Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti della persona giuridica è ammesso solo quando …

In tema di reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente prevista dagli artt. 1, comma 143, della l. n. 244/07 e 322 - ter c.p. non può essere disposto sui beni dell'ente, ad eccezione del caso in cui questo sia privo di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso il quale il reo agisca come effettivo titolare dei beni.

Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5413/15, depositata il 5 febbraio. Reati tributari e responsabilità degli enti La vigente disciplina della responsabilità amministrativa degli enti non contempla i reati tributari fra i reati presupposti. La Commissione di Riforma del d.lgs. n. 231/01, c.d. commissione Greco” del 2007, aveva proposto l’introduzione di una serie di nuovi reati presupposti, in grado di corresponsabilizzare l’ente, fra cui appunto alcuni fra quelli previsti dal d.lgs. n. 74/00. Essi sono l’art. 2, comma 1 dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti l’art. 5 omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte dirette o ai fini IVA l’art. 10 distruzione e occultamento di documenti contabili ed appunto l’art. 8 emissione di fatture o altri documenti relativi ad operazioni inesistenti . Occorre ricordare che, fin dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 231/01, che – come noto – ha sancito una sorta di responsabilità parapenale” degli enti, i reati tributari non furono inseriti nel novero dei reati presupposti. Con tutta probabilità, il legislatore conscio del forte impatto innovativo della disciplina del d.lgs. n. 231/01 intese appositamente evitare una siffatta opzione, non prevedendo una responsabilità penale diretta in capo alla società o comunque all’ente nell’interesse o a vantaggio del quale fossero commessi reati tributari, da parte di persone fisiche che, al suo interno, ricoprivano ruoli apicali o di sottoposti. la necessità di modifica della disciplina vigente A distanza di oltre dieci anni dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 231/01, tale scelta appare, all’estensore della sentenza in commento, immotivata e superata. Ed infatti, il d.lgs. n. 231/01 fu emanato a fronte della delega contenuta nella legge 29 settembre 2000, n. 300 di ratifica ed esecuzione degli impegni assunti dallo Stato italiano in sede europea, con la Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, adottata a Bruxelles il 26 luglio 1995. Fin dalla sua formulazione originaria, il d.lgs. n. 231/01 fu quindi orientato a prevedere, quali reati presupposti per la responsabilità delle persone giuridiche, gli illeciti in grado di ledere – o quanto meno di porre in pericolo – gli interessi finanziari dell’Unione Europea. Appare evidente la potenziale lesività dei reati tributari di frode fiscale nella specie, ex art. 3, d.lgs. n. 74/00 , avuto riguardo agli interessi finanziari e fiscali tanto nazionali quanto europei, considerata la maggior capienza risarcitoria degli enti rispetto alle persone fisiche. Di diverso avviso altra parte della dottrina, secondo cui, con l’ampliamento dei reati presupposto del d.lgs. n. 231/01, si graverebbero indebitamente ed eccessivamente gli enti di una responsabilità in sede penale tributaria, per una condotta altrui dalla quale ricaverebbero un vantaggio economico solo in via eventuale. Secondo tale opinione, dovrebbe quindi ritenersi adeguata e sufficiente la scelta legislativa in base alla quale gli enti, nel cui interesse o a cui vantaggio siano poste in essere condotte penalmente rilevanti, siano esposti alle sole sanzioni amministrative pecuniarie, intese a privarli di qualsiasi utilità economica che gli stessi potrebbero aver ottenuto dall’evasione tributaria. A tale orientamento è stata obiettata l’opportunità dell’introduzione dei reati tributari nel novero dei reati presupposti di cui al d.lgs. n. 231/01, atteso che così vi sarebbe la possibilità di configurare in capo alla società o ente un tipo di responsabilità che si distacca nettamente dalla responsabilità solidale prevista dall’art. 11, comma 1, del D.Lgs. n. 472/97, ed assume i connotati propri di una responsabilità che trova la sua giustificazione nel dato oggettivo della sussistenza di un vantaggio comunque conseguito. e l’attuale posizione della giurisprudenza. La sentenza in commento segue il solco della fondamentale pronuncia delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione n. 10561/14 , secondo cui, in tema di reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente prevista dagli artt. 1, comma 143, della l. n. 244/07 e 322-ter c.p. non può essere disposto sui beni dell'ente, ad eccezione del caso in cui questo sia privo di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso il quale il reo agisca come effettivo titolare dei beni. Peraltro, la Suprema Corte ha precisato che non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti degli organi della persona giuridica, per reati tributari da costoro commessi, quando sia possibile il sequestro finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa in capo a costoro, o a persona compresa quella giuridica non estranea al reato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 18 novembre 2014 – 5 febbraio 2015, numero 5413 Presidente Sirena – Relatore Casella Ritenuto in fatto Con ordinanza in data 28 marzo 2013, il Tribunale di Benevento in sede di riesame confermò il decreto 28 febbraio 2013 con cui il GIP del Tribunale di Benevento aveva disposto nei confronti di P.A. , il sequestro preventivo di beni finalizzato alla confisca fino a concorrenza della somma di Euro 1.855.907,14, quale profitto dei reati di frode fiscale relativi al periodo di imposta 2007 - 2011 nonché di quelli di truffa, consumata e tentata, volta al conseguimento di erogazioni pubbliche e di truffa aggravata in danno dello Stato, in ordine ai quali il predetto era indagato. Con sentenza numero 49122 / 2013 la Corte di cassazione - Sezione Terza penale, in accoglimento del primo motivo del ricorso proposto dal predetto, annullava l'ordinanza sul rilievo della sussistenza dei lamentati vizi di mancanza assoluta di motivazione, rinviando gli atti allo stesso Tribunale per nuovo esame. Con ordinanza 21 febbraio 2014, il Tribunale di Benevento, quale giudice di rinvio, ha respinto il ricorso, confermando il decreto di sequestro preventivo. Avverso tale pronunzia ricorre per cassazione il P. , per tramite del difensore, articolando tre distinti motivi, così riassunti. Con il primo motivo denunzia il difensore la violazione dell'art. 2621 cod. civile. Assume il ricorrente che sia il P.M. che il Collegio del riesame avrebbero errato nell'ipotizzare la sussistenza della violazione dell'art. 2621 cod. civile, contestata sul presupposto che fosse fittizia la svalutazione delle merci in magazzino esposta nei bilanci dal 2006 al 2009 della società Romatarget s.r.l., di cui il P. era amministratore unico pro-tempore, al fine di trarre in inganno ed in errore non i soci e gli altri destinatari delle comunicazioni sociali, ma un extraneus quale il fisco trattandosi di reato a dolo specifico posto che la suddetta società, al pari della Orzelleca Gioielli s.r.l., era una società a responsabilità limitata unipersonale. Con il secondo motivo, si denunzia la violazione dell'art. 627, comma 3 cod. proc. penumero sotto il profilo del difetto, della contraddittorietà e della manifesta illogicità della motivazione. Lamenta nella sostanza il difensore come il Giudice di rinvio sia incorso nello stesso vizio di violazione di legge da cui risultò inficiata l'ordinanza oggetto di annullamento in ragione della mera apparenza ed apoditticità dell'apparato argomentativo del provvedimento impugnato. Quanto alla contestazione sub A ex art. 2621 cod. civile, sarebbe stata del tutto omessa la motivazione circa la ritenuta fittizietà dell'operazione di svalutazione del magazzino della società. Né sarebbero state prese in considerazione le valutazioni contenute nella consulenza tecnica di parte ciò in spregio allo specifico dictum della sentenza di annullamento. Quanto ai reati di frode fiscale contestati per il periodo 2007 - 2011, il Giudice di rinvio, secondo la difesa, avrebbe fatto proprie soltanto le risultanze degli accertamenti svolti dalla Guardia di finanza che invero operò sulla base di presunzioni tributarie, così disattendendo una specifica censura enunciata dalla sentenza di annullamento, senza spiegare peraltro, per quali ragioni le valutazioni degli organi di P.G. avrebbero dovuto ritenersi prevalenti rispetto a quelle della difesa. Sostiene inoltre il difensore che i consulenti avevano fornito giustificazioni di ogni singolo movimento del c/c, dimostrando la fallacia contabile dei criteri adottati dalla Guardia di finanza. In relazione alla imputazioni ex artt. 640-bis cod.penumero deduce il ricorrente che il Tribunale, omettendo di considerare la circolare del 13 dicembre 2000 del Ministero dell'industria, commercio ed artigianato, avrebbe ravvisato la sussistenza del fumus commissi delicti senza verificare l'assoluta correttezza delle dichiarazioni inviate dal P. in conformità al disposto della suddetta circolare. In realtà il Giudice di rinvio, violando l'art. 627, comma 3 cod. proc. penumero , avrebbe ancora utilizzato la relazione tecnica della banca concessionaria,ancorché censurata e ritenuta inconferente dalla sentenza di annullamento. Con il terzo motivo si denunzia la violazione dell'art. 322 - ter cod. penumero limitatamente al sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei beni immobili della LA.CA s.r.l., costituita il 1 luglio 2005 e quindi ben prima della realizzazione delle condotte illecite contestate, peraltro, quale soggetto terzo estraneo ed incolpevole, non avendo delle stesse beneficiato. Ha richiamato sul punto il ricorrente l'insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte di cui alla recente sentenza numero 10561 del 30 gennaio 2014 dep. 5 marzo 2014 , che hanno affermato che non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di una persona giuridica qualora non sia stato reperito il profitto del reato tributario compiuto dagli organi della stessa, salvoche la persona giuridica sia stata uno schermo fittizio. Privo di rilievo sarebbe comunque l'argomentazione addotta dal Tribunale del riesame in ordine alla disponibilità di beni della società in capo al P. , posto che a costui, in veste di amministratore di fatto e/o di diritto della società, viene contestato, sub capo numero 11, il delitto di cui agli artt. 646, 61 numero 11 cod.penumero , di appropriazione indebita di somme di danaro della stessa LA.CA. s.r.l. di guisa che la medesima società risulta al contempo e per gli stessi fatti, persona offesa ed autrice interposta del medesimo reato ovvero danneggiata e concorrente . Deduce inoltre il ricorrente che la condotta contestata al P. neppure avrebbe consentito di ipotizzare che la società in questione sia stata un mero schermo predisposto dall'indagato per commettere gli illeciti tributari , restando esclusa, nel caso di specie, la configurabilità di una interposizione fittizia della società,alla luce di quanto statuito dalla Sez. 3 con la sentenza numero 33371 del 2012, allorché la società viene utilizzata dal reo per realizzare reati di frode fiscale od altri illeciti. Considerato in diritto Il primo motivo di ricorso è infondato. Emerge pacificamente, dalla motivazione del provvedimento impugnato come da quella del decreto di sequestro preventivo, che la misura cautelare ha quale presupposto il fumus commissi delicti dei reati di frode fiscale e di tentata truffa volta al conseguimento di erogazioni pubbliche e di truffa aggravata ai danni dello Stato. Le censure riferite all'imputazione ex art. 2621 cod. civile capo numero appaiono,quindi, in tale ottica inconferenti, potendo invece aver rilievo agli effetti della disamina delle questioni relative all'affermazione di colpevolezza o meno del P. anche in ordine a tale reato, tuttavia rimesse al giudice della cognizione. Egualmente infondato è il secondo motivo di ricorso. Osserva preliminarmente il Collegio che, secondo il chiaro disposto dell'art. 325 cod proc. penumero , il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza di riesame in tema di sequestro preventivo è ammissibile solo per violazione di legge. È vero tuttavia che, in base all'orientamento costante consolidatosi nel tempo nella giurisprudenza di legittimità cfr. ex multis Sez.6 numero 3265 / 1999 Sez. 6 numero 24250 / 2003 S.U. numero 25932/2008 , la totale mancanza di motivazione, come pure la motivazione soltanto apparente, integrano vizi di violazione di legge, atteso il disposto dell'art. 125, comma 3 cod.proc.pen art. 606, comma primo, lett. c, cod.proc.penumero e non vizi della motivazione art. 606, comma primo, lett. e, cod. proc.penumero . Nella concreta fattispecie, ad onta delle obiezioni del ricorrente, l'ordinanza impugnata va giudicata immune dal vizio di violazione di legge,dedotto sotto tale profilo. Per affermare la sussistenza del requisito del fumus commissi delicti dei contestati reati di frode fiscale, il Giudice di rinvio, in ossequio al disposto dell'art. 627 codice di rito, ha sottolineato l'insufficienza delle pretese giustificazioni rese dall'indagato a contestazione dell'accusa, sostanzialmente basate sull'apodittico assunto secondo il quale tutte le movimentazioni bancarie in entrata, avvenute non per contanti, ma con strumenti dalla traenza rintracciabile,quali assegni bancari, circolari bonifici in entrata e operazioni extraconto quali cambio assegni terzi etc., non possono essere considerati, in assenza di adeguati riscontri, redditi conseguiti in evasione di imposta . L'iter argomentativo seguito dal Tribunale trae in realtà origine dalla confutazione e dalla comparazione degli elementi evidenziati, a sostegno dell'accusa, dalle indagini di P.G. con quelli contenuti nelle consulenze di parte , previo esame delle operazioni di svalutazione e di rivalutazione di merci ex se considerate in quanto sintomatiche di evasione fiscale oltreché di quelle di accredito, sui conti correnti personali dell'indagato, di ingenti somme di danaro provenienti dalla Orzelleca Gioielli s.r.l. divenuta successivamente Romatarget s.r.l., come riportato dai capi di imputazione , oggetto di analitica descrizione e verifica in relazione al periodo d'imposta 2007-2011 previa indicazione, a titolo esemplificativo, di quanto esposto, per le singole annualità, nei diversi allegati del verbale redatto dalla Guardia di Finanza cfr. pag. 4 e 5 dell'ordinanza impugnata . Con motivazione perfettamente congrua, del tutto coerente con la valutazione obiettiva del materiale documentale proveniente dall'accusa e dalla difesa, oltreché basata su inferenze logicamente incensurabili, il Giudice di rinvio è prevenuto correttamente ad affermare, in via conclusiva, che il fumus dei reati di frode ed evasione fiscale, contestati al P. sia in veste di amministratore unico della Romatarget s.r.l. già Orzelleca gioielli s.r.l. sia quale persona fisica esercente attività imprenditoriale, appariva concretamente desumibile dalla non giustificabile discrasia - documentalmente riscontrata - tra il dato obiettivo delle denunzie dei redditi relativi agli anni dal 2007 al 2011 ai limiti della indigenza presentate dal P. con indicazione, in un caso, di redditi pari a zero e l'accredito di ingenti somme versate in contanti o tramite bonifici ed assegni bancari provenienti anche dalla Orzelleca Gioielli s.r.l. Siffatte operazioni erano risultate prive di qualsivoglia altra plausibile giustificazione apparendo invece solamente spiegabili, a livello del fumus sorretto da un quadro indiziario congruamente adeguato alla presente sede cautelare, come attività finalizzate a far giungere sui conti correnti personali del P. gli introiti dell'attività di impresa della Orzelleca Gioielli s.r.l. di cui il P. era amministratore unico e socio, attività che, in virtù di concreti riscontri, risultava effettuata in nero . All'ambito delle vendite in nero , ovviamente da occultare, il Tribunale ha logicamente riferito anche l'operazione di svalutazione del magazzino della società per Euro 6.614.590,00 e la fittizia appostazione in bilancio di finanziamenti del socio P. per Euro 5.813.049,00 , illogicamente ed incomprensibilmente giustificata dalla rilevata obsolescenza delle merci medesime di cui alla nota redatta dallo stesso P. in qualità di amministratore unico della società, in data 5 luglio 2007 a fronte invece di una situazione di lenta se non di nulla obsolescenza e di deprezzamento che, come la comune esperienza insegna, connota il genere merceologico de quo, costituito da gioielli in oro spesso firmati e da pietre preziose. Ha ancora ineccepibilmente sottolineato il Giudice di rinvio che la svalutazione delle merci vendute in nero con la conseguente mancanza di incassi e della contabilizzazione di ricavi nel bilancio della stessa società in quanto dirottati sui conti personali del P. aveva determinato mancanza di liquidità, causa, a sua volta, della incapacità di effettuare acquisti di merce e di far fronte ai costi di gestione dei diversi punti vendita. Per ovviare a tale inconveniente, il P. mediante operazioni ad esempio di giroconto contabile non corredate delle necessarie delibere e della relativa documentazione contabile, da porre all'esame dell'assemblea dei soci aveva proceduto all'operazione di finanziamento soci in ragione della somma di Euro 5.813.049,00, integrante all'evidenza un mero artifizio contabile come pure messo in luce dal provvedimento impugnato avuto riguardo al già ricordato dato oggettivo della logica incompatibilità con la irrisorietà dei redditi denunziati dallo stesso indagato. La sussistenza del requisito del fumus dei delitti di cui agli artt. 640 bis, 56, 640 bis e 640 cpv. numero 1 cod. penumero in riferimento alle false attestazioni di aver avviato ed esercitato attività alberghiera, condizione dell'agevolazione finanziaria di cui alla legge numero 488 del 1992 risulta altresì adeguatamente ed esaustivamente motivato dal Giudice di rinvio, diversamente dalle censure dedotte dal ricorrente. Ora, esclusa ovviamente la rivisitazione nella presente sede di legittimità, dell'apprezzamento delle emergenze di fatto esclusivamente riservato al giudice di merito cui il ricorrente intenderebbe indurre il Collegio in punto della verifica della diversa tipologia della struttura ricettiva realizzata ed della data di inizio dell'effettiva attività svolta, differente da quella alberghiera, deve rilevarsi che il Tribunale ha legittimamente ritenuto, alla stregua della consulenza tecnica finale sullo stato degli investimenti redatta dalla banca concessionaria Centrobanca sulla base del sopralluogo compiuto il 16 febbraio 2010 trasmessa al Ministero dello sviluppo economico che non fosse stata realizzata una struttura ricettiva con caratteristiche alberghiere posto che le unità sono conformate ed utilizzate come appartamenti veri e propri ma con quelle diverse assimilabili alle tipologie del residence e della dimora privata ”. Il Giudice del rinvio inoltre, seguendo un iter motivazionale saldamente ancorato al dato documentale e con questo coerente, peraltro specificamente riportando diffusamente un eloquente passo delle richiamata relazione tecnica concernente lo stato di fatto delle unità abitative riscontrato in esito al sopralluogo, ha proceduto a puntuale confutazione delle tesi difensive, evidenziando l'infondatezza e l'inconferenza del contrario assunto del P. che avrebbe inteso dimostrare l'effettivo svolgimento dell'attività alberghiera mediante la indicazione in contabilità delle fatture di vendita delle camere per gli anni di imposta 2011 e 2012. A confutazione di tale assunto, ha evidenziato il Tribunale che la struttura alberghiera avrebbe dovuto entrare in funzione già nel 2007, mentre invece lo svolgimento dell'asserita attività alberghiera sarebbe stato temporalmente collocato in epoca successiva ai sopralluoghi effettuati nel 2010 dalla banca concessionaria Centrobanca ”. Conclusivamente ritiene il Collegio non superfluo annotare, alla stregua dell'apprezzamento complessivo delle suddette censure articolate dal ricorrente, che, in linea di principio, al Giudice del riesame delle misure cautelari reali è demandato, entro il perimetro valutativo ed entro i limiti della summaria cognitio, di verificare, nell'ambito del devolutum, la sussistenza del fumus commissi delicti dei reati contestati all'indagato e del periculum in mora che deve sorreggere l'adozione del decreto di sequestro preventivo nell'ottica che la tempestiva adozione, in via d'urgenza, del vincolo di indisponibilità sul bene o sui beni dell'indagato costituisca l'unico rimedio per garantire le esigenze cautelari onde consentirne la futura confisca od anche la confisca per equivalente. È quindi ovvio che del tutto differenti devono rivelarsi le valutazioni delle risultanze compiute, in tale ambito, dal giudice del riesame rispetto a quelle demandate al giudice della cognizione ai fini dell'affermazione di colpevolezza o meno dell'indagato. Deve invece trovare accoglimento il terzo motivo di impugnazione,come sostenuto dal Procuratore Generale. Il sequestro preventivo disposto dal GIP con decreto 28 febbraio 2013 nei confronti del P. di cui il Tribunale ha confermato la legittimità ha invero colpito, oltre a beni mobili ed immobili di diretta pertinenza dell'indagato, anche beni immobili appartenenti alla s.r.l. LA.CA., quali beni di cui è prevista la confisca anche per equivalente ai sensi degli artt. 322 - ter e 640 - quater cod.penumero nonché dell'art. 1 della legge 26 dicembre 2007 numero 244. Orbene il provvedimento impugnato, come dedotto dal ricorrente, è affetto dai lamentati vizi in punto al sequestro caduto su detti beni immobili,risultati nella disponibilità della società stessa e non dell'amministratore indagato, attesa la separazione tra il patrimonio della persona fisica e quello della società di capitali quale persona giuridica che effettivamente non risulta in alcuno dei capi di imputazione associata alla posizione dell'indagato. Al contrario, la s.r.l. LA.CA. al capo numero 11 figura invero quale parte offesa del delitto di cui agli artt. 646, 61 nnumero 7 e 11 cod.penumero , contestato al P. , per essersi appropriato,a proprio o ad altrui profitto, di somme di danaro della società. Il che verosimilmente indurrebbe ad escludere che questa possa aver svolto il ruolo di schermo predisposto dal P. per commettere i reati tributari de quibus unica ipotesi che, secondo quanto statuito dalle S.U. di questa Corte con la sentenza numero 10561 del 2104, renderebbe legittima l'adozione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di cui agli artt. 1, comma 143 della legge numero 244 del 2007 e 322 - ter cod. penumero sul rilievo della relazione di stretta strumentante della società, quale apparato fittizio , agli effetti della realizzazione dei reati tributari ad opera del proprio amministratore di fatto o di diritto. Al riguardo, nessun accenno è dato rinvenire nella motivazione dell'ordinanza impugnata. Né peraltro questa contiene alcun accenno, nel confermare la legittimità del sequestro preventivo cosiccome disposto, alla diversa ipotesi che, con riferimento ai beni immobili della s.r.l.LA.CA, la misura cautelare risulti finalizzata ad attuare la confisca diretta del profitto del reato, di cui all'art. 240 cod. penumero , come prescritto dall'art. 322 - ter cod. penumero ancor prima di procedere a quella per equivalente nel caso in cui i beni immobili altro non siano che il prodotto della trasformazione del danaro, quale profitto del reato sottratto alla imposizione tributaria, come ancora chiarito dalle S.U. con la citata sentenza pronunziata anteriormente al deposito dell'ordinanza impugnata, la cui motivazione veniva tuttavia depositata successivamente, con la quale appare necessario si confronti, previo ulteriore rinvio, il Tribunale in sede di nuovo esame, esteso anche alla rivisitazione delle altre questioni sottese all'applicazione degli artt. 1, comma 143 della legge numero 244 del 2007 e 322 - ter cod. penumero . P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Benevento per nuovo esame.