Accesso abusivo alla rete bancomat: è un servizio (per il) pubblico

La locuzione di chiusura, nell’art. 615-ter, comma 3 c.p., comunque di interesse pubblico , che giustifica un aumento di pena per il reato di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, non può essere riduttivamente identificata con la possibilità per il pubblico, cioè per qualsiasi cliente del servizio bancario, di operare un prelievo automatico di contante o di effettuare altre operazioni bancarie.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 10121, depositata il 10 marzo 2015. Il caso. Il tribunale di Napoli confermava le misure cautelari disposte nei confronti di due indagati per il reato di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, ai sensi dell’art. 615- ter c.p Il loro legale ricorreva in Cassazione, contestando il riconoscimento dell’aggravante prevista dall’art. 615- ter , comma 3, c.p. prevista per l’accesso a sistemi informatici o telematici di interesse militare o relativi all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica o alla sanità o alla protezione civile o comunque di interesse pubblico , avendo gli indagati operato nei confronti del sistema informatico di un istituto bancario operante sul mercato bancomat , ritenuto illogicamente comunque di interesse pubblico . Natura del servizio pubblico. La Corte di Cassazione aderisce all’orientamento secondo cui la natura ed il regime del servizio pubblico devono emergere dall’interesse dell’attività, indipendentemente dal soggetto che la espleta o al quale l’attività stessa è istituzionalmente collegata. Tuttavia, la fonte primaria di tale servizio pubblico deve ricercarsi nello Stato o in un altro ente pubblico, mentre il concreto esercizio può essere attribuito a soggetti privati. In altri termini, l’esercente rimane un soggetto privato che esercita la sua attività per il perseguimento di un fine di lucro. Attività del soggetto privato. È necessario, perciò, distinguere, all’interno della complessiva attività dell’esercente, le attività di rilievo pubblicistico da quelle imprenditoriali. Infatti, l’applicazione di regole e principi pubblicistici, connessi alla cura del pubblico interesse, è giustificabile solo per le attività che si traducono nello svolgimento di una pubblica funzione, svolte in qualità di organo indiretto della Pubblica Amministrazione. Invece, in caso di attività imprenditoriale, il concessionario rimane un soggetto privato. Di conseguenza, per integrare l’esercizio di un pubblico servizio, non basta il contatto da parte del soggetto privato con i singoli utenti, essendo necessario invece verificare se si tratta di attività direttamente rivolte al soddisfacimento di bisogni generali della collettività. Nel caso di specie, l’introduzione era avvenuta nella rete del sistema bancomat di un istituto di credito privato. Anche se tale sistema è accessibile da chiunque sia dotato di una tessera bancomat valida, si tratta comunque di un’offerta commerciale in incertam personam , non distinguibile dall’offerta di merce o servizi che un negoziante o un esercente fa a tutti i potenziali clienti . È un servizio per il pubblico, non un servizio pubblico. Inoltre, la locuzione di chiusura, nell’art. 615- ter c.p., comunque di interesse pubblico , non può essere riduttivamente identificata con la possibilità per il pubblico, cioè per qualsiasi cliente del servizio bancario nel caso di specie, di operare un prelievo automatico di contante o di effettuare altre operazioni bancarie. Per questi motivi la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione ai giudici di merito.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 18 dicembre 2014 – 10 marzo 2015, n. 10121 Presidente Oldi – Relatore Fumo Ritenuto in fatto 1. II TdR di Napoli, con l'ordinanza indicata in epigrafe, ha annullato l'ordinanza impositiva di cautela personale nei confronti V.P. e M.D. con riferimento al delitto ex art. 640 ter cp capo B e la ha confermata con riferimento al delitto ex art. 615 ter cp, esclusa la aggravante di cui al comma secondo, sostituendo nei confronti del solo V. la custodia intramuraria con gli AA.DD., custodia viceversa confermata nei confronti del M 2. Con il ricorso il comune difensore deduce violazione degli artt. 309 cpp e 615 ter cp, atteso che non ricorre l'ulteriore aggravante di cui al comma terzo dell'art. 615 ter cp evidentemente erroneamente indicato nel ricorso come 315 ter , atteso che gli indagati operarono nei confronti del sistema informatico di un istituto bancario operante sul mercato bancomat tale circostanza, peraltro, nemmeno risulta contestata. La mancanza della aggravante de qua rende non applicabile la misura cautelare. Considerato in diritto 1. L'art. 615 ter cp accesso abusivo a un sistema informatico o telematico prevede e punisce la condotta di chi, appunto abusivamente, si introduce in tal tipo di sistema, protetto da misure di sicurezza. E' punita anche la condotta di chi in tale sistema si trattiene contro la volontà - espressa o tacita - di chi ha lo jus excludendi. La fattispecie prevede, poi, varie ipotesi aggravate, cui consegue la procedibilità di ufficio e la applicabilità di misure cautelare. 1.1. Nel caso in esame, è contestata la aggravante di cui al terzo comma in quanto il sistema è stato ritenuto comunque di interesse pubblico . E' dunque tale concetto che deve essere messo a fuoco e correttamente individuato. Al proposito si deve rammentare che la dottrina ha lungamente dibattuto circa i criteri identificativi della natura pubblica di un servizio. Invero a una concezione soggettiva, se ne è contrapposta una oggettiva. 1.2. Per la prima, è pubblico il servizio assunto da un soggetto qualificabile come ente pubblico, quando - ovviamente - le finalità del servizio rispondano a esigenze della collettività. 1.3. Per il secondo orientamento, invece, la natura e il regime del servizio pubblico devono emergere dall'interesse dell'attività, indipendentemente dal soggetto che la espleta o al quale l'attività stessa è istituzionalmente collegata. 1.4. Orbene, anche sulla scorta delle indicazioni di fonte comunitaria, è ormai pacifico che è tale seconda concezione quella che, attualmente, deve ritenersi dominante. Sul punto, tuttavia, deve precisarsi che la fonte primaria del servizio pubblico è comunque da ricercarsi nello Stato o in altro ente pubblico, mentre il concreto esercizio ben può essere attribuito a soggetti e organismi privati. L'esercente, insomma, resta un soggetto privato, il quale svolge pur sempre la sua attività per il perseguimento di un fine di lucro. 1.5. Dovranno distinguersi, pertanto - questo è il punto centrale della questione che occupa - all'interno della complessiva attività dell'esercente, le attività di rilievo pubblicistico, dalle attività imprenditoriali in tal senso ASN 201101934-RV 249049 . Invero, l'applicazione di regole e principi pubblicistici e quindi la rafforzata tutela penalistica , connessi alla cura dei pubblico interesse, si giustifica solo per quella parte di attività che si concreta nello svolgimento di una pubblica funzione, che il privato svolge quale organo indiretto della P.A. 1.6. Per quel che riguarda l'attività imprenditoriale, viceversa, il concessionario resta un soggetto privato e non trovano non possono trovare giustificazione deviazioni dalla disciplina che regola i rapporti tra privati. Tale distinzione, per altro, riceve significativa conferma dalla giurisprudenza costituzionale cfr. Corte cost. sent. 204/2004 , relativa al riparto di giurisdizione in materia di servizi pubblici, che distingue, appunto ai fini del riparto, l'attività che rappresenta effettivamente l'esercizio di un servizio pubblico - riservata, ovviamente, alla giurisdizione esclusiva del G.A. - dalla attività imprenditoriale e di organizzazione per lo svolgimento del servizio da parte del gestore, riservata alla giurisdizione del G.O. Non è dunque sufficiente, a integrare l'esercizio di un pubblico servizio, il contatto da parte del soggetto privato con i singoli utenti, in quanto occorre chiarire se ci si trovi, oppure no, di fronte ad attività direttamente rivolte al soddisfacimento di bisogni generali della collettività. 2. Orbene, nel caso in esame, l'introduzione è avvenuta nella rete del sistema bancomat di un istituto di credito privato, esercente la sua attività per evidenti fini di lucro. Non deve trarre in inganno la circostanza consistente nel fatto che detto sistema è accessibile da parte di chiunque sia dotato di una tessera bancomat validamente rilasciata e non scaduta . Si tratta di un'offerta commerciale in incertam personam, non distinguibile, sotto questo punto di vista, dall'offerta di merce o servizi che un negoziante o un esercente fa a tutti i potenziali clienti. Si tratta dunque di un servizio per il pubblico scil. per chiunque intenda aderire alla relativa offerta di prestazione , non di un servizio pubblico nel senso sopra specificato. 2.1. D'altra parte l'interpretazione letterale, logica e sistematica dell'art. 615 ter cp non consente, a parere di questo collegio, altra soluzione, atteso che il terzo comma prevede la sussistenza dell'aggravante nel caso in cui l'accesso avvenga in un sistema di interesse militare, ovvero funzionale alla sicurezza o all'ordine pubblici, alla sanità, alla protezione civile. Con locuzione che vuole - evidentemente - essere di chiusura, il legislatore aggiunge il riferimento [ad un sistema] comunque di interesse pubblico , che certamente non può essere riduttivamente identificato con la possibilità per il pubblico vale a dire, nel caso in scrutinio, per qualsiasi cliente del servizio bancario di operare un prelievo automatico di contante ovvero di compiere, grazie a un sistema automatizzato, altre operazioni bancarie . 2.2. Ne consegue che, sulla base degli elementi desumibili dal provvedimento impugnato, l'aggravante in questione non appare sussistente. 2.3. Ne consegue ulteriormente la fondatezza del ricorso e la necessità di annullare il provvedimento con rinvio al TdR di Napoli, per nuovo esame, nel corso del quale ben potrà valutarsi la possibilità della sussistenza di altra aggravante, vale a dire di quella di cui al n. 3 del comma secondo dell'art. 615 ter cp. 3. La cancelleria provvederà alle comunicazioni ex art. 94 disp. att. cpp per quanto riguarda il M P.Q.M. annulla l'ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo esame al tribunale di Napoli manda alla cancelleria per le comunicazioni ex art. 94 dísp. att. cpp, in relazione alla posizione del M.