Fra cronaca e processo. Una madre problematica, contorta e menzognera ha ucciso il piccolo Loris

Impietose le conclusioni dei giudici del riesame, ancora decisive le riprese televisive, che non costituiscono accertamento tecnico irripetibile ex art. 360 c.p.p., non è dunque necessario l’avviso al difensore. È apparso invece straordinariamente artificioso il supporto dichiarativo dell’indagata. Tecnologia e dichiarazioni suffragano la conclusione è lei ad aver strangolato il piccolo Loris.

Così si è pronunciato il Tribunale di Catania, sez. Penale, il 3 gennaio. Una vicenda nota. I giudici del riesame hanno offerto il loro responso, pronunciandosi sul reclamo del legale della signora Veronica Panarello, tutt’ora in custodia cautelare. L’apparato istruttorio raccolto non lascerebbe adito a dubbi, la madre di Loris avrebbe ucciso d’impeto il povero Loris ed avrebbe poi cercato di dissimulare la cronaca di quel tragico 29 novembre 2014. Ancora avvolta nell’oscurità l’ipotesi di un complice, che i giudici liquidano senza particolare afflato. Le riprese televisive non costituiscono accertamenti tecnici irripetibili ex art. 360 c.p.p. I giudici scansano l’ ipotesi difensiva - suffragata da sibilline espressioni tecniche infelicemente utilizzate dal Pubblico ministero - che l’acquisizione di copia forense delle riprese televisive private a disposizione degli esercizi commerciali nei luoghi degli ultimi istanti di Loris Stival costituisca accertamento tecnico irripetibile ex art. 360 c.p.p., dunque subordinato per l’efficacia alle regole di garanzia previste dalla norma – l’avviso al difensore ed all’indagato -. I supporti software utilizzati garantiscono ad ogni modo la ripetibilità dell’atto di estrazione dal server delle immagini utili, come già la giurisprudenza di legittimità ha consolidato. La relata attività di polizia giudiziaria risulta dunque formalmente incardinabile nella meno garantita previsione ex art. 354 c.p.p., quale accertamento urgente sulle cose pertinenti al reato. Si tratta di un compendio istruttorio decisivo ai fini della ricostruzione delle vicende omicidiarie e di quelle post factum, della classificazione degli istanti e del minutaggio che ha scandito gli eventi di quella mattinata, in particolare dei momenti di presunto rilascio del bambino da parte della madre Veronica in prossimità della scuola, ipotesi smentita dal costrutto istruttorio dichiarato attendibile dai giudici – per il quale mai il bambino sarebbe stato accompagnato nei luoghi didattici -. La sequela temporale descritta dalle riprese televisive, in particolare, risulterebbe garantita dalla sincronizzazione di data ed ora con la rete internet, insuscettibile di manipolazione o di disallineamento. Di fatto, nella produzione del sillogismo giudiziario, le riprese di videosorveglianza hanno costituito i pilastri per l’accertamento della falsità di parte delle dichiarazioni rilasciate dalla madre Veronica Panarello, la quale il 29 novembre 2014 non avrebbe mai accompagnato il bambino a scuola ed avrebbe tempo dopo percorso un tragitto che l’avrebbe condotta nei luoghi di ritrovamento del cadavere del piccolo Loris. Una disperata ma cosciente dissimulazione dei fatti. Impietosamente i giudici definiscono menzognero ed artificioso il comportamento processuale dell’indagata. Rifiutata l’ipotesi di un diretto coinvolgimento dell'anziano ritrovatore del piccolo corpicino di Loris Stival, i giudici a chiare – e forse troppo perentorie – lettere sono giunti al loro verdetto, che definiscono compiuto e suffragato da più d’uno dei supporti istruttori, dichiarativi e tecnologici, acquisiti al procedimento. La madre Veronica ha ucciso il bambino, riottoso alla giornata di scuola che stava per iniziare. Avrebbe dissimulato di aver condotto il bambino nei luoghi prossimi alla scuola medesima – le dichiarazioni del vigile urbano, a conforto della difesa, sono state ritenute confuse ed oscure, più confacenti ad una c.d. memoria” dei fatti che ad una memoria episodica”, fedele ai fatti -, al fine di perorare l’ipotesi di un sequestro ad opera di ignoti. L’ipotesi manca per altro di ulteriori conforti televisivi, ritenuti questi sì attendibili. La madre Veronica sarebbe apparsa straordinariamente dettagliata nel racconto di quel 29 novembre, in particolare per l’insistenza con cui dichiarava che il bambino avrebbe acquisito delle fascette elastiche”, compatibilmente utilizzate per l’omicidio, per un compito di scuola in realtà mai richiesto dagli insegnanti. L’accentuato giustificazionismo della madre Veronica sarebbe stato inoltre progressivo, rimodulato, denso di aggiunte ed ulteriori acquisizioni o ricordi di fatti o dettagli, presumibilmente frutto di intenti artificiosi o sistematori per la ricostruzione degli eventi, che la psicologia forense rubrica come evidentemente dissimulatori. Laddove non suffragabili, la madre Veronica è apparsa inoltre contraddittoria, in ordine a fatti riferiti o sottaciuti nelle primissime dichiarazioni, poi riportati nelle successive. La verità dei giudici e la qualificata probabilità della colpevolezza della Veronica Panarello. Un corso di cucina che stava per saltare. Il piccolo Loris, per i giudici, non sarebbe mai stato condotto nei luoghi scolastici, sarebbe invece ritornato nell’abitazione per accompagnare la madre Veronica ad un corso di cucina, per il quale nutriva curiosità. La madre, sorpresa e sconvolta per le complicazioni impreviste alla sua giornata, avrebbe d’impeto soffocato il bambino, incapace di reagire per la debole fisicità – aveva un peso di nemmeno 14 kg, sottopeso -. Avrebbe poi portato il bambino fino al canale luogo del ritrovamento, dove è stato trovato da un anziano cacciatore intento nelle ricerche. In tal caso le riprese televisive proverebbero il transito della madre Veronica verso il canaletto e l’analisi dei tempi di percorrenza proverebbe la sussistenza di un’attività intermedia – nel caso, il rilascio del corpicino del piccolo Loris -, invece incompatibile con il racconto della madre Veronica. Risulterebbe integrata la qualificata probabilità per l’emissione – o la conferma – del provvedimento cautelare, pur riconosciuta l’assenza di un movente specifico per l’omicidio, cui i giudici suppliscono mediante una descrizione – forse forzata – dello sviluppo e dell’infanzia della piccola Veronica, che avrebbe condotto alla formazione di una personalità contorta e disturbata.

Tribunale di Catania, sez. V Penale, ordinanza del 3 gennaio 2015, numero Presidente/Relatore Vagliasindi Osserva Nel presente procedimento P. V. è indagata dei seguenti reati del reato di cui agli artt. 575, 576 co1 nr.2 , 61 nr. 4 C.P., perché aggredendo il proprio figlio S. A. L., mediante azione di strangolamento portata con l’uso di una fascetta stringicavo in plastica, ne cagionava la morte per soffocamento omicidio aggravato dal legame parentale e dalla crudeltà del reato p. e p. dall’ articolo 412 c.p. perché al fine di occultare il reato di cui al capo A , trasportava a bordo della propria autovettura targata J, il corpo esanime di S. L. A. gettandolo in un canale di scolo delle acque, sito a Santa Croce Camerina in c\da Grotte – Mulino Vecchio da una altezza non inferiore a 2,50 mt. procurandogli in tal modo un’ampia frattura della teca cranica con conseguente spandimento emorragico. Commessi in Santa Croce Camerina in data 29.11.2014. Il titolo custodiale è stato emesso con riferimento al delitto di omicidio aggravato. La richiesta di riesame è affidata al centrale rilievo del deficit di gravità di un costrutto indiziario, che, secondo la difesa, risente di una latente opacità inquinante che ha falsificato l’intera ricostruzione soprattutto per il virus originario che ha contaminato la ricostruzione accusatoria e cioè l’ inattendibilità scientifica del dato multimediale, erroneamente privilegiato nella verifica dell’ enunciato accusatorio. Preliminarmente e in rito è stata eccepita la nullità dell’ atto effettuato in data 6/ 12/ 2014 da parte della Polizia Postale nel mancato rispetto di quanto previsto dall’ articolo 360 c.p.p. A sostegno di tale assunto il difensore ha dedotto che, nelle date del 2, 3, 5, 6, 7 dicembre 2014, la PG operante aveva provveduto ad acquisire numero 13 telecamere di cui quattro pubbliche e nove private meglio indicate nell’ allegato 5 della CNR che in data 6/ 12/ hanno avuto inizio le operazioni tecniche integranti accertamenti tecnici irripetibili ex articolo 360 c.p.p. e il cui avviso non è stato mai notificato né all’ indagato F. O., né alle persone offese P. V. e S. M. D. che avevano depositato apposita nomina in data 3/ 12/ 2014 che la natura di accertamento tecnico irripetibile delle predette operazioni trova conferma nella scelta processuale del Pubblico Ministero, di cui agli avvisi datati 17/ 12/ 2014 delegati, alla Polizia Giudiziaria ed in particolare ai Carabinieri del raggruppamento Operativo Speciale di Catania il primo, al fine di procedere ad ulteriori approfondimenti investigativi e all’ ulteriore analisi ed estrapolazione di talune delle riprese videoregistrate dei predetti sistemi” e il secondo al personale della Polizia Postale e delle telecomunicazioni Compartimento della Sicilia Orientale Catania al fine di procedere alla formazione di copie forensi dei predetti supporti di videoregistrazione” che, in entrambi i casi, era stata formulata dalla difesa riserva di incidente probatorio. Nel merito l’ ordinanza impugnata è stata censurata per l’ acritico recepimento da parte del Gip delle risultanze delle telecamere pubbliche e private del tutto inattendibili perché la sincronizzazione, per talune telecamere private era stata verificata con una modalità gli orari di diversi cellulari-stigmatizzata come rozza e arcaica e, pertanto, di assoluta inaffidabilità e addirittura era stata omessa per il server comunale di Santa Croce Camerina l’inattendibilità scientifica della cd relazione preliminare di consulenza”, come verificato da altra consulenza medico legale di parte, allegata alla memoria difensiva la ritenuta falsità della versione dell’indagata di avere accompagnato L. a scuola la mattina del 29 affidata ad un dato multimediale la sagoma percepibile in una delle immagini di giorno 29, ripresa dalla telacamera esistente sulla strada dell’abitazione degli S. , privo di alcuna valenza indiziaria per l’oscurità assoluta della visione e per le vistose differenze, verificate a mezzo di consulenza tecnica di parte, sia quanto a elongazione verticale sia quanto a tonalità dell’ abbigliamento tra la silhouette di L. e quella del soggetto non identificato ripreso dalla telecamera di riferimento la totale inconcludenza indiziaria dell’affermazione di D. S. di compatibilità” tra la sagoma che rientra nella palazzina di via Garibaldi 82 la mattina del 29 e quella del piccolo L., tanto più alla luce della falsificazione scientifica di tale presunta compatibilità affidata alla consulenza di parte B. l’aprioristica svalutazione rispetto al cd occhio elettronico” delle indicazioni provenienti dall’inchiesta orale e segnatamente quelle emergenti dalle sit di E. Lo. e dalle sit del vigile urbano Sc. G., entrambe, secondo la prospettazione difensiva, attestanti che L. la mattina del 29 era stato accompagnato dalla mamma a scuola e, pertanto, idonee a sconfessare l’assunto accusatorio del rientro immediato del bimbo a casa trascorso un brevissimo intervallo di tempo 40 secondi dalla partenza dell’ autovettura della madre per accompagnare Diego l’ incongruenza logica dell’ uscita da casa della P. la mattina del 29 con entrambi i bimbi per accompagnarli a scuola attestata dalle riprese della videocamera e il rientro immediato di L. che, secondo l’accusa, quella mattina non viene affatto accompagnato dalla mamma a scuola la mancata individuazione di un movente del delitto e la correlativa inaccettabile valutazione di superfluità di tale individuazione da parte del Gip l’illogica incompatibilità dell’azione omicidiaria in tutta la sua drammatica sequenza strangolamento con collocazione delle fascette al collo e ai polsi, predisposizione di una messa in scena della mutandine, tolte le scarpe e i jeans, rimesse le scarpe, indossato il giubbotto tolta la cintura con una tempistica concentrata in un arco temporale troppo ristretto e, secondo l’accusa, compreso tra le 9.03 e le 9.23 circa l’ illogicità, per l’imponente rischio di essere scoperta, della discesa di V. P. proprio in garage alle 9.15, quando, contemporaneamente, secondo l’assunto difensivo, il condomino E. C., a sua volta, era sceso in garage per prendere la propria autovettura ed allontanarsi dall’ abitazione e quando, in un orario compreso tra le 9.15 e le 9.20, I. A., altra condomina abitante al II piano, rientrava in casa per poi uscire con il marito M. G. la circostanza relativa al mancato rinvenimento dello zainetto di L., che se fosse stato eliminato dalla P., doveva essere recuperato lungo il percorso indicato dall’indagata la mancata conoscenza da parte dell’ indagata del luogo ove è stato rinvenuto il cadavere di L., confermata in sede di indagini difensive da P. F., padre dell’ indagata e comunque riscontrata anche dalle dichiarazioni di D. S Tutta la ricostruzione, in definitiva, risente, secondo la prospettazione difensiva, di una forzata enfatizzazione accusatoria di dati in sé ambigui o comunque inattendibili perché sconfessati da un’evidenza scientifica contraria, diligentemente offerta dalla difesa con la produzione delle consulenze di parte prodotte all’udienza camerale innanzi al Tribunale del riesame e da considerazioni di natura logica che sconfesserebbero l’accusa. Una ricostruzione che, sempre secondo l’ assunto difensivo, soprattutto non tiene conto della scarsa tenuta, sul piano della logica, di un omicidio compiuto senza alcun movente da una madre assassina che si muove nel post factum con una disinvoltura plateale, portandosi in braccio il cadavere del figlio in un garage accessibile da tutti i condomini e che, con esibita ma genuina tranquillità, riferisce alle maestre sia della ludoteca che del corso di formazione per l’ utilizzo del bimby” il reseconto della mattina del 29, una madre che, nell’ arco temporale in cui sarebbe stato commesso il delitto, dialoga con il marito, si occupa serenamente delle faccende di casa, raggiunge tranquillamente il castello di Donnafugata, partecipa al corso di cucina e, al rientro a Santa Croce Camerina, appresa la notizia della scomparsa di L. si attiva nelle ricerche. Secondo la difesa non sussistono nemmeno i gravi indizi di colpevolezza desunti, ora dalle contraddizioni, ora dalla reticenze, ora dalle asserite bugie della P., che, per contro, avrebbe sempre riferito la verità e cioè di avere accompagnato quella mattina, come le mattine precedenti, L. a scuola seguendo il percorso di sempre secondo la sequenza routinaria della settimana scolastica. Leggesi nella memoria difensiva depositata, a supporto della richiesta di riesame La inverosimiglianza della ricostruzione dell’evento, come operato dalla Polizia Giudiziaria e recepito acriticamente dalla Procura prima e dal Gip dopo, la impossibilità, avuto riguardo alle telecamere, di verificare l’ esattezza del dato per l’ assoluta mancanza di chiarezza ed anzi per l’inesistenza di visione anche compatibile”, la lacunosa e non esaustiva relazione preliminare all’esame autoptico, unitamente alla illogicità del narrato ed alla verifica a contrario di azioni impossibili sotto ogni aspetto, senza trascurare il dato oggettivo delle testimonianze qualificate che ribaltano il dato multimediale assolutamente lacunoso, oltre a tutti gli altri elementi di riscontro di carattere positivo ed a favore dell’ indagata , non possono portare a ritenere come tutta la vicenda sia strumentale e poco credibile sotto ogni aspetto”. Ciò premesso e in punto di metodologia decisoria non sarà superfluo ricordare che il tessuto connettivo di ogni valutazione decisoria consiste in un giudizio probabilistico scandito per peso e qualità secondo la diverse fasi e le diverse funzioni assegnate a ciascuna fase del processo essendo la valutazione conclusiva circa la credibilità razionale dell’ipotesi di accusa sicuramente più pregnante nel giudizio di cognizione rispetto a quello cautelare . Le decisioni giudiziali debbono comunque sempre fare i conti con la logica inferenziale di tipo induttivo probabilistico che fonda l’accertamento probatorio funzionale alla ricostruzione di un fatto storico appartenente al passato lost fact non più riproducibile nell’esperienza attuale di cui si seguono le tracce mediante la verifica delle prove secondo procedure cognitive di tipo probabilistico in termini di verosimiglianza, plausibilità, corrispondenza, più o meno alta probabilità. In sede cautelare ciò che muta non è la qualità degli elementi a supporto dell’ accusa bensì il grado di stabilità degli stessi nel senso che la decisione definitiva deve essere sorretta da un quadro probatorio completo e non suscettibile di ulteriori aggiornamenti o variazioni con l’effetto che ogni margine di incertezza resta superato mentre nell’accertamento incidentale de libertate il convincimento giudiziale è esposto al flusso continuo di conoscenze potenzialmente idoneo a smentirlo atteso che la delibazione è assunta sulla base di dati conoscitivi ancora suscettibili di accrescersi ed evolversi con l’apporto di ulteriori informazioni che stimolano la continua verifica della capacità dell’ipotesi accusatoria di resistere ad interpretazioni alternative sicchè la qualifica di gravità che deve caratterizzare gli indizi di colpevolezza attiene al quantum di prova ovvero all’accertamento dei fatti allo stato degli atti e dunque a prescindere dagli effetti non ancora apprezzabili eventualmente connessi alla dinamica della prova nella successiva evoluzione processuale. Ai fini cautelari è sufficiente un giudizio di qualificata probabilità in ordine alla responsabilità dell’imputato Cass. sez. II 16/ 4/ 2003 n 18103 Sirinai rv 224395 , laddove la valutazione conclusiva circa la credibilità razionale dell’ipotesi di accusa è sicuramente più pregnante di quella giustificativa di una misura cautelare personale o del rinvio a giudizio dell’imputato. Il giudizio preordinato alla pronuncia di condanna presuppone, infatti, l'acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell'imputato ma la delibazione funzionale all'esercizio del potere cautelare implica un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza. Tale ragionevole probabilità sussiste quando i dati indiziari acquisiti lasciano fuori solo eventualità, pur astrattamente formulabili e prospettabili come possibili in rerum natura ma la cui concreta realizzazione nella fattispecie non trova il benchè minimo riscontro nelle emergenze processuali. Con riferimento alla piena utilizzabilità di tali dati, preliminarmente e in rito, il collegio osserva che, destituita di giuridico fondamento deve ritenersi l’ eccezione difensiva incentrata sulla natura di accertamento tecnico irripetibile ex articolo 360 c.p.p. delle operazioni tecniche iniziate il 6/ 12/ 2014 e di cui al verbale in pari data della Polizia di Stato Dipartimento Polizia Postale e Delle Comunicazioni Sicilia Orientale. In atti è acquisito il predetto verbale e nell’ incipit dello stesso testualmente leggesi In data 4 dicembre 2014, alle ore 22.00, come da disposizioni superiori, avevano inizio le operazioni tecniche inerenti le copie forensi in formato RAW DD effettuate con le modalità e i software/hardware utili a mantenere la ripetibilità dell’ atto, ovvero proteggendo dalla scrittura i supporti oggetto di clonazione degli apparati di seguito riportati Le operazioni tecniche avevano inizio alle ore 19 0 00 del 5/ 12/ 2014 e terminavano alle ore 07 35 00 del 6/ 12/ 2014. La copia forense veniva riversata nei seguenti HD Seagate Expansion da 2TB e aventi rispettivamente i seguent numeri di serie Box NA4MPGXX” con HD ZIE Box NA4MPGYV” con HD ZIE74CEA” e BO NA4MPGYQ” ZIE6PCKY. Successivamente alle ore 08 20 del 6/ 12/ 2014, come da disposizioni, venivano estratti dal server archiver”, nr 4 file video inerenti le riprese della telecamera nr 23 del giorno 29/ 11/ 2014 dalle ore 08 00 00 alle ore 09 00 00 di seguito riportati tali file venivano riportati in data odierna intorno alle ore 10, tramite email e Dropbox al sig Dirigente della Squadra Mobile di Ragusa A. C. e successivamente masterizzati su CD – rom che viene allegato al presente verbale ”. Appare evidente che l’atto in questione, consistito in una mera estrazione di copia dei dati digitali estratti dalla telecamere, dal punto di vista concettuale e logico, non si presta affatto ad essere inquadrato nella categoria dell'accertamento tecnico irripetibile trattandosi di una semplice attività di acquisizione documentale, riproducibile per un numero infinito di volte e non implicante alcuna attività di rielabO.ne dei dati. L’attività di estrazione di copie o di masterizzazione non può considerarsi ontologicamente irripetibile come non lo è l’ attività di acquisizione dei supporti di videoregistrazione dei numerosi sistemi di videosorveglianza pubblici e privati installati nel centro abitato di Santa Croce Camerina e le cui risultanze sono state compendiate nell’ informativa di Pg depositata in data 8/ 12/ 2014. La giurisprudenza della Corte di Cassazione si è pronunciata sul punto e in un caso del tutto sovrapponibile a quello che ci occupa, di file d'interesse rinvenuto, tra i tanti, all'interno di un personal computer acceso all'interno di un luogo oggetto di perquisizione, ha stabilito che la masterizzazione del file non costituisce attività irripetibile bensi attività ripetibile e che pertanto è formalmente corretta, [Cass., sez. I, 25 febbraio 2009, numero 11503 dep. 16 marzo 2009 , Dell'Aversano, in Ced Cass., numero 243495] trattandosi di attività di pg sicchè il parametro normativo di riferimento è semmai l’ articolo 354 c.p.p. e non l’ articolo 360 c.p.p. La Corte di Cassazione ha anche stabilito Cass., sez. I, numero 14511 del 5 marzo 2009 cc. dep. aprile 2009 che non rientra nel novero degli atti irripetibili l'attività di estrazione di copia del contenuto di un supporto informatico dal momento che essa non comporta alcuna attività di carattere valutativo su base tecnico-scientifica né determina alcuna alterazione dello stato delle cose, tale da recare pregiudizio alla genuinità del contributo conoscitivo nella prospettiva dibattimentale, essendo sempre, comunque, assicurata la riproducibilità d'informazioni identiche a quelle contenute nell'originale. Ciò che sposta il confine tra atto ripetibile e irripetibile è l'attenta acquisizione dei dati dal supporto originale e, ad oggi, e sotto il profilo scientifico, ciò che garantisce che la copia di un file o di un supporto è uguale all'originale e comprova l'assenza di alterazioni nei files anche soltanto nei metadati è la procedura tecnica di acquisizione dei dati cd hashing della quale si è occupata recentemente anche la Corte di cassazione per la prima volta in una sede giudiziaria stabilendo che l'esperibilità delle procedure di hashing, ossia delle tecniche volte a verificare l'integrità e la conformità all'originale del dato informatico sequestrato e conservato in copia su un apposito supporto nella specie Cd-Rom , è una questione di merito, potendosi in sede di legittimità esclusivamente delibare se gli accorgimenti adottati dalla polizia giudiziaria delegata siano o meno idonei in astratto a tutelare le finalità indicate dal legislatore negli artt. 247 comma 1-bis, e 354 comma 2 c.p.p., come modificati dalla l. numero 48 del 2008. Le operazioni urgenti che possono compiere gli ufficiali di P.G. di fronte ad un elemento di prova digitale devono cercare di essere ove sia tecnicamente possibile operazioni materiali e tecniche di conservazione del dato nella sua integrità, in modo tale da rendere l'operazione di duplicazione ripetibile nel futuro, salvaguardando quindi l'integrità del dato sul supporto originale es. durante una perquisizione e in presenza di smartphone, telefoni mobili, computers, server, server farm, mainframe, grandi o piccole banche dati, piattaforme di cloud computing , Cass., sez. I, 5 marzo 2009, cc. dep. 2 aprile 2009 , numero 14511, Stabile Aversano, in Ced Cass., numero 243150, e Cass. 25 febbraio 2009 dep. 16 marzo 2009 , numero 11503, in Ced Cass., numero 243495 . Nel caso che ci occupa proprio nella premessa del verbale di operazioni tecniche del 6/ 12/ 2014 si dà atto che le copie forensi sono state riprodotte con le modalità e i soft ware/ hardware utili a mantenere la ripetibilità dell’ atto ovvero proteggendo dalla scrittura i supporti oggetto di clonazione degli apparati elencati nel verbale” e, a fronte di tale indicazione di fonte privilegiata perché riferibile a personale esperto della polizia giudiziaria, non vi sono elementi concreti idonei a segnalare la paventata alterazione dei dati digitali originali con conseguente piena utilizzabilità del materiale e piena ritualità delle operazioni tecniche di cui al verbale del 6/ 12/ 2014 della Questura di Ragusa, impermeabili all’ eccezione di nullità formalizzata dalla difesa. Non incide su tale valutazione il dato formale e nominalistico della qualificazione come accertamento tecnico irripetibile di cui all’avviso del PM in data 17/ 12/ 2014 relativo alle operazioni in tale avviso indicate all. 34 memoria difensiva . Leggesi testualmente nell’ atto rilevato che in sede di prime investigazioni sono stati acquisiti alle indagini, ai sensi dell’ articolo 354 c.p.p. i supporti di videroregistrazione dei sistemi di videorsorveglianza pubblici e privati installati nel centro abitato di Santa Croce Camerina di seguito indicati ritenuto che al fine di procedere ad ulteriori approfondimenti investigativi appare necessario procedere con le forme e le garanzie di cui all’ articolo 360 c.p.p. adottando tutte le misure tecniche idonee ad assicurare la conservazione ed impedire la non alterazione dei dati originali, con redazione di apposito verbale descrittivo delle operazioni”, sicchè appare evidente che anche tali operazioni non hanno comportato alcuna attività irripetibile. Quanto all’ulteriore avviso di accertamento tecnico irripetibile in data 17/ 12/ 2014, di cui all. 35 della memoria difensiva, testualmente leggesi rilevato che sono stati acquisiti alle indagini, ai sensi dell’ articolo 354 c.p.p. i supporti di videoregistrazione di numerosi sistemi di videosorveglianza pubblici e privati installati nel centro abitato di Santa Croce Camerina le cui prime risultanze sono state compendiate, per quanto di interesse , nell’ informativa di PG depositata in data 8 dicembre 2014 ritenuto, altresì, che, essendo intervenuta, medio tempore, l’iscrizione dei nominativi sopraindicati nel registro degli indagati, appare necessario procedere con le forme e le garanzie di cui all’ articolo 360 c.p.p. alla formazione di copie forensi dei predetti supporti di videoregistrazione soprattutto tenuto conto del fatto che, una volta restituiti ai legittimi proprietari e rimessi in uso, i dati di interesse investigativo saranno cancellati nei supporti originali mediante sovrascrittura”. In entrambe le ipotesi il difensore ha formulato riserva di incidente probatorio. Anche l’attività delegata con gli avvisi di accertamento, di cui agli allegati 34 e 35 della memoria difensiva, come chiaramente desumibile dal contenuto della delega, è consistita, invero, nella formazione di copie degli originali video contenenti le medesime informazioni dell’originale non potendo esistere distinzione tra dato digitale originale e dato duplicato se non per la differente creazione e modifica a livello di file system. Si è trattato, pertanto, di un’ attività di duplicazione dei dati e non di rielabO.ne e studio degli stessi. Del resto, in giurisprudenza, è pacifico che la nozione di accertamento riguarda non la constatazione o la raccolta di dati materiali pertinenti al reato e alla sua prova, che si esauriscono nei semplici rilievi, ma il loro studio e la relativa elabO.ne critica. E tale distinzione trova appunto testuale conferma normativa proprio negli artt. 354, 359 e 360 c.p.p. che menzionano separatamente i termini rilievi ed accertamenti . Ma, giova ribadirlo, nel caso di specie, ci si trova semplicemente di fronte alla attività di acquisizione di copie forensi dei dati digitali originali, eseguita da personale della cui qualificazione e irreprensibile professionalità non vi è ragione di dubitare e di attività di acquisizione eseguita con la metodica cd dell’ hashing”. Snodo cruciale della difesa è, poi, la deduzione di inattendibilità delle risultanze delle riprese video per la fideistica postulata genuinità delle informazioni contenute nel video, sconfessata, ad esempio, per le immagini video delle telecamere TC 20 e TC 30 di via Matteotti, non inserite nella richiesta di accertamento tecnico irripetibile ex articolo 360 c.p.p., dalla riproduzione in grande accelerazione con conseguente impossibilità di estrapolare alcun dato per illeggibilità del dato digitale nelle telecamere private Agnello e Vanity House, riscontrata tale illeggibilità dalla connotazione di compatibilità” attribuita a tali telecamere dagli stessi inquirenti. La svalutazione radicale delle riprese dei filmati per dedotta assoluta opacità delle immagini comporterebbe l’irrilevanza indiziaria del materiale raccolto per unrealiability”vale a dire per l’inidoneità delle evidenze ad assicurare un accertamento attendibile dei fatti di reato. Leggesi testualmente al riguardo nella memoria difensiva obiettivo di una corretta acquisizione tramite raccolta di tutti i dati rilevanti disponibili è quello di offrire alla successiva fase di accertamento tutte quelle informazioni necessarie a ricostruire il contesto nel quale si trovava il dato digitale disponibile in modo da permettere valutazioni con un maggiore indice di confidenza Nell’ attività di acquisizione degli apparati di videosorveglianza l’ acquisizione della time line anno, mese, giorno, ora, secondi dei videoregistratori mediante cellulare, il cui processo di sincronizzazione dei riferimenti temporali non sia stato comprovato seguendo le best practices della live forensics non ha valore probatorio. I riferimenti temporali in qualsiasi sistema sono governati da un orologio interno alimentato da una batteria dedicata e, in alcuni casi allineato ad un servizio di sincronizzazione del tempo mediante protocollo NTP, pertanto se questo orologio subisce modifiche, anche solo temporanee, o ha dei malfunzionamenti, i riferimenti temporali del sistema possono subire alterazioni, scrivendo date o ore inesatte e quindi rendendo inaffidabili i riferimenti temporali stessi. Pertanto l’acquisizione della time line anno, mese, giorno, ora secondi mediante i numero 3 cellulari per i videoregistratori ed una comunicazione scritta della Polizia Postale per il SERVER, come da verbali di operazioni tecniche ANNESSO 1, ANNESSO 3, ANNESSO 4, ANNESSO 5 e ANNESSO 7 il cui processo di sincronizzazione dei riferimenti temporali non sia stato comprovato ante e non seguendo le best practices della live forensics” non ha valore probatorio”. La difesa lamenta, in particolare, a riscontro dell’ inattendibilità scientifica del rilevamento orario delle riprese, l’equivocità delle indicazioni del parametro di riferimento-un cellulare probabilmente di uno degli operatori di pg, forse non sempre lo stesso, senza specificazione dell’ orario di riferimento legale, atomico, orario di internet, orario personale . Dalle fotografie allegate alla CNR, Annesso 1, Annesso 4 e Annesso 5 i cellulari utilizzati per la sincronizzazione, secondo la difesa, sono 3 differenti. Seppur non contestando, invero, che per talune telecamere private una modalità di sincronizzazione vi sia stata, la difesa l’ha stigmatizzata come rozza e, quanto all’orario del server di Santa Croce Camerina, ha censurato la valorizzazione dei relativi dati deducendo che sono inquinati perché la sincronizzazione del server comunale di Santa Croce Camerina non è stata realmente allineata con nessun dispositivo orario ma solo comunicata con verbale di operazioni tecniche della polizia di stato compartimento della Polizia Postale e delle Comunicazioni Sicilia Orientale” . Al riguardo, il collegio osserva che, nell’annotazione di polizia giudiziaria della Questura di Ragusa e dei CC del Comando Provinciale di Ragusa in data 7/ 12/ 2014, si dà atto che gli orari indicati nell’hardware di ciascun sistema di videosorveglianza pubblico e privato acquisiti sono stati allineati con l’orario effettivo rilevato all’atto dell’acquisizione dei singoli supporti informatici annessi nnumero 1 2,3,4,5,6,7 . Nella stessa annotazione si dà atto, altresì, che, ai fini di una corretta ricostruzione temporale degli eventi, sono stati indicati sia gli orari effettivi stimati, sia quelli riportati in ciascun hardware. Negli annessi” allegati alla CNR, al fine di allineare l’ora dell’impianto di sorveglianza con l’ora reale al momento dell’ acquisizione dei DVR, sono state scattate foto raffiguranti il monitor degli impianti di videosorveglianza con impressa ora e data dello stesso e, accanto, un cellulare con impressa l’ora e la data risultante dalla sincronizzazione automatica del cellulare fornita dalla rete Internet, uguale per tutti i cellulari. L’accusa, sul punto recepita dal Gip, sostiene che la veridicità della data e dell’ora fornite dal telefono cellulare utilizzato per le operazioni è assicurata dal fatto che lo stesso è impostato alla sincronizzazione automatica di data ed ora fornite dalla rete Internet e trattasi di rilievo che il collegio condivide, perché la sincronizzazione Internet offre garanzia della correttezza e unicità dell’ orario selezionato quale parametro di riferimento per l’ allineamento. Nell’annesso 5, relativo all’impianto di videosorveglianza privato installato presso l’abitazione di La Cognata Gi., sita in Santa Croce Camerina in contrada Pellegrino numero 129, si dà atto che la veridicità della data e dell’ora forniti dal telefono cellulare è assicurata dal fatto che lo stesso è impostato alla sincronizzazione automatica di data e ora con i dati forniti dalla rete internet e analoga indicazione si rinviene per i dati del sistema di videosorveglianza di cui all’ annesso 6 sistema di videosorveglianza Agnello e di cui all’ annesso 7 impianto di videosorveglianza di via Roma . Anche per quanto attiene al server comunale di Santa Croce Camerina la critica della difesa tesa a screditare onnicomprensivamente, squalificandoli del tutto, i risultati della digital evidence” non resiste alla forza d’urto dell’affidabilità di una metodica di rilevamento della sequenza cronologica delle immagini delle telecamere, selezionata da personale qualificato di pg con la conseguenza che nel complessivo compendio indiziario segnalato dall’evidenza disponibile tali immagini rivestono pregnante valore conoscitivo in difetto di linee alternative di ricostruzione oraria degli eventi basate su dati scientifici invalidanti i risultati dei rilevamenti della polizia giudiziaria. Il collegio non può esimersi dal rilevare che la confutazione della difesa ipotizza non provate alterazioni dei riferimenti temporali del sistema e come tale è inidonea a svilire il significato indiziante di dati segnalati in modo nitido dall’evidenza digitale e, in particolare il dato che l’ autovettura della P. non compare affatto nelle riprese della telecamere installate su via Matteotti e cioè nella zona in cui l’indagata si sarebbe trovata, secondo il suo racconto, la mattina del 29 per accompagnare L. e ciò diversamente da quanto è dato constatare per i giorni 27 e 28 nei quali la detta auto è indubitabilmente e assai nitidamente visibile le riprese dei rientri della P. in casa la mattina del 29 logicamente incompatibili con l’urgenza di rispettare l’ appuntamento a Donnafugata per seguire il corso di formazione l’anomalia della traiettoria del percorso in direzione del castello di Donnafugata che si evince dalle stesse dichiarazioni dell’ indagata e non solo dai filmati. Privo di pregio e foriero di una svalutazione apodittica del dato multimediale, è, poi, con specifico riferimento alla telecamere TC 20 e TC 30 di via Matteotti, l’assunto difensivo della nebulosità delle relative immagini perché riprodotte in grande accelerazione. Accelerazione o non, rimane il mancato inquadramento dell’autovettura della P. nel tratto di strada che l’indagata dichiara di avere percorso e trattasi di dato di insopprimibile rilevanza accusatoria. Destituita di fondamento anche la doglianza adombrata a pag. 17 della memoria difensiva relativa al mancato inserimento delle telecamere TC20 e TC 30 nell’ accertamento tecnico irripetibile, assorbentemente superata dalle considerazioni già sviluppate in punto di infondatezza della connessa preliminare questione di rito. Assorbente poi, ai fini dell’attendibilità della ricostruzione oraria dell’accusa, il riscontro costituito da un dato di inoppugnabile valore probatorio, ricavato dall’ evidenza documentale che, a parere del collegio, conclama la piena corrispondenza alla ricostruzione accusatoria, fondata sulle immagini della telecamere alla reale sequenza dei movimenti di V. P. nella giornata del 29 nella fascia oraria in cui si è stato consumato il delitto. In atti è acquisito il planning” della ludoteca frequentata da Diego sita in via Giardino, ove si trova anche la panineria Market di Gu. Mara. Nel planning” è indicato l’orario di entrata alla ludoteca di Diego e cioè le 8.45 e l’indicazione deve ritenersi di privilegiata attendibilità perché parametro di riferimento per il controllo da parte della scuola del tempo di permanenza dei bambini anche ai fini del pagamento del corrispettivo da parte dei genitori la P. nelle dichiarazioni del 9 dicembre ha precisato paghiamo sulla base delle ore in cui i bambini rimangono all’ interno” . Si tratta di dato significativamente confermativo della correttezza della sequenza oraria ricostruita dal Gip nell’ordinanza impugnata da intendersi qui integralmente richiamata per relationem e, in particolare,della sequenza tracciata dalla telecamera Market che, alle 8.40, riprende la sosta della Polo della P. in via Giardino e, poi, la stessa P. e il figlio Diego mentre entrano all’interno del panificio Market di Gu. Mara. Alle 8.39 la telecamera TC24 aveva ripreso l’indagata mentre alla guida della Polo azionava l’indicatore di direzione per svoltare su via Amedeo. Alle ore 8.46 nell’immediatezza del momento successivo a quello in cui la P. ha lasciato Diego alla ludoteca ,la telecamera Market riprende ancora la Polo di V. P. che percorre la via Giardino direzione via Fleming. Il veicolo della P., alle ore 8.47, viene, poi, agganciato in via Caucana in direzione della propria abitazione dalla telecamera pubblica TC 23, installata in via Conte Rosso angolo via Caucana, in perfetta sincronia con l’attestazione del planning che segnala che Diego è entrato alla ludoteca alle 8.45 e, a significativa conferma, che l’allineamento non è frutto della soggettiva ricostruzione degli inquirenti, come concluso dalla consulenza di parte Scambi Mendola, ma è pienamente aderente alla esatta cronologia degli eventi, verificata con il formidabile parametro di riscontro di natura documentale che rimanda, con logica consequenzialità oraria, alla correttezza sia dei movimenti a ritroso della P. che di quelli immediatamente successivi. Alle 8.48 la telecamera Vanity House riprende la P. che rientra a casa in via Garibaldi per poi uscire dal garage alle 9.23. Non vi son ragioni per dubitare della correttezza oraria di questa sequenza. Proprio la sequenza tracciata dagli orari allineati nelle telecamere Market e TC 23 che, secondo l’assunto difensivo sviluppato a pag.19 della memoria difensiva , è confermativa che l’allineamento ricostruito è frutto di un viaggio nel tempo del tutto immaginario inventato dagli inquirenti”, è, per contro, alla luce dell’ evidenza documentale, perfettamente corrispondente al tempo reale degli accadimenti. Concorre a definire la successione dei movimenti della P. in tale fascia oraria senza soluzione di continuità anche l’indicazione di Gu. Mara, che gestisce l’esercizio commerciale denominato MG Market ubicato in via Giardino 17”. La Gu. nelle sit del 30/ 11/ 2014 ha riferito che la P. prima di andare alla ludoteca è entrata al panificio e ha comprato un panino per Diego e ha specificato di ricordare che ciò era avvenuto alle 8.30. 8.35. Il ricordo della Gu. quanto all’ orario, agganciato allo sguardo all’orologio fissato alla parete posta all’ ingresso del locale ricordo che fossero le ore 8.30, 8.35 in quanto volgevo lo sguardo in direzione dell’ orologio fissato alla parete posta all’ingresso del locale sulla parete . ieri mattina intorno alle 8. 30, 8.35 giungeva all’interno del locale la suddetta P. V. unitamente al figlio più piccolo a me conosciuto con il nome Diego di anni 3. La stessa si portava dapprima presso il bancone di mescita e faceva fare da mio fratello G. A. un piccolo panino con il salame pagandolo alla cassa per l’importo di euro, 60 ricordo inoltre che poco prima di arrivare alla cassa la sig. ra P. V. diceva a suo figlio Diego che aveva già accompagnato L. a scuola e che quindi non vi era motivo di acquistare un altro panino, questo perché Diego chiedeva un altro panino alla madre .ricordo che quando ho visto parcheggiare la sig. ra P. V. la stessa scendeva dall’autovettura con il figlio Diego e posso assicurare che non vi era nessuno all’ interno dell’abitacolo in quanto mi trovavo a circa 5 6 metri dalla macchina ed all’ingresso dal negozio , seppur approssimativo 8.30,8.35 , plausibilmente per la velocità dello sguardo e le contestuali incombenze della titolare del panificio, è, comunque, confermativo che la P. è andata al panificio immediatamente prima di accompagnare Diego alla ludoteca che si trova accanto al panificio nella stessa strada ed è, pertanto, indirettamente confermativo della correttezza dell’allineamento e, per l’ effetto, della realtà della ricostruzione oraria dell’accusa nei passaggi cruciali, richiamati esemplificativamente dalla difesa a pag 19 della memoria, relativi al percorso Market, ludoteca, casa della mattina del 29/ 11/ 2014. Il transito dell’ autovettura della P. alle 8.39 al semaforo di via Roma mentre svolta per via Amedeo, ripreso dalla telecamera TC24 e la sosta in via Giardino, stando alle mappe e tenuto conto delle distanze, consente di escludere ragionevolmente il transito in via Matteotti immediatamente prima di tale orario, tenuto conto che l’indagata era uscita da casa alle 8.35,8.40 stando alle sue stesse primissime indicazioni del 29/11/ 2014. Ai fini della ricostruzione dei movimenti della P. l’acquisizione delle riprese delle telecamere TC 20, TC 30 e TC 32 di via Matteotti antecedenti alle 8.40 si rivela, pertanto, superflua essendo di tutta evidenza che la P. non poteva essere ripresa in via Matteotti nemmeno prima delle 8.40 trovandosi alle 8.39 in altra zona della città. Il rinvenimento del cadavere di L. S. e le prime indagini Il 29 novembre 2014, intorno alle ore 16.50, in Santa Croce Camerina RG , contrada Grotte, località Mulino Vecchio”, F. O. rinveniva il cadavere del piccolo A. L. S. ,di anni 8, il cui allontanamento era stato segnalato intorno alle ore 12.30, dello stesso giorno, dalla madre P. V Il corpo del piccolo si trovava all'interno di un canale in cemento armato per la raccolta acque, in posizione prona, col viso rivolto verso terra e con indosso un giubbotto di colore grigio con cappuccio, un grembiule di colore blu, una maglia di colore rosso, una maglia intima di colore bianco, jeans di colore bleu, calze di colore rosso e scarpe ginniche di colore bleu con inserti di colore rosso. Leggesi testualmente nel decreto di fermo di indiziato di delitto in data 19/ 12/ 2014 notificato alla P. Il cadavere si presentava inoltre con il capo prossimo alla parete del canale , poggiato a terra sul lato sinistro, il braccio destro leggermente distante dal corpo e il piede sinistro leggermente distante dal corpo accavallato alla caviglia destra, con i jeans leggermente abbassati al punto da scoprire buona parte dei glutei privi di biancheria intima. Le spoglie di L. recavano anche lesioni sia sottili attorno al collo e ai polsi, sia a binario sul lato destro del collo sotto l’orecchio”. In atti è anche acquisito il verbale di sequestro della Questura di Ragusa in data 2/ 12/ 2014 e tra gli oggetti in sequestro risulta un paio di slip di colore bleu misura 3/ 4 anni marca lupilu con stampato sulla parte anteriore un orsacchiotto e una scritta Coolskater NO.1 rinvenuto il 2/ 12 alle 14. 21 in via f.lli Cervi. Nell’ annotazione di servizio della Polizia di Stato Commissariato di Pubblica Sicurezza di Comiso in data 29/ Novembre 2014 ore 22.30, leggesi testualmente si precisa che detto canale scorre sotto l’ingresso del podere sopra citato ove era ubicato un cancello metallico chiuso con una catena posto a protezione, proprio sotto al quale, ma prima dello stesso, il canale forma come una galleria dalla cui parte superiore gli scriventi hanno potuto vedere il corpo nei primi istanti affacciandosi dal muretto di protezione. Scavalcato il cancello si raggiungeva l’ argine del canale, profondo circa due metri, dal quale si chiamava ad alta voce il bambino per nome, ma,non ottenendo risposta nei primi secondi, si cercava immediatamente un punto più basso dal quale accedere attraverso cui l’ assistente Migliorisi saltava giù per recarsi dal bimbo al fine di fornire eventuali primi soccorsi del caso, in questo intento veniva seguito dal signor F. al quale veniva comunque intimato di non toccare nulla” Leggesi anche testualmente con riferimento alla successiva attività del verbalizzante Successivamente avvicinatomi al corpo gli scoprivo il capo dal cappuccio al fine di raggiungere il collo per controllare se ci fosse battito al livello carotideo, controllo effettuato altresì a livello del polso, ma mio malgrado non si riusciva a percepire pulsazioni ”. Nella prima fase successiva al rinvenimento del cadavere, l’attenzione investigativa veniva rivolta prevalentemente nei confronti del F. O. al fine di verificare se la sua presenza nel luogo di abbandono del corpo esanime di S. L. A. fosse effettivamente motivato dall’aver egli partecipato con tanti altri concittadini alle ricerche del bambino Il F., dipendente Enel in pensione, è un cacciatore e, vive a S. Croce unitamente alla sua famiglia. Ha dichiarato, come risulta dalla relativa scheda acquisita in atti, di aver deciso di partecipare alle ricerche verso le ore 16,40 a seguito della notizia divulgatasi nel paese della scomparsa del piccolo L., iniziando dal centro cittadino per spostarsi immediatamente verso la periferia atteso che aveva notato in paese altri suoi concittadini impegnati nelle ricerche. Si era subito diretto verso Punta Secca e quindi verso Punta Braccetto ove persistono dei canaloni per far defluire le acque e ha dichiarato di essersi indotto a ciò avendo ricordato un incidente occorso in quella zona ad una persona. Ha aggiunto che altro motivo che lo aveva spinto a recarsi in quella contrada era rappresentato dal fatto che, essendo stato un cacciatore, aveva battuto più volte quelle zone. Ha dichiarato di aver ispezionato altri punti del canalone ubicato nella citata zona periferica e di avere l’intenzione di controllare un pozzo aperto insistente in zona. Mentre percorreva la stradina che vi conduce, attraversando un ponticello, aveva notato sulla sua sinistra l’erba calpestata come se una o al massimo due persone” fossero passate proprio vicino ad un muretto posto a protezione di un ponticello. Quindi si era avvicinato a guardare oltre il predetto muretto notando il corpo di L. con il viso e il capo rivolto verso il suolo. In preda al panico era tornato sui suoi passi cercando aiuto e, non vedendo nessuno, alle ore 16.55 aveva chiamato i carabinieri fornendo loro le indicazioni per raggiungere il luogo. Nel contempo era sopraggiunta una volante della Polizia che, notandolo, aveva arrestato la marcia sicchè, dopo aver comunicato l’avvenuto rinvenimento, aveva accompagnato sul posto gli inquirenti. Effettivamente personale del Commissariato di P.S. di Comiso, in servizio di volante, durante le ricerche del minore scomparso, alle ore 16,30 circa del 29/11/2014, transitava in C/da Grotte di S. Croce Camerina nei pressi della località Mulino Vecchio , con direzione di marcia verso Punta Secca. Ivi gli agenti operanti avevano osservato sul margine destro della corsia, una autovettura modello Suzuki Vitara di colore bianco con lo sportello lato conducente aperto, motivo per cui si erano avvicinati al fine di controllarla. Nel frattempo il conducente dell’autovettura, proprio il F., aveva richiamato l’attenzione della pg indicando in un canale di scolo il corpo esamine del bimbo scomparso. In atti è acquisita anche l’ integrazione in data 2/ 12/ 2014, dell’ annotazione redatta in data 29 11/ 2014 dalla Questura di Ragusa, in cui si dà atto che,al momento dell’ intervento degli agenti operanti, l’autovettura Suzuki Vitara di colore bianco, di proprietà del F., era ubicata sulla carreggiata stradale, ferma sul margine destro della corsia, precisamente all’ intersezione con la bretella che si collega con la strada per Punta Braccetto. La macchina era ferma nella medesima direzione di quella della pg e cioè verso la strada che unisce Santa Croce a Punta Secca e con lo sportello lato guida aperto. Mentre si avvicinava al personale operante il F. aveva il telefono cellulare all’orecchio ed effettivamente informava gli agenti che era in procinto di chiamare i CC. Nell’immediatezza del rinvenimento del cadavere è stato sentito anche Agnello Biagio, titolare dell’azienda gestita dallo stesso, proprio nei luoghi del rinvenimento del cadavere. L’Agnello ha dichiarato testualmente Essendo la mia azienda nei pressi del vertice della discesa che conduce al citato impianto in disuso, mi sono incamminato, specificatamente in quella direzione. In tale frangente notavo il sopraggiungere di una pattuglia della Polizia i cui operanti, insieme a me si accingevano, appiedati a raggiungere la direzione delle grida. Giunto alla fine della discesa ho notato, sulla strada che dal vecchio mulino conduce in direzione di S. Croce Camerina, precisamente, fermo sul margine destro dell’intersezione tra la discesa e la citata arteria, un fuoristrada di colore bianco, di cui non ricordo il tipo e la marca in rapida successione vedevo una persona che io riconoscevo in tale F. O., persona da me conosciuta di vista in quanto compaesano, il quale gridando cercava aiuto. Avvicinatomi allo stesso, egli mi indicava il canalone affacciatomi notavo che in fondo allo stesso, vi era il corpo esanime di un bambino. Considerato che per poter verificare le condizioni vitali del bambino occorreva avvicinarsi allo stesso, che si trovava nel canalone avente circa 2 metri e mezzo di profondità, io stesso mi premuravo di andare a recuperare una scala. In effetti portatomi presso la mia azienda, a bordo della mia autovettura Fiat Panda di colore bianco, prelevavo la scala e la portavo sul posto permettendo agli Agenti di Polizia di poter constatare in modo diretto le condizioni del bambino che non mostrava segni di vita. Trascorrevano pochi minuti che sul posto giungevano numerose pattuglie delle FF OO e dei mezzi di soccorso”. L’occasione che ha determinato l’iniziativa del F., rivelatasi proficua per le indagini, è stata ricostruita anche da M. Fausto, genero del F. che, nelle sit del 5/ 12/ 2014, ha confermato che, intorno alle ore 13.05 del 29 /11/2014, al rientro da scuola, durante l’ora di pranzo, mentre era a tavola con la sua famiglia e i suoceri a casa di questi ultimi, poiché abitano al piano di sopra, aveva ricevuto una telefonata dall’utenza 338/4092305 in uso ad un collega di nome Di Martino A., il quale lo aveva informato della scomparsa di un bambino e sicuramente si trattava del nipote di S.”. Aveva risposto di non essersi accorto di nulla e di non sapere niente. Durante il pranzo si era commentato la scomparsa del bambino anche con il suocero che, come lo stesso M., conosceva il nonno paterno di L Il M. ha aggiunto che era stata poi sua suocera a sollecitare il coniuge a mettersi in movimento per cercare il bambino soprattutto perché era un cacciatore, ritenendo che potesse dare un contributo. In effetti, dopo qualche minuto, aveva sentito il suocero che usciva dalla porta immaginando che stesse andando alla ricerca del bambino. Alle ore 17,00/17,05 il M. aveva telefonato al F. sulla sua utenza cellulare 339/3559390 dal suo telefono cellulare e il suocero aveva risposto piangendo L’ho trovato, l’ho trovato”. A quel punto gli aveva chiesto se il bimbo fosse vivo o morto e, sempre in lacrime, l’interlocutore aveva risposto testualmente E’ morto, è mortoBastardi lo hanno ammazzato, lo hanno ammazzato”. Il M. aveva quindi interrotto la telefonata, anche perché il suocero era molto provato. Lo stesso M. ha specificato, inoltre, di non avere chiesto al suocero se avesse bisogno di aiuto o se fosse necessario chiamare la polizia o i carabinieri, né di avere compreso se lui lo avesse già fatto, proprio perché, avvertendo il suo turbamento, aveva interrotto la telefonata. Aveva rivisto il suocero la sera stessa, intorno alle ore 20.00/20.30, allorquando,rientrato in casa, il suocero gli aveva chiesto di accompagnarlo in Questura perché doveva essere sentito dalla Polizia. Durante il tragitto gli aveva chiesto cosa fosse successo e il suocero, ancora turbato, aveva risposto di essere andato con la propria macchina Suzuki Vitara di colore bianco fino alle fontanelle, ove aveva parcheggiato la sua vettura gli aveva riferito altresì di aver controllato il canalone, poi gli aveva detto di volersi recare verso il pozzo allorquando si era avveduto che in quel sito vi fosse erba calpestata a quel punto decideva di vedere di nuovo dentro il canalone – non so specificare se verso destra o verso sinistra – e a quel punto si avvedeva della presenza del corpicino e quindi decideva di chiamare i Carabinieri. Aveva aggiunto che di sicuro era stato butatto in quel sito in considerazione di una della braccia del bambino, specificando che se fosse caduto , senza dubbio, sarebbe caduto con le mani in avanti”. Il M. ha anche specificato che il suocero conosceva A. S., nonno paterno del bimbo, in quanto gli aveva fatto qualche lavoro di idraulico”. L’ occasione dell’ iniziativa del F. di attivarsi per le ricerche del bambino e la conoscenza di A. S. da parte del F. O. hanno trovato conferma nelle dichiarazioni rese in data 5/ 12/ 2014 da DiCara Lucia , moglie del F. e da F. Eva, figlia di O E’ stata, in particolare, F. Eva a riferire di essere rimasta a casa tutta la mattinata, sino alle ore 12.15 specificando di ricordare che la madre, intorno alle ore 9.10, l’aveva invitata a recarsi al mercato di Vittoria ove era diretta insieme al coniuge F. O La dichiarante ha confermato che effettivamente dopo le 9.30, i genitori erano usciti da casa rinnovandole l’invito di seguirli e ha ribadito di essere a conoscenza del fatto che si erano recati al mercato di Vittoria. F. Eva ha specificato, in particolare, che, dopo avere pranzato qual giorno insieme alla sua famiglia in casa dei genitori sita al secondo piano dello stesso stabile ove si trova l’ appartamento abitato dalla dichiarante , nel pomeriggio, intorno alle 15.55, era uscita di casa per accompagnare la figlia Clarissa a una festa di compleanno alla discoteca Divertilandia e, ivi giunta, aveva appreso che la polizia giudiziaria aveva già fatto richiesta per estrapolare le immagini delle telecamere di sorveglianza installate nella ludoteca. Intorno alle16.30 era rientrata a casa ed era andata a prendere Leonardo, l’ altro suo figliuolo, che era rimasto con il nonno F. O. ,al quale la stessa Eva aveva segnalato che il piccolo L. ancora non si trovava. A questo punto era scesa a casa sua e, in quel frangente, erano rientrati suo marito e sua madre poco dopo aveva sentito il padre uscire di casa apprendendo poi dalla madre che era stata lei a sollecitare il marito perché insieme ad altri cacciatori si attivasse nelle ricerche del bambino”. Anche il marito di F. Eva oleva partecipare alle ricerche ma,a questo punto, lei stessa, aveva sentito il padre piangere e gridare tanto che il M. aveva tentato di calmare il suocero rendendosi conto che quest’ ultimo aveva trovato il bambino poco dopo ho sentito che mio padre è uscito di casa e mia madre mi ha detto che aveva parlato con lui e gli aveva chiesto se, con altri suoi amici cacciatori, avessero potuto contribuire alle ricerche. Dopo meno di trenta minuti mio marito chiamava mio padre al telefono per dirgli che anche lui voleva partecipare alle ricerche in quell’occasione pur non avendo sentito la risposta di mio padre in quanto il telefono era all’ orecchio di mio marito, ho sentito mio padre piangere e gridare. Mio marito ha cercato di calmare mio padre e di capire cosa volesse dire effettivamente mio marito ha capito solo che mio padre aveva trovato il bambino” . DiCara Lucia, moglie di F. O., sentita dagli inquirenti il 5/ 12/ 2014, ha dichiarato, dal canto suo, che sabato 29/ 11/ 2014, essendo libera da impegni lavorativi, intorno alle 9. 15 /9.30, era uscita da casa con il marito per recarsi al mercato di Vittoria, ove avevano fatto acquisti ritirandosi entrambi in casa dopo le 12.30. Ha aggiunto di avere poi pranzato a casa sua anche con la famiglia della figlia e di avere appreso la notizia della scomparsa di L. proprio durante il pranzo, quando il genero era stato informato della scomparsa del bambino da un collega che per telefono gli aveva comunicato la notizia. La DiCara ha confermato che, appresa la scomparsa del bimbo, era stata lei stessa a chiedere al marito di unirsi agli altri nelle ricerche essendo il coniuge un buon conoscitore del territorio come ex dipendente Enel ed essendo stato in passato cacciatore . La DiCara ha anche aggiunto che il marito, aderendo alla sollecitazione, era uscito da casa alle 16. 30. Dopo circa mezz’ora dall’ uscita del coniuge la figlia era salita in casa della madre allarmata e in modo concitato le aveva comunicato che il genero telefonando al suocero, che nell’ occasione piangeva, aveva appreso da quest’ultimo che aveva trovato il corpo del bambino. Poco dopo la DiCara aveva chiamato il coniuge per avere notizie ma non aveva avuto risposta. Il F. aveva, poi, risposto ad una seconda chiamata telefonica della moglie e, nella circostanza, alla proposta della moglie di raggiungerlo per dargli conforto, aveva replicato che non era necessario perché c’era molta confusione. La Dicara ha,poi,concluso la sua dichiarazione affermando testualmente In merito alla circostanza del ritrovamento del piccolo L., fino ad oggi, mio marito non è riuscito a raccontarmi nulla in quanto ancora molto provato” – conosco solo di vista il nonno paterno del bambino il quale in qualche occasione mi ha fatto dei lavori di idraulica a casa. Non conosco nessun altro membro della famiglia S Anche mio marito e mio genero conoscono il nonno paterno del bambino in quanto lo stesso è un idraulico che ha fatto dei lavori a casa nostra. Non so se mia figlia abbia incontrato qualche volta la madre di L., quando entrambe accompagnavano i loro figli a scuola”. Tutte le predette dichiarazioni criticamente esaminate sono confermative dell’occasione che ha indotto il F. ad impegnarsi nelle ricerche di L. e la circostanza che, nel corso della mattinata,lo stesso F., dopo le 9.30, sia uscito di casa con la moglie per recarsi al mercato di Vittoria ove è rimasto sino alle 12.30 ha trovato conferma nelle convergenti indicazioni della moglie e della figlia. Indirettamente, per come attestato nella scheda personale del F., la presenza del F. al mercato di Vittoria la mattina del 29 /11/ 2014, in una fascia oraria compresa tra le ore 9, 30 e il rientro a casa avvenuto dopo le 12.30, ha trovato conferma nella circostanza relazionata dal luogotenente dell’Arma di carabinieri Stazione CC di Santa Croce Camerina di avere visto il F. al mercato settimanale di Vittoria intorno alle ore 11.00 unitamente alla moglie. Trattasi di circostanza corroborativa delle risultanze dell’inchiesta orale che, già in sé, rimanda nella giornata del 29 alla trasferta mattutina del F. al mercato di Vittoria, trasferta, che avuto riguardo alla ricostruzione accusatoria per cui l’ omicidio sarebbe stato commesso tra le 9.00 e la 10.00 assume per il F. O. una valenza liberatoria, che non poggia pertanto, così come ventilato dalla difesa, unicamente su un dato di riferimento in sé ambiguo perché riferito ad un isolato momento della mattinata. E’ stato, peraltro, anche oggetto di controllo il traffico telefonico relativo all’ utenza cellulare in uso a F. e dalla disamina del traffico telefonico storico relativo all’utenza cellulare nr. 339/3559390 in uso a F. O. è emerso che dalle ore 18 31 07 del 28.11.2014 alle ore 16 35 16 del 29.11.2014, l’utenza in uso a F. O. non effettua alcun traffico telefonico. L’ultima telefonata del 28.11.2014 è stata ricevuta dall’utenza nr. 338/8071390, per una durata di 574 secondi, intestata a IACONO Franco mentre l’evento successivo, della durata 0 secondi, ha registrato un’ uscita verso l’utenza nr. 334/7637867 intestata a Velardi Angelo, così per come si evince dall’allegata tabella. Alle ore 16 55 41 del 29/11/ 2014 è stata rilevata una telefonata in uscita, della durata di 120 sec., verso l’utenza nr. 0932/911165 installata presso il Comando Stazione Carabinieri di Santa Croce Camerina e ciò a riscontro dell’ affermazione del F. di aveva allertato i CC al momento della macabra scoperta. Alle ore 17 02 53 del 29.11.2014 risulta una chiamata del genero M. Fausto tramite l’utenza 328/7043433 per una durata di 57”, a riscontro dell’affermazione di quest’ultimo di avere contattato il suocero proprio in tale orario e di avere appreso dalla voce alterata dell’ interlocutore che il corpo del bambino era stato trovato. Alle ore 17 08 49 risulta registrata, in entrata, la chiamata della moglie Dicara Lucia dall’utenza 3288422037, per una durata di 49”,telefonata anch’essa di riscontro delle dichiarazioni della Dicara. Nella scheda relativa al F. è riportato graficamente il traffico storico relativo all’ utenza 339/3550390 intestata e in uso al F. per l’ arco di tempo compreso tra le ore 00,00 del 29/11/ 2014 e le successive ore 17. 30. La tabella è stata estratta dai tabulati di traffico telefonico fornito dal gestore di telefonia mobile TIM S.p.A. Alle pagg 6 e 7 della predetta scheda relativa al F. risulta anche che è stato elaborata la mappa, rappresentata in atti, in relazione ai movimenti dell’auto SyzuKi Vitara con la quale il F. si è recato in c/da Grotte in base alla rilevazione dei dati forniti dalla ditta OCTO Telematics Italia srl per il tramite del sistema di localizzazione satellitare per uso assicurativo che sono stati georeferenziati. Risulta a foglio7 della scheda, che gli orari di rilevamento indicati in tabella sono stati espressi in GMT e, pertanto, ai fini di una lettura in locale,è stato segnalato che occorre aggiungere un’ora. I percorsi segnalati hanno interessato nella giornata del 29 la via Giovanni Meli di Santa Coce Camerina, la contrada Grotte in coincidenza dell’orario del ritrovamento del cadavere e, nella serata, la Piazza Vittorio Emanuele II sede degli uffici della Questura e, pertanto, hanno riscontrato la ricostruzione dei movimenti della giornata del 29 Novembre offerta dal F La difesa, seppur senza farne oggetto di specifica censura, ha individuato come chiave di lettura della concentrazione investigativa a carico della P. il dissolversi della pista F. frantumata dall’ alibi da quest’ultimo esibito. Leggesi nella memoria difensiva Non si ritiene affatto di esagerare se si afferma che subito dopo l’ esclusione del F. O. quale soggetto di interesse investigativo è P. V. a diventare sostanzialmente soggetto sottoposto ad indagine seppure formalmente non indagata fino alla data dell’ 8/12/ 2014, data in cui alla stessa è stato notificato il provvedimento di fermo del Pubblico Ministero” . Al riguardo è sufficiente rilevare che la notazione difensiva offre l’ occasione di osservare che non vi è in atti alcun elemento che possa indurre a ritenere che l’abbandono della pista F. abbia enfatizzato in modo anomalo l’accusa nei confronti della P. così risolvendosi in un decremento difensivo per l’indagata né che la benigna evoluzione investigativa nei confronti del F. abbia condizionato la formazione e maturazione del convincimento del Pm e del Gip in danno della P La relazione preliminare di attività medico legale del dott Gi. I. Non coglie nel segno la richiesta di riesame nemmeno in punto di dedotta assoluta inattendibilità della relazione medico legale del dott Gi. I., definita dalla difesa di nessun valore scientifico in quanto priva di qualunque tecnicismo medico legale”. In atti è acquisita tale relazione in data 8/ 12/ 2014 e, in seno alla stessa leggesi testualmente Lo scrivente giungeva sul posto alle ore 18.20, giusta convocazione del Pm Accompagnato da personale giungevo sul bordo del canalone la cui profondità era circa mt 1, 90 e dove era già sistemata una scala in alluminio, già verosimilmente utilizzata da personale che aveva accertato la morte del piccoloIl cadavere giaceva in posizione prona, con capo girato sul lato destro e con minima fuoriuscita di liquido ematico dalle narici chiazza siero ematica di circa 7 x 5 . Degli arti inferiori il destro in estensione, il sinistro in lieve flessione dell’ anca e flessione di circa 70° gradi del ginocchio. L’ arto superiore sinistro, esteso si presentava in intrarotazione e addotto con superficie palmare della mano rivolta in alto al contrario l’arto superiore destro anch’esso esteso era modicamente abdotto e con superficie palmare della mano rivolta al suoloDopo i rilievi di rito della Polizia Scientifica era consentito l’ accesso dello scrivente al cadavere circa alle ore 21,30 oltre a quanto già segnalato si constatava la scarsa presenza di ipostasi luogo comunque scarsamente illuminato dai vigili del fuoco rigidità totale evidenza questa già segnalata a carico degli arti superiori da personale del 118 , larve di mosca all’orecchio destro, assenza di tipiche fratture agli arti da precipitazione polsi, calcagni e caviglie suggestive per mancanza di qualsiasi reazione di difesa all’ impatto al suolo pantaloni slacciati bottone e zip e modicamente abbassati, assenza di mutandine, suola della scarpe apparentemente pulita bilateralmente con minimi segni di strisciamento al suolo alla superficie superiore della scarpa di destra. Si evidenziavano altresì impronte ecchimotiche a carico della regione posteriore del collo ed escoriazioni multiple a carico della regione compresa tra l’angolo mandibolare destro e la rocca petrosa del temporale destro . Intorno alle 23.30 il cadavere veniva trasportato all’ obitorio dell’ Ospedale MPA di Ragusa Ibla ed ivi sistemato nella cella frigorifera n 3 . Alle ore 11.00 circa del 30/11/ 2014 iniziava l’ esame autoptico presso la sala settoria. L’ispezione ,confortata dalla luce delle lampade scialitiche, configurava il quadro tipico dell’asfissia meccanica da strangolamento con la lesività classica solco cervicale, lieve protusione della lingua serrata fra denti, petecchie anche congiuntivali non si evidenziavano segni di colluttazione la polizia scientifica procedeva comunque a prelievo di materiale dai letti ungueali ed impronte digitali . I segni interni confermavano la morte asfittica con congestione poliviscerale e petecchie, ampia infiltrazione ematica a livello del solco cervicale e della regione paratracheale . L’esame dello stomaco fino alla C duodenale escludeva la presenza di cibo. Al ribaltamento del cuoio capelluto si evidenziava spandimento ematico consensuale e frattura della teca cranica. Tale lesività coerente con una precipitazione di vertice, stante la mancanza di emorragia cerebrale e meningea è da inquadrare come evento post mortem ovviamente l’esame istologico del cuoio capelluto confermerà tale ipotesi . Altre impronte di verosimile contenzione ma assolutamente meno evidenti del solco cervicale, venivano rilevate a carico della superficie esterna dei polsi molto più evidenti a sin lo spessore sottostante alle lesioni cutanee è stato prelevato per conferme istologiche. A seguito della consegna di fascette in plastica rigida, presente personale di polizia scientifica per i rilievi fotografici in data 2/ 12/ 2014 è stata verificata la compatibilità sia a livello cervicale sia a livello dei polsi. Ribadisco che la lesione solco cervicale è certamente quella da strangolamento, mentre quelle dei polsi presentano ad occhio nudo scarsa infiltrazione verosimilmente perimortali . Compatibili con lesività da forbici da ufficio risultano le lesioni cutanee, verosimilmente post mortali della regione della rocca petrosa ovvero relative alla pratica della rimozione della fascetta. Tutte le lesioni cutanee sono in atto in formalina in attesa di riscontro microscopico. Il dott I. ha concluso che la morte del piccolo è inquadrabile tra le ore 9.00 e le ore 10.00 del 29/ 11/ 2014. La morte è stata causata da strangolamento compatibili con le lesioni cutanee sono le fascette rigide sottoposte allo scrivente in data 2/ 12/ 2014 e subito confrontate in obitorio con la salma La lesività cranica è verosimilmente post mortale. I segni di forbice di ufficio sono verosimilmente post mortali Le impronte ai polsi, anch’esse compatibili con le fascette, presentano ad occhio nudo una scarsissima o quasi nulla inflitrazione ematica e quindi sono verosimilmente posteriori all’azione omicidiaria. Macroscopicamente non son evidenti segni di resistenza colluttazione per escludere totalmente le quali sarà determinate l’ esame del materiale sub ungueale prelevato dalla scientifica . Siamo in presenza di una relazione che si connota per la cospicuità di informazioni scientifiche dettagliate. L’ esperto, cui è stato affidato l’ incarico di consulenza, è uno specialista in medicina legale e della assicurazioni e in ortopedia sicchè la perizia professionale è confermata dai titoli abilitativi. Le conclusioni della preliminare consulenza, tutt’altro che sbrigative e apodittiche, appaiono logicamente motivate e aderenti ai risultati dei compiuti accertamenti e sono frutto di osservazione diretta. La conclusione che la morte è sopravvenuta per asfissia meccanica da strangolamento è una conclusione che il dott I. fonda su dati che da un punto di vista epidemiologico sono tipici di questo tipo di morte violenta e segnatamente solco cervicale, lieve protusione della lingua serrata fra i denti e petecchie anche congiuntivali. Il riscontro delle petecchie congiuntivali sconfessa la critica della consulenza di parte a cura del prof. PietrA. Ricci, che non sono state esaminate le cornee e le congiuntive ed enuclea un dato rilevantissimo per la diagnosi differenziale di morte per asfissia meccanica da strangolamento. La conclusione che nella specie si è trattato di morte per asfissia è stata ancorata anche ad un altro dato di univoca attendibilità medico legale e cioè i segni interni con congestione poliviscerale. E’ stata anche riscontrata ampia infiltrazione ematica a livello del solco cervicale e della regione paratracheale e petecchie e l’ampia infiltrazione ematica, proprio a livello del solco cervicale, e le petecchie rimandano a tracce vascolari tipiche dell’azione costrittiva da asfissia. Per tale profilo il rilievo del CT di parte che la descrizione ipostatica e la carenza di altri elementi descrittivi sembra non essere compatibile con una morte asfittica violenta intervenuta circa 12 ore prima del rinvenimento” è affidato ad un sintagma verbale di tipo probabilistico, del tutto inidoneo, come tale, a scardinare l’ impalcatura della relazione preliminare di consulenza. Sconfessa la critica di superficiale approdo del dott. I. alle conclusioni raggiunte anche la specifica rilevata difformità tra la lesione solco cervicale da strangolamento e quelle dei polsi, per il fatto che queste ultime, a differenza della prima, presentano ad occhio nudo scarsa infiltrazione verosimilmente perimortali con conseguente evidenza che il consulente ha tenuto conto anche delle differenti tracce vascolari dei due tipi di lesioni. Anche il rilievo della consulenza della difesa dell’ ambiguità del dato della lieve protusione della lingua fra i denti”, in quanto comune a tutte le morti improvvise, in sé non introduce un argomento dialettico scientificamente antinomico alle conclusioni della relazione I., perché comunque il dato è oggettivamente sussistente e la morte da stragolamento rientra tra le morti improvvise. Nemmeno condivisibili, appaiono,nella loro assolutezza,i rilievi relativi alla contestata non vitalità della descritta consensuale emorragia del cuoio capelluto e della frattura”essendo tale conclusione scientifica parametrata al dato oggettivo della mancanza di emorragia cerebrale e meningea e, pertanto,coerente con una precipitazione di vertice inquadrata come evento post mortem. La specifica perizia di specialista ortopedico del dott I. supporta ulteriormente l’attendibilità di tale conclusione, da validare con il test tricologico. Infine, quanto alla contestata correttezza della metodologia di accertamento dell’ epoca della morte, il collegio osserva che già Varcadipane Rosa, medico in servizio presso il P. T. E. di Scoglitti giunta unitamente all’infermiere T. sul luogo del rinvenimento del cadavere, trascorsi quindici minuti circa dalla chiamata delle 17.00, 17.10 ha testualmente dichiarato, nelle sit del 3/ 12/ 2014, che con l’ uso dei guanti ha spostato il colletto del giubbino per valutare il polso carotideo con esito negativo quindi ho proceduto alla valutazione del polso radiale con lo stesso esito ed in seguito ho aperto la palpebra dell’ occhio destro riscontrando una midriasi fissa della pupilla. Nel verificare il polso radiale ho toccato le dita di entrambe le mani riscontrando rigidità cadaverica come pure una marcata ipotermia a livello del dorso. Ho poi applicato con l’ aiuto dell’ infermiere T. il saturimetro che dava un risultato nullo di saturazione .”. L’ infermiere T., che è intervenuto insieme alla dott.ssa Varcadipane, nelle sit del 3/ 12/ 2014, ha dichiarato Ho proceduto ad accertare il polso carotideo toccando con la mano priva di guanti la parte destra del collo del bambino e successivamente al fine di valutare eventuali ultimi atti di respiro ho alzato leggermente la maglietta per toccare il dorso all’ altezza dei polmoni non riscontrando segni di vitalità ma marcata ipotermia. Ho riscontrato poi la rigidità cadaverica e muovendo un poco la testa per valutare la mobilità del collo, aprendo leggermente la palpebra dell’occhio destro per valutare l’eventuale pupilla che risultava in midriasi fissa, alzando leggermente il braccio sinistro riscontrando una discreta rigidità in particolare a carico delle piccole articolazioni interdigitali del sito anulare della mano sinistra ove poi applicavo il saturometro che dava un risultato nullo di saturazione e pulsazione ” Già al momento dell’ intervento del medico Varcadipane e dell’ infermiere T., intorno alle 17.15,00, era stata, pertanto, rilevata una marcata ipotermia e rigidità cadaverica. L osservazione diretta del medico legale, anche in difetto di rilievo della temperatura rettale modalità non praticata non potendosi escludere, al momento della prima ispezione, la necessità di verifiche di un’eventuale violenza sessuale , con la constatazione di rigidità cadaverica e marcata ipotermia, in difetto di indicazioni scientifiche contrarie corrobora la validità dell’accertamento dell’ epoca della morte del consulente del PM. L’affermazione del dott. Ricci di cui pag. 5 della consulenza che il solo elemento utile per la determinazione dell’epoca della morte, descritto dal dott I. fenomeno ipostatico , esclude con certezza tecnica che ebbe a trattarsi di una morte per asfissia meccanica violenta intervenuta non si sa perché a circa 11/12 ore dall’ attività di sopralluogo medico legale” non tiene conto che la marcata ipotermia e la rigidità cadaverica sono dati di univoco rilievo scientifico per l’individuazione dell’ epoca della morte. La marcata ipotermia è dato che riveste specifica incidenza ai fini dell’ orario della morte. Non può essere condivisa la critica difensiva sulla quale la difesa ha insistito, nel corso della discussione orale, che il rilievo relativo alla rigidità totale del cadavere non è frutto di osservazione diretta del dr I. ma frutto di ricezione acritica dalle indicazioni della dott.ssa Varcadipane e dell’infermiere T Tutte le conclusioni del dr I. sono state elaborate a seguito di diretto esame del cadavere di L. ispezione confortata dalla luce della lampade scialitiche e non vi sono ragioni per scartare de plano, come vorrebbe la difesa, la consulenza I. in punto di verifica dell’orario della morte, per il solo fatto che tale orario è indicato tra le ore 9.00 e le ore 10.00 con una precisione censurata come sospetta e definita sorprendente, inferendone sbrigativamente l’inattendibilità. La valenza accusatoria del comportamento anche processuale di V. P Valutazione critica delle sit di Sc. G. e E. Lo. e inidoneità di tali dichiarazioni a falsificare la ricostruzione dell’ accusa. Il rientro a casa di L La valenza accusatoria della disponibilità in capo all’ indagata dell’arma atipica del delitto. Ciò premesso, il collegio osserva che vi è riscontro, in atti, che, la mattina del 29/ 11/ 2014, il piccolo L. S. non si è presentato a scuola tanto che è stata registrata la sua assenza nella classe da lui frequentata e cioè la III elementare della scuola Falcone Borsellino di Santa Croce Camerina, sezione D. . Nativo M. A., insegnante in quella classe di Geografia, Scienze e Tecnologia, nelle sit dell’ 1/ 12/ 2014, ha precisato che, il giorno della scomparsa di L., il suo turno di insegnamento in III D prevedeva la fascia oraria compresa tra le 8.30 e le 12.30. Ha aggiunto che gli alunni vengono accolti dagli insegnanti nel cortile che si trova sul retro della scuola e poi, condotti in fila nella varie classi, specificando che la mattina del 29 si era subito accorta dell’assenza di L. e, all’arrivo in classe, aveva chiamato l’appello, con la conferma dell’assenza dell’alunno. Assenti erano anche altri due bambini e segnatamente Carp Bianca e Iacono Giulio, quest’ ultimo, poi, entrato, con permesso, alle 9.45. La Nativo ha anche specificato che,alle 12.30, ultimate le lezioni, come di consueto, aveva accompagnato i bimbi fuori dalla classe per consegnarli ai genitori ed era stato in quest’occasione che la P., non vedendo il figlio, rivolta alla maestra, aveva chiesto in modo interrogativo Eh L.”. Erano stati due bambini, che, anticipando la stessa Nativo, avevano replicato che L. quella mattina non era entrato a scuola. A questo punto la madre meravigliata per la risposta aveva avuto una reazione naturale per quanto stava vivendo” e, quando la maestra aveva chiesto alla P. a che ora avesse accompagnato il bambino, aveva risposto all’istante di avere accompagnato L. alle ore 8. 35, lasciandolo all’ angolo della palestra Tensostatica e aveva aggiunto d averlo accompagnato alle 8.35 perché avevano fatto un po’di ritardo”. Immediatamente erano iniziate le ricerche e, tramite la segreteria, erano state contattate telefonicamente le utenze dei genitori dei compagni di L. allo scopo di acquisire informazioni utili. Tutti i familiari interpellati avevano risposto di non avere visto L. né la mattina né all’ora di uscita dalla classe ed è questo un dato oggettivo che rimanda al mendacio dell’indagata essendo illogico che, in un orario di poco successivo all’entrata in classe dei bambini, quando ancora molti dei genitori, verosimilmente, dovevano essere vicini al plesso scolastico, nessuno di loro ha incrociato il piccolo L., inverosimilmente lasciato dalla madre solo all’angolo della palestra Tensostatica, secondo quanto riferito alla maestra Nativo nell’immediatezza della notizia della scomparsa. Non può non rilevarsi che ulteriore illogicità della circostanza, riferita dalla madre, di avere lasciato il bimbo solo nei pressi della scuola senza accertarsi dell’avvenuto ingresso, si rinviene nella consapevolezza che, secondo una massima di esperienza consolidata per i genitori, il ritardo a scuola implica la cautela di accompagnare il bambino in classe, rendendosi necessaria la giustificazione prima dell’ ingresso, consapevolezza che, come ogni genitore, deve ritenersi avesse anche l’indagata. Tale regola, peraltro, ovviamente, era stabilita anche nella scuola Falcone Borsellino ed è stata propria Campo G. M., dirigente scolastica della scuola frequentata da L., a confermare, nelle sit del 30/ 11/ 2014, che solitamente i bambini vengono fatti radunare nell’androne ove le maestre li suddivono per classe e li accompagnano nelle aule. La Campo ha specificato che, in caso di ritardi, quando si tratta di pochi minuti i bambini accompagnati dai genitori vengono fatti entrare in classe, chiedendo poi spiegazioni ai genitori e, se necessario, qualora si superino le 8.35 con giustificazione scritta, permessino da consegnare all’insegnante in classe”. Nel caso che ci occupa è la stessa P. che, già alla Nativo, quando chiede spiegazioni dell’assenza di L., puntualizza che quel giorno il bambino era arrivato in ritardo ed era stato lasciato non già all’ ingresso della scuola ma all’angolo della palestra Tensostatica”. E’ una puntualizzazione abbondante quella della P., spia di un mendacio, riscontrato, già all’esordio della sua narrazione, e, anche a voler prescindere dall’ evidenza digitale, da un dato logico, quello per cui una mamma, secondo una massima di comune esperienza giova ribadirlo non avrebbe lasciato il bambino solo e soprattutto in un orario in cui è solitamente richiesta la presenza del genitore. Ulteriore evidenza di versione mendace della P. è costituita dalla progressione narrativa dei movimenti della giornata del 29 e soprattutto dal silenzio iniziale sul rientro a casa nella fase immediatamente successiva a quella in cui aveva accompagnato L. e Diego. Per tale profilo non può essere condiviso l’assunto della difesa che tale omissione descrittiva si giustifica pienamente perché ascrivibile alla naturale stringatezza della primissima dichiarazione e all’irrilevanza del dato nell’economia della prima narrazione. Giova ricordare, per fedeltà al testo del processo, che la P., sentita il 29/ 11/ 2014, ha, tra l’altro dichiarato . Stamani, come al solito, ho provveduto ad accompagnare mio figlio a scuola ma, siccome eravamo in ritardo, erano già le ore 08.30/08.40, ed il traffico non mi consentiva di avvicinarmi velocemente, ho lasciato mio figlio a circa 500 metri dall’ingresso della scuola affinché entrasse in classe. Preciso che dalla mia posizione non vedevo l’ingresso della scuola. In effetti il bambino, preso lo zaino, si incamminava in quella direzione. Io mi allontanavo e, dopo aver accompagnato in altra scuola anche mio figlio Diego, mi sono recata presso il Castello di Donnafugata ove frequento un corso di cucina. Lì sono rimasta fino alle ore 11,45. Quindi ritornavo a Santa Croce Camerina per prelevare Diego e, fatto ciò, intorno alle ore 12,25 sono ritornata presso la scuola ove avevo lasciato L Ho atteso l’uscita della classe di mio figlio ma non vedevo lui. Mi incontrava un compagno di mio figlio, Tidona Gi. e che mi avvertiva che L. oggi non era per nulla entrato in classe. Preoccupatami ho preso contatti con la sua maestra, di cui non ricordo il nome che mi confermava quanto riferitomi poco prima dal compagno di scuola di mio figlio Lo zaino era del tipo ad ovetto, di colore blu con disegno di Toy Story e cinghia gialla ed all’interno aveva tutto l’occorrente scolastico. Proprio perché in ritardo ho provveduto personalmente a mettere all’interno dello zaino due merendine invece di comprare la merenda come al solito. Ieri sera ho fatto la doccia a mio figlio e l’ho aiutato ad indossare delle calze di colore rossastro, delle mutandine tipo slip di colore blu, una magliettina bianca ed il pigiama. Stamattina .l’ho visto che si toglieva il pigiama lasciandolo sulla sedia ed indossava, sullo stesso intimo indossato la sera precedente, dei jeans ed una maglietta ma non ricordo quale. Mio figlio non andava molto volentieri a scuola ma ho notato che da circa una settimana ciò avveniva in modo più frequente. Lui mi diceva che non gradiva andare a scuola a causa di una sua compagna di classe che lo prendeva in giro. Preciso che stamani non voleva andare a scuola solamente perché voleva andare con me. Anche se non andava molto volentieri a scuola, non era mai successo che non sia entrato a mia insaputa. L’episodio di stamattina, ovvero il fatto che non sia entrato a scuola non si è mai verificato A.D.R. La vigilessa di turno davanti scuola mi ha confermato che stamattina mio figlio attraversò la strada con direzione verso la struttura scolastica, ma non l’ha visto entrare. L’Ufficio dà atto che alle ore 22.00 circa, è intervenuto il marito S. M. D. 3203091357 , in atti generalizzato, il quale immediatamente riferisce alla moglie di aver saputo dalla propria zia, APRILE M. G., a sua volta informata dalla signora di un forno lì vicino, che il bambino, questa mattina, era passato a prendersi un panino col prosciutto. Riprendono le sommarie informazioni della P. V. Si, questa mattina mio figlio aveva in tasca due euro che gli avevo dato io ieri sera per premiarlo del fatto che aveva studiato. Siamo soliti comprare il panino per la scuola presso un forno situato nelle immediate vicinanze della scuola o in alternativa presso un supermercato”. Siamo in presenza di un racconto che non è omissivo per imprecisione o approssimazione, non è un racconto accennato e ellittico ma è un racconto in cui l’indagata mente su un momento della giornata di essenziale rilievo nell’ottica accusatoria e cioè il rientro in casa proprio nella fascia oraria in cui sarebbe stato consumato il delitto è un racconto in cui l’indagata, rispetto all’indicazione alla maestra Nativo, sposta in avanti l’orario in cui avrebbe accompagnato L. alla Nativo 8.35 e nella dichiarazione del 29 tra le 8.30 e le 8. 40 e introduce, quanto al punto preciso in cui aveva lasciato L., una distanza di 500 mt dalla scuola, preoccupandosi di evidenziare che da quel punto non poteva vedere il bambino. Mente la P. e, con lucida consapevolezza, costruisce una sequenza del cruciale momento in cui avrebbe accompagnato L. che stride, ancor prima che con l’evidenza digitale, con i canoni della logica, tanto più stringente, nel caso che ci occupa, tenuto conto dell’ ostinata affermazione dell’ indagata che era sua cura non lasciare L. mai solo. Nell’ interrogatorio innanzi al Gip la P., alla specifica domanda del difensore Quindi mai lasciato questo bambino? risponde”No, i miei figli sempre dietro di me” e, alla domanda del Gip l’ avvocato le ha chiesto se lei L. l’ ha lasciato a casa” la P. risponde L. no”. All’ ulteriore affermazione del Gip Diego”. l’ indagata ha ribadito No, ma io sto dicendo non ho mai lasciato i miei figli mai.” . Eppure V. P. ha aggiunto, sempre nel corso dell’ interrogatorio innanzi al Gip, che quella mattina aveva lasciato L., in mezzo alla strada, senza nemmeno controllare se il bambino avesse attraversato la strada Però non so se abbia attraversato la strada, perché io ho preso e me ne sono andata”. Ha anche aggiunto che, nell’ immediatezza della scoperta che L. non era scuola, aveva chiamato il suocero chiedendogli se per caso il bimbo fosse andato da lui e ha specificato di avere sospettato che L. si fosse allontanato proprio per il capriccio di quella mattina. E’ una puntualizzazione che rende ancor più incomprensibile e spia di mendacio l’ incauta leggerezza riferita dall’ indagata di avere lasciato L. senza accertarsi del suo ingresso all’interno dell’ istituto scolastico gli ho detto A., il bambino è lì con te per caso?” Mi fa No, il bambino No”. Gli ho detto Perché io questa mattina l’ho accompagnato e credevo che magari” con il fatto che avesse fatto il capriccio prima a casa, c’avesse ripensato e non fosse entrato”. Nelle primissime dichiarazioni l’ indagata omette di riferire il rientro in casa dopo avere accompagnato L. omette di riferire la sosta per buttare un sacchetto della spazzatura nell’anomalo percorso iniziale in direzione opposta al centro abitato, che riferirà nelle dichiarazioni successive, eppure è estremamente dettagliata nella descrizione del gesto del bambino che, al momento di scendere dall’ auto, avrebbe preso lo zaino nella descrizione dell’ abbigliamento di L. nell’indicazione della meta di Donnafugata raggiunta senza soluzione di continuità rispetto al percorso per accompagnare L. e poi Diego nell’orario di partenza da Donnafugata e in quello di ritorno alla scuola di Diego per prelevare il piccolo. Si limita a dichiarare che era solita comprare un panino a L. al panificio vicino alla scuola o, in alternativa, al supermercato commentando l’ affermazione doppiamente de relato del coniuge che riferisce di avere saputo dalla zia a sua volta informata dalla titolare del forno vicino alla scuola che L. quella mattina era passato dal panificio vicino alla scuola. Trattasi di circostanza pacificamente contraddetta nella successiva evoluzione del narrato dell’indagata che ha precisato che quel giorno, essendo in ritardo, aveva dato a L. due merendine , nonché di circostanza contraddetta dall’evidenza digitale che conclama nitidamente che L. è stato visto entrare al panificio Sacro Cuore situato vicino alla scuola nei giorni 27 e 28 ma non il 29. Puntualmente l’indagata, a specifica domanda degli inquirenti, si preoccupa inoltre di agganciare la sosta per lasciare L. all’indicazione del vigile di turno che avrebbe confermato che quella mattina aveva visto L. attraversare la strada in direzione della scuola ma non l’aveva visto entrare. Anche sul punto va subito chiarito che lo scrutinio critico delle dichiarazioni della Sc. vigile urbano in servizio presso il Comando di Polizia Municipale di S. Croce Camerina , contrariamente all’assunto difensivo, consente di concludere che tali dichiarazioni sono prive di valenza confermativa della presenza di L. la mattina del 29 nei pressi della scuola Falcone Borsellino in orario prossimo all’inizio delle lezioni. La difesa lamenta che non si è tenuto conto dell’attendibilità privilegiata del vigile, come tale fonte qualificata. Sul punto il collegio osserva che non si tratta affatto di svalutazione della dichiarazione della Sc. quanto piuttosto di prendere atto che, dalle dichiarazioni della Sc., non si ricava l’ indicazione che abbia visto L. la mattina del 29 novembre. E’ densa di ambiguità mnemonica la primissima indicazione della Sc. e, proprio tenuto conto della fonte di provenienza, la puntualizzazione del vigile urbano di non avere certezza del ricordo di avere visto L. la mattina del 29 rende tale indicazione del tutto inidonea a neutralizzare l’ipotesi accusatoria secondo la quale L. a scuola quella mattina non è stato affatto accompagnato dalla mamma. Ed, invero il 30/ 11/ 2014 la Sc. ha testualmente dichiarato Rammento che mentre mi trovavo nella mia postazione, ubicata in questa via Di Vittorio, angolo Via f.lli Cervi, notavo sopraggiungere l’ autovettura Wolkswagen Polo di colore nero, in uso alla suddetta signora così come avevo notato nel corso di altre mattinate. Nella circostanza vi erano altri pedoni che erano intenti ad attraversare la strada e considerato l’ orario di apertura delle scuole, ossia intorno alle 8.20, 8.30,notavo che la suddetta polo che si allontanava in direzione della scuola elementare cd dieci aule” e che si trova di fronte la locale Guardia medica sita sempre in questa via G. Di Vittorio. Domanda Ha visto il figlio S. A. L. scendere dall’autovettura oppure incamminarsi verso la scuola elementare? Risposta Premetto che conoscevo il bambino sin da quando era piccolo, poiché la nonna paterna Aprile Pinuccia abita di fronte ad una mia parente e vi è stato modo di vederlo spesso giocare dalla nonna insieme a sua madre. Ieri mattina non posso affermare di avere visto chiaramente lo S. A. L. in quanto era impegnata nel servizio di viabilità. Ricordo soltanto di avere visto passare la macchina condotta dalla Sig. ra P. V. che si allontanava verso le scuole elementari cd dieci aule e di avere visto un bambino che stava correndo in direzione della via f.lli Cervi con uno zainetto che gli ballava sulla schiena il quale mi è sembrato lo S. A. L. ma non posso affermarlo con certezza e comunque non ricordo come fosse il suddetto bambino vestito in quanto è stato un attimo e vi era confusione terminata la viabilità alle scuole rientravo in ufficio” . La Sc. ha escluso di ricordare con certezza di avere visto L. la mattina del 29 ieri mattina non posso affermare di avere visto chiaramente lo S. A. L. in quanto ero impegnata nel servizio di viabilità”, ricordo un bambino che stava correndo in direzione della via f.lli Cervi con uno zainetto che gli ballava sulla schiena il quale mi è sembrato lo S. A. L. ma non posso affermarlo con certezza e comunque non ricordo come fosse il suddetto bambino vestito ,in quanto è stato un attimo e vi era confusione” e anzi ha specificato che tale incertezza era dovuta al suo preminente impegno di controllo della viabilità, aggiungendo che c’era confusione. Sempre nella dichiarazione di giorno 30, il vigile urbano non ha fatto alcun riferimento alla circostanza di avere parlato con la P. al termine dell’orario scolastico e di averla rassicurata sul fatto di avere visto il bambino incamminarsi la mattina del 29 in direzione della scuola Domanda Rammenta cos’ è accaduto all’uscita da scuola verso le ore 12.20? Risposta vedevo salire a piedi dalla via f.lli Cervi con altre mamme la sig. ra P. V. la quale stava visibilmente piangendo ed era agitata poiché non trovava più suo figlio S. A. L Immediatamente avvisavo la mia collega Scribano, la quale era già al corrente della situazione e si stava prodigando con altre persone a cercare lo S. A. L. .passato qualche minuto la maestra della classe di S. A. L. appresa la notizia che lo stavamo cercando riferiva che il suddetto bambino non si era presentato a scuola tanto è vero che aveva messo la nota di assenza. Qui la sig. ra P., appresa tale informazione, si agitava ancora di più chiamando immediatamente il 113mentre io vi informavo telefonicamente alle 12.57 sulla vostra utenza.dell’accaduto e difatti sopraggiungeva subito una vostra pattuglia” . L’ incertezza del ricordo della Sc. si definisce ulteriormente nella dichiarazione resa in data 3/ 12/ 2014 Specifico che nei turni di servizio nei quali sono impiegata di mattina solitamente vengo impiegata presso la scuola in parola. Non ricordo il minuto esatto ma ho visto transitare dalla mia postazione una Polo di colore scuro con a bordo la donna che sapevo essere la madre di L Affermo questo perché conosco la donna da tempo, per averla vista, oltre che a scuola, anche nei pressi dell’abitazione della suocera, atteso che io mi reco spesso da una mia parente Brancato Nunziatina, la quale abita proprio di fronte alla nonna di L. che si chiama Aprile Pinuccia. Posso dire che la donna al volante della Polo di colore scuro che ho visto transitare quella mattina dalla via G. Di Vittorio era la madre di L La cosa che invece non posso dichiarare con assoluta certezza è che la circostanza fosse legata a quella mattina, intendo dire che non sono certa che quella immagine potesse essere un ricordo di qualche giorno prima. ADR Ho visto solo transitare la macchina, non ho notato una sua sosta per consentire eventualmente di fare scendere il figlio. Posso aggiungere che la Polo in questione è transitata proprio davanti alla mia postazione e nell’ora di punta in cui arrivano la maggior parte degli alunni. Il colore della Polo di cui parlo è scuro, anche se non posso affermare con certezza che sia di colore grigio scuro. Non posso affermare che l’ autovettura in parola abbia dei segni particolari quali ammaccature, segni sulla carrozzeria o altro, che mi possa consentire di affermare con certezza che sia la stessa che la madre di L. utilizza Gli alunni quasi ogni mattina fanno accesso all’interno del perimetro della scuola dalle ore 8. 15, ora in cui cominciano ad arrivare i primi alunni, fino alle ore 8. 35 ma l’ ora di punta in cui si concentra il più alto numero di alunni e di genitori che li accompagnano sono dalle ore 8. 25 alle ore 8. 40. .A. D. R La mattina del 29 novembre 2014, all’ interno della Polo di colore scuro, oltre alla donna che posso affermare all’ottanta per cento fosse la madre di L., vi era anche un bambino piccolo. Affermo ciò perché ricordo che il bambino che definisco piccolo era seduto sul seggiolino di sicurezza installato sul sedile posteriore della Polo anche se non ricordo su quale lato. Ricordo il movimento delle manine del bambino Non sono in grado di affermare che L. fosse in macchina quando la stessa è transitata dalla mia postazione. Non sono in grado di riferire se la Polo avesse, pochi secondi prima di vederla, effettuato una sosta per consentire l’ eventuale discesa di L. Di fatto ho solo visto la Polo che mi è sembrata quella utilizzata dalla madre di L. e solo in movimento”. Le dichiarazioni della Sc. introducono un ricordo che si connota di totale opacità. Sia il 30 novembre che il successivo 3 dicembre la Sc. non dichiara di avere visto L. la mattina del 29 e nelle dichiarazioni del 3 dicembre esprime incertezza sulla collocazione del ricordo di avere visto transitare la Polo della P., se nella giornata del 29 o prima. Il 3 dicembre la dichiarante esprime perplessità persino sull’individuazione dell’autovettura e comunque fornisce indicazioni contraddittorie. Nella prima parte della dichiarazione del 3 dicembre, la Sc. dichiara di avere visto la Polo transitare e aggiunge di non di avere tuttavia notato una sosta della macchina per fare scendere il bambino. Nel prosieguo della dichiarazione aggiunge di non essere in grado di riferire se prima di avere visto la Polo ci fosse stata una sosta dell’ autovettura per fare scendere L. ed esprime perplessità anche sul fatto che quella Polo fosse l’ autovettura della P. di fatto ho solo visto la Polo, che mi è sembrata quella utilizzata dalla madre di L. e solo in movimento” . Non riesce nemmeno a ricordare nitidamente il colore della macchina della P. il colore della Polo di cui parlo è scuro anche se non posso affermare con certezza che sia di colore grigio scuro o nero. posso specificare che il tipo di macchina è simile a quella utilizzata dalla madre di L.non posso affermare che l’ autovettura in parola abbia dei segni particolari, che mi possa consentire di affermare con certezza che sia la stessa che la madre di L. utilizza” . Nell’ultima parte della dichiarazione la Sc. afferma che la mattina del 29 aveva visto all’interno dell’autovettura di colore scuro una donna che all’80% le era sembrata la mamma di L. e, all’interno della macchina, su un seggiolino agganciato al sedile posteriore, un bambino piccolo di cui ha ricordato il movimento delle manine. Sottesa agli oscillanti ricordi della donna è un’evidente confusione mnemonica propria del contesto in cui la Sc. vede i bambini e cioè in un momento di affluenza di massa a scuola con il contemporaneo arrivo di genitori alunni, maestre, transito veicolare intenso, concentrazione del vigile sulla regolamentazione del traffico veicolare, una confusione speculare anche all’erosione mnemonica implicita nella ripetitività insita nelle condotte abitudinarie. La Sc. ha un ricordo vago e confuso sin dalla prima dichiarazione. Non ritratta mai, piuttosto conferma la confusione iniziale con l’incremento progressivo di un’inattendibilità intrinseca apprezzabile già nelle risposte agli inquirenti del 30 Novembre. La valenza liberatoria del dictum della Sc. è stata enfatizzata dalla difesa sul rilievo che la genuinità del ricordo è postulata dal carattere percettivo dello stesso segnalato dal riferimento al movimento delle manine di un bambino piccolo, la cui immagine rimane impressa nella mente del vigile. Al riguardo il collegio non può esimersi, per contro,dal rilevare che la percezione”della Sc. di avere visto le manine del bimbo piccolo che era in macchina, a fronte della complessiva rilevata nebulosità di tutte le sue dichiarazioni, che non segnalano il ricordo di L., rimanda più che plausibilmente alle registrazione mnemonica di un copione, cioè di uno schema mentale mutuato dalle abitudinarie esperienze precedenti. La memoria del teste,valutata nel contesto narrativo in cui è inserita, non è, pertanto, contrariamente all’assunto difensivo, una memoria episodica, riferita ad un fatto temporalmente ben definito ma piuttosto una memoria semantica che, secondo la miglior dottrina sulla psicologia della testimonianza, conserva soltanto il significato delle informazioni e della conoscenze ma è mutilata del riferimento alle coordinate spaziali o temporali di ciò che si è appreso. Accentuano la valutazione di inattendibilità intrinseca della Sc. anche le dichiarazioni rese al Pm in data 15/ 12/ 2014. La Sc., infatti, in data 15/ 12/ 2014, dopo avere specificato che la mattina del 29 Novembre aveva iniziato il suo servizio alle ore 7.50 giungendo presso l’istituto scolastico comprensivo F. Borsellino intorno alle ore 8.20-8.25, ha aggiunto di essersi posizionata all’altezza dell’intersezione stradale tra via f.lli Cervi e via G. Di Vittorio. Il Pm ha informato l’escussa della sussistenza di discrasie tra le dichiarazioni del 30 Novembre e del 3 dicembre legate al passaggio dell’autovettura condotta dalla P. in via G. Di Vittorio il giorno 29 novembre. La Sc., a questo punto, ha dichiarato di avere visto il 29 novembre in un contesto di gran traffico veicolare e pedonale” l’autovettura Polo che solitamente vedeva in uso alla P.” quando io sono arrivata, sono andata dapprima a posizionarmi davanti all’istituto cd detto dieci aule, il cui ingresso è sito di fronte alla guardia medica, fin quando, allorchè è stato aperto il cancello della scuola, mi sono posizionata all’altezza dell’intersezione tra la via f.lli Cervi e la via G. Di Vittorio. In tale circostanza ho notato in un contesto di gran traffico veicolare e pedonale l’ autovettura Polo che solitamente vedevo in uso alla P.” . A seguito di specifica contestazione da parte del Pm delle dichiarazioni del 3 dicembre, di cui è stata data integrale lettura Il Pm dà lettura delle sit del 3 dicembre 2014 e fa rilevare che la teste ha reso dichiarazioni apparentemente incoerenti dalle quali traspare una incertezza soggettiva sul fatto che abbia visto transitare la P. a bordo dell’autovettura vollkswagen polo di colore scuro proprio il giorno 29 novembre all’altezza dell’ intersezione tra la via F.lli Cervi e la via G. Di Vittorio”, la Sc. ha, tuttavia, dichiarato. ho un ricordo nitido del passaggio dell’autovettura suddetta ma in effetti mi sono sorti dubbi relativi all’esatto giorno in cui l’ho vista transitare da quei luoghi e potrei, ritengo, riferire tale ricordo anche al giorno 27 novembre in cui ho prestato servizio nel medesimo luogo”, confermando ancora una volta le incertezze iniziali. Non possono essere condivisi i rilievi della difesa che ha ventilato un condizionamento della dichiarante per la suggestione infestante della contestazione del Pm. Al riguardo il collegio osserva che alla Sc. è stata data integrale lettura delle dichiarazioni pregresse e che, proprio la qualità della dichiarante, implica che se incertezze ha manifestato ciò è avvenuto proprio per massima scrupolosità della rielabO.ne ricostruttiva. Si definisce ulteriormente la confusione del tentennante vigile urbano che in tutte le sue dichiarazioni non ricorda con certezza di avere visto L. la mattina del 29 Novembre e le cui indicazioni non sono idonee a incenerire la valenza accusatoria del dato oggettivo che nessuno tra alunni, compagnetti e genitori vede attraversare L. in direzione della scuola la mattina del 29 Novembre dell’ulteriore dato oggettivo che per arrivare in via Cervi la P., secondo la traiettoria descritta, doveva svoltare per via Matteotti dove il transito della macchina non è ripreso né della telecamera TC 20, né dalla TC 30, né dalla TD 32. Mai la Sc. ha dichiarato di avere visto L. ed è questo il dato che annienta la valenza liberatoria delle indicazioni del vigile. E stata la stessa Sc. a confermare, poi nelle dichiarazioni rese al Pm in data 15 dicembre 2014 che vedeva spesso, quasi ogni mattina, la P. talvolta in macchina talvolta appiedata, dopo che aveva parcato la macchina a distanza dall’ingresso dell’istituto scolastico” ed è un’indicazione che, oltre a confermare una confusione mnemonica insita nel modulo copiativo delle esperienze pregresse, confligge ulteriormente con il narrato della P. che nelle dichiarazioni del 30 novembre racconta un’anomala sosta senza posteggio della macchina, a distanza di 500 mt dalla scuola per fare scendere L. che era in ritardo e che si sarebbe avviato a scuola da solo senza essere visto dalla madre. L’ ulteriore progressione delle dichiarazioni della P. che si registra il 30 Novembre, introduce, nel racconto, la deviazione sulla rotatoria in direzione uscita dal paese di Santa Croce Camerina per buttare un sacchetto della spazzatura prima di accompagnare i bambini a scuola, il rientro a casa per sbrigare faccende domestiche dopo avere accompagnato i bambini e il rifiuto di L. di andare a scuola. E’ in seno a tale racconto che si delinea, infatti, chiaramente il capriccio di L. che quella mattina non vuole andare a scuola e preferisce rimanere con la mamma, tanto che ne deriva una discussione”. L. si accorge , nota” dice testualmente la P. che la mamma si trucca”e chiede spiegazioni e, alla risposta della mamma che lo informa dell’appuntamento a Donnafugata, replica che vuole andare con lei. E’ un passaggio cruciale della dichiarazione della P. ed è un passaggio che, nel complessivo contesto esaminato, dà piena contezza della discussione” che ne era derivata tra L. e la mamma, discussione all’ origine del ritardo di quella mattina. E’ la stessa a P. che confessa di avere replicato al bambino che non era possibile non andare a scuola ed è la stessa P. che ammette che L. non si persuade subito ma dopo qualche tentennamento, tanto che, sempre secondo il racconto della P., si veste mentre è ancora in corso la discussione” In genere, quando mio marito si trova fuori per lavoro in quanto di professione camionista, io ed i miei due figli ci corichiamo nel mio letto matrimoniale. Ciò è accaduto anche nella giornata di ieri. Infatti intorno alle ore 7.15 come tutti i giorni mi sono svegliata e ho cominciato a prepararmi quando sono stata raggiunta da mio figlio Diego il quale si era già alzato dal letto. A costui ho chiesto di svegliare il fratello L. in modo che anche lui si preparasse per andare a scuola. Alzatosi, lo stesso, avendo notato che io stavo truccandomi, mi chiese dove dovevo andare e, appreso che dovevo seguire un corso di cucina presso il castello di Donnafugata, L. voleva accompagnarmi. Io dissi che non era possibile in quanto doveva andare a scuola. Dopo un primo tentennamento, L. si convinse anche perché ricordava che quella mattinata aveva lezione di informatica, materia che lo appassionava. Ricordo che mentre era in corso quella discussione, L. aveva già tolto la parte inferiore del pigiama per indossare i jeans. Preciso che lo stesso, come detto nelle verbalizzazioni di ieri, indossava un paio di slip di colore blu e che, sebbene non ero presente al momento in cui ha indossato i jeans, sono convinta che avesse indosso anche gli slip anche perché non è mai successo che lo stesso indossasse dei pantaloni senza avere indosso degli slip. Ritengo anche che indossasse una cintura, sebbene non ho notato il momento in cui la indossava, sia perché è solito indossarla e sia perché quella mattina mi ha chiesto dove io l’avevo riposta la sera precedente. Terminato di vestirci io provvedevo a fargli indossare il grembiule che solitamente usa per andare a scuola. Detto grembiule, con apertura a cerniera nella parte anteriore e bottone nella parte prossima al collo è di colore blu e reca un ricamo all’altezza dell’emitorace sinistro, di colore giallo e rosso, raffigurante una moto tipo cross con relativa scritta. Poco dopo, non ricordo esattamente l’ora, siamo usciti dalla mia abitazione e, ricordo, siccome eravamo in ritardo, per evitare di perdere ulteriore tempo presso un panificio, misi nello zaino due merendine. Poco prima di uscire, poiché io tenevo in braccio il bambino più piccolo dissi a L. di prendere i due sacchetti della spazzatura al fine di conferirli nel cassonetto. Lui però ne prese solo uno ed insieme al fratello sono saliti sulla mia autovettura, una Volkswagen Polo di colore nera. Quindi, percorrendo la via Roma, uscivo dal centro abitato, oltrepassavo la rotatoria ove insiste il supermercato Despar per andare verso dei cassonetti che si trovano a qualche centinaio di metri dalla rotatoria. Tuttavia, ancora prima di giungervi, avendo notato delle bici che mi facevano presumere che nei pressi potessero trovarsi i soliti rumeni intenti a rovistare la spazzatura, buttai il sacchetto ai margini della carreggiata e, invertendo la marcia rientrai a Santa Croce Camerina. Quindi ripercorrevo la via Roma, giungevo in p.zza Vittorio Emanuele,svoltavo per via Matteotti, raggiungendo piazza G.Carducci successivamente, come al solito, svoltavo a destra per via G. Di Vittorio e, giunto all’intersezione con via f.lli Cervi, svoltavo a sinistra in direzione opposta all’ingresso della scuola di mio figlio , fermandomi poche decine di metri dopo. Lì scendeva mio figlio L. che si avviava verso la scuola. Io proseguivo la marcia e, facendo il giro dell’isolato, ripassavo nuovamente da via G. Di Vittorio notando, all’incrocio con la via F.lli Cervi, una vigilessa lì in servizio. Da lì mi recavo presso la ludoteca Divertilandia” ove lasciavo l’altro mio figlio Diego. Per raggiungere quel sito percorrevo tutta via G. Di Vittorio, raggiungevo via Pirandello, svoltavo a destra immettendomi su via degli archi quindi alla fine di tale ultima via svoltavo a destra imboccando via Carmine, quindi via San Giacomo, via Principe di Piemonte e via Duca D’Aosta. Da tale via svoltavo a destra imboccando via Roma, via Conte Rosso, via Caucana e via Giardino ove mi fermavo in un supermercato adiacente la ludoteca per comprare un panino per mio figlio Diego. Quindi lasciavo il bambino alla ludoteca e tornavo a casa per sbrigare alcune faccende domestiche. Intorno alle ore 9.15 sono uscita di casa e mi sono recata al castello di Donnafugata per partecipare al corso di cui sopra. Lì sono rimasta fino alle ore 11,45 circa, orario in cui ho telefonato a mio marito che si trovava fuori per lavoro per sapere quando sarebbe rientrato. Quindi sono tornata alla ludoteca per prelevare mio figlio Diego. Lì ho aspettato che il bambino consumasse il pranzo dopodichè, intorno alle ore 12,25 l’ho prelevato e insieme a lui mi sono recato nei pressi della scuola di mio figlio L. ove ho parcheggiato nei pressi e a piedi ho raggiunto il cancello d’ingresso di via F.lli Cervi. Poco dopo ho atteso che i bambini uscissero e cercavo con lo sguardo mio figlio L Quindi ho notato i bambini che erano in classe con lui e la sua insegnante alla quale ho chiesto di mio figlio. La donna mi ha detto che L. non era mai entrato in aula. Assalita dal panico cercavo aiuto nei vigili urbani. Al contempo telefonavo a mio suocero A. e, chiedendogli aiuto, lo facevo intervenire immediatamente all’istituto ove io mi trovavo ” . Si delinea il rifiuto del minore di andare a scuola ed è un rifiuto avversato dalla madre che provoca una discussione” e plausibilmente anche il ritardo di quella mattina. L., d’altronde, anche in passato aveva dato problemi alla mamma perché non voleva andare a scuola tanto che anche S. A., nelle sit del 29 Novembre, ha dichiarato V. più volte mi riferiva che L. era molto restio ad andare a scuola, motivo per cui al fine di aiutarla, ero io stesso a convincerlo talchè mi premuravo di condurlo presso l’istituto scolastico che frequentava sito nella Piazzetta degli Studi a S. Croce Camerina”. La P., ciò nondimeno e cioè ad onta del ritardo, percorre la rotatoria in direzione uscita dal paese di Santa Croce Camerina transito individuato dalla telecamera TD 11 installata in via Roma angolo Circonvallazione Pezza , per buttare nei cassonetti un sacchetto della spazzatura e, poi, con un ripensamento ascrivibile, secondo il suo racconto, alla preoccupazione che sul luogo ci fossero rumeni, butta la spazzatura lungo la carreggiata, inverte la marcia e rientra verso Santa Croce Camerina. Già questo percorso, anche a tenere conto unicamente delle dichiarazioni della P., in un momento in cui c’è l’urgenza di accompagnare L. a scuola, è illogico con un’inspiegabile priorità per il sacchetto da buttare” e un’anomala traiettoria in direzione opposta al centro abitato, in un momento di grande fretta in cui logicamente la priorità sarebbe stata quella di accompagnare al più presto il bambino e ciò tenuto conto del vincolo dell’orario scolastico, niente affatto cogente, invece, per il piccolo Diego. Sul punto sarà sufficiente osservare che, stando alla stessa contraddittoria versione della P., quella mattina la fretta l’aveva indotta ad evitare la consueta sosta al panifico Sacro Cuore per l’acquisto della merendina di L Si delinea il mendacio dell’indagata che non ha alcuna fretta di accompagnare il primogenito ben consapevole di averlo lasciato a casa prima di partire. Il peso indiziante del comportamento dell’indagata si definisce ulteriormente nella descrizione dell’inversione di marcia, con la decisione di buttare la spazzatura non nei cassonetti ma lungo la carregiata stradale, ascrivibile plausibilmente, più che all’improvvisa preoccupazione per i fantomatici rumeni, all’agitazione della P. che ha la frenesia di ritornare a casa per controllare L Ma è nel prosieguo delle dichiarazioni di giorno 30 che si delinea, in tutta la sua pregnante valenza indiziaria, il mendacio della P. che descrive una traiettoria in direzione della scuola di L. smentita dalla nitida immagine che raffigura la svolta dell’autovettura della P. dalla via Roma alla via Amedeo, rettamente valorizzata dal Gip come particolarmente significativa rispetto all’atteggiamento della P. di negare anche l’evidenza”. La P. insiste nella dichiarazione di avere percorso la via Matteotti Quindi ripercorrevo la via Roma, giungevo in p.zza Vittorio Emanuele, svoltavo per via Matteotti, raggiungendo piazza G. Carducci successivamente, come al solito, svoltavo a destra per via G. Di Vittorio e, giunta all’intersezione con via f.lli Cervi, svoltavo a sinistra in direzione opposta all’ingresso della scuola di mio figli , fermandomi poche decine di metri dopo” ed è ostinata nella negazione di avere svoltato per via Amedeo ma si tratta di un mendacio conclamato dall’immagine nitida della telecamera pubblica TC 24 installata in via Roma, angolo via Amedeo. L’ autovettura dell’indagata non compare mai in via Matteotti. Si vede chiaramente nelle immagini, riprese dalle telecamera pubblica TC 24, che la Polo della P. l’individuazione dell’ autovettura non lascia margini di dubbio per i segni identificativi apprezzabili abrasione sul tetto, contrassegno assicurativo posto in alto sul parabrezza anteriore lato guida, borchie in plastica di colore grigio metallizzato, deflettori antititurbolenza esterni alle 8.38 circa si ferma al semaforo, dietro altra autovettura di via Roma. Prima dell’incrocio con via Amedeo e alle successive 8.39, l’autovettura riprende la marcia ed aziona l’ indicatore di direzione per svoltare, subito dopo, alla sua sinistra, sulla via Amedeo. Alle 8.39 la Polo, dopo avere ripreso la marcia, si vede svoltare a sinistra per la via Amedeo ed è poi la telecamera dell’impianto di videosorveglianza privata dell’ esercizio Affari d’ oro”, sita in via Amedeo numero 9, a riprendere il transito dell’ autovettura della P. in via Amedeo, angolo via Caucana alle ore 8.40. L’evidenza delle immagini nitide, che più volte sono state visionate dal collegio, conclama il mendacio della P. e la ricostruzione accusatoria è ulteriormente confermata dal dato oggettivo che L., a scuola, la mattina del 29 non arriva mai e dal dato narrativo, inedito nella primissime dichiarazioni di giorno 29, relativo all’illogico rientro a casa della P. per sbrigare faccende domestiche nonostante l’appuntamento al castello di Donnafugata fissato per le ore 9.30. Il dato relativo all’orario di inizio del corso è stato riferito da Piazzese Virginia nelle sit dell’ 1/ 12/ 2014. La Piazzese, che svolge l’ attività di incaricata alla vendita del prodotto Vorwerk” denominato Bimby , ha riferito che, avendo la P. già acquistato il prodotto nel mese di agosto, a novembre le aveva comunicato a mezzo sms che era stato organizzato un corso per l’utilizzo del prodotto presso i locali del ristorante Il Giardino di Bianca.” ubicato nei pressi del castello di Donnafugata, agro di Ragusa. Era stata la stessa P. a contattare la Piazzese comunicando, tramite sms, che era sua intenzione partecipare al corso organizzato per il 29 novembre, ossia la seconda delle date previste, presso il Giardino di Bianca”. La Piazzese ha dichiarato che l’inizio dell’evento era fissato per le 9.30 e ha specificato che la P. era arrivata alle ore 10.00 circa, aggiungendo testualmente inaspettatamente dopo avermi salutato sembrava provasse a giustificare il proprio ritardo, anche se di fatto dopo di lei sono arrivati svariati ulteriori partecipanti. La stessa, infatti, senza che io le riferissi alcunchè, mi riferiva le testuali parole stamattina ho fatto tutto di corsa! Ho lasciato mio figlio a scuola poi sono tornata a casaho sistemato il lettoho dato un colpo di scopa e mi sono stirata imbandito la tavola”. Verso le 12.15 circa mi riferiva di doverci abbandonare, poiché doveva recarsi a scuola per andare a prendere il proprio figlio L. e quello più piccolo a Divertilandia”. Concorre a definire l’artificiosità della ricostruzione della P. il minuzioso resoconto, alla responsabile del corso Bimby”, dei movimenti della mattina del 29 con una certosina elencazione anche delle incombenze domestiche alle quali l’indagata aveva provveduto, protesa ad una giustificazione del ritardo tanto superflua quanto sorprendente per la direttrice del corso. V. P. mente quando riferisce che la mattina del 29 ha svoltato per via Matteotti per poi raggiungere piazza G. Carducci e mente quando aggiunge che dopo, come al solito, svolta a destra per via G. Di Vittorio per poi raggiungere l’intersezione con via f.lli Cervi. Il percorso della P. non è affatto quello solito” e non lo è soprattutto, anche a voler prescindere dalle immagini del percorso del 27 e del 28 Novembre ricostruito puntualmente da Gip nell’ ordinanza impugnata, cui si rinvia per relationem tenuto conto delle anomale modalità di sosta dell’autovettura riferite dall’ indagata in direzione opposta all’ingresso della scuola di L. con una sosta della macchina poche decine di metri dopo”. L’ostinata negazione di avere svoltato in via Matteotti è ribadita dalla P. nelle sit del 5 dicembre che contengono tuttavia ulteriori arricchimenti narrativi rispetto al racconto iniziale la specificazione del rientro a casa con il posteggio dell’autovettura davanti al garage e soprattutto il particolare di avere buttato, in occasione della seconda uscita da casa, un secondo sacchetto di spazzatura contenente appena un pannolino e di averlo buttato in un punto del tutto anomalo rispetto al percorso per Donnafugata e topograficamente assai prossimo al luogo in cui è stato trovato il cadavere del piccolo L. il bambino è stato trovato in un luogo che, secondo le mappe, dista circa 800 mt 1 minuto di percorso in macchina dall’intersezione tra la strada del mulino vecchio e la SP 35, strada lungo la quale sono ubicati i cassonetti . Nel verbale relativo di cui a pag. 712 del fascicolo processuale, si dà atto del tragitto effettuato dalla P. a bordo del veicolo in uso alla Polizia di Stato tg Ev228 NX seguito da altro veicolo sempre in uso alle forze di polizia per simulare il percorso del 29. La P. conferma di essere uscita con entrambi i bimbi da casa specificando che ciò è avvenuto in un orario compreso tra 8.30 e le 8.40, di avere buttato la spazzatura dal finestrino della macchina all’incrocio tra la Sp 35 e la SR 24 e conferma inoltre di avere effettuato inversione di marcia percorrendo la strada in direzione centro. Conferma il successivo tragitto sino alla svolta a destra per via Matteotti. Quanto al momento del rientro a casa, specifica di avere posteggiato l’autovettura in retromarcia davanti ai garage condominiali Giunta nei pressi della mia abitazione ho svoltato a destra via Garibaldi ove mi sono immessa nel cortile dove persistono i garage condominiali, qui per facilitare la manovra di uscita dal garage stesso, ho effettuato retromarcia in modo da impegnare la via di casa via Garibaldi nel senso opposto di marcia per poi accedere all’ interno dei locali garage nuovamente in retromarcia” e sposta l’orario della seconda uscita da casa alle 9.20, leggermente in avanti, rispetto alle dichiarazioni del 30 novembre, nel corso della quali aveva riferito che era uscita alle 9.15. E’ nel corso di tali dichiarazioni che la P. testualmente dichiara Dopo circa mezz’ ora, alle 9.20 circa, sono uscita nuovamente da casa a bordo della mia autovettura ed ho impegnato la via a salire Roma n dv che ho percorso sino alla rotatoria della circonvallazione Pezza numero d. v. proseguendo sulla S. P.35 numero d.v. fino a giungere alla curva, sulla sinistra dove sono posizionati i cassonetti dei rifiuti. Senza scendere dalla macchina mi sono affiancata ai cassonetti ed ho buttato un sacchetto dei rifiuti contenente un pannolino sporco. Ho svoltato subito a sinistra ed ho percorso una stradina per circa un chilometro che conduce ad un’altra strada Sp 120 ndv che dopo aver percorso sino alla fine ho svoltato all’ incrocio a sinistra in direzione Santa Croce Camerina SP 36 numero d. v. Giunta alla rotatoria lì presente ho proseguito dritto entrando nel paese. Ho svoltato a sinistra via Gen Della Chiesa numero d.v. , successivamente a destra via XIV Maggio numero d. v. ancora a destra Via Fleming numero d. v. percorrendola fino in fondo per poi svoltare a sinistra via Casale vecchio numero d.v. . Giunta all’ incrocio ho svoltato a destra SP 85 numero d. v. proseguendo fino all’ incrocio dove ho svoltato a sinistra SP Santa Croce Camerina Comiso numero d.v dirigendomi verso Donnafugata. Ho percorso questa strada fino a giungere alla seconda rotatoria dove ho svoltato a destra SP 13 numero d.v. Qui giunta all’ incrocio con la SP71 numero d.v. ho sbagliato strada non accorgendomi delle indicazioni e invece di svoltare a destra ho proseguito per circa 500 mt. Accorgendomi dell’ errore ho chiesto informazioni ad una persona lì presente ed approfittando di una piccola intersezione ove era posteggiata l’auto del signore ho fatto inversione di marcia giungendo all’ intersezione prima superata SP 71 numero d. v. dove sono giunta al castello di Donnafugata.” . E’ in seno a tale dichiarazione che si definisce il secondo passaggio lungo la SP 35 per buttare un secondo sacchetto della spazzatura. La P. introduce un nuovo dato narrativo e cioè appunto il passaggio lungo la SP 35 in direzione di Punta Secca prima di avviarsi verso Donnafugata. L’anomalia del percorso dell’indagata è evidente e la valutazione di anomalia non è frutto della forzatura colpevolista”delle risultanze del compendio investigativo, stigmatizzata dalla difesa, non è ricavata da immagini nebulose ma è piuttosto desumibile dalle stesse indicazioni dell’indagata. Dopo una permanenza in casa che, per stessa ammissione della P., si protrae, dopo il primo rientro, per circa mezz’ora, con un appuntamento a Donnafugata che era fissato per le 9.30, l’indagata, già in forte ritardo, avverte l’urgenza di liberarsi di un secondo sacco di spazzatura e, per provvedere a tale urgente incombenza, secondo il suo racconto, si dirige verso i cassonetti che sono ubicati lungo la SP 35 dopo l’incrocio con la SR 24 in direzione diametralmente opposta a quella ove si trova il castello di Donnafugata e topograficamente assai prossima alla zona ove è stato rinvenuto il cadavere di L Il bambino-giova ribadirlo-è stato trovato ad una distanza di circa 800 mt circa dall’intersezione della SP 35 con la strada Mulino Vecchio, intersezione ove, stando alle sue stesse indicazioni, si è trovata la P Sarebbe stato logico imboccare subito la traiettoria verso il castello di Donnafugata e cioè percorrere la SP20 e liberarsi della spazzatura nei cassonetti eventualmente reperibili lungo il percorso o addirittura buttare il sacchetto al castello. E’ la stessa indagata che descrive percorsi illogici. E’ illogica la priorità dell’eliminazione dei rifiuti, appena un pannolino sporco, nella seconda uscita da casa con un appuntamento ad un corso di formazione culinaria a Donnafugata il cui inizio era previsto per le 9.30. L’8 dicembre l’ indagata ha dichiarato Sono rimasta a casa fino alle 9 20-9.25. Prima di uscire, in cucina ho visto il sacchetto della spazzatura che L. non aveva preso. Ritornata in garage, ho prelevato la macchina, ho aperto e sono uscita Quindi rifacendo lo stesso percorso di prima verso Punta Secca, mi sono portata ai cassonetti e dopo essermi accostata rimanendo sul mezzo, ho buttato il sacchetto. Nell’ occasione non sono neanche scesa dal mezzo in prossimità dei bidoni della spazzatura vi è una stradina l’ ho percorsa sino a una strada che conduce a Marina di Ragusa da qui sono giunta alla rotonda e mi sono avviata a Donnafugata.” Nell’ interrogatorio di persona sottoposta a fermo del 9 dicembre leggesi Il dott Petralia contesta la coincidenza della presenza di P. V. quella mattina in luogo prossimo al rinvenimento del corpo senza vita di L Il Dott Rota prosegue nella lettura dell’ annotazione e specificatamente alla seconda fase, ossia quella in cui, dopo essere uscita di casa per la seconda volta va a gettare la spazzatura. Vengono citati i luoghi ove sono ubicate le telecamere nonché la sequenza del transito dell’autovettura in uso a P. V. e delle autovetture che la precedono. Il Dott Petralia ribadisce che dalle citate telecamere si nota l’autovettura di P. V. che si immette sulla strada verso il vecchio mulino luogo nella cui prossimità venne trovato il corpo senza vita di L P. V. ribadisce di essere andata in quella zona soltanto per gettare la spazzatura” e, alle precise contestazioni del PM, l’ indagata risponde giustificando la sua presenza in luogo assai prossimo al rinvenimento del cadavere di L. con l’esigenza di buttare la spazzatura”, cioè un sacchetto contenente il pannolino sporco P. V. ribadisce di essere andata in quella zona soltanto per gettare la spazzatura” . Nell’ interrogatorio del 9 dicembre di persona sottoposta a fermo, leggesi ancora testualmente Il Dott Rota e il dott Petralia contestano che P. V. alle 9.25 transita innanzi al distributore di benzina ex Erg sulla strada comunale SP 35 in direzione Punta Secca e viene, immediatamente dopo, ripresa alle 9.25 dalla telecamera dell’ Azienda Agricola Agnello Raffaele che inquadra l’intersezione tra la strada comunale 35 e la strada interpoderale che conduce al mulino vecchio, luogo del rinvenimento del bambino dall’inquadratura della telecamera del sistema di sorveglianza dell’abitazione della famiglia la Cognata ubicata in contrada Pellegrino numero 129 si apprezza il transito della Volkswagen Polo alle 9.36 in direzione della Sp 36 impiegando un tempo di percorrenza pari a circa 11 minuti del tutto incompatibile con il percorso e le modalità di guida della P.”. P. V. afferma Mi sono soltanto fermata per buttare la spazzatura agli incroci che ho incontrato”. E’ in seno a quest’ ultimo interrogatorio che l’ indagata, nella sequenza del febbrile andirivieni da casa e verso casa nella mattina del 29, introduce un particolare narrativo del tutto inedito e cioè un altro rientro prima di andare a Donnafugata per prelevare un’ agenda asseritamente dimenticata e specifica che è un ricordo sopravvenuto il giorno prima quando non ne aveva, tuttavia, parlato. Il postumo ricordo riguarda tuttavia un particolare dettagliato che l’indagata avrebbe dovuto memorizzare e non può essere frutto genuino di un lavorio mentale di ripasso. Si tratta, piuttosto e all’evidenza, di un altro aggiustamento progressivo in funzione difensiva verosimilmente dell’occhio elettronico che vede uscire la P. da casa la terza volta telecamera di Vanity House alle 9.39. P. V. continua a mentire spudoratamente per accreditare anche nella giornata del 29 una normale quotidianità sconfessata dalle sue artificiose ricostruzioni. Quasi superfluo rilevare che non coglie nel segno l’affermazione difensiva che il rinvenimento dell’agenda riscontrerebbe la genuinità del racconto dell’ indagata circa l’occasione che l’aveva indotta a ritornare a casa. E’ di tutta evidenza, infatti, che l’ agenda rinvenuta altro non prova se non che l’indagata ne avesse una e non di certo la genuinità della giustificazione del rientro e cioè la necessità di recuperare l’ agenda dimenticata. E’ un ripensamento di peso gravemente indiziante tanto più se si considera che l’indagata insieme al funzionario di pg aveva ricostruito il tragitto della mattina del 29 verso Donnafugata partendo dai cassonetti e, pertanto, omettendo di descrivere il diverso percorso che ha effettuato partendo da casa, in occasione della terza uscita. La valenza gravemente indiziaria, anche alla luce delle pretestuose giustificazioni dell’indagata, del percorso successivo alla seconda uscita da casa nella mattina del 29, non è incrinata, a parere del collegio, da quello che la difesa ha definito vuoto del cono visivo della telecamera Erg, posta prima del curvone e, pertanto, con un cono di visione limitato alla curva”. Rimane la sequenza di univoco valore accusatorio del transito dell’ autovettura della P. alle 9.25 innanzi al distributore di benzina ex Erg sulla strada comunale SP 35 in direzione Punta Secca e, poi, l’inquadratura della telecamera del sistema di sorveglianza dell’abitazione della famiglia la Cognata, ubicata in contrada Pellegrino numero 129, che logicamente rimanda al transito della Volkswagen Polo alle 9.36 in direzione della Sp 36. L’ argomento difensivo che la telecamera La Cognata”, per la pessima risoluzione delle immagini, non consente di distinguere il passaggio dell’autovettura della P., non resiste alla forza d’urto di un percorso riferito dalla stessa indagata con aggiustamenti progressivi che assumono, nella presente delibazione cautelare, valenza indiziante del suo pieno coinvolgimento nel delitto. Nel complessivo contesto esaminato, l’evidenza oggettiva che l’indagata si trova in zona assai prossima al luogo di rinvenimento del cadavere, secondo i canoni della prova logica, cardine del ragionamento inferenziale indiziario, ne postula il collegamento all’ipotesi ricostruttiva dell’accusa e con altro grado di probabilità alla necessità, per la lucidissima P., di tentare spiegazioni plausibili per nascondere il piano portato a compimento in occasione della seconda uscita da casa e cioè il piano di liberarsi dell’ingombrante cadavere del piccolo sventurato L E’ incredibile che la P., già in ritardo per l’appuntamento a Donnafugata, abbia ritenuto indifferibile l’eliminazione di un sacchetto di spazzatura che conteneva appena un pannolino”. E’ logicamente plausibile che indifferibile fosse piuttosto il percorso della Sp 35 per raggiungere il canalone ove doveva essere eliminato il corpicino di L Corrobora tale valutazione il rilievo del Gip che ha osservato che l’autovettura ripresa dalla telecamera della stazione di servizio Erg alle ore 9.25 e dalla telecamera dell’abitazione La Cognata alle ore 9.36 impiega 11 minuti a percorrere un tragitto che, ad una velocità moderata di quaranta, cinquanta chilometri orari, si percorre in cinque minuti e mezzo a tale riguardo la P. ha dichiarato che in tale occasione la sua andatura era regolare, aveva una velocità non superiore ai 60/ 75 Km/h. sit dell’ 8 dicembre . Alla velocità che l’indagata afferma di avere tenuto senza effettuare altre soste, a parte quella per gettare la spazzatura, rimangono almeno sei minuti di tempo per i quali la P. non fornisce alcuna spiegazione e che avvalorano il fatto che la stessa abbia imboccato la strada del mulino vecchio giungendo sino al posto dove è stato lasciato il corpo del bambino ” La difesa ha molto insistito sulla nebulosità delle immagini relative al transito dell’autovettura della P. lungo la SP 35 ma tale passaggio è riferito dalla stessa indagata e i movimenti dell’indagata la mattina del 29 segnalano un dinamismo proiettato verso il luogo di rinvenimento del cadavere di L., dinamismo che, nella presente delibazione cautelare, assume univoca valenza accusatoria. Eppure la P., già il 30 Novembre, quando ancora non era indagata, ha dichiarato di non essere mai stata in quel luogo Stamani ho avuto modo di vedere il luogo ove è stato trovato L. mai prima d’ oggi mi ero recata in quel luogo e sono certa che anche L. non lo conosceva e non vi si era mai recato” ,che, per contro, conosceva avuto riguardo alle chiare indicazioni emerse nel corso della conversazione telefonica del 6/12/ 2014 progr. 255, intercettata tra la madre e la sorella, trascritta integralmente nell’ordinanza del Gip, trattandosi di luogo prossimo ad una fontana ove la famiglia P. era solita approvvigionarsi di acqua Carmela perchè ti hanno portato a Santa Croce scusa?A. volevano vedere il luogo dove dove stava dove dove si stava impiccando lei. Carmela Si va bene, però non sappiamo preciso, neanche tu sai la serra qual’era, neanche tu lo sai,perché non è che ci hanno portato---//A. No, più o menoCarmela Ah ho capito-A. vicino a dove, indovina?/Carmela No, vicino dove? No non lo so.A. Dove andavate a prendere l’acqua? Noi?---Carmela Dove andavamo a prendere l’acqua non mi ricordo.A. la fontanellaNon c’era una fontanella?---Carmela Ah si.A. li è stato trovato il bambino lì mi hanno fatto passare lo sai come mi sono sentita?--Carmela Va bhe, ma non è che lei si voleva impiccare li la è distante? Ah ecco le voci si sovrappongono A. Nooo distante in linea d’aria no Carmela Ah va bhe.-A. No in poche parole, lei ha potuto prendere al contrario con la macchina ed andarsene a DonnafugataCarmela Ahh Ahh quel posto lì dove .A. Mi è caduto il mondo addosso mamma,mi è caduto il mondo addosso mi è cadutoCarmela Ma noi non abbiamo colpa Linuzza se questa è alienata. A. No mamma per il bambino-Carmela Il bambino non c’è più gioia mia. Non c’è più gioia mia---A. Buio che era mammà, buio che era--Carmela Eh eh, ma scusa ma perché qual è il problema qua? Ma cambia qualcosa per sapere dove si stava impiccando questa?.A. Già il luogo lei lo conosceva no che dice di non sapere dov’era il mulino -Carmela Sì certo, veniva sempre lei a prendere l’acqua con me” . Non smentiscono tale assunto le indicazioni del padre dell’indagata di cui all’ allegato 36 della memoria difensiva. P. F. si è limitato ad esprimere una personale supposizione e cioè che non c’era alcun bisogno di prendere l’acqua nel luogo, di cui discutono, nella conversazione intercettata, la moglie e la figlia A. perché la famiglia si riforniva di acqua minerale aggiungendo che, a suo parere, è impossibile che in quel luogo si siano recati la moglie o altri componenti della sua famiglia. Del tutto neutra sul punto, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, è anche l’ indicazione de relato di D. S. che ha dichiarato di avere spiegato alla moglie che il luogo ove era stato rinvenuto il cadavere del figlio era vicino alla casa di campagna dove aveva abitato V. con la sua famiglia e che la moglie gli aveva detto di non conoscerlo. L’indicazione della madre dell’indagata, in una spontanea conversazione, della cui genuinità non vi è ragione di dubitare, rimanda alla conoscenza del luogo ove c’era il canalone da parte della P., avvalorata tale conoscenza dalla considerazione logica che la stessa ha abitato in una casa non lontana dalla zona del vecchio mulino. Rimane, comunque, il significato indiziante di un comportamento dell’indagata che, in questa fase incidentale, persino a voler prescindere dalle immagini contestate dalla difesa, supporta ragionevolmente la consistenza dell’ipotesi accusatoria. Definiscono un contesto di univoca gravità indiziaria anche le dichiarazioni rese dall’indagata in data 8 dicembre relative sia alla discussione” tra la P. e L. la mattina del 29 sia al particolare delle fascette”. Nelle predette dichiarazioni dell’8 dicembre, oltre alle indicazioni della P. relative al vissuto familiare e al percorso esistenziale sul punto si richiama integralmente e per relationem il verbale di dichiarazioni di persona informata dei fatti” alle pagg. da 498 a 505 del fascicolo processuale , si delineano, invero, ancora più chiaramente, le ragioni della discussione che c’era stata con L. la mattina del 29 e si definisce nitidamente un antefatto della vicenda che rimanda all’ostinazione del bambino di rimanere con la madre con conseguente ragionevole alta probabilità che quel giorno, contrariamente a quanto sostenuto dall’indagata, L. non si è arreso ed ha preteso di rientrare a casa poco prima della partenza in macchina della P. che, alla fine, suo malgrado, subisce il capriccio del bambino Sabato 29 11.2014 L. non voleva andare a scuola perché voleva venire con me al corso culinario di bimby. Una volta salito in macchina si è calmato e anzi appariva convinto, poiché quel giorno c’era lezione di tecnologia che a lui piaceva. Quel giorno io mi sono alzata alle ore 7.30. Il primo a presentarsi in bagno, poco dopo di me, è stato Diego infatti è stato proprio quest’ ultimo a svegliare L., chiamandolo con insistenza. L., seppur con un po’ di svogliatezza, ha iniziato a vestirsi da solo La mattina del 29/ 11/ 2014 sia io che L. e Diego siamo usciti di casa in ritardo sia perché L. come al suo solito faceva i capricci sia perché ho dovuto preparare la spazzatura. Non ricordo l’ora esatta, il ritardatario era sempre L.” . E’ in seno alla dichiarazione dell’8 dicembre che la P., per la prima volta, racconta agli inquirenti anche la richiesta che L. le fece quella mattina di prendere tutto il pacco contenente fascette di plastica che era custodito a casa dicendo che gli servivano per alcuni esperimenti da fare in classe, circostanza questa radicalmente falsa perché sconfessata dalla maestre che sono state sentite sul punto. In data 8 dicembre la P., al riguardo, ha addirittura specificato che aveva dissuaso il bambino dicendogli che doveva portare poche fascette e ha precisato di non avere visto dove L. aveva messo quelle fascette, aggiungendo di non ricordare se il bambino ne avesse messe alcune nello zaino, circostanza, anche quest’ ultima, smentita dall’inchiesta orale avendo proprio una della maestre e segnatamente la Nativo specificato che era stata proprio l’indagata, al momento del racconto delle fascette”, a specificare che L. le aveva riposte nello zaino o in tasca. Prima di uscire L. mi disse che a scuola stavano facendo degli esperimenti con le fascette cosicchè preso il pacco che custodiamo in casa voleva portarlo al seguito per intero. Io l’ ho dissuaso dicendogli che doveva portarne soltanto pochi. Non ho visto se il bambino ne ha messe alcune nello zaino”. E’ nella dichiarazione dell’8 dicembre che l’indagata introduce anche il particolare di avere salutato la vigilessa quando avrebbe fatto scendere L. sono giunta davanti alla scuola dove c’era la vigilessa, mi sono fermata in mezzo alla strada, ho aperto lo sportello, ho fatto scendere il bambino, ho salutato la vigilessa che conosco perché abitante vicino mia suocera e sono andata via”. Tale ultimo dato è stato sconfessato dalla Sc. che, nelle dichiarazioni del 15 dicembre innanzi al Pm, ha testualmente dichiarato non avevamo un rapporto tale che potesse generare un vicendevole saluto. Non ci siamo mai salutate davanti a scuola”. P. V. continua a mentire spudoratamente. Tutte le versioni della P. sono dense, così come rettamente dedotto dall’ accusa, di incongruenze, menzogne, ricordi postumi e i percorsi descritti dall’ indagata, per la loro anomalia, anche confrontati con quelli dei giorni precedenti puntualmente ricostruiti dal Gip nell’impugnata ordinanza che anche sul punto si richiama per relationem , disegnano tracce che in termini di verosimiglianza, plausibilità, alta probabilità confermano l’ enunciato di accusa. Per tale profilo non appaiono condivisibili le osservazioni di cui alle pag. 23 della consulenza di parte Pietrini–Sartori secondo cui le versioni dell’indagata non sono frutto di intenzionale simulazione ma di fisiologico errore di ricordo ascrivibile allo stress psicologico elevatissimo di una madre per la morte cruenta del figlio. Al riguardo è sufficiente rilevare che la P. mente anche quando viene sentita nell’immediatezza della scomparsa di L. come persona informata dei fatti, in un momento in cui, secondo la miglior scienza di psicologia della testimonianza, la memoria non solo era pienamente efficiente e, pertanto, limpidissima ma quando come madre aveva tutto l’ interesse a ricostruire dettagliatamente anche i propri movimenti, persino quelli apparentemente insignificanti, al fine di fornire agli inquirenti tutti gli elementi utili alla ricostruzione del tragico evento . E il mendacio è conclamato perché la P., per sua stessa ammissione, ha una discussione con L. che non vuole entrare a scuola non lo vede entrare all’ interno della scuola, nonostante il ritardo e lo avrebbe lasciato solo senza vedere l’ingresso rientra a casa appena accompagnato Diego e poi esce nuovamente con una manovra di posteggio dell’ autovettura di fronte al garage che non può aprire subito perché non ha le chiavi, tanto che è costretta ad un farraginoso ingresso dall’ interno ripreso dalla telecamera su via Garibaldi seleziona un percorso in direzione del tutto opposta al castello di Donnafugata in occasione della seconda uscita da casa con un ricordo postumo di un’agenda dimenticata che la costringe ad un ennesimo irragionevole rientro presso la propria abitazione. Il rientro del bimbo in casa la mattina del 29, pochi minuti prima della partenza dell’ auto della P., tenuto conto dell’evidenza disponibile, è, sul piano logico, strettamente correlato proprio all’antefatto della vicenda e ai movimenti della stessa P. in quella giornata. La sagoma” ripresa dalla telecamera Vanity House alle ore 8.30, che, per la difesa, è del tutto neutra per la sua opacità, ai fini della ricostruzione degli eventi, a parere del collegio, si definisce della corporeità di L. alla luce di una prova logica che conclama che a rientrare subito, dopo essere uscito con la madre e il fratellino, è stato proprio lo sventurato bambino. Più volte il collegio ha visionato l’immagine che rimanda ad una figura umana che si avvicina al portoncino della palazzina degli S Non è contestato, anche perché il relativo movimento è un movimento in entrata, che si tratti di un rientro”. Non si tratta di enfatizzare, in senso accusatorio, la compatibilità dell’immagine ripresa dalla telecamera con la figura di L., compatibilità affermata nelle sit del 9/12/ 2014 da una fonte qualificatissima, quale è il padre del bambino, quanto piuttosto di prendere atto che quel rientro incontestato nella sua oggettività anche dalla difesa è un rientro che, per la sua immediatezza rispetto all’uscita, si inscrive, più che plausibilmente, nella discussione animata che continua tra la mamma e il bambino e rimanda alla determinazione di L. nel capriccio ostinato di non volere andare a scuola. E’ un rientro che turba i piani di V. P. e la costringe a ritornare a casa alle 8.48 subito dopo aver accompagnato Diego. Avvalorano tale conclusione il ritorno di V. P. a casa alle 8.48 la telacamera Vanity House di via Roma riprende la P. rientrare a casa l’ assenza di L. da scuola quella mattina. la circostanza che la P., che è a bordo della macchina di fronte al portoncino di casa, mai ha indicato il soggetto diverso da L. che sarebbe entrato a casa in quel momento e che dal suo angolo visuale ben poteva vedere l’ ulteriore dato, parimenti emerso dall’ inchiesta orale di cui alle pagg. 415 e segg. del fascicolo processuale e dall’indagine integrativa di cui alle sit depositate dal Pm innanzi al Tribunale del Riesame, che nessuno dei condomini dello stabile di via Garibaldi 82 ha dichiarato di essere rientrato a casa nella fascia oraria in cui si vede l’ immagine ripresa dalla telecamera. Giova precisare che, dall’inchiesta orale dei condomini della palazzina di via Garibaldi 82, è emerso che vi abitano cinque famiglie. Al terzo piano gli S. e gli Hoxha, questi ultimi con i figli Talentina, Leart e Saoela rispettivamente di anni 14, 8 e 17. Al secondo piano i coniugi M. I. da soli. L’ altro appartamento è disabitato. Al primo piano abitano la famiglia D. E. con i figli A. e Al. di anni 11 e 6 e i coniugi E. Ta., i cui figli, di anni 32 e 38 ,di fatto non risiedono nello stabile. Sullo stesso pianerottolo degli S. abita la famiglia Hoxha e il 29 mattina, come ha dichiarato Hoxha Partizan, lui stesso insieme alla moglie Hoxha Margarita e alla figlia Saoela erano andati a lavorare nelle serre. Hoxha Margarita ha specificato che la mattina, per andare nelle serre, l’orario di uscita è quello delle 6.50/7.00. L’ altra figlia degli Hoxha, Talentina, ha riferito di essere uscita di casa per accompagnare a scuola il fratellino Leart alle 8.10, di averlo lasciato di fronte al cancello della scuola alle 8.20 e di essere, poi, andata a scuola, a sua volta. Nessuno degli H. rientra a casa prima dell’ora di pranzo e nessuno degli H. è in casa la mattina del 29. Sul punto è stata molto precisa Hoxha Margarita nelle dichiarazioni del 3/ 12 2014 confermo che la mattina del 29/11/2014 dentro la mia abitazione non c’era nessuno” . I coniugi I. M., che abitano al secondo piano, hanno reso dichiarazioni incompatibili con un rientro a casa intorno alle 8.30 della giornata del 29. Il M., nelle sit del 3/ 12/ 2014, ha dichiarato di essere uscito da casa alle 6.45 per recarsi in contrada Puntillo per lavorare un pezzo di terra. Ha specificato di essere uscito con la propria autovettura che era posteggiata dentro il box e di essere rientrato alle 8.45 posteggiando la propria auto in strada. Ha anche specificato che sia all’ uscita che al rientro non aveva incrociato nessun condomino. Alle 9.20 era uscito nuovamente con la moglie per recarsi a fare la spesa ed erano rientrati alle 10. 30. Il M. ha specificato che anche la moglie era uscita già una prima volta rientrando in casa alle 9.15. Nelle dichiarazioni che ha reso il 16/ 12/ 2014 ha specificato che rientrato a casa dalla campagna alle 8.50 aveva posteggiato la sua auto AR 155 di colore bordeaux nella traversa che interseca la via Garibaldi, proprio subito dopo la mia palazzina perché dovevo uscire per fare la spesa”. Le indicazioni del M., quanto ai movimenti della mattinata, sono state confermate dalla moglie I. A. che ha specificato, nelle sit del 3/ 12/ 2014, che sabato 29 novembre era uscita di casa alle ore 7.50 per comprare i panini alle nipoti, che aveva, poi accompagnato, insieme alla figlia Rosalia a scuola presso lo stesso istituto Falcone Borsellino frequentato da L Era, poi rientrata a casa alle 9.15 per uscire nuovamente con il marito per fare la spesa ed era rientrata alle 10.30. Nemmeno i coniugi Ta. G. ed E. C. possono essere rientrati alle 8.30 circa del giorno 29. La Ta., che è casalinga a tempo pieno, nelle sit del 3/ 12/ 2014, ha dichiarato di essersi svegliata quel giorno alle 7.30, di avere preso delle medicine e di essersi nuovamente addormentata sino alle 10.00, di essere uscita alle 10.30 per recarsi presso la lavanderia Il Pulcino”, sita nei pressi della sua abitazione per fare rientro a casa poco dopo. Il marito E. C. è uscito alle 9.15 a bordo della propria autovettura Fiat Punto recandosi a Punta Braccetto alle 9.28 per fare attività fisica cronometrata. Alle ore 11.10 si era rimesso in auto per rientrare a casa alle 11.20 circa. Subito dopo era nuovamente uscito per andare al supermercato, poi dal barbiere e poi dal macellaio rientrando definitivamente a casa alle 12.15 circa. Anche i coniugi Dantoni D.N., che abitano nello stabile di via Garibaldi 82 insieme ai figlioletti A. e Al., la mattina del 29 sono usciti da casa alle ore 7.55. La D.N. è stata accompagnata dal coniuge al supermercato ove entrambi lavorano ed il D. ha accompagnato a scuola i figli, facendo ritorno al supermercato, ove la D.N. è rimasta sino alle 14. 40 mentre il D. sino alle 13.15. Nessuno dei componenti la famiglia D. rientra a casa la mattina del 29 dopo l’ uscita delle ore 7.55 e sino all’ ora di pranzo. Ciò è quanto emerso dalle sit che hanno reso i coniugi D.N. D. rispettivamente il 3/ 12/ 2014 il 16/12/ 2014. La consulenza di parte Bassolino ha concluso nel senso che la scarsa visibilità dei particolari ripresi dalla videocamera e la valutazione, seppur approssimativa, della elongazione verticale fra la silhouette di L. e quella del SNN soggetto non noto , nonché le diverse tonalità dell’abbigliamento non consentono di affermare che i due soggetti siano la stessa persona. La consulenza, che, contraddittoriamente, da una parte segnala la scarsa visibilità dell’immagine e per altro verso distingue addirittura le tonalità dei colori dell’ abbigliamento della sagoma”, non tiene, tuttavia, conto che è proprio la successione dei movimenti delle tre figure che escono dal portone è incontestato che si tratti della P. e dei figli Diego e L. e la visione immediata di un soggetto che rientra ad indurre la ragionevole probabilità che quel soggetto altri non possa essere che L., tanto più ove si consideri che Leart, A. e Al., cioè gli altri bambini della palazzina, sono usciti, che Diego, è pacifico, sia con la P. e che nessuno degli altri condomini rientra alle 8.30. Non sono idonee a falsificare l’attendibilità di tale ricostruzione, a parere del collegio, le dichiarazioni di E. Lo Nelle sit del 30/ 11/ 2014 la E. ha testualmente dichiarato Ieri 29/ 11/ 2014 intorno alle ore 8. 40 mi trovavo presso la mia abitazione situata in questa via Marsala civico 8. Mentre uscivo di casa per recarmi da mia madre nei pressi dell’ angolo della strada via Marsala angolo via Aspromonte notavo la presenza di un bambino che con aria spaesata si soffermava all’incrocio come pensando a quale direzione prendere”. La E. ha, poi testualmente aggiunto vedendo la giovane età e insospettitami anche che l’orario scolastico era già abbondantemente superato in quanto guardavo l’ orologio al polso che segnava le 8.40 e domandavo al bambino cosa ci facesse lì a quell’ora e come mai non si fosse recato a scuola. Qui il bambino prontamente rispondeva sìsì ora ci vado” lasciandolo quindi fermo in quel punto all’ angolo tra la via Aspromonte e la via Marsala . No mai prima di ieri mattina non avevo mai visto il predetto bambino il quale aveva una presunta età di circa otto anni e che non avevo mai incontrato nel quartiereil bambino era vestito con un giubbotto di colore blue e un paio di jeans portava sulle spalle uno zaino di cui non rammento il colore e la marca. Sì il bambino era fermo all’angolo tra via Aspromonte e la via Marsala e mi ha dato l’impressione di volere attraversare la strada in direzione della periferia del paese, ossia presumo verso il quartiere di Fontana Paradiso. Riconoscevo dalla foto pubblicata sui giornali che il bambino che avevo visto ieri mattina 29/ 11/ 2014 alle ore 8.40 aveva tratti somatici imolto simili a quella della fotografia diffusa e corrispondente alla scomparsa di S. A. L.”. Secondo la ricostruzione della difesa, tenuto conto delle dichiarazioni della E., alle 8.40 L. si sarebbe trovato all’ angolo tra la via Marsala e la via Aspromonte, ciò a conferma del fatto che, seppur accompagnato nei pressi della scuola dalla P., il bambino si sarebbe allontanato incorrendo così nel tragico e misterioso incontro, in cui avrebbe trovato la morte. L’indicazione della E. sarebbe, pertanto, un passaggio essenziale di falsificazione dell’accusa nei confronti della P Siffatta conclusione non tiene tuttavia conto, a parere del collegio, da un canto dell’inattendibilità intrinseca della dichiarazione della E. e, per altro verso, dell’incompatibilità della ricostruzione difensiva per cui la E. avrebbe incontrato L. alle 8. 40 sia con la sequenza oraria delle immagini delle telecamere sia e soprattutto con la versione della stessa P In punto di inattendibilità intrinseca, e trattasi di rilievo decisivo, il collegio non può non rilevare che l’affermazione Riconoscevo dalla foto pubblicata sui giornali che il bambino che avevo visto ieri mattina 29/ 11/ 2014 alle ore 8. 40 aveva tratti somatici molto simili a quella della fotografia diffusa e corrispondente alla scomparsa di S. A. L.” è in sé vaga e approssimativa e l’imprecisione del ricordo è viepiù apprezzabile se si considera che la E. ha parlato con il bambino e doveva, pertanto, ricordarne con maggiore accuratezza soprattutto i tratti somatici e quindi individuare L. senza ombra di dubbio. Anche a voler prescindere dall’approssimazione dell’individuazione di L., pregna di incertezza, soprattutto perché basata su una foto di L. esaminata dalla E. che non lo conosceva, il collegio osserva che la ricostruzione della difesa è paradossalmente smentita dalla stessa versione della P. che, nelle sit del 5/12/ 2014, ha precisato di essere partita da casa tra le 8. 30 e le 8.40 e che nel momento in cui è in via Roma e sta per svoltare, sempre stando alla sua versione, è ancora con L Le immagini della telecamera TC24 inquadrano l’auto della P. alle 8.39 mentre è in via Roma ed aziona l’indicatore di direzione per svoltare su via Amedeo. E’ sconfessata, pertanto, la possibilità che sia L. il bambino disorientato che ha incontrato la E. alle 8.40 all’angolo tra la via Marsala e la via Aspromonte, tanto più se si considera che tra la via Roma e la via Marsala c’è una distanza, stando alle mappe, di dieci minuti a piedi. Si definisce ulteriormente, alla luce dei predetti dati scaturenti dall’inchiesta orale e dall’evidenza documentale, il mendacio della negazione ostinata di V. P. di non avere svoltato per via Amedeo, di avere accompagnato L. a scuola e si delinea, in tutta la sua nitidezza, la plausibilità, la verosimiglianza, la probabilità alta che L., la mattina del 29, sia rientrato a casa, con le chiavi che gli ha dato sua madre e che questo sia avvenuto poco dopo che, insieme alla madre e al fratellino, si stava avviando a scuola e mentre era verosimilmente in corso la discussione” insorta perché il bambino voleva rimanere con la madre. Non inducono a diversa valutazione le dichiarazioni doppiamente de relato di D. S. , di cui al verbale delle dichiarazioni rese dalla P. il 29/ 11/2014 L’Ufficio dà atto che alle ore 22.00 circa, è intervenuto il marito S. M. D. 3203091357 , in atti generalizzato, il quale immediatamente riferisce alla moglie di aver saputo dalla propria zia, APRILE M. G., a sua volta informata dalla signora di un forno lì vicino, che il bambino, questa mattina, era passato a prendersi un panino col prosciutto . E’ la stessa indagata che ha sostenuto che quella mattina, a causa del ritardo, aveva messo nello zaino di L. due merendine e, pertanto, che con L. non era passata dal panificio Sacro Cuore” a differenza di quanto nitidamente si vede dalle immagini delle telecamere nei giorni 27 e 28. Concorre a definire la manipolazione narrativa della P. anche il minuzioso racconto di incombenze, di quella caotica giornata, a Cavallo A. titolare della ludoteca, quando la stessa P. alle 12.25 va a prendere Diego. Cavallo A. gestisce la ludoteca Divertilandia, sita in via Giardino 17, frequentata da Diego e ha dichiarato, nelle sit dell’1/12/2014, che V. P. era entusiasta del corso di cucina e raccontava di avere preparato una ricetta con spinaci e ricotta. L’indagata si era seduta con Diego e gli aveva dato la pastina dicendogli di mangiare perché doveva andare a prendere L., che usciva alle 12.30. E’ una sottolineatura che, alla luce degli accadimenti di quella giornata, appare mirata a catturare l’attenzione della maestra e si inserisce nel lucido piano perseguito con sconcertante freddezza dall’indagata di focalizzare l’attenzione sulla sua certezza, in quel momento, della presenza a scuola di L Ed è una ricerca di attenzione da parte della maestra della ludoteca catturata affannosamente tanto che è sempre V. P. a ricordare alla Cavallo che riteneva di avere lasciato al corso di formazione culinaria un orologio forse perché, lavorando con il bimby,” lo aveva dovuto togliere per lavarsi le mani al punto che la Cavallo le aveva suggerito di chiamare al castello per verificare se ci fosse l’orologio. Dirà la Piazzese, nelle sit dell’1/ 12/2014, titolare del corso Bimby,di non ricordare se la P. indossasse o meno un orologio da polso. E’ in seno alla dichiarazione dell’8 dicembre giova ribadirlo che la P., per la prima volta racconta agli inquirenti la richiesta che L. le fece, la mattina del 29,di prendere tutto il pacco contenente fascette di plastica che era custodito a casa dicendo che gli servivano per alcuni esperimenti da fare in classe, circostanza questa radicalmente falsa perché sconfessata dalla maestre che sono state sentite sul punto. In data 8 dicembre, la P. al riguardo ha, in particolare, specificato che aveva dissuaso il bambino dicendogli che doveva portare poche fascette e ha precisato di non avere visto dove L. aveva messo quelle fascette aggiungendo di non ricordare se il bambino ne avesse messe alcune nello zaino, circostanza, anche quest’ultima, smentita dall’ inchiesta orale, avendo proprio una delle maestre, e segnatamente la Nativo, specificato che era stata proprio l’ indagata, al momento del racconto delle fascette”, a specificare che L. le aveva riposte nello zaino o in tasca. Tassello di chiusura del costrutto indiziario, che ne definisce la gravità, nel complessivo contesto esaminato, è, infatti, la disponibilità domestica, da parte dell’ indagata, dell’arma atipica del delitto e cioè la fascetta stringicavo con cui è stato strangolato il piccolo sventurato L Riscontra ulteriormente l’accusa l’inquietante urgenza di comunicare alle maestre la richiesta di L. di portare con sé a scuola quelle fascette per esperimenti in classe smentiti, dato smentito dalle maestre. Si delinea il tentativo disperato di V. Panerello di allontanare da sé i sospetti di coinvolgimento nell’omicidio, simulando un improvviso ricordo di una richiesta di L., di cui mai aveva parlato prima . E’ un tassello cruciale della sequenza indiziaria. L’ immagine del collo del bimbo di cui al fascicolo dei rilievi tecnici consente di apprezzare nitidamente l’impronta della fascetta con cui è stato portato a compimento il delitto. E’ V. P. che assume l’iniziativa di contattare le maestre di L. e, alla luce della sbandierata richiesta di L. di portare con sé a scuola le fascette”, tale iniziativa deve ragionevolmente ritenersi dolosamente preordinata a liberarsi del macigno accusatorio della disponibilità del reperto indiziante . V. P. manipola e inventa la richiesta di L. per l’esperimento che sarebbe stato programmato a scuola, un esperimento inesistente perchè radicalmente sconfessato dalle maestre . E’ G. Cl., amica e vicina di casa della P. a riferire nelle sit dell’ 11/ 12/ 2014, che, nei giorni immediatamente successivi al rinvenimento del corpo senza vita di L., in un’occasione in cui si era recata in casa dell’indagata per farle visita, la stessa indagata aveva esternato la volontà di parlare con le maestre di L. Nei giorni immediatamente successivi al rinvenimento del corpo senza vita del piccolo L. in un’ occasione in cui sono andata fare visita a V., costei ebbe ad esternarmi la volontà di volere interloquire con le maestre di L.” . . Essendo in ottimi rapporti con una della maestre e precisamente con la Iacono, la sera di lunedì 1 dicembre l’aveva contattata. La maestra Iacono aveva aderito all’ invito e aveva chiesto alla G. di accompagnarla. Il giorno successivo la Iacono, accompagnata dal marito e dalla collega M Nativo, aveva citofonato alla G. e insieme tutti si erano recati in casa dell’ indagata. Ivi giunti, avevano trovato D. S., sua madre Pina, la madrina di D., nonché altre persone, di cui la G. non ricorda l’ identità. Era sopraggiunta anche la madre di V. con il figlio più piccolo, Desirè ,figlia della G. e un’altra donna forse la sorella di V. accompagnata da un uomo . L’arrivo della madre aveva fatto mutare l’atteggiamento di V. con una manifestazione di aperta ostilità. Durante la visita V. si era alzata di scatto e, sebbene riuscisse a tenersi in piedi a stento, aveva prelevato il telefonino che era sul muretto divisorio del salone, mostrando ai presenti alcune foto e alcuni video riguardanti L Dopo avere avvertito un malessere che aveva indotto i presenti a farla stendere sul divano Tale fatica generava in V. un malessere che ci induceva a farla stendere sul divano” , di lì a poco si era seduta nuovamente e le maestre avevano mostrato i disegni fatti dai bambini per L Il dialogo verteva sul bambino e sul miglioramento scolastico dell’ultimo periodo. Nell’affrontare con M , la maestra di scienze, il discorso relativo agli esperimenti trattati nelle ultime lezioni con la carta, l’acqua e la colla V. saltava in piedi dicendo che il venerdì sera il bambino le aveva chiesto di poter portare il giorno successivo a scuola delle fascette di plastica al fine di utilizzarle in uno dei lavori di scienze senza però specificare nei dettagli le modalità d’ uso”. Al fine di fornire migliori dettagli relativi alle sue indicazioni V. aveva invitato ripetutamente e con insistenza” il marito a prelevare le fascette. D. si era recato nello sgabuzzino e aveva prelevato una confezione già aperta contenente delle fascette di colore bianco e le cedeva alla maestra”. La G. a questo punto ha dichiarato in relazione alla reazione della maestre Queste ultime esterefatte dicevano a V. che quelle fascette non sono assolutamente materiale da portare per qualsiasi tipologia di lavoro scolastico. Il marito della signora Iacono, a questo punto, che di professione fa l’avvocato, avendo probabilmente intuito che quelle fascette potevano essere utili per le attività investigative invitava V. a cederle alla di lui moglie probabilmente al fine di consegnarle, successivamente alle FF.OO. V. aderiva subito all’invito. Nei minuti seguenti andavamo tutti via”. La versione della G. è stata confermata dalle maestre Nativo e Iacona nelle sit dell’1/12/2014 con la puntualizzazione, da parte della Nativo che la P. le aveva consegnato le fascette con la preghiera di comunicare il dato alle forze dell’ ordine. La maestra Nativo nelle sit dell’ 1/ 12/ 2014 ha riferito, in particolare, che, quando insieme alla collega Iacono si erano recate in casa S., si era verificata una circostanza strana ovvero, quasi sul punto di andare via, la P. si era ricordata e aveva fatto presente che L., prima di uscire di casa per essere accompagnato a scuola le aveva detto di aspettare, perché aveva dimenticato di prendere una cosa che serviva per un esperimento di classe. Aveva appoggiato lo zainetto a terra ed era tornato sui suoi passi e dopo alcuni istanti era tornato sull’ uscio recando in mano un sacchetto di plastica colorato dal quale aveva estratto alcune fascette di plastica del tipo che si utilizzano per legare e fissare vari oggetti Questa sera quando io e la collega IACONO siamo andati a fare visita ai genitori di L., si è verificata una circostanza strana, ovvero quasi sul punto di andare via, la madre si è ricordata e quindi ci ha comunicato, che L. sabato mattina, prima di uscire di casa per essere accompagnato a scuola, le ha detto di aspettare perché si era dimenticato di prendere una cosa che serviva per un esperimento di classe. Pertanto aveva poggiato lo zainetto a terra ed era tornato indietro nei suoi passi e dopo alcuni istanti era ritornato sull’uscio recando in una mano un sacchetto di plastica colorato dal quale aveva estratto alcune fascette di plastica del tipo che si utilizzano per legare e fissare vari oggetti. Il bambino aveva quindi preso solo alcune delle fascette in parola e le aveva riposte o all’interno dello zaino o in tasca, lasciando a casa la busta contenente le altre fascette. Io personalmente ho rappresentato alla madre che le fascette, che poi mi ha dato e che io vi consegno, intanto erano oggetti ritenuti pericolosi per dei bambini e che comunque non erano state richieste per gli esperimenti che dovevamo eseguire. L’esperimento che da ultimo stavo trasmettendo alla classe era il riciclo della carta da effettuarsi facoltativamente a casa e sicuramente non comportava l’utilizzo di tali fascette” . Iacono Teresa,anche lei insegnante nella classe III D, scuola Falcone Borsellino frequentata da L. la maestra era assente sabato 29 perché era il suo giorno libero , ha confermato che, quasi sul punto di andare via da casa S., in occasione della visita alla P., la stessa si era ricordata che L. sabato mattina prima di uscire da casa per essere accompagnato a scuola le aveva chiesto per un esperimento di classe delle fascette di nailon che, poi, la stessa P. aveva consegnato alla Nativo con la preghiera di comunicare il dato alle forze dell’ ordine . La collega aveva fatto presente che le fascette, oltre ad essere oggetti ritenuti pericolosi per dei bambini, non erano state richieste per gli esperimenti che si dovevano eseguire. Anche P. A. ha narrato, nelle sit del 6/ 12/ 2014, l’episodio delle fascette confermando che la sorella aveva fatto presente che, per fare gli esperimenti, L. le aveva chiesto le fascette in plastica e che la maestra, sorpresa, aveva ribadito che la scuola non aveva chiesto nessuna fascetta anche perché tali oggetti sono pericolosi per i bambini”. Testualmente P. A. ha dichiarato Verso le ore 18.10 quando mia madre e Daniele sono andati via V. è stata colta da malore tanto che D. l’ ha dovuta sorreggere e farla sdraiare sul divano. Credo che si sia trattato di una sceneggiata e tra poco spiegherò il motivo. V., ancora sdraiata sul divano, ha chiesto alla maestre se fosse vero che a scuola stavano facendo degli esprimenti di scienze, ottenendo risposta affermativa la stessa chiedeva di che tipo di esprimenti si trattava la maestra raccontava che si trattava di esperimenti fatti con la carta, con la colla e con l’ acqua. A questo punto V. diceva che per fare tali esperimenti L. aveva chiesto delle fascette in plastica. La maestra, sorpresa, ribadiva che la scuola non aveva chiesto nessuna fascetta anche perché tali oggetti sono pericolosi per i bambini. A quel punto V. rivolgendosi al marito diceva D. vai a prendere le fascette”. D. è andato nello sgabuzzino ed è ritornato con un pacchetto di fascette il pacchetto era aperto e ne mancava almeno la metà ricorso che erano delle fascette bianche e lunghe. A questo punto V., nonostante poco prima si fosse collassata, si è alzata di scatto, ha strappato le fascette dalle mani di D. e le ha consegnate alla maestra dicendole Queste sono le fascette che mi aveva chiesto L.”. La maestra le ha prese ribadendo che non aveva chiesto a Lois alcuna fascetta. Nella circostanza V. ha anche affermato che venerdì sera quando aveva preparato lo zainetto di L. all’ interno erano stare messe dl lei o dal bambino non lo ricordo bene le fascette mancanti dalla busta”. Tutte le predette dichiarazioni sono convergenti nel nucleo essenziale che è stata la P. a provocare il discorso sull’ utilizzo delle fascette di plastica per esperimenti in classe, che è stata sempre la P. a segnalare la richiesta di L. di portarle con sé e che quelle fascette a scuola non erano state mai richieste per qualsivoglia esperimento perchè ritenute pericolose per i bambini. Nativo M. A. effettivamente ha, poi consegnato agli inquirenti in data 1/ 12/ 2014 una busta di plastica trasparente con fasce di colore giallo rosso, recante la marca delle fascette scotchflex con indicata la misura delle stesse 280 X 4,5 mm, con all’interno 29 fascette in nailon di colore bianco” il verbale di acquisizione delle fascette è a pag. 87 del fascicolo processuale . Inappaganti le risposte della P. sul punto relativo alla consegna delle fascette a L Nell’ interrogatorio innanzi al Gip, dopo avere confermato le dichiarazioni pregresse, alla domanda del Gip Ed effettivamente le ha prese le suo figlio? L’ indagata ha risposto ”Certo mio figlio sì, gli aprii lo sgabuzzino all’inizio stava prendendo tutto il pacco io gli dissi cosa prendi tutto il pacco, io gli dissi Cosa prendi tutto il pacco papà poi si arrabbia se non li trova lo sai che poi” Allora ne ha presa un quattro cinque lì, un tre quattro, ce l’ aveva in mano non le ho contate di preciso” Giudice per le indagini preliminari In quell’ occasione poi dopo che avete avuto quella discussione con le maestre che ha fatto lei che ha dato le fascette alle maestre come Indagata P. Non ricordo se fu mio marito, qualcuno, di avvisare il dottor C.”. Si definisce, secondo logica, l’ implausibilità dell’ ipotesi che un estraneo assassino possa avere cercato nelle tasche o nello zainetto di L. lo strumento per ucciderlo. Concorre ad ispessire la gravità indiziaria nei confronti dell’indagata, il protratto silenzio nei confronti del coniuge , appresa la sconvolgente notizia che L. non era a scuola. E’ un silenzio incomprensibile. V. chiama i suoceri, chiama il padre P. F., chiama l’ amica e vicina di casa G., contatta l’ azienda dove lavora il coniuge, ma non avverte mai D Tace e il suo silenzio ha un’eloquenza accusatoria specifica perché, nel complessivo contesto esaminato, è un silenzio denso di equivocità e di diabolica consapevolezza dell’orribile misfatto. Alle 12.50 V. P. chiama la mamma di D. e, piangendo le chiede, se avesse visto L. sit 29/ 11/ 2014 . E’ una telefonata che allarma la suocera con la quale non intercorrevano buoni rapporti tanto che alla nonna paterna era inibito di vedere i nipoti. Ciò nondimeno V., appresa la scomparsa di L., avverte la suocera. V. telefona anche al suocero S. A. alle ore 12.30-12.40 sit dell’ 1/ 12/ 2014 e, preoccupata, gli comunica di avere saputo che L. non era mai arrivato a scuola nonostante lei lo avesse accompagnato nei pressi dell’ istituto scolastico. La circostanza della telefonata di V. è stata confermata nelle sit del 30/ 11/ 2014 anche da Fiorilla Andreina, compagna di A. S., raggiuto telefonicamente dalla nuora poco dopo le 12, 20. Anche P. F. viene più volte contattato dalla figlia e, nelle sit del 30/ 11/ 2014, ha precisato che, intorno alle 14 30, allorchè si era svegliato,si era accorto che, più volte, era stato chiamato da V G. Cl., vicina di casa e amica della P., nella sit del 2/ 12/ 2014, ha riferito che giorno 29 novembre, alle ore 13.30, mentre stava pranzando, aveva ricevuto una telefonata dall’indagata che le aveva chiesto se L. era a casa sua e, alla risposta negativa dell’amica l’aveva invitata ad affacciarsi al balcone per comunicarle l’ eventuale arrivo di L T. C., amministratore e responsabile della logistica del gruppo Ibelo Trasporti” dove lavora D. S., nelle sit del 5/ 12/ 2014, ha riferito che alle ore 13.45 sull’utenza fissa dell’azienda era arrivata la telefonata di V. che li aveva informati che era scomparso L. e che il marito doveva rientrare al più presto. Il T. ha precisato che si erano adoperati per informare lo S. e far sì che cambiasse itinerario per farlo rientrare a Ragusa, senza allarmarlo per i fatti di cui erano venuti a conoscenza. D. S., dal canto suo, nelle sit del 30 Novembre, ha dichiarato che era partito in data 27 11/, nel primo pomeriggio, per la sua attività di autotrasportatore del gruppo Ibleo, alla volta di Verona e, nella fase del ritorno, intorno alle ore 14.00, era stato avvisato dai CC di Ragusa he L. non era rientrato da scuola e , pertanto, che lo stavano cercando. Appresa la notizia, aveva interrotto la pausa pranzo e si era diretto verso il porto di Napoli dove avrebbe dovuto lasciare l’autotreno per poi prendere un volo per Catania. Soltanto alle 18.00 poiché non riusciva ad avere notizie concrete né dalla moglie né da altri tramite Internet aveva appreso del rinvenimento del cadavere del figlio all’ interno di un canale nelle vicine campagne di Santa Croce Camerina”. Nonostante il tentativo di avere ulteriori notizie non riusciva nell’ intento e alle ore 19.50 prendeva un volo per Catania e al suo arrivo veniva accolto dal T. e da E. Renato, un amico di Santa Croce Camerina. Durante il tragitto era stato contattato telefonicamente dal padre che gli aveva detto di raggiungerlo in Questura. Nessun contatto diretto si registra, pertanto, tra la P. e il marito nell’ angoscioso arco di tempo tra la scoperta della scomparsa del bambino avvenuta alle 12.30 e la tragica notizia della sua morte, appresa poco dopo le 17. 30. E’ riscontrato dai tabulati quanto riferito da D. S. nelle sit dell’ 8/ 12/ 2014 e cioè che nella prima parte della mattina del 29 alle 8. 55 e alle 8.56 aveva provato a chiamare la moglie ma, in entrambe le occasioni, il telefono cellulare era irraggiungibile. V. risponde alle 9.01 e informa il marito che era tutto a posto e che, dopo avere riordinato un po’ in casa, sarebbe andata a Donnafugata dove era programmato il corso per il bimby” . Alle ore 10.04 aveva ricevuto un’altra telefonata della moglie che gli aveva comunicato che si trovava a Donnafugata dove era arrivata da un po’. Non gli aveva comunicato altro. Alle ore 11. 51 la P. aveva tentato di contattare il marito che non aveva risposto perché il telefono era occupato, tanto che, alle 11. 56, è D. che chiama V La telefonata è durata un minuto e 37 secondi ed è, nel corso di questa telefonata che, secondo quanto precisato dallo S., la moglie lo avverte che stava rientrando dal corso. In quel momento si era interrotta la comunicazione e, alle ore 11.59 D. aveva chiamato nuovamente dialogando per 1 minuto e 47 secondi. Era stato, in questa circostanza, che la moglie gli aveva fatto presente di essere preceduta da un furgone bianco. Si susseguono i contatti tra il marito e V. nella prima parte della mattinata per interrompersi del tutto dopo che V. apprende la terribile notizia che L. è scomparso. Tutti i contatti telefonici riferiti da D. S. sono riscontrati, quanto agli orari -giova puntualizzarlo dai tabulati di traffico telefonico di cui all’annotazione di Pg in atti in data 5/12/ 2014 in atti alle pagg. da 708 a 711 del fascicolo processuale. Rilievi conclusivi Esigenze cautelari Nel caso che ci occupa ritiene il collegio che plurimi sono gli indizi che, in una valutazione unitaria e non atomistica dell’ evidenza fattuale disponibile, militano nel senso di qualificata probabilità di colpevolezza dell’ indagata in ordine ai reati ascritti e segnatamente il dato oggettivo dell’ assenza da scuola di L. S. la mattina del 29/ 11/ 2014 il dato, parimenti oggettivo, che né i compagni di scuola né il personale scolastico né le mamme dei compagni vedono il bambino quella mattina il mendacio di V. P. quanto alla circostanza, più volte ribadita, di avere accompagnato L. a scuola la mattina del 29, denunciato, in modo evidente, tale mendacio dalle reticenze e dai progressivi aggiustamenti sui percorsi e sulle incombenze di quella convulsa mattina le anomale modalità che, nello stesso racconto dell’indagata, avrebbero caratterizzato l’ingresso a scuola del bambino, senza alcun controllo della madre che lo avrebbe lasciato senza vederlo entrare, a differenza di quanto avvenuto nella sequenza ripresa dalle telecamere il 27 e il 28 novembre 2014 e in contrasto con quella vigilanza costante del minore rivendicata dalla stessa P. anche nel corso dell’interrogatorio innanzi al Gip a conferma del suo ruolo di madre attenta . Indagata P. V Non ho mai lasciato i miei figli mai .no i miei figli sempre dietro di me Avv difensore V. E quindi il bambino è sceso dalla macchina.Indagata P. V Sì. E io poi sono partita con i poliziotti in borgheseAvv difensore V. Non, non, no,. Il bambino è sceso dalla macchina sceso dalla macchina ti è passato davanti .Indagata P. No, no Avv difensore V. O ti è passato dietro? Indagata P. V. Lateralmente Avv difensore V. Dietro? Indagata P. Dietro sì Avv difensore V. Ha continuato dietro? Indagata P. V Però non so se abbia attraversato, perché io ho preso e me sono andata”, nonché in contrasto con una massima di esperienza consolidata per i genitori e secondo la quale il ritardo a scuola implica la cautela di accompagnare il bambino all’ interno dell’ istituto scolastico, rendendosi necessaria la giustificazione prima dell’ingresso, consapevolezza che, come ogni genitore, deve ritenersi avesse anche l’indagata la traiettoria del percorso seguito per accompagnare Diego e L., narrata dalla stessa P., diversa da quella dei giorni immediatamente precedenti con una prossimità topografica rispetto al luogo di rinvenimento del cadavere, eccentrica avuto riguardo alla meta dell’indagata e cioè il ristorante Giardino di Bianca” di Donnafugata i rientri a casa, addirittura due, per sbrigare faccende domestiche e per prendere un’agenda asseritamente dimenticata in orari logicamente incompatibili con l’appuntamento delle ore 9.30 al castello di Donnafugata per seguire il corso di formazione culinaria e più plausibilmente compatibili il primo rientro con la necessità di definire la questione” insorta con L. della cui presenza in casa, V. ha piena consapevolezza per l’ avversato proposito del minore di rimanere con la mamma quella mattina e il secondo rientro con la sopravvenuta urgenza di controllare il luogo del delitto il frenetico dinamismo dell’indagata la mattina del 29, denunciato tale dinamismo dalle progressive ammissioni della stessa indagata e riscontrato dalle immagini estrapolate dal servizio di videosorveglianza delle telecamere e tale che, all’arrivo a Donnafugata, l’indagata, come ha dichiarato nell’interrogatorio innanzi al Gip, è in grande apprensione al punto da dimenticare la macchina aperta e con le luci accese in pieno giorno Avv difensore V. Va bene poi a noi non interessa più Sei stata là, poi te ne sei andata a prendere prima il bambino alla ludoteca ca e poi a scuola Indagata P. V al ritorno nel parcheggio il ragazzo si era accorto che avevo lasciato le luci accese, infatti mi ha detto ho cercato di fermarla, ma non hopoi io aprendo, mettendo almeno la chiave , mi ero accorta che non l’avevo nemmeno chiusa la macchina” Giudice per le indagini preliminari – Quindi lei.Avv difensore V. sovrapposizione di voci Giudice per le indagini preliminari. Aperta e con le luci accese? Indagata P. V Con le luci accese. Giudice per le indagini preliminari Tutto il tempo cos’è stato due ore Indagata P. V Infatti io gli ho detto speriamo che mi parte, perché sennò oggi resto qua infatti la macchina ha fatto poco, leggermente ed è partita”. Giudice per le indagini preliminari e’ partita regolarmente”. Avv difensore V. Questo perché le luci accese, perché era in ritardo, la premura.” Indagata P. V Mi scuddai” il silenzio omissivo sul primo rientro a casa e sul percorso per buttare un sacchetto della spazzatura nella primissima dichiarazione del 29 novembre, il silenzio sul secondo rientro a casa nelle dichiarazioni del 29 e 30 novembre, 4 e 8 dicembre 2014 e il postumo improvviso ricordo di tale rientro e la rivelazione dello stesso agli inquirenti nelle dichiarazioni del 9 dicembre di cui al verbale di interrogatorio di persona sottoposta a fermo nel decreto di fermo tra l’ altro leggesi Le telecamere poste nei pressi dell’ abitazione S. P. testimoniavano il rientro a casa della P. alle ore 9. 39, momento in cui la stessa parcheggiava l’autovettura sulla via Garibaldi di fronte all’ ingresso del condominio di residenza, in una zona non ripresa dalle telecamere che tuttavia riprendeva l’ ingresso della P., una volta discesa dall’ auto dal portone condominiale e, dopo, pochi minuti uscire alle 9. 41 circa” la loquacità con la maestra della ludoteca e con l’ insegnante del corso di cucina, quasi un rapporto informativo sulle cose che l’indagata ha fatto quella mattina univocamente funzionale all’esibizione di un alibi affannosamente architettato l’ incomprensibile silenzio di V. nei confronti del coniuge che, appresa la notizia della scomparsa di L., non viene contattato dalla moglie sul cellulare, né immediatamente né mai, come sarebbe stato naturale. E’ una trama indiziaria fittissima che trova il suo addentellato principale nei comportamenti anche processuali della P. e in cui tassello di privilegiata valenza accusatoria che definisce la gravità indiziaria, fungendo da elemento catalizzatore e rafforzativo degli altri dati, è costituito dalla disponibilità domestica in capo all’indagata dell’ atipica” arma del delitto la fascetta stringicavo con cui è stato strangolato il piccolo sventurato L. e la cui traccia, anche a volere prescindere dalla contestata acquisizione scientifica, costituita dalla relazione medico legale preliminare I., è chiaramente percepibile dalla visione della foto numero 108 del fascicolo dei rilievi tecnici eseguiti, in data 29/ 11/ 2014, dalla Questura di Ragusa, Gabinetto Provinciale di Polizia Scientifica. Tale foto raffigura il collo del bambino con la nitida quanto atroce stampa della forma rettangolare binaria della fascetta. Il rilievo difensivo che l’univocità di tale dato deperisce a fronte della dedotta mancata evidenza di tracce di zigrinatura” caratteristiche delle fascette non può essere condiviso perché fallisce a fronte dell’evidenza oggettiva che la zigrinatura nelle fascette riveste la parte esterna e non quella interna a contatto con il collo del bambino. La pregnante valenza accusatoria individualizzante di tale dato nei confronti dell’ indagata non è affatto depotenziata dalla rivelazione alle maestre della disponibilità della fascette in un’occasione di incontro che la P. ammanta di estemporaneità e che, per contro, è stata voluta dalla stessa indagata, che ne assume l’ iniziativa, sollecitandola, al preordinato scopo di rendersi impermeabile a qualsiasi attenzione investigativa. Per perseguire quello scopo, la P. inventa la notizia che L. la mattina del 29 era uscito da casa portando con sé alcune fascette che la mamma gli aveva dato, avendone il bambino fatto richiesta per esperimenti in classe che le maestre hanno radicalmente sconfessato. Il dato della rivelazione della disponibilità delle fascette, non è un dato antagonista rispetto all’accusa ma è in coerenza con la logica perversa dell’indagata che annaspa e sbaglia mossa nella disperata urgenza di allontanare da sé ogni sospetto. Con riferimento alle circostanze attinenti alle presunte modalità di esecuzione dell’omicidio, è opportuno anche rappresentare che, sulla base della documentazione fotografica prodotta dalla Polizia Scientifica, è stato possibile rilevare come i segni recati dal cadavere di L. sul collo e sul polso sinistro siano compatibili, per dimensione, con le misure delle fascette. Ulteriore elemento rilevato dalla Polizia Scientifica riguarda la lesione a binario sul lato destro del collo del piccolo L., al di sotto dell’orecchio, che presenta compatibilità dimensionale con la riproduzione fotografica di un paio di forbici in metallo cromato rinvenute all’interno della camera da letto occupata da entrambi i figli minori della P Nella foto 108 del fascicolo dei rilievi tecnici nella zona sottostante il lobo dell’orecchio si vedono chiaramente anche alcune aree di disepitelizzazione superficiale con lesioni, ritenute dal consulente medico legale, compatibili con l’azione di una forbice a punta. Nelle sit del 9/ 12/ 2014 D. S. alla domanda Nell’ immagine di cui al minuto 15.33 del video di cui al DVD allegato del giorno 29/ 11/ 2014, si riproduce un fotogramma raffigurante un paio di forbici in metallo cromato, contrassegnate con il numero 4, cosa può riferire? ha testualmente risposto Riconosco le forbici che teniamo custodite solitamente nella stanza da bagno, ma non sono in grado di spiegare perché si trovano all’ interno della stanzetta dei bambini”. Sul punto nel corso dell’ interrogatorio innanzi al Gip la P. ha dichiarato Sì mio figlio ha un paio di forbici all’ interno del bicchiere con degli adesivi attaccati” e, alla domanda del Gip Siccome suo marito ha detto che di solito queste forbici erano in bagno? ha risposto No, le forbicine piccole, quelle grandi sono state sempre lì , L. le ha sempre utilizzate per ritagliare, per fare qualcosa, sono quelle” All’ ulteriore domanda del Gip Quindi suo marito in realtà parla di altre forbici, non di quelle ritrovate?” ha risposto Penso proprio di sì perché quelle in metallo grandi sono sempre state lì”. Rimane il significato indiziante del rinvenimento nella cameretta di L. di un paio di forbici a punta utili al taglio delle fascette e indubbiamente pericolose se maneggiate dai bambini. Già tali elementi, ritenuti indizianti dal Gip e costituiti non già da congetturali ipotesi ma da circostanze processualmente certe per la loro gravità e precisione rispetto al tema di prova, valutati nella loro sinergica concordanza, militano univocamente nel senso del pieno coinvolgimento della P. nel delitto per la logica implausibilità di ricostruzioni alternative alla tesi accusatoria e per la logica implausibilità dell’esecuzione materiale dell’omicidio da parte di un estraneo che avrebbe dovuto cercare lo strumento per uccidere nelle tasche dei jeans che indossava L. o nello zaino del bambino, zaino misteriosamente scomparso e più verosimilmente eliminato dalla P. nella convulsa sequenza successiva al delitto. Rimane l’implausibilità dell’ esecuzione dell’omicidio da parte di un soggetto che doveva essere anche in possesso di un paio di forbici del tipo idoneo a tagliare le fascette. Non è stata rinvenuta indosso al bambino nemmeno la cintura e la P., nelle dichiarazioni del 30/ 11/ 2014 e in quelle del 9/12/ 2014, ha dichiarato che la cintura L. la indossava Ricordo che mentre era in corso quella discussione L. aveva già tolto la parte inferiore del pigiama per indossare i jeans Preciso che lo stesso, come detto nelle verbalizzazioni di ieri, indossava un paio di slip di colore bleue e che sebbene non ero presente al momento in cui ha indossato i jeans sono convinta che avesse indosso anche gli slip.Ritengo anche che indossasse una cintura, sebbene non ho notato il momento in cui la indossava sia perché è solito indossarla, sia perché quella mattina mi ha chiesto dove io l’avevo riposta la sera precedente .Sono certa che L. indossasse la cintura come sempre perché gli piaceva indossare il pantalone alto sulla vita” . Nella relazione di consulenza medico legale leggesi testualmente suola della scarpe apparentemente pulita bilateralmente con minimi segni di strisciamento al suolo”, dato che rimanda indirettamente ad un trascinamento del corpo del bambino. L’ evidenza fattuale disponibile lascia fuori solo eventualità remote, pur astrattamente prospettabili come possibili in rerum natura”, ma la cui concreta realizzazione non trova il benchè minimo riscontro nelle emergenze processuali, che l’omicidio sia stato opera di un estraneo, che, nella tranquilla comunità di Santa Croce Camerina, ha adescato L. nei pressi della scuola ove il bambino sarebbe stato lasciato dalla madre e poi ha ucciso il bambino. In atti vi è, peraltro, corale riscontro che L. era un bimbo riservato che non dava confidenza a nessuno. In tal senso è sufficiente richiamare l’ indicazione del nonno materno P. F., che ha dichiarato, nelle sit del 30/ 11/ 2014 Quanto a L. debbo dire che era un bambino taciturno, timido ma sveglio. Era molto diffidente e prima che rivolgesse la parola a qualcuno doveva averne testato la fiducia.faticavo pure a farmi dare un bacio in qualità di nonno”. Non vi è nessuna indicazione in atti che possa rimandare a vendette trasversali nei confronti di V. o D. S. di cui sia stato vittima il bambino e il Pm, nel corso della discussione orale innanzi a questo Tribunale, ha informato che l’ autopsia e le anticipazioni dell’ esame istologico dei tessuti della zona anale e perianale esclude qualsiasi tentativi di abuso sessuale sul bambino”. Le immagini delle telecamere pubbliche e private concorrono a corroborare, nella presente delibazione cautelare, calibrata non su prove ma su gravi indizi, la fondatezza della ricostruzione accusatoria. E’ la condotta processuale della P. che illumina quella immagini conferendo univoca valenza accusatoria ai percorsi ricostruiti dal Gip nell’ordinanza impugnata che deve intendersi sul punto integralmente richiamata per relationem. La sostenibilità dell’accusa in dibattimento è ulteriormente suggellata dalle risposte di D. S. che, nelle sit del 9/ 12/ 2014, con determinata sicurezza, ha riconosciuto, nei video sottopostigli in visione dagli inquirenti, le figure dei suoi familiari e la macchina della moglie nelle sequenze salienti della mattina del 29 così non lasciando margine di dubbio alcuno sulla menzogna pervicacemente sostenuta da V. P. di avere accompagnato L. a scuola il 29 seguendo il percorso sconfessato dalle telecamere Domanda Nell’ immagine di cui al minuto 02.31 del video di cui al DVD allegato corrispondente alle ore 8.30 orario stimato, del giorno 29 /11/ 2014, cosa può riferire ? Risposta Nel fermo immagine che mi ponete in visione che riporta le sagome compatibili della mia famiglia riconosco siano mia moglie, ed i miei due figli, S. e Diego. Domanda Nell’ immagine di cui al minuto 03.13 del video di cui al DVD allegato corrispondente alle ore 8.30,orario stimato, del giorno 29/ 11/ 2014, cosa può riferire? Risposta La sagoma compatibile con L. che ritorna verso l’ ingresso dello stabile. Domanda Nell’immagine di cui al minuto 04. 40 del video di cui al DVD allegato corrispondente alle ore 8. 32, orario stimato, del giorno 29/11/ 2014, cosa può riferire? Risposta Riconosco l’autovettura in uso a mia moglie ovvero una VW Polo di colore nero, dal cui fotogramma si evincono, quali caratteristiche, il tagliando assicurativo posizionato nella parte alta, a sinistra del parabrezza anteriore, la screpolatura della vernice sul tetto e l’ antiturbo ai finestrini anteriori . Domanda Nell’ immagine di cui al minuto 09.04 del video di cui al DVD allegato corrispondente alle ore 08.39, orario stimato, del giorno 29, cosa può riferire? Risposta Vedo l’autovettura di mia moglie percorrere via Roma e nei pressi del semaforo svolta in via Amedeo, via non compatibile con il percorso solitamente effettuato per accompagnare L. a scuola. Domanda Nell’ immagine di cui al minuto 11.28 del video di cui al DVD allegato corrispondente alle ore 8.40 orario stimato, del giorno 29/11/ 201,4 cosa può riferire? Risposta Riconosco mia moglie che, dopo avere parcheggiato nei pressi della ludoteca accompagna il piccolo Diego Domanda Nell’immagine di cui al minuto 12.31 del video di cui al DVD allegato corrispondente alle ore 8.45, orario stimato, del giorno 29/11/ 2014, cosa può riferire? Risposta Riconosco mia moglie che prima di risalire in macchina apre la portiera anteriore destra con la chiave Domanda Nell’ immagine di cui al minuto 13.18 del video di cui all’ allegato DVD allegato corrispondente alle ore 8.47, orario stimato, del giorno 29/11/ 2014, cosa può riferire? Risposta Riconosco la Polo di mia moglie che percorre la via Caucana in direzione della nostra abitazione Domanda Nell’ immagine di cui minuto 14.05 del video di cui al DVD allegato corrispondente alle ore 8. 47, orario stimato del giorno 29/11/ 2014, cosa può riferire Risposta Riconosco l’autovettura di mia moglie che proveniente da via Roma svolta in via Garibaldi nelle adiacenze della nostra abitazione per poi posizionarsi a retromarcia, Subito dopo al minuto 14. 47 si nota una figura femminile nella quale riconosco mia moglie, che si dirige verso l’ ingresso della nostra abitazione. Nell’ immagine di cui al minuto 15.33 del video di cui al DVD allegato del giorno 29/ 11/ 2014 si riproduce un fotogramma raffigurante un paio di forbici in metallo cromato contrassegnate on il numero 4 cosa può riferire? Risposta Riconosco le forbici che teniamo custodite in bagno ma non sono in grado di spiegare perché si trovano all’ interno della stanzetta dei bambini. Domanda Nell’ immagine di cui al minuto 14. 53 del video di cui DVD allegato riconosco una confezione di plastica contenente delle fascette di colore bianco di probabile materiale plastico, cosa può riferire? Risposta Riconosco una confezione di fascette che avevo acquistato tempo fa che solitamente custodisco all’ interno del ripostiglio . Lo smarrimento di D. S., che, poco dopo avere visonato filmati, nella conversazione di cui al progressivo 755 del 9/ 12/ 2014 per la cui integrale trascrizione si rimanda per relationem a foglie 98 e segg. dell’ ordinanza di custodia cautelare commenta con i familiari i percorsi della moglie, indirettamente conferma la valenza accusatoria dei percorsi della P. che, appaiono incomprensibili, anche agli occhi di padre e marito dello S. 2 D. ti rendi conto che giro ha fatto, anche se l’ aveva parcheggiata più avantila macchina.comunque è entrata è stata quanto è stata, ha fatto quello che ha fatto, se lo è messo in macchinaed è scesa per andare a buttare la spazzatura, lei dicein quanto arriva. Quindi esce da quascende le telecamere che hanno visto a lei ,la riprendono le telecamere della rotonda, che funzionano e la riprendono le telecamere di Barone, quello degli infissi, la riprende la telecamera dell’ ERG fino a fare il curvone, poi non riprende piùa seguire nel giro di quando ci vorrà dal curvone ad arrivare da Agnello quanto ci sono quattro cinque secondi, sette secondia seguire, non si vede che la macchina sua.però c’è una macchina scura che passa in cui lì lei impiega sei minuti in più, per fare il percorso ad arrivare al tika taka, la come si chiama.” . Mente sistematicamente V. P. anche innanzi al Tribunale del Riesame, quando, con sorprendente tenuta psicologica, ripercorre gli indizi a suo carico, . Sostiene che giorno 29, il percorso abituale era stato modificato perché nella strada che percorro prendo tutti i giorni era stata demolita una casa e c’ era una ruspa Mi è stato contestato il percorso, che abitualmente tutti i giorni facevo quel percorso. Intanto il mio percorso era stato modificato da un paio di giorni in quanto nella strada che percorro e prendo tutti i giorni era stata demolita una casa e c’era una ruspa. Io di solito non prendevo direttamente dalla via Roma salendo, ma mi introducevo finendo la via Garibaldi, andando a finire in una stradina di fronte al panificio P Dunque solo un paio di giorni era stato modificato per il fatto che la casa fosse stata demolita”. Ribadisce di non essere mai stata nel luogo ove è stato ritrovato il corpicino di L. e di non essere a conoscenza che lì c’era una stradina interna ma si tratta di una negazione ostinata contraddetta della circostanza pacifica, anche a volere prescindere dalle indicazioni della madre e della sorella già richiamate , che la P. ha abitato proprio in prossimità di quei luoghi. Mente anche, quanto all’ iniziativa dell’incontro con le maestre, riferendola alla G. e mostra di avere piena contezza della privilegiata forza accusatoria del dato fascette” di cui si preoccupa Poi voglio tornare al fatto delle fascette, non voglio dimenticare, perché quella è una cosa molto importante per me. Le fascette Cl. mi disse che c’ erano le maestre che volevano venirmi a trovare, e io acconsentii, dissi va bene, anche perché volevo parlare con loro se mio figlio negli ultimi giorni avesse avuto atteggiamenti diversi, se avesse qualcosa che io non mi ero accorta. E iniziammo a parlare di questa cosa degli esprimenti e che gli avevo promesso che domenica avremmo fatto .”. . L’ enunciato di accusa non è sgretolato, come sostiene la difesa, da immagini sgranate ma confermato da un comportamento dell’indagata che, in questa fase incidentale, supporta ragionevolmente la consistenza dell’ ipotesi accusatoria. Si delinea in tutta la sua dolorosa nitidezza, plausibilità, verosimiglianza, la probabilità alta della fondatezza dell’accusa. L’ evidenza indiziaria segnala che V. P., la mattina del 29, non ha mai accompagnato a scuola L. e che il bambino è rientrato a casa nell’immediatezza dell’uscita mentre era in corso la discussione con la madre, che gli dà le chiavi di casa. Ragionevolmente deve ritenersi che si tratti della chiavi facenti parte di un mazzo con annesso un ciondolo con un orsacchiotto che la P. quel giorno aveva con sé Per tale specifico profilo, non può essere condiviso l’assunto difensivo, di cui alla memoria integrativa, che tale mazzo non potesse trovarsi nell’ autovettura della P D. S., sentito il 12/ 12/2014, ha dichiarato che l’indagata portava con sé quel mazzo di chiavi in diverse occasioni. Non induce a diversa valutazione la circostanza emersa nel corso del supplemento di indagini che, proprio un mese prima dell’omicidio per cui si procede, in casa S. fosse stata sostituita la chiave della porta di ingresso. D. S., nelle dichiarazioni del 12/ 12/ 2014, ha precisato che la chiave della porta di ingresso era stata sostituita sia nel suo mazzo di chiavi, sia in quello della moglie, ove mancavano quelle del garage, sia nel mazzo di chiavi con il pupazzetto ove c’erano anche le chiavi del garage, mazzo che la moglie, in diverse occasioni, portava con sé Un mese fa circa a causa di una anomalia che mia moglie aveva riscontrato alla fermatura della porta di ingresso dell’appartamento ero stato costretto a sostituire sia il cilindro e, pertanto, anche la chiave.una chiave l’ ho sostituita nel mio mazzo di chiavi che porto sempre con me un’ altra l’ ho data a mia moglie che l’ ha inserita nel portachiavi dove ha anche quelle della sua autovettura Polo nonché quella del portoncino del palazzo e l’ ultima chiave l’ ho sostituita in un altro porta chiavi con annesso un pupazzetto che rappresenta un orsacchiotto il portachiavi con il pupazzetto viene utilizzato, all’occorrenza, quale chiave di riserva, che peraltro, mia moglie in diverse occasioni portava con sé. In quest’ultimo mazzo di chiavi è inserita anche la chiave del portoncino di ingresso allo stabile, nonchè quella del garage. Un altro mazzo di chiavi è sempre in mio possesso. L’altro è associato alle chiavi dell’ autovettura Polo di mia moglie, preciso che quest’ultimo mazzo è privo della chiave del garage. Voglio precisare che mia moglie, a mia insaputa, deteneva, all’ interno del porta cenere dell’ autovettura Polo, un ulteriore mazzo di chiavi su cui però non ho sostituito la chiave relativa al cilindretto che avevo cambiato.ricordo che dopo l’evento delittuoso in un’occasione in cui era intervenuto il dirigente di questo ufficio mia moglie aveva chiesto se le chiavi che lei aveva di scorta fossero in macchina il funzionario le aveva pertanto chiesto il motivo della domanda e mia moglie aveva risposto che L. lo sapeva che c’erano queste chiavi”In questo momento ho la certezza che l’ unica chiave presente che apre il portoncino dell’ appartamento è quella inserita nel portachiavi con il pupazzetto” e che il 29 deve ragionevolmente ritenersi abbia dato a L., per consentirgli di rientrare a casa. Per tale specifico profilo il collegio ritiene superfluo disquisire sulla dedotta singolarità della manovra di posteggio in garage e, soprattutto sulla illogicità di tale manovra, essendoci, secondo l’accusa, ampio spazio per posteggiare nel piazzale. Di ciò invero vi è, invero riscontro nelle immagini della telecamera Vanity House come pure vi è riscontro di uno spazio libero ove poi transita per posteggiare una Smarticolo Ciò che rileva, ai fini accusatori, è il rientro in casa della P. e, soprattutto, la necessità per l’indagata di accedere in garage dall’interno della palazzina, complicazione ascrivibile logicamente all’indisponibilità, in quel frangente, delle chiavi del garage, facenti parte del mazzo di chiavi con il pupazzetto ove erano inserite insieme a quelle di casa, mazzo che aveva dato al bambino. La P., che è rimasta in possesso del suo mazzo di chiavi, ove ci sono quelle della macchina, quelle di casa ma non quelle del garage, è costretta, infatti, al rientro, ad accedere al garage dall’interno della palazzina. Si delinea in tutta la sua grave concludenza indiziaria il rientro dell’indagata, a ciò costretta dal capriccio di L. e, nell’arco di tempo compreso tra le 8.48 e le 9.20, si consuma l’efferato crimine con una tempistica che, contrariamente all’ assunto difensivo, non è incompatibile con la dinamica dell’ evento delittuoso. La P. rientra ed uccide L. con una delle fascette che erano custodite nello sgabuzzino di casa. Rapidissima è la morte da strangolamento e velocissimi i movimenti della madre assassina che toglie i jeans e le mutandine del bambino, assai plausibilmente per occultare eventuali tracce di urina rilasciate dalla vittima, sistema nuovamente l’abbigliamento del corpicino martoriato, sciaguratamente agevolata dall’automatismo gestuale proprio della confidenza che soltanto una madre ha con il corpo del proprio figlio. Bu. M., che insieme al coniuge Di Martino C. abita al secondo piano dello stabile di via Garibaldi 95, nel palazzo sito di fronte alla palazzina della P., a pochi metri dal balcone della stessa, come risulta dalle sit del 4 e 5 /12/ 2014, rimane a casa l’intera giornata del 29 perché accudisce il marito gravemente ammalato. E’ la Bu. che, nella mattina del 29, sente provenire dall’ appartamento della P. il rumore di un’aspirapolvere e, di tanto in tanto, vede l’ indagata uscire sul balcone per stendere i panni ricordo che si trattava di indumenti per bambini e in particolare dei pantaloni per bambino e dei maglioncini per bambini” . La Bu. ha collocato tale ricordo tra le 8. 45 e le 9.00 ma non è, contrariamente all’ assunto difensivo, un ricordo che introduce un sostanziale alibi per l’indagata confermando piuttosto e soltanto che l’indaffaratissima P., in quella frenesia di cose da fare, deve persino lavare a mano e con urgenza pochi indumenti dei bambini, selezionandoli da quelli che aveva messo in lavatrice. E’ stata la stessa indagata a specificare, nell’ interrogatorio innanzi al Gip, che aveva steso qualche magliettina e l’ aveva poi ritirata perché il tempo era nuvoloso” aggiungendo che che aveva attaccato anche la lavatrice lasciandola in movimento e che aveva apparecchiato la tavola ho appeso qualche magliettina fuori che prima di andare via, siccome era un po’ nuvoloso li ho posti dentrola tavola perchè sapevo di arrivare tardi, dunque addirittura avevo pensato quel giorno di comprare qualcosa già fatto .mi ha chiamato mio marito e gli ho detto che avevo quasi finito e che stavo per uscire. Infatti lui mi ha detto ma come? ancora a casa sei, a che ora devi essere lì? Alle nove e mezzo” ho messo una lavatrice, ho scartato i vestiti , mi sono e ho messo questa lavatrice e sono uscita ”lasciando poi in funzione la lavatrice. Con fredda lucidità, l’indagata trasporta, poi, il gracilissimo corpicino in garage L. era un bambino esile e con scarsa crescita, come lo ha descritto la sua pediatra Romano nelle sit del 4/ 12/ 2014 e dalla nota dei CC di Santa Croce Camerina in data 11/ 12/ 2014 risulta che, secondo le indicazioni della pediatra, in base alle visite effettuate, il peso di L. era di 17, 3 kg sottopeso il 24/9/ 2014 e di 13,3 Kg il 13/ 10/ 2014 obbligata e unica alternativa per liberarsi del cadavere con una precipitosa discesa lungo le scale della palazzina e, poi, appunto, nel garage, preceduta, tale discesa, da un rapidissimo controllo della situazione per scongiurare incontri. Non è impossibile per l’ indagata, come dedotto dalla difesa, caricarsi il peso di L La stessa indagata, peraltro, proprio nelle dichiarazioni spontanee innanzi al Tribunale del riesame, ha riferito di avere preso in braccio L. in talune occasioni, proprio davanti a scuola, dopo che il bambino si era attaccato al cancello della scuola perché si rifiutava di entrare Capricci mio figlio è normale che li abbia fatti, è un bambino di otto anni, li fanno. Nell’arco di un mese si era attaccato due volte al cancello della scuola e per entrarlo e portarlo in braccio lo sa che fatica ho fatto? Nemmeno vi immaginate per fare un pezzo di strada” dato che, oltre a confermare che la P. era capace di sostenere il peso di L., è anche confermativo che il bambino, nell’ultimo periodo, per i suoi capricci, aveva creato problemi. Nemmeno coglie nel segno la critica difensiva dell’assurdità di tale azione per il rischio imponente dell’indagata di incontrare qualcuno in quel terribile frangente perché, come dedotto dalla difesa in quei momenti drammatici, nella palazzina ci sarebbe movimento rientra alle 8. 45 M., alle 9.10 la I. e alle 9,15 escono i due coniugi M. I. e soprattutto E. C. esce dal garage alle 9.15 in coincidenza con l’ uscita dalla P. per le caratteristiche del garage si tratta di un unico ambiente aperto con diversi posti auto cui si accede dall’esterno e anche dalle scale interne della palazzina attraverso una porta interna chiaramente visibili nelle foto del fascicolo dei rilievi tecnici, rendono ancoro più rischiosa la discesa per le scale. E’ un rischio che l’ indagata è costretta ad affrontare e lo pianifica ancora una volta con lucidissima freddezza. Al riguardo il collegio osserva che i M. sono usciti alle 9.15,. Non sono usciti dal garage ma da fuori. Il M. ha precisato che aveva posteggiato la macchina nella traversa che interseca la via Garibaldi dovendo uscire, poi, con la moglie per fare la spesa. Alle 9.15 prima di uscire non sono, pertanto, entrati in garage. Non c’erano nemmeno gli H., abitanti sullo stesso pianerottolo della P. e nemmeno i D. D.N L’ unica persona che c’era nella palazzina era Ta. G. che dormiva. Quanto ad E. C., è stata la stessa indagata a chiarire, proprio nell’ interrogatorio innanzi al Gip, che è entrata in garage quando già la macchina di E. era fuori. Dalla lettura fedele dell’ intero testo di questa parte dell’interrogatorio si chiarisce, infatti, che la P. entra nel garage con L. quando E. è già uscito ed è certa della chiusura della saracinesca del garage. Soltanto allora la P. entra con L., apre la sua macchina, riapre la saracinesca e finalmente guadagna la via di uscita avviandosi verso Punta Secca Avv. V. Sei scesa all’ interno no? Indagata P. E quando sono arrivata alla porta del garage quella interna si stava chiudendo Avv difensore V. Aspetta, qual’ è questa porta interna? Quella tra le scale e il garage. Avv difensore V. Quella tra le scale e il garage, quindi appena hai aperto questa porta che è successo? Indagata P. si stava chiudendo il garage e ho notato che c’era la Punto Bianca del sig E., ricordo dei cerchi Fiat e bianchi, poi è l’unica macchina bianca interna al garage ne sono sicura, si stava chiudendo, dunque io ho aperto la macchina, ho riposto la borsa Non ricordo ho messo le chiavi e poi ho aperto il garage e sono uscita. All’uscita c’era Gisella, la ragazza del lavasecco che era proprio davanti al garage con in braccio la bambina” . La P. entra quando è sicura che si stava chiudendo la saracinesca ed è certa di non essere vista da E. logica vuole che se E. l’ avesse vista non avrebbe chiuso la saracinesca ed è certa che nessuno del palazzo può scendere dall’interno Alla domanda del difensore Quella tra le scale e il garage, quindi appena hai aperto questa porta che è successo”? la P. risponde si stava chiudendo il garage si stava chiudendo, dunque io ho aperto la macchina, ho riposto la borsa Non ricordo ho messo le chiavi e poi ho aperto il garage e sono uscita” . Con il supplemento di indagine di cui ai verbali di sit allegati alle note della Questura e dei CC di Ragusa in data 23/ 12/ 2014 depositati innanzi al Tribunale del Riesame, sono stati esaminati anche i coniugi Gi. R. e G. Cl., i coniugi N. Ga. e Cu. A. P. e Ru. F. F., tutti abitanti nella palazzina di via Garibaldi 86, ma titolari di un posto auto nel garage di via Garibaldi 82. I predetti condomini della palazzina di via Garibaldi 86 hanno dichiarato che, per accedere al garage della palazzina degli S., si entra esclusivamente attraverso una porta basculante che dà nel cortile condominiale e che le chiavi della porta interna, che collega la palazzina degli S. al garage, sono di uso esclusivo di quei condomini. N. Ga. ha dichiarato che la mattina del 29 era uscito di casa verso le 7.00 e che aveva uscito l’ auto Hyundai Atos della moglie che era posteggiata nel garage e di averla posteggiata a fianco della lavanderia Il Pinguino”. Ru. F. ha dichiarato di essere uscita con la macchina Ford Ka alle 7. 20, 7.30, come di consueto, per andare al lavoro e di essere rientrata alle 23.00. Lo Gi. ha dichiarato che il 29 aveva lasciato la sua auto all’ interno del garage ove era entrato solo alle 10, 15 per prendere la bici e non aveva visto la macchina della P Le ragioni del delitto, verosimilmente propiziato da una circostanza occasionale, la discussione con L. che, quella mattina, sconvolgendo i piani di V. P. vuole rimanere con la mamma, incuriosito dal suo look esteticamente curato, possono anche inquadrarsi, in tale contesto, senza che le ineliminabili incertezze sull’evoluzione del capriccio e sull’invasività di tale capriccio sulla vita di V. P., possono indebolire la consistenza del quadro indiziario e di quello emergente dalla prova logica tutti i dati sin qui evidenziati convergono logicamente in direzione dell’indagata e tutta la prova indiziaria è, nel suo complesso, imperniata sulle leggi ed i procedimenti della logica . Negli omicidi connotati da dolo d'impeto, come espressamente ritenuto, nell’ ottica accusatoria, quello in esame, sembra più corretto parlare di occasione piuttosto che di causale quest'ultima implicando un preciso interesse pratico alla consumazione del reato , sicchè non indebolisce la consistenza del contesto indiziario la mancata individuazione di un movente in tal senso Cass. penale sez I 29/7/ 2008 numero 31456 . L’assenza di sicuri elementi di prova circa l’evoluzione della disputa con il bambino che ha, poi, innescato la condotta dell'agente non ha consentito che di formulare ipotesi, supponendosi che la P., esasperata per il comportamento di L., sia rientrata in casa per controllarlo e, in preda ad un’incontenibile impulsiva furia aggressiva, abbia sorpreso il bambino, senza dargli nemmeno la possibilità di reagire, stringendogli attorno al collo il micidiale cappio”che aveva a portata di mano, legandogli, poi, i polsi nell’immediatezza del soffocamento, verosimilmente per simulare un omicidio a sfondo sessuale con sevizie, ad opera di un estraneo. L’ indagata ha agito in preda ad uno stato passionale momentaneo di rabbia incontenibile per il fallimento del piano mattutino che evidentemente quel giorno non prevedeva l’ingombrante presenza del suo primogenito. Con glaciale freddezza, servendosi delle forbici, che, in sede di indagini, sono state rinvenute nella cameretta del figlio, ha quindi rimosso le scottanti fascette che doveva eliminare perché facenti parte della confezione acquistata dal marito, conservata nello sgabuzzino di casa. Di questa confezione non poteva disfarsi senza insospettire D. che, nelle sit del 9/ 12/ 2014, ha dichiarato Riconosco una confezione di fascette che avevo acquistato tempo che solitamente custodisco all’ interno del ripostiglio”. . La P., nonostante l’appuntamento a Donnafugata e il ritardo accumulato, si è diretta quindi verso la SP 35 in direzione Puntasecca, strada lungo la quale si trovano i cassonetti, dove, secondo il suo stesso racconto, si sarebbe liberata del secondo sacco di spazzatura assai plausibilmente contenente le fascette, liberandosi, altresì, assai plausibilmente, anche dello zaino misteriosamente scomparso. E’ la stessa P. che conferma di avere percorso la SP 35 Dopo circa mezz’ ora, alle 9.20 circa, sono uscita nuovamente da casa a bordo della mia autovettura ed ho impegnato la via a salire Roma n dv che ho percorso sino alla rotatoria della circonvallazione Pezza numero d.v. proseguendo sulla S. P.35 numero d.v.” fino a giungere alla curva, sulla sinistra dove sono posizionati i cassonetti dei rifiuti. per raggiungere i cassonnetti ed è un percorso, stando alle mappe, opposto alla direzione verso Donnafugata che, nel complessivo contesto esaminato, trova la sua unica ragionevole motivazione nell’ impellente esigenza dell’ indagata di raggiungere il canalone per eliminare il cadavere del bambino. Alle 9.24 il passaggio dell’auto viene inquadrato alla rotonda Despar dalla telecamera TD11 e, poi, in successione, si registra il transito dell’ autovettura lungo la strada comunale Sp 35 in direzione di Punta Secca. Alle 9.25 la telecamera Agnello riprende un furgone bianco e altre macchine scure. Soltanto una della macchine scure svolta a destra nella strada verso il canalone” ed è questa una sequenza che si apprezza chiaramente nelle immagini. La prova logica conferma che è della P. l’ autovettura che svolta a destra verso il canalone. La conferma si rinviene nella successiva ripresa della telecamera La Cognata di contrada Pellegrino che inquadra l’ auto dell’indagata alle 9.36 in un orario compatibile, così come rettamente dedotto dall’ accusa, con il giro largo” che la stessa indagata ha percorso fermandosi al canalone e non compatibile con la traiettoria che ha descritto. Se la P., infatti, come ha sostenuto, fosse andata soltanto e direttamente ai cassonetti senza svoltare prima verso il canalone, il tempo di percorrenza, stando alle mappe e ad una velocità media quale quella mantenuta nell’occorso, doveva essere di cinque minuti circa come monitorato dalla PG e non di undici minuti. La P. nelle sit dell’ 8/ 12/ 2014 ha dichiarato rifacendo lo stesso percorso di prima verso Punta Secca, mi sono portata ai cassonnetti e, dopo essermici accostata, rimanendo sul mezzo, ho buttato il sacchetto. Nell’occasione non sono neanche scesa dal mezzo. In prossimità dei bidoni della spazzatura vi è una stradina l’ ho percorsa fino alla strada che conduce a Marina di Ragusa da qui sono giunta alla rotonda e mi sono avviata per Donnafugata. Prima di giungere a Donnafugata ho sbagliato strada. Sono giunta al corso di cucina pensando di essere in ritardo e mi sono giustificata con la responsabile.Quando sono andata a buttare la spazzatura, la seconda volta la mia andatura era regolare e, comunque, la velocità non superava i 70/75 chilometri orari. Nell’ occasione non ricordo di avere fatto alcun sorpasso”. Ancora una volta è il mendacio della P. che rimanda al suo pieno coinvolgimento nell’omicidio. Agli atti vi sono, d’altronde, plurimi indicatori della personalità contorta dell’ indagata. Tali indicatori sono enucleabili non soltanto dal difficile vissuto familiare con la tormentosa scoperta, ancora adolescente, di essere nata da una relazione extraconiugale della madre sul punto si rimanda alle dichiarazioni della P. in data 4/9/ 2004 acquisite in atti a pag. 409 del fascicolo processuale e alle risultanze anche documentali di cui a pag 406 ma anche dagli inquietanti comportamenti riferiti da soggetti estranei al contesto familiare, come l’amica e vicina di casa G. Cl. e i vicini di casa D.N. D La G., nelle sit del 2/ 12/ 2014, ha dichiarato che era stata la P. a confidarle che non era più in contatto con la madre che, all’età di quindici anni, l’aveva buttata fuori di casa perché non accettava il fidanzamento con D. e le aveva anche confidato che l’astio con la madre derivava dal fatto che la madre aveva un convivente a lei inviso. La G. ha aggiunto che V. le aveva anche raccontato di una lite che aveva avuto con la suocera e la cognata Jessica circa cinque anni addietro e dalla quale le era rimasta la traccia di lividi e per cui, a dire della P., aveva anche patito un aborto. E’ stata la stessa G. a definire la P. come una persona incoerente perché oggi mi diceva che una cosa era bella e il giorno dopo l’ opposto e cioè che era brutta”. D. Gi., figlia della G., ha confermato di avere assistito ad alcune liti tra la P. e D. a causa dei suoceri. La D.N., nelle sit del 3/ 12/ 2014, ha riferito che, nel luglio scorso, suo figlio Al., che era andato a giocare con L. a casa della P., era tornato a casa appena dieci minuti dopo, spaventato insieme a L. e, poi, aveva raccontato di essere scappato perché la mamma di L. urlava sempre contro quest’ ultimo arrivando addirittura a definirla una pazza”. La D.N. ha anche dichiarato che le urla provenienti dall’ appartamento della P. erano una quotidiana routine per tutto il condominio e che, nella maggior parte dei casi, costei inveiva contro i propri figlioletti, talvolta insultando pesantemente i piccoli”. Anche D. V., nelle sit del 16/ 12/ 2014, ha dichiarato che, nei pomeriggi in cui era libero dal lavoro e si era trovato a casa, aveva udito la P. urlare contro i suoi figli e, in alcune occasioni, aveva sentito il rumore di sedie e altri oggetti sbattere per terra. Il D., a riscontro dell’ irascibilità della P., ha ricordato che, nello scorso mese di luglio, mentre si trovava sul suo balcone, seduto a passare un po’ di tempo con il pc, aveva sentito, dalle ore 15.00 sino alle ore 20.00, la P. urlare incessantemente versi i propri figli nei cui confronti aveva proferito parole pesanti ho sentito la signora V. urlare incessantemente verso i propri figli e in particolare credo proprio verso il figlio L. la quale in alcune occasioni inveiva apostrofandolo con parole pesanti del tipo testa di cazzo e coglione” . In tale circostanza ero quasi deciso a bussargli per fargli notare l’ insolito comportamento in seno al condominio ma venivo fatto desistere dall’ intervento di mia moglieDomanda Ha mai visto o sentito litigare i coniugi S.? Risposta Non li ho mai visti litigare personalmente , posso però affermare di averli sentiti ed in particolare la signora V. poiché era lei che si distingueva nel corso delle liti, la quale in alcune occasioni proferiva alcune parole pesanti verso il marito apostrofandolo con la seguente frase testa di cazzo e coglione” . Se è pur vero che analoghe indicazioni non si ricavano dalle dichiarazioni di altri vicini di casa o delle maestre richiamate nella memoria difensiva, la specificità delle indicazioni dei coniugi D., che ne delinea la piena attendibilità intrinseca, in sé concorre a confermare l’ instabilità caratteriale dell’ indagata. In atti vi è corposa evidenza di una personalità fragile della P., che si dibatte tra le problematiche irrisolte della famiglia di origine e una piatta quotidianità alla quale cerca di reagire, invischiata, ad onta della giovane età, nelle strettoie dei doveri coniugali e di quelli di madre sino a quando la mattina del 29 l’imprevista reazione del bambino la induce all’inconfessabile gesto omicidiario. E’ stata la stessa indagata, in sede di dichiarazioni spontanee innanzi al Tribunale del Riesame, a ribadire l’astio nei confronti della madre stiamo parlando di una persona che non ha esitato in dieci anni con mio marito, una volta a non dividerci. Primo, secondo, una persona che lei dice che a 16 anni non mi ha buttato fuori di casa e prima di dire che non è vero mi accerterei di molte cose, primo perché a quei tempi i miei suoceri portarono i miei genitori in caserma, in cui volevano dichiarazione scritta perché io ero minorenne e avevano paura che venissero denunciati, perché mio marito era maggiorenne a quei tempi. E quella è la prima cosa e dunque ci fu questa cosa. Mia madre non fece niente alla fine non mi ha mai reclamato. Se una figlia va via di casa a 16 anni io l’ andrei a reclamare in qualunque momento. E che quando è tornata dopo anni e anni, io ero in attesa, già due anni erano passati, e non 15 giorni come lei aveva detto, si inventò che mio marito ci aveva provato con lei” a conferma di latenti traumi che affondano le proprie radici in una conflittualità irrisolta con la figura materna di importanza centrale per il benessere psicologico nella vita di ogni persona. Tormentato anche il legame con la sorella, con lunghi periodi di interruzione del rapporto, come riferito dalla stessa A. P. nelle sit del 6/ 12/ 2014 Dal 2004 in poi non ho più avuto rapporti con V. nonostante lei mi avesse chiesto più volte l’ amicizia su facebook . Quando nel 2013 ero in attesa di mia figlia V. mi ha contattato e mi ha detto se volevo accettare in dono il passeggino, il borsone e l’ ovetto che aveva usato quando L. era appena nato. Ho accettato e dal mese di agosto del 2013 ho ricominciato ad avere rapporti con lei che sono durati appena un mese quando sono andata a casa sua per prendere il passeggino che mi doveva regalare ella ha chiesto a me e al mio compagno se non ci vergognavamo a camminare con la nostra macchina una vecchia autobianchi Y10 . In un’altra occasione V. ha offeso il mio compagno dicendo che non si poteva permettere il cellulare come quello che aveva lei. Dopo circa un mese i rapporti con V. si sono di nuovo deteriorati. La causa scatenante della lite è stata generata dal fatto che lei voleva battezzare mia figlia ma che io avevo promesso a mia madre che sarebbe stata lei la madrina di mia figlia” . Anche D. S., nelle sit del 30/ 11/ 014, ha dichiarato di non avere rapporti con la suocera a causa dei contrasti con V. risalenti all’ inizio della loro relazione e ha aggiunto che il cognato Paolo, fratello di V., dopo il matrimonio l’aveva minacciata dicendo che avrebbe fatto una brutta fine e sarebbe finita come lui separato e con due figli che non vede mai ”. Burrascosi per un certo periodo anche i rapporti con la famiglia del marito, come ha narrato la cognata Jessica, nelle sit del 2/ 12/ 2014, al punto che D. e V. si erano trasferiti a Modica rientrando, poi, a Santa Croce Camerina Se non ricordo male circa sei anni fa venni a sapere che mia cognata V. si era inventata una relazione con Gi. Gi. molto amico di mio fratello D., sconfessata subito da mia cognata V. la quale diceva a mio fratello ed in presenza di Gi. Gi. che lo aveva fatto per farlo ingelosire in moda tale da capire se l’ amasse veramente. Trascorsi due anni da questo episodio mi sono fidanzata con il predetto Gi. con il quale siamo stati insieme fino ad ottobre dello scorso anno. Durante il periodo di fidanzamento ho avuto una violenta lite con mia cognata V. allorquando mi trovavo nel posto di lavoro fruttivendolo a Santa Croce Camerina venivo raggiunta da mia cognata V. e mio nipote L Appena mia mamma ha salutato L. mia cognata ha reagito dicendo al bambino a quella gente non devi dargli confidenza .a seguito di questa lite non l’ho frequentata per circa un anno durante il quale si erano trasferiti a Modica. A seguito della morte di mia nonna ci siamo riappacificati tanto da frequentarci nuovamente .”. . Confermativi non solo di un distacco affettivo di madre e sorella da V. ma anche della pessima considerazione che nutrivano nei suoi confronti anche gli inquietanti commenti delle donne nelle conversazioni intercettate e di cui alle pagg. da 86 a 92 dell’ ordinanza del Gip da intendersi qui richiamate per relationem. Siamo in presenza di indicatori di un vissuto e di un profilo personologico dell’ indagata che rettamente il Gip ha ritenuto drammaticamente compatibile con l’insano impulso aggressivo che ha determinato il gesto omicidiario. Non incrinano la granitica consistenza del costrutto indiziario le dichiarazioni di Sena V., operatore per il monitoraggio della telecamere. Il Sena, infatti, ha dichiarato, nelle sit 4/ 12/ 2014, In data 28 novembre 2014 dalle ore 20,30 alle ore 06,30 del 29 novembre 2014, come di consueto ho svolto il mio turno di servizio come operatore per il monitoraggio delle telecamere presso i miei uffici siti in questa via Guglielmo Rosa nr.5. Subito dopo sono andato a letto sempre nello stesso edificio svegliandomi alle successive ore 13,00. Alle ore 13.22 del 29 novembre 2014 sono stato contattato su un’altra mia utenza cellulare, nr. 333/2515114, quella che in genere uso per lavoro, da S. A., nonno di L. che, conoscendo il lavoro da me svolto mi ha chiesto se potessi visionare le telecamere da me gestite in quanto, mi diceva, che suo nipote L. non era andato a scuola ed era scomparso. Io risposi che avevo difficoltà a vederle in quanto sarei dovuto entrare sui sistemi delle ditte e non mi era consentito se non autorizzato. Preciso che non mi ha indicato quale telecamere vedere e che io, tramite il mio ufficio, gestisco tutte le telecamere in uso a dodici ditte sparse nel territorio di Santa Croce Camerina. Pertanto, anche volendo, la cosa sarebbe stata molto difficoltosa e non immediata. Chiusa la comunicazione, dopo aver fatto un giro in paese, sono ritornato a casa intorno alle ore 14/14,30 per uscire, nuovamente, intorno alle ore 17 circa per andare in palestra ove sentivo parlare della scomparsa del bambino. Poco dopo, ho ricevuto una telefonata da parte di mia madre che mi notiziava del ritrovamento del cadavere di S. L Voglio precisare che in genere io, dopo le ore 20.30, allorquando inizio la mia attività lavorativa, controllo le telecamere dei miei clienti anche per verificarne il buon funzionamento. Quella sera, intorno le ore 23.00 ho notato presso l’azienda agricola di Agnello Stefano, dei fari di una autovettura e poco dopo mi sono accorto che si trattava di una vettura della polizia. Atteso ciò, avendo prima saputo che il rinvenimento del cadavere del piccolo L. era avvenuto in quella zona, realizzai che la Polizia poteva avere bisogno di parlare con qualcuno. Pertanto mi sono recato sul posto e, dopo aver parlato con loro, contattai il sig. Agnello Stefano per informarlo che gli agenti operanti avevano necessità di vedere le immagini. Sono quindi stato incaricato da costoro di acquisire le immagini in via telematica in attesa di acquisire il dvr. In attesa che personale delle FF.OO. venisse a ritirare le immagini estrapolate, io li ho visionate in parte notando che da una telecamera posizionata sul bordo cancello della citata azienda, intorno alle ore 9.30 ho notato un’autovettura utilitaria di colore rosso che proveniva dal vecchio mulino. Questa, stranamente, faceva retromarcia e si fermava accanto al cassonetto dei rifiuti ivi posizionato. Dall’auto scendeva una persona alta vestito con giubbotto nero e maglia bianca e pantaloni a zampa di elefante. Questi, dopo essersi sistemato i pantaloni, apriva il cofano posteriore da dove prelevava un qualcosa e lo buttava all’interno del cassonetto. Lo stesso usciva fuori dal campo delle immagini per circa 40 secondi quando ricompariva, chiudeva il cofano e, dopo aver rifatto la manovra, riprendeva lo stesso senso di marcia di prima e prendeva la direzione per Santa Croce Camerina che conduce al distributore di carburante energy. Queste immagini sono state consegnate a personale dell’arma dei Carabinieri. Tuttavia sono in grado di fornire le stesse immagini a voi verbalizzanti. Preciso che io ho visionato solamente le immagini che ho descritto e non quelle antecedenti o successive che, comunque, sono in grado di fornire”. E’ un’indicazione che non neutralizza la rilevanza accusatoria dei dati evidenziati tutti convergenti nel senso di una qualificata probabilità di responsabilità dell’indagata. Semmai la presenza del soggetto descritto dal Sena potrebbe, se lo confermeranno eventuali sviluppi investigativi, definire l’ apporto concorsuale di altro complice rimasto ignoto. Nemmeno incrinano e anzi rafforzano la consistenza del quadro indiziario le dichiarazioni di E. Renato rese in data 16/ 12/ 2014. L’ E. ha dichiarato che giorno 29 alle 9.55 circa, all’ altezza delle rotatoria del vivaio Centro Seia”, la figlia Natalia gli aveva testualmente detto Papà guarda c’è V.”. E. Renato ha testualmente aggiunto In effetti avevo modo di notare che era la signora P. V., sola all’ interno della propria autovettura V W Polo di colore scuro che io conosco. La stessa proveniva da Santa Croce Camerina sulla SP 20 ed occupava l’ incrocio per salire verso Ragusa compatibile con la strada che porta al castello di Donnafugata”, così confermando il percorso della P. verso Donnafugata, ove giunge stando alle indicazioni di Piazzese Mariella, circa alle ore 10.00 circa, in grande affanno per il ritardo al punto dal lasciare, al posteggio, la macchina aperta e con le luci accese. Il collegio non ha trascurato di valutare anche il commento che D. S. aveva fatto sulla morte di L., confidandosi con E. Renato, quando era andato a prenderlo all’aeroporto, Quel bastardo se l’ è presa con mio figlio” . Tale commento assume, tuttavia, il neutro significato di uno sfogo in un momento di rabbiosa disperazione per la morte del figlio e come tale è del tutto privo di valenza liberatoria e inidoneo a depotenziare la cospicuità qualitativa e quantitativa degli indizi analiticamente esaminati e confermativi della qualificata probabilità del pieno coinvolgimento nel delitto della ricorrente. Quanto, infine, alle indicazioni di Portelli G., in data 1 e 6/ 12/ 2014, secondo cui la donna avrebbe visto il 29/ 11/ 2014 alle ore 9.15 circa un’auto di colore grigio chiaro un vecchio modello squadrato simile ad una vecchia Lancia delta secondo modello imboccare la strada del vecchio mulino a forte velocità dapprima sbandava sulla sua sinistra e di seguito con una manovra azzardata in pratica come se eseguita da qualcuno che abbia preso una decisione all’ultimo momento imboccava a destra la via del vecchio mulino. Quando sono giunta proprio all’ altezza dell’ anzidetta strada ho dato uno sguardo verso la stessa per accertare se fosse accaduto qualcosa al veicolo descritto. In quel momento tale autovettura non era più visibile su quella strada di campagna” anch’esse, in difetto di qualunque collegamento in atti con i fatti per cui si procede, non sono idonee a scalfire il significato gravemente indiziante nei confronti dell’indagata del compendio investigativo sin qui esaminato che segnala il rientro a casa di L., poco dopo la prima uscita della madre assassina, che, alle 9.20, esce nuovamente da casa trasportando il cadavere del bambino. Si sottrae a censura l’ordinanza impugnata in punto di esigenze cautelari e di selezione quale misura adeguata della misura massimamente afflittiva. Il Gip ha richiamato la piena operatività della presunzione relativa di cui all’ articolo 275 comma 3 c.p.p. nel testo risultante dalla sentenza additiva della Corte Costituzionale numero 164 del 12/5/ 2011 – di adeguatezza di tale misura in presenza di gravi indizi di colpevolezza per il reato di cui all’ articolo 575 c.p. non essendo stati acquisiti elementi concreti e specifici per affermare che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure. Anche a non tenere conto di tale presunzione il contesto fattuale sin qui esaminato dà piena contezza che V. P. ha agito di impulso ma con dolo che è di elevatissima intensità. Seppur prescindendo dal ritenuto pericolo di fuga sussiste il rischio di recidivanza denunciato dalle modalità particolarmente efferate del gesto criminoso con uno strangolamento della vittima soffocata con odiosissima crudeltà, senza alcuna pietà e con una totale incapacità di controllo della furia omicidiaria. Corroborano la valutazione di speciale intensità delle esigenze cautelari, le modalità dell’azione, che danno piena contezza delle aggravanti contestate, in danno del figlio minore e con spietata efferatezza e la freddezza della condotta tenuta dall'indagata subito dopo l'omicidio e cioè l'uscita da casa simulando normalità, la sconcertante glacialità nell’ordire la simulazione di un rapimento a scopo sessuale, l’impressionante determinazione di liberarsi del cadavere del figlio, di cui l’indagata si è sbarazzata senza alcun cedimento scaraventandolo nel canalone, con l’obiettivo lucidamente perseguito di occultare le tracce del crimine. Nel post factum V. P., con agghiacciante indifferenza, ha agito da lucidissima assassina manifestando una pronta reazione rispetto al delitto di cui si è resa responsabile, uscendo e rientrando da casa e ostentando una tranquillità compatibile con la piena volontà di organizzare l’apparenza del rapimento di L La capacità elaborativa di una pronta strategia manipolatoria, di cui sono spia anche i ripetuti malesseri da cui V. si riprende sempre con sorprendente rapidità sia nell’ occasione di incontro in casa sua con le maestre sia nella caserma dei CC di Santa Croce Camerina quando-come ha raccontato Aprile Pinuccia nelle sit dell’ 1/ 12/ 2014 nell’immediatezza della notizia che era stato trovato L. e quando ancora non si sapeva se il bambino era vivo o morto, si era reso necessario allertare un’ambulanza sulla quale l’ indagata si rifiuta,poi, di salire e l’insospettabile tenuta psicologica, seppur frutto della strategia difensiva, supportano ulteriormente il giudizio di elevatissima capacità criminale. Evidente è il rischio di inquinamento probatorio per la necessità di preservare le indagini dal concreto rischio di contaminazioni di cui l’ indagata potrebbe rendersi artefice. Si sottrae, pertanto, a censura l’ordinanza del Gip anche in punto di selezione della misura cautelare. Alla stregua delle considerazioni sin qui esposte, va, pertanto, confermata l’ impugnata ordinanza con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente procedimento. P.Q.M. Conferma l’impugnata ordinanza e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente procedimento.