Clima di diffusa illegalità attribuito a candidato sindaco e famiglia: volantino diffamatorio

Fragilissima la tesi difensiva utilizzata dall’autore dello stampato elettorale, il quale ha sostenuto di aver, semplicemente, esercitato il diritto di critica politica. Evidente l’attacco personale messo in atto nei confronti del concorrente alla poltrona di primo cittadino, peraltro realizzato coinvolgendo anche moglie, figlia, madre e amica.

Battaglia politica all’ultimo sangue, metaforicamente parlando. Ma anche nell’agone del confronto sulla gestione della res publica , è necessario porsi dei limiti. Soprattutto perché ogni eccesso può costare carissimo Come ha potuto sperimentare l’autore di un corrosivo volantino politico-elettorale, carico di allusioni nei confronti di un candidato alla poltrona di primo cittadino di un Comune ligure Cassazione, sentenza n. 3557, sez. V Penale, depositata oggi . Volantino. Casus belli , come detto, uno stampato elettorale diffuso in tutto il Comune e dedicato non solo alla persona di un candidato sindaco , ma anche alla sua famiglia. Più precisamente, si legge, tra l’altro, nel volantino, Che amministratore può mai essere uno che non governa la madre, la sorella, la moglie, l’amica, la figlia, che, si badi bene, tutte commettono atti illegali a danno della sua immagine? . Ciò è sufficiente, ad avviso dei giudici di merito, per ritenere evidente la ‘ferita’ alla reputazione del politico messo sotto accusa nello stampato elettorale . Conseguenziale la condanna dell’autore del manifesto, anche egli esponente politico nel territorio del Comune. Critica eccessiva Resta, però, un nodo da sciogliere, cioè quello – assai ipotetico, a dir la verità – dell’ esercizio del diritto di critica politica . Questo l’appiglio utilizzato dall’autore del manifesto per contestare – con ricorso ad hoc in Cassazione – la condanna decisa in Tribunale e ribadita in Corte d’Appello egli, in sostanza, sostiene di avere semplicemente messo in atto una critica politica , pur ricorrendo a espressioni aspre e pungenti . Tale visione, però, viene ritenuta assolutamente risibile anche dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, difatti, confermano, senza alcun tentennamento, la condanna per diffamazione . Decisivo il carattere generico delle affermazioni contenute nel volantino , che attribuivano al candidato sindaco il vivere in un clima di diffusa illegalità, peraltro senza riuscire a controllare l’operato delle donne che lo circondavano . Rilevante anche il malizioso riferimento ad una relazione extraconiugale col segretario comunale, anch’ella genericamente accusata di azioni in danno delle casse comunali e indicata come l’amica del candidato sindaco destinatario del volantino . Assolutamente impensabile, quindi, sanciscono i giudici, confermando la linea di pensiero tracciata nei giudizi di merito, il riconoscimento della esimente dell’esercizio del diritto di critica politica , visto e considerato che lo stampato elettorale ha rappresentato un attacco personale lesivo della dignità morale ed intellettuale dell’avversario politico.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 31 ottobre 2014 – 26 gennaio 2015, n. 3557 Presidente Bruno – Relatore Lignola Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 5 dicembre 2013, la Corte d'appello di Genova, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha eliminato la pena di € 200,00 di multa inflitta dal Tribunale di Genova ad A. P., e, per altro verso, ha confermato l'affermazione di responsabilità dell'imputato, in relazione ai reati di cui agli artt. 81, 594, commi secondo e terzo, 596 bis, cod. pen., 13 l. n. 47 del 1948 capo a , e di cui all'art. 16, comma secondo, l. n. 47 del 1948 capo b . In particolare, al P. è contestato A di avere offeso la reputazione di E. A. C. e di L. G., mediante lo stampato elettorale intitolato Notizie Elettorali Rapallo, con frasi dei seguente tenore il candidato sindaco C. ha dimostrato che è solo capace di mettere in fila, estorcere, minacciare, ecc. in poche parole è un duro!!! Conoscendo bene la sua vita privata, si ha però un'impressione opposta non è in grado di impedire alla T. sua madre di inquinare l'ambiente con le sue della madre aziende chimiche! Non è in grado di impedire alla B. sorella di esercitare attività in forte conflitto con la sua attività di sindaco! Non è in grado di impedire alla M. sua moglie di costruire falsi sondaggi con le risorse dell'università! Non è in grado di impedire alla G. sua amica di compiere azioni a danno delle cose comunali, quindi dei cittadini! Non è in grado di impedire alla Elena sua figlia di compiere speculazioni immobiliari nel comune dove lui è sindaco! Che amministratore può mai essere uno che non governa la madre, la sorella, la moglie, l'amica, la figlia, che, si badi bene, tutte commettono atti illegali a danno della sua immagine?? B di avere pubblicato stampati privi del nome e del domicilio dello stampatore e dell'editore. 2. Nell'interesse del P. è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai seguenti motivi. 2.1. Col primo motivo, si lamentano vizi motivazionali, ribadendo a che le affermazioni dell'imputato sono scriminate dall'esercizio del diritto di critica politica, che può caratterizzarsi per l'impiego di espressioni aspre e pungenti b che il P. aveva qualificato la G. come amica del C., solo per sottolineare l'intesa politica fra i due. 2.2. Con il secondo motivo, si lamentano vizi motivazionali, per avere la Corte territoriale trascurato di considerare che il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche equivalenti avrebbe dovuto comportare, in relazione al ritenuto delitto di diffamazione, l'applicazione della sanzione prevista per il reato nella forma semplice, di competenza del giudice di pace. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è, nel suo complesso, infondato. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, infatti, non sussiste l'esimente dell'esercizio del diritto di critica politica qualora l'espressione usata consista non già in un dissenso motivato espresso in termini misurati e necessari, bensì in un attacco personale lesivo della dignità morale ed intellettuale dell'avversario Sez. 5, n. 8824 del 01/12/2010 - dep. 07/03/2011, Morelli, Rv. 250218 . Nel caso di specie, la Corte territoriale, con motivazione che non esibisce alcuna manifesta illogicità, ha sottolineato il carattere generico delle affermazioni contenute nel volantino, che attribuivano al C. di vivere in un clima di diffusa illegalità, peraltro, senza riuscire a controllare l'operato delle donne che lo circondavano e il malizioso riferimento ad una relazione extraconiugale del primo con la G., anch'ella genericamente accusata di azioni in danno delle cose rectius casse comunali , prescindendo persino dalla considerazione dell'assenza di poteri decisionali in capo al segretario comunale quale la G. era . Le critiche del ricorrente, quanto al significato del termine amica appaiono, infine, del tutto prive di specificità rispetto al percorso argomentativo della Corte territoriale, dal momento che prospettano una diversa lettura, omettendo di confrontarsi con il contesto, tutto familiare, in cui il riferimento alla G. si inserisce, oltre il fatto che al termine della frase riportata nel capo di imputazione, la donna non è qualificata come un'amica , ma come l'amica del C. . 2. Anche il secondo motivo è infondato. La pena è infatti stata determinata in conformità dell'orientamento di questa Corte, che il Collegio intende riaffermare, secondo cui il trattamento sanzionatorio più lieve previsto dall'art. 52, lett. b , D. Lgs. n. 274 del 2000 disposizioni sulla competenza penale dei giudice di pace non si applica ai reati che per effetto della contestazione di aggravanti ad. es. lesioni volontarie, danneggiamento non appartengono alla competenza del giudice di pace, condizione necessaria per l'applicabilità delle sanzioni previste per i reati rimessi alla cognizione di quest'ultimo, anche allorchè le aggravanti vengano neutralizzate per effetto dei riconoscimento di attenuanti Sez. 5, n. 46133 del 26/11/2008, Gallozza, Rv. 242000 Sez. 2, n. 47205 del 16/11/2004, Maggiore Cascino, Rv. 231091 Sez. 5, n. 22830 dei 15/04/2004, Manocchio, Rv. 228825 . 3. In conclusione il ricorso dell'imputato va rigettato. 3.1 Ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.