una importante modifica la condanna per evasione non più quindi la mera denuncia può” comportare la revoca della detenzione domiciliare eliminato l’automatismo e solo a seguito di una previa valutazione giudiziale circa la non lieve entità” del fatto.

Tribunale di Enna, sez. G.I.P., ordinanza 16 febbraio 2015 Giudice Commandatore Ritenuto che da quanto indicato nel capo d'imputazione dal P.M. si trovava ristretto in regime di detenzione domiciliare ai sensi dell'art. 47 ter 1. 354/ 1975 ritenuto che il citato articolo prevede che 8. 11 condannato che, essendo in stato di detenzione nella propria abitazione o in un altro dei luoghi indicati nel co a 1, se ne allontana, e' punito ai sensi dell'articolo 385 del codice penale. Si a plica la disposizione dell'ultimo comma dello stesso articolo . ritenuto che l'arresto è stato legittimarmente eseguito, visto l'art_ 3 D.l. 1 maggio 1991, n. 152 conv. nella L. 12 luglio 1991 n. 203 in base al quale è co sentito l'arresto anche fuori dei casi dì flagranza della persona che ha posto in es ere una condotta punibile a norma dell'art. 385 c.p., e che il giudice, nell'udienza di convalida, può disporre l'applicazione di una delle misure coercitive ance al di fuori dei limiti previsti dall'art. 280 c.p.p. sotto il profilo della facoltatìvità esso risultava, poi, giustificato dalla gravità del fatto posto in essere da soggetto pluripregiudicato nonché dell'intensità del dolo l'arrestato si è recato adcirittura in una provincia differente dal luogo di detenzione domiciliare ` ritenuto che tale norma trova applicazione anche nel caso che ci occupa Cass. n. 4139/2914 In tema di evasione, l'art. 3 d_l. 13 maggio 1991 convertito, con modificazioni, dalla 1. 12 luglio 1991 n. 203 , che consente di applicare, nei confronti delle persone che hanno posto in essere una condotta punibile, a norma dell'ars. 385 c.p_, una misura coercitìva superando i limiti previsti dagli, art. 274, lett. c , e 280, c.p.p., trova applicazione anche in caso di allontanamento senza autorizzazione e senza giustificato motivo dal luogo di detenzione domicilie ex art_ 47 ter ord_ penit. ritenuto che sono stati rispettati i termini previsti dall'art. 390 c.p.p. visto l'art. 391 C.P.P. Convalida l'arresto operato nei confronti dell'indagato relativamente al reato di cui in epigrafe vista la richiesta di applicazione della misura cautelare della custodia cautelare in carcere avanzata dal P.M. Osserva Ad avviso di questo Giudice, a carico del L.B. sussistono gravi indizi di colpevolezza per il reato di cui alla richiesta del P.M, letta in udienza ed allegata alla presente, di cui è parte integrante. In particolare, nei confronti dell'odierno indagato il quadro indiziario di cui sopra scaturisce dagli elementi già evidenziati dal P.M. nella sua richiesta, dal verbale di arresto si evince che il predetto, sottoposto a detenzione domiciliare in Carania sia stato colto a bordo di un'autovettura nel territorio di Assoro mentre p correva l'autostrada Palermo Catania. L'arrestato, inoltre, non ha fornito alcun giustificato motivo in ordine all'allontanamento dichiarando di aver violato il regime della detenzione domiciliare per far visita. a degli amici residenti in Caltanissetta Emerge, pertanto, all'evidenza la macroscopica violazione delle prescrizioni previste dal regime di detenzione domiciliare. Per quanto concerne le esigenze cautelaci, viene ritenuto sussistere il pericolo della recidiva specifica Invero tale giudizio appare suffragato dalla personalità dell'indagato, con numerosi precedenti e dall'intensità del dolo supportante la condotta contestata da cui emerge un totale disinteresse dell'arrestato per le prescrizioni d 'l1'autorità giudiziaria. Per quanto sopra detto, unica misura idonea a scongiurare il ritenuto iericolo di reiterazione é quella custodiale degli arresti domiciliari, applicabile nel ceso che ci occupa poichè per il reato in esame, giusta il disposto dell'art. 3 D.L. 3 maggio 1991, n. 152 è previsto l'arresto anche fuori dai casi di flagranza, e, in questo caso, atteso il tenore dell'art_ 391 n. 5 c.p.p., l'applicazione della misura è disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli artt. 274 cornm ' 1 lett. e e 280 cfr. Cass.n. 4139/2014 . Di contro, non puó essere applicata la misura cautelare della custodia il carcere poiché emerge all'evidenza come il comma 2 bis dell'art. 275 c.p.p. impedisca l'applicazione di detta misura atteso il limite di pena previsto per la fattispecie di cui all'art. 385 comma i, c-p. Allo stato, non ricorrono elementi favorevolmente valutabili per l'arrestato. Visti gli artt_ 272 e segg. c_p.p. P.Q.M. applica nei confronti di L.B., sopra generalizzato, la misura cautelare degli arresti domiciliaci. Dispone l'immediata liberazione dell'arrestato ove non detenuto per altra causa ordinando che lo stesso ai sensi dell'art 9 7 bis d.lgs_ 271 / 1989 verga scortato I presso il domicilio individuato ai sensi dell'art. 284 c.p.p. poiché le modalità della condotta consentono di ritenere altamente probabile l'inottemperanza dell'arrestato all'ordine di recarsi, senza deviazioni, presso il proprio domicilio. In ordine al difetto di competenza eccepito dalla difesa deve rilevarsi con ìe il reato di evasione sia un delitto istantaneo con effetti permanenti che si co Isuma nel momento stesso in cui il soggetto attivo si allontana dal luogo della detenzione o degli arresti domiciliare Cass. n. 25976/201.0 ne consegue l'incompeltenza per territorio di questo giudice dovendosi dichiarare competente il GIP presso il Tribunale di Catania cui devono essere trasmessi gli atti ai sensi dell'art. 27 c.p.p. Manda alla Cancelleria per quanto di competenza.